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Autore: Captain Riddle    21/11/2021    0 recensioni
Nel magico regno di Expatempem sono comparsi dei mostri dalla morte degli ultimi discendenti del temuto Re della Morte. Dopo la misteriosa morte del nuovo re, quando salirà al trono suo figlio, questo scatenerà una serie di eventi catastrofici a catena, che rischieranno di causare la distruzione del regno se qualcuno non dovesse intervenire. Scoprite la storia del regno magico attraverso gli occhi di sette protagonisti, dilettatevi con gli intrecci e tenete alta la guardia perché il pericolo è sempre dietro l'angolo.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pov:Nomiva

Nomiva non riceveva quasi più visite in cella e non sapeva se fosse un bene o un male. Dalla sera in cui lei e Drovan avevano parlato non erano più venuti a torturarla, entrava solo un uomo per portarle da mangiare, da bere e per vuotarle il secchio per i bisogni. Nomiva era rimasta incatenata per diversi giorni, poi le avevano tolto le manette ma lei non aveva osato muoversi per timore che la costola rotta potesse perforarle il polmone. Continuava a fare abbastanza freddo nelle carceri nonostante fuori stesse arrivando la primavera, ma quello non era di certo il problema principale. Il cibo che le portavano era sempre più rivoltante e Nomiva aveva la nausea, alcuni giorni aveva saltato il pranzo o la cena pur di non mangiare quella roba, salvo poi sentirsi senza forze oltre che dolorante e infreddolita. Le ferite delle manette sui polsi faticavano a cicatrizzarsi, la pelle era pallida, fredda e vagamente giallognola a causa della lunga prigionia. Il fianco dove c'era la costola rotta le faceva sempre male, alcune volte Nomiva sentiva mancare il respiro e temeva di muoversi per la paura, mentre altre quasi non ci faceva caso, abituata a sopportare il dolore come stava diventando.

Quanto le avevano tolto le manette Nomiva si era toccata il viso, constatando come gli zigomi sul volto si fossero fatti appuntiti come mai li aveva avuti prima, poi si era tastata cautamente il torace e mai come allora aveva sentito le sue ossa così bene. Ogni tanto le veniva ancora da piangere lì dentro, era incredibile come tutto stesse finendo lentamente, con quella lenta agonia. Non si sarebbe mai vendicata di Teurum, tantomeno di Drovan o Morfgan, tutto si sarebbe spento e lei sarebbe diventato solo un mucchietto di cenere, solo un'altra dei Tenebrerus morti. Nomiva si era quasi pentita delle parole che aveva rivolto a Drovan, magari se fosse rimasta in silenzio lui l'avrebbe lasciata vivere alla fine.

Molto presto però Nomiva si era vergognata di quei pensieri, lei aveva fatto bene, magari Drovan non avrebbe mai toccato il fratello, ma sicuramente le parole di Nomiva lo avevano segnato e questa poteva già essere considerata una piccola vittoria, specie considerando le condizioni in cui era costretta Nomiva. Quella sera Nomiva era come di consueto con la schiena al muro e il capo chino, inspiegabilmente la volpe Ruby non era più andata a trovarla, Ruby, la sua unica fonte di consolazione, la sua ultima amica era sparita da un giorno all'altro e l'aveva lasciata sola come avevano fatto tutti. Nomiva aveva sentito un dolore all'altezza del petto quando se ne era resa conto perché le si era affezionata molto e quella sparizione improvvisa, probabilmente permanente, significava che non si sarebbero più riviste. Nomiva però non riusciva a sentirsi arrabbiata con la volpe, le aveva tenuto compagnia in tanti momenti difficili ed era più che normale che fosse tornata a vivere senza vincoli, come l'animale libero e selvatico che era, anzi, era stato strano e meraviglioso avere la sua compagnia per tanto tempo.

E ovviamente era inevitabile che senza Ruby ogni cosa fosse sprofondata in un grigiore e in una tristezza deprimenti. La stanza era sempre nella penombra, avvolta dalle tenebre e dal silenzio perpetuo, interrotto solo dalle voci dei soldati e dai cavalli provenienti dall'esterno. Ormai c'erano solo la desolazione e l'attesa della morte a fare compagnia a Nomiva. La ragazzina guardava spesso la porta, immaginando che da un momento all'altro potesse entrare qualcuno che l'avrebbe uccisa, mettendo fine a tutte quelle inutili, prolungate sofferenze. Nomiva non sapeva neanche più se desiderava sperare ancora, la speranza era troppo difficile da trovare in quei momenti, era molto più semplice lasciarsi trascinare nel freddo mare della morte.

Nomiva aveva persino iniziato a fare delle ipotesi sul modo in cui l'avrebbero uccisa, aveva ipotizzato molti modi differenti e aveva addirittura stilato una classifica nella sua mente del tipo di morte che avrebbe preferito ricevere. Sicuramente visto che voleva morire in modo veloce il primo posto della sua classifica era occupato da una pugnalata al cuore, ma era ben consapevole del fatto che Drovan avrebbe scelto per lei una morte molto più lenta e dolorosa. Drovan già, e pensare che i suoi genitori volevano chiedere al re Fritjof di farlo fidanzare con lei, al solo pensiero Nomiva capì cosa dovesse aver provato sua sorella, costretta a sposare Morfgan. Mentre Nomiva pensava alla sua dipartita la porta della stanza si aprì, rivelando il solito uomo che in quei giorni si era occupato di portarle i pasti e vuotarle il secchio "Come mai già la cena?" Domandò Nomiva sospettosa.

L'uomo non la degnò di uno sguardo, aprì la cella ed entrò con il solito bastone alla mano, lasciando a terra la ciotola con la poltiglia maleodorante, poi tornò fuori e chiuse a chiave "Queste sono le disposizioni stupida ragazzina" rispose con fredda scortesia "Le nuove disposizioni intendi dire" replicò Nomiva "E perché sono cambiate?" Insistette ancora "E cosa vuoi che ne sappia io, brutta impicciona!?" Disse quello malamente "Adesso taci e mangia". Nomiva guardò la ciotola "Non mi avete portato l'acqua" gli fece notare. L'uomo sbuffò "Vuoi chiudere la bocca una buona volta?!" Sbraitò "Non ne avrai bisogno" aggiunse "E poi, maledizione, non ti basta tutta l'acqua del brodo?"

Nomiva lo guardò fermamente nella penombra "Non avete più intenzione di sprecare beni essenziali per me" disse piano, con la bocca secca, riflettendo ad alta voce "Perché non aveva più intenzione di tenermi in vita, non è vero?" L'uomo si voltò, Nomiva distinse i suoi occhi brillanti nel buio "Domani mattina, ragazzina" rivelò l'uomo con voce atona, scrutandola attentamente mentre si grattava la fronte dalle spesse sopracciglia scure. Nomiva rimase a fissarlo senza mutare espressione "Maledizione!" Imprecò l'uomo "Non avresti dovuto saperlo! Adesso mi dici come farai a dormire?" Nomiva si avvicinò alla ciotola lentamente, sentendo una fitta al fianco e poi si portò il bordo alle labbra secche, iniziando a sorseggiare lentamente mentre la consueta puzza le riempiva le narici. Dopo aver bevuto un sorso Nomiva si staccò e si rivolse all'uomo "Tanto lo sapevo" gli disse e la sua voce parve trascinata a causa della stanchezza "Sono giorni, settimane che aspetto e non sono stupida, so bene che nostra altezza il magnanimo principe Drovan mi ha tenuta in vita solo perché sta architettando il modo migliore per uccidermi".

L'uomo restò fermo a guardarla, colpito "Dormirò come ho dormito tutte le altre notti che ho trascorso in questa cella" continuò Nomiva con fredda indifferenza, anzi, quasi con sollievo "Uno schifo". I due si guardarono negli occhi e Nomiva vide che era lui quello ad avere paura "Andate pure" lo congedò, troppo stanca per parlare ancora "Non vorrei mai che il principe potesse pensare che state cospirando per aiutarmi". L'uomo a sentire quelle parole si voltò e si avvicinò alla porta, poi prima di aprirla tornò indietro, cambiando idea "Sappiate che ho provato un sincero dispiacere" disse a voce bassissima, dandole improvvisamente del lei "Alcune volte mi capitò di parlare con i signorini, i vostri cugini" raccontò "Erano solo due bambini innocenti che sognavano ascoltando i racconti di guerre lontane". Nomiva sospirò, sentendo uno spiacevole vuoto allo stomaco "La vendetta non conosce limiti" disse con amarezza, sentendo improvvisamente una grande tristezza "Il sangue deve essere versato a ogni costo e non importa l'età, l'ingiustizia si accanisce in egual modo su tutti, senza alcuna distinzione di condizione sociale, età e genere. E' un mostro cieco che falcia chiunque si ponga sul suo cammino".

Nomiva sorseggiò un altro po' di quella brodaglia ma senza mangiare, proprio non ne aveva voglia e poi continuò "Ma state pur certo che gli dèi li guardano" disse Nomiva all'uomo che pareva spaventato "Magari lasceranno stare il principe e il re, ma i loro figli o i loro nipoti pagheranno per tutto questo male. Perché io sono sicura che esiste la giustizia, anche se è imperscrutabile e spesso noi uomini non riusciamo a capire quello che succede io voglio sperare che la giustizia lassù possa esistere. E se non sono neanche gli dèi a portare giustizia, significa che sarà la natura attraverso malattie e catastrofi ad amministrare la giustizia".

L'uomo la fissò in silenzio, poi annuì piano, tornando vicino alla porta "Buonanotte" disse prima di uscire "Pregherò per la vostra anima, affinché la paura se ne vada e vi permetta di dormire quest'ultima notte, signorina Tenebrerus". Nomiva sorrise flebilmente e scosse il capo "Perdereste soltanto tempo" lo ammonì "Perché io non sento alcun timore e dormirò come al solito, forse anche meglio sapendo che domani tutte le sofferenze saranno strappate via dal nulla inesorabile della morte. Ma se proprio volete pregare per l'anima di qualcuno pregate per quelle di Drovan e Morfgan" disse con disprezzo, sardonica "Anche se non credono nei nostri dèi quando moriranno qualcuno dovrà pure punirli a causa dei crimini che hanno commesso".

L'uomo annuì e andò via terrorizzato, senza osare aggiungere altro. Era brutto da dire ma a Nomiva tutta quella paura faceva ridere, trovava veramente divertente che quell'uomo così grosso potesse avere paura per la morte imminente di una ragazzina che conosceva appena. Lei era così tranquilla, si sentiva quasi sollevata di sapere quando tutto sarebbe finalmente finito. Certo, avrebbe gradito qualcosa di più buono come ultimo pasto ma sapeva di doversi accontentare, era pur sempre una prigioniera. Mentre finiva di bere quel brodo disgustoso si decise a mangiare un po' della poltiglia. La prese con le dita sporche di terra e la guardò e poi cambiò ancora idea.

Nomiva scosse il capo e dopo aver finito il brodo allontanò la ciotola. Chiuse gli occhi e pensò a tutte le cose che più le piaceva mangiare, la carne, le patate, i dolci e sentì lo stomaco contorcersi. Adesso che proprio non aveva niente da fare e che sapeva quando sarebbe morta Nomiva decretò che fosse giunto il momento di mettersi a dormire senza perdere tempo a rimuginare sui ricordi del passato. Si sdraiò sull'altro fianco attentamente e si raggomitolò per scaldarsi, come erano soliti fare gli animali, pur facendo attenzione alla costola rotta. Lo stomaco le brontolava per la fame ma lei si costrinse a ignorarlo e dopo una mezz'ora buona finalmente si addormentò, senza paura ma con tanti rimpianti, primo tra tutti quello per non essere riuscita a mantenere la promessa di uccidere Teurum.

E poi lo vide Teurum, gli inconfondibili occhi azzurro ghiaccio e il sorriso infame, Nomiva non sapeva dove fosse, lo vide solo correre tra i soldati in mezzo alla guerra, togliendosi il ciuffo nero dal viso pallido con una mano e brandendo una spada elaborata con l'altra. Nomiva lo stava inseguendo senza saperlo, zigzagando tra i soldati, passando in mezzo alla battaglia che infuriava. Ma lui era troppo veloce, era già arrivato alle scale arroccate su una sorta di colle roccioso, però prima di salire si voltò per guardarla, aveva sempre saputo che lei lo inseguiva e pareva fosse molto divertito dalla cosa. Le rivolse un ghigno soddisfatto e poi da lontano, con il labiale, scandì quel nome. Nomiva si alzò di scatto, mettendosi a sedere allarmata e subito si pentì del gesto avventato, sentendo una fitta di dolore dal solito fianco. Era solo un sogno, solo un maledetto sogno!

Nomiva sbuffò, con gli occhi incattiviti al pensiero di Teurum e si preparò per stendersi nuovamente a dormire, quando sentì una presenza alle sue spalle. Nomiva si voltò sull'attenti, era decisamente notte e l'uomo aveva detto che l'avrebbero uccisa di mattina, possibile che avessero cambiato idea? Ma non era un soldato o Drovan a essere lì, Nomiva si sporse in avanti e la abbracciò, stringendo i denti per trattenere un gemito di dolore causato dalla costola: Ruby era tornata. "Ruby, che bello vederti!" Sussurrò Nomiva accarezzandola "È bello vederti un'ultima volta". La volpe iniziò a leccarla, partendo dai polsi ancora feriti "Sei la cosa più bella che potessi vedere questa notte" disse ancora Nomiva, sorridendo, poi però si rattristò, sentendo gli occhi farsi lievemente lucidi "Ma forse sarebbe stato meglio se non fossi più venuta da me" le confidò tristemente, carezzando ancora la volpe mentre veniva leccata "Non dovrai mai più venire in questo posto" disse "Perché io non ci sarò e non vorrei mai che ti catturassero".

Ruby si allontanò e si leccò il muso "Promettimi che non verrai più qui, Ruby" sussurrò Nomiva "Vai lontano e non tornare mai più". Si avvicinò alla volpe ma quella si fermò davanti alla gabbia e grattò le sbarre con la zampa, voltandosi poi a guardare Nomiva con gli inquietanti occhi rosso sangue "Non posso uscire" disse Nomiva "Sono in trappola Ruby. Ma tu non lo sei, quindi voglio che te ne vada". La volpe a nove code però continuò a grattare "Non posso andare via ti ho detto!" Ripeté Nomiva stancamente "Mi piacerebbe tanto poter tornare a correre nei campi con te Ruby, ma purtroppo solo una volpe potrà andarsene questa notte, l'altra non rivedrà i campi mai più".

Nomiva si sporse in avanti e abbracciò la volpe, affondando il viso nel bel pelo azzurro della sua amica, contraendo il volto a causa del dolore che quel movimento un po' più avventato del solito le stava causando "Promettimi che scapperai Ruby, ti prego" disse nuovamente Nomiva supplicante, mentre guardava la volpe negli occhi rossi. Ruby si alzò e le strusciò il muso sul petto, sembrava proprio che avesse capito le parole di Nomiva, sembrava avesse compreso che quello era il loro ultimo incontro. "Ruby, così mi fai male" disse Nomiva piano, la volpe infatti spingeva con forza il muso sul suo stomaco, premendo vicino alla costola rotta e fluttuante "Ruby basta! Cosa c'è?" Domandò Nomiva alzando un poco la voce, nervosa e dolorante poiché la volpe le faceva sempre più male.

Ruby la guardò negli occhi e corse nuovamente alle sbarre, riprendendo a grattare con la zampa "Ti ho già detto che non posso uscire!" Ribadì Nomiva esasperata "Io non ho i poteri che hai tu, sono solo una ragazza, non posso uscire finché la cella è chiusa". La volpe allora fece un balzo e si strusciò nuovamente sullo stomaco di Nomiva e poi ancora tornò alle sbarre. Nomiva la guardò perplessa, che fosse solo impazzita? Poi la volpe unì un terzo elemento a quella sequenza e allora Nomiva finalmente capì. Ruby corse e sbatté con forza la testa contro al muro, finendo a terra per la forte botta. "No" sussurrò Nomiva terrorizzata, con gli occhi sbarrati dall'orrore "Non puoi farlo, io non te lo permetterò!" La volpe la guardò mentre tornava in piedi a fatica, pronta a correre ancora, ma Nomiva la trattene per quanto possibile "Io non lo farò, sappilo!" Gemette, sentendo gli occhi farsi lucidi dalla disperazione intensa "Io non potrei mai mangiare la tua carne, quindi smettila, perché se ti uccidessi sarebbe tutto inutile!"

La volpe le strusciò il muso sulla guancia e le leccò le lacrime che intanto erano scese "Ruby, ti prego!" Continuò Nomiva, piangendo "Tu sei la mia migliore amica, tu non puoi morire per salvare me! Io non voglio, io devo morire, non tu! Non puoi morire anche tu!" Per i singhiozzi non riuscì ad andare avanti ma si limitò a stringere forte Ruby, sicura che almeno così l'altra non avrebbe potuto continuare a correre contro il muro. Per un attimo Nomiva sentì la morbidezza del pelo e il calore di Ruby e la sua lingua rugosa sulla pelle, tutto in quel momento tornò quieto e Nomiva si sentì serena e felice, ma aveva sottovalutato la furbizia di una volpe e aveva dimenticato i poteri di quelle a nove code.

Infatti prima che Nomiva potesse rendersene conto Ruby era sparita dalle sue braccia ed era tornata a scagliarsi contro il muro. Per poco non gridò, Nomiva scattò in piedi ma subito ricadde in ginocchio a causa del dolore intenso che sentiva, allora avanzò sulle ginocchia e si fermò di fianco alla volpe, in lacrime. Ruby era distesa a terra, gli spaventosi occhi rossi la fissavano dolcemente, era in agonia, aveva dato una botta talmente forte che dalla parete erano cadute alcune rocce. "Ruby, no!" Gemette Nomiva, restando in ginocchio disperata, poi si portò le mani alla bocca per trattenere a stento un grido di orrore. Si piegò con gli occhi appannati dal pianto e guardò la sua amica, accarezzandola dolcemente "Perché lo hai fatto, Ruby!?" Pianse ancora, del tutto devastata. La volpe le leccò la mano con le ultime forze che le furono rimaste in corpo, poi guardò le sbarre e un'ultima volta la sua amica Nomiva attraverso gli occhi di rubino.

Era un messaggio molto chiaro il suo, la carne delle volpi a nove code portava fortuna e Ruby, che aveva compreso lo stato disperato in cui si trovava Nomiva, aveva deciso di sacrificarsi affinché Nomiva potesse mangiare la sua carne ed essere protetta, salva. La ragazzina continuò a piangere, carezzando il pelo morbido della sua amica finché il ventre della volpe non divenne freddo e immobile. Quando Nomiva fu certa che Ruby fosse morta si premette con forza le mani sulla bocca, desiderava tanto gridare, da sveglia la sua vita era un incubo e quando dormiva continuavano gli incubi, era tutto tremendo e doloroso, un turbine di sofferenza e rabbia che la stava trascinando sul fondo. La cosa peggiore era che la parte difficile non era ancora arrivata, lo straziante dolore per la morte di Ruby infatti non era altro che l'inizio.

Adesso Nomiva avrebbe dovuto mangiarla e non poteva di certo esimersi dal farlo, Ruby si era sacrificata per quello, ma la sola idea di mangiare la sua amica, per giunta cruda, le provocò un conato di vomito. Si inginocchiò senza smettere di piangere e con le mani che tremavano cercò di strappare la pelle del ventre. Pianse più forte, la pelle era dura e avrebbe dovuto tirare forte per lacerarla, così chiuse gli occhi e tirò. Si accasciò di lato alla parete e tentò di calmarsi respirando forte, ma le faceva troppo male il ventre, così si portò le mani sul volto, poi abbassò gli occhi e vide una delle rocce che si erano staccate dalla parete. Con le mani umide di lacrime Nomiva prese la pietra tra le mani, era spigolosa e sembrava resistente, era selce, così Nomiva deglutì e prese coraggio. Strinse una parte del ventre e con la parte più tagliente della pietra iniziò a scuoiare Ruby. Nomiva continuò a piangere, chiudendo gli occhi quando le fu possibile. Finì di dilaniare la carne quando ebbe aperto tutto il ventre e vedendo spuntare le ossa delle costole della volpe. Le viscere del ventre caddero e il sangue inzuppò per intero la terra arida della cella. Nomiva strinse i denti e chiuse con forza gli occhi, alzando il volto al cielo tentando di calmarsi e convincendosi di dover fare quello sforzo tremendo per non rendere vano il sacrifico della sua amica.

Quando si sentì più calma Nomiva tornò a guardare quello spettacolo macabro, evitando accuratamente di guardare le viscere che inzuppavano la terra. Deglutì e avvicinò il capo alla carcassa, cercando poi di strappare un pezzo di carne con i denti, sentendo il sangue riempirle la bocca. Senza mai smettere di piangere Nomiva lasciò che il sangue le colasse lungo il collo e poi si impegnò per mordere con più forza, mentre l'odore pungente della carne cruda e del sangue le penetrava nelle narici e il sangue continuava a colarle lungo il mento. Quando ebbe strappato il primo pezzo Nomiva dovette masticare per diverso tempo prima di poter ingoiare e quando lo fece dovette trattenersi per non rimettere, costringendosi a non pensare che quella fosse la sua Ruby, inoltre Nomiva non aveva mai mangiato carne cruda prima d'ora, alcune volte aveva mangiato carne non del tutto cotta, ma del tutto cruda proprio no. Nomiva staccò altri due pezzi e poi fu costretta a fermarsi nuovamente.

Le girava la testa per quello che stava facendo. Si guardò le mani sporche del sangue di Ruby e continuò a piangere in silenzio, urlando senza far rumore. Rassegnata e disperata Nomiva si piegò per mangiare ancora, mettendosi la mano davanti alla bocca per non rimettere e costringendosi a ingoiare ancora un po' di carne. Doveva farlo per Ruby, non doveva cedere per non rendere vano il sacrificio di Ruby. Poi lentamente Nomiva sentì il dolore al fianco alleviarsi progressivamente, probabilmente l'osso rotto si era aggiustato proprio grazie alla carne magica di Ruby. Allora Nomiva poté finalmente sistemarsi più comodamente e continuò a mangiare ancora qualche boccone con rassegnazione, finché oltre a essere disgustata non si sentì vagamente sazia. Adesso doveva essere fortunata per forza, aveva mangiato abbastanza si disse, ma allora perché era ancora in quella cella?

L'idea che Ruby fosse morta per nulla generò nel petto di Nomiva una rabbia cieca oltre che dolore, allora la ragazzina si abbassò e strinse il cadavere della volpe tra le braccia, non sapendo cosa fare. Si passò una mano sul ventre, era incredibile come un piccolo osso fuori posto potesse causare tanto dolore. E proprio mentre Nomiva pensava alla sua costola ebbe l'illuminazione, adesso aveva qualcosa di appuntito con cui provare ad aprire la cella! Tremante di eccitazione Nomiva staccò una delle costole di Ruby e si avvicinò alla serratura della cella, forse era troppo difficile da aprire e non ci sarebbe riuscita ma aveva pur sempre mangiato la carne di una volpe a nove code, magari era veramente fortunata, altrimenti perché Ruby si sarebbe sacrificata così per lei? Magari aveva ancora speranze e sarebbe riuscita ad aprire ugualmente la cella.

Nomiva rimase attaccata alle sbarre e infilò la parte appuntita dell'osso nella serratura, tentando di vedere quello che faceva. Purtroppo non si vedeva molto, ma voleva continuare a provare perché non era ammissibile pensare che gli sforzi di Ruby sarebbero stati vani. Continuò a provare per alcuni minuti, ma quella maledetta serratura non ne voleva proprio sapere di aprirsi "Ti prego!" Mormorò Nomiva, a metà tra l'imprecazione e la preghiera, come se la gabbia potesse decidere da sé se aprirsi oppure no "Non posso lasciare che gli sforzi della mia amica siano vani!" E proprio quando stava per sconfortarsi e desistere, lasciandosi vincere dalla disperazione, finalmente la serratura si aprì. Nomiva esultò in silenzio, pronta a filarsela. Non aveva un piano preciso a dire la verità, qualsiasi cosa sarebbe sembrata assurda, ma una cosa la sapeva per certo, doveva confidare pienamente nella fortuna e in un pizzico di furbizia se mai fosse servita.

Aprì piano la cella per non fare rumore e poi si abbassò per prendere la carcassa di Ruby, l'avrebbe portata via con sé e poi l'avrebbe seppellita o meglio ancora l'avrebbe consegnata alle fiamme, come si faceva nei veri funerali e forse avrebbe tenuto un pezzetto di pelliccia, ma si rese subito conto che tenendola in braccio la volpe avrebbe lasciato una scia di sangue non indifferente alle sue spalle. Nomiva meditando si avvicinò alla porta, c'era un piccolo armadio all'angolo in basso della stanza, lo aprì e trovò due secchi e tre sacchi. Afferrò uno dei sacchi e ci sistemò dentro Ruby, costringendo il corpo nello spazio non tanto grande del sacco, poi per sicurezza mise anche gli altri due sacchi intorno a quello, impedendo un poco che il sangue uscisse "Adesso ce ne andiamo, amica mia" disse dolcemente, come se la volpe avesse potuto sentirla ancora. Tolse lo spago che chiudeva uno degli altri due sacchi e lo usò per legarsi i capelli, per assicurarsi una visuale migliore, poi dopo essersi caricata il sacco sulle spalle si avvicinò alla porta con somma cautela.

La aprì appena e guardò fuori in allerta, ma non c'era nessuno, era piena notte. Nomiva sospirò e poi sgattaiolò fuori senza far rumore. Mentre camminava cautamente intravide la flebile luce di una lanterna avvicinarsi. Subito si acquattò al muro e portò una mano alla bocca, per celare il sottile rumore del suo respiro. Le guardie passarono poco dopo, erano due e parlavano tranquillamente, di sicuro non l'avevano vista. Nomiva aspettò che i due fossero andati e poi guardò all'angolo, assicurandosi di avere campo libero. Quando vide che non c'era nessuno fece uno scatto, preparandosi a uscire da una delle porte di servizio usate dai contadini e dai domestici.

Nomiva spinse la porta e uscì, fermandosi per tenere ferma la porta in modo tale che non potesse oscillare. Era fatta, pensò Nomiva, incredibilmente era riuscita a scappare e sapeva che era tutto merito di Ruby se era salva. Si sistemò meglio il sacco sulle spalle e si allontanò velocemente, diretta verso il bosco vicino lì dietro, tornando ad assaporare la libertà. Era bello respirare l'aria fresca, la luce della luna le parve bellissima e le stelle sembrava fossero ancora più luminose di quanto non le fossero mai parse, ma forse era solo il ricordo del buio costante a cui era costretta nella cella a farle sembrare tutto così bello e luminoso. Finalmente arrivò al limite del piccolo bosco, adesso sarebbe stata protetta dagli alberi e poteva restare nascosta per fuggire neanche lei sapeva ancora dove, però era fermamente convinta di volersi allontanare il più possibile da quel posto.

Ma ecco che mentre correva, zigzagando tra le radici degli alberi e tra il buio della notte, Nomiva si sentì afferrare da dietro. Qualcuno le tappò la bocca con forza e poi tentò di trascinarla dietro un albero. Non era possibile, pensò Nomiva, non era possibile che fosse ancora sfortunata dopo tutto quello che le era successo. Tentò di divincolarsi e di mordere chiunque le avesse messo la mano davanti alla bocca, ma chiunque l'avesse presa la voltò violentemente e la sbatté con la schiena al tronco di un grosso albero, facendole cadere il sacco con Ruby a terra "Sei Novima?" Domandò la figura scura, Nomiva tentò di divincolarsi, ma l'altra la teneva stretta e i suoi tentativi furono inutili "Sta calma" disse la voce femminile "Non ho intenzione di farti del male, te lo assicuro. Almeno rispondimi, sei o non sei Nomina?" "Cosa!?" Disse Nomiva confusa e spaventata, arrabbiata, faticando a rispondere per il fiatone e tentando di divincolarsi un'ultima volta.

La figura scura si abbassò il cappuccio, rivelando un volto un po' rozzo di giovane donna "Devo aver sbagliato nome" disse la ragazza tra sé "Sei la sorella di Aurilda?" Nomiva trattenne il fiato e il desiderio di tentare di colpire quella donna che si era trovata davanti tentennò, quasi cessò di divincolarsi per lo stupore "Tu conosci mia sorella!?" Domandò esterrefatta, senza riuscire a trattenere un vago sorriso speranzoso, senza tuttavia abbassare del tutto la guardia "Allora sei tu!" Disse la ragazza, visibilmente allietata tra le ombre del bosco "Non volevo spaventarti, scusami tanto" disse raccogliendo il sacco e porgendolo nuovamente a Nomiva "Ma tu chi sei e soprattutto come fai a conoscere mia sorella?" Domandò Nomiva, riprendendo il sacco che l'altra le porgeva, sentendosi quasi serena "Io sono Omalley" si presentò finalmente la sconosciuta "Tua sorella mi ha detto che mi chiamano 'il Terrore dei Boschi', è vero?"

Nomiva annuì e sorrise, ricordando le storie che avevano sentito da alcuni contadini "Allora non sei il frutto di una leggenda!" disse incredula "Ho aiutato tua sorella e Ser Zalikoco non molti mesi addietro e lei mi ha chiesto di assicurarmi che tu e la vostra sorella minore steste bene. Sai, avevo pensato di non venire perché ho saputo di, ecco". Omalley abbassò la testa, indugiando "Della morte di mio padre e di quella del resto della famiglia" concluse Nomiva per lei "Esatto. Mi dispiace tanto per voi" disse tristemente e Nomiva si sentì rassicurata dalla voce chiara e sincera della ragazza "Ma Aurilda sa che sto bene, che sono viva?" Domandò Nomiva, dubbiosa "Forse no" disse perplessa Omalley "E vostra sorella, mi dispiace tanto anche per lei". Nomiva sentendo quelle parole si illuminò "Forse Selina è viva!" Esclamò, stringendo con forza un braccio dell'altra. Omalley la guardò meravigliata "Ma com'è possibile!?" "L'hanno uccisa davanti a me" raccontò Nomiva "Ma quella non era mia sorella! La ragazzina che hanno ucciso prima di morire ha detto che Selina è ancora dai Malkoly e che si sono scambiate i ruoli. Io so che forse questo non è vero, ma".

"Ma se c'è anche solo una vaga speranza di poterla salvare, se c'è anche solo una speranza che lei sia ancora viva noi dobbiamo poterlo verificare!" Finì Omalley per lei. Le due si sorrisero nel buio del bosco "Puoi ripetermi il tuo nome?" Domandò Omalley "Nomiva" "Bene, Nomiva" sorrise la ragazza "Sei pronta per andare a salvare tua sorella?" Nomiva annuì vigorosamente "Solo una cosa" aggiunse "Come mai eri qui? Il castello dei Tenebrerus è lontano". Omalley scrollò le spalle "È una storia curiosa, sai" spiegò "Vagavo in questo bosco decidendo quale fosse il ramo migliore per dormire quando ho intravisto qualcuno correre e sapendo per esperienza che chiunque corra in direzione di un bosco, soprattutto nelle condizioni in cui sei tu, furtivamente e in piena notte non può significare nient'altro che pericolo, ho aspettato. Quanto ti ho intravista alla luce della luna prima che entrassi nel bosco mi hai ricordato vagamente tua sorella Aurilda, inoltre la descrizione corrispondeva e nonostante quello che avevo sentito ho voluto tentare ugualmente, comunque sembrava avessi bisogno di aiuto e senza domandarti se potevo aiutarti non sarei andata via".

Nomiva sorrise, improvvisamente tutto sembrava stesse migliorando magicamente "Che fortuna!" Esclamò, stringendo il sacco con forza, ben consapevole del fatto che tutto quello stesse accadendo unicamente per merito della sua Ruby. "Quello ti serve proprio?" domandò Omalley, rivolgendosi al sacco "Oh, sì" assicurò Nomiva, sentendo gli occhi brillare di gratitudine "La mia amica volpe a nove code è morta perché io potessi nutrirmi della sua carne magica ed essere fortunata, è solo grazie a lei se sono riuscita a scappare e voglio darle il saluto che merita, consegnando la sua carcassa alle fiamme". Omalley sorrise, colpita "Io ho un'idea migliore" rivelò "Sai, le persone che aiuto spesso desiderano ricambiare il favore e aiutare me quando ho necessità di qualcosa. Ho una vecchia amica bravissima a cucire che se lo vorrai potrà trasformare la pelliccia della tua amica in un bel mantello, così lei potrà essere sempre con te".

Nomiva schiuse la bocca per la meraviglia e annuì senza esitazione "Mi sembra un'idea meravigliosa" affermò sorridendo. Omalley rispose al sorriso e le porse la mano "Vuoi vedere come faccio a muovermi tanto celermente?" Disse misteriosa e Nomiva intravide un sorriso sul volto ovale della ragazza. Nomiva annuì "Afferra la mia mano allora!" La ragazzina obbedì e Omalley la portò su un albero in un lampo "Ti arrampichi sugli alberi!" Esclamò Nomiva "Eh, sì!" confermò Omalley con vaga arroganza, ma più che altro con grinta "Reggiti alle mie spalle!" Disse ancora Omalley "Ma peso troppo!" "Non credere, ho portato persone più pesanti di te e poi ti porterò solo per un po', giusto il tempo di allontanarci da questo posto, poi ci metteremo a dormire e continueremo domani il viaggio verso il castello dove dovrebbe esse tua sorella. Che ne dici?" "Dico che mia sorella Aurilda ha pochi amici, ma quei pochi che ha sono veramente sorprendenti!"

Omalley rise "Dai, reggiti forte!" Così Nomiva si aggrappò alla schiena di Omalley, con il sacco contenente Ruby stretto nella mano e poi partirono, spostandosi rapidamente da un albero all'altro. Il sacrificio di Ruby aveva funzionato, Nomiva era salva e adesso grazie alla sua nuova amica forse anche sua sorella Selina sarebbe stata salva. C'era veramente ancora speranza dopotutto.

 

   
 
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