Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: E niente    22/11/2021    1 recensioni
Un amore impossibile, romantico, passionale, di quelli che ti incantano e ti fanno sospirare.
Ma anche no.
Questi sono solo due dementi, in mezzo a un mucchio di dementi, che vivono l'evoluzione del loro rapporto a metà tra lo sconcerto e il raccapriccio.
La morte del romanticismo, falciato in due con un'ascia e gettato in mare. Tanto, a questi due non serve.
Per questi due, il romanticismo è semplicemente sprecato.
Chiamami come ti pare, mai e poi mai al cinema.
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




ATTO III
Tempi scuri e difficili ci attendono. Presto dovremo scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile.
- Albus Silente




«Perderemo tutti contro Syd.»
«Che COSA?»


Bernard spiegò a Clay la situazione, visto che il Prefetto sembrava esserne all'oscuro.
C'era in gioco una scommessa, da circa un anno, sul fatto che Pauline e Clay si sarebbero messi insieme entro la fine del loro settimo anno a Hogwarts. Era stata proposta da Syd, e praticamente solo Syd parteggiava per questa fazione. Tutti quanti erano sicuri del contrario, e scommettevano sul fatto che i due NON si sarebbero mai fidanzati.
Mentre Bernard spiegava che era parsa a tutti una scommessa ridicola, perché la questione era ovvia (fottutamente ovvia!), Clay gli chiese di fare i conti su quanti soldi avrebbe ricevuto Syd e quanti ne avrebbe eventualmente dovuti sborsare se avesse perso. Bernard - che era il solo e unico gestore del Banco delle Scommesse - sfilò il quadernetto dei conti da sotto il mantello e si mise pazientemente a contare.
Cinquantotto galeoni.
Tutta la scuola si era messa in gioco in una scommessa contro Syd, l'Idiota, e Clay non ne sapeva nulla.
Improvvisamente capiva tutto l'accanimento che c'era dietro l'atteggiamento minatorio del suo amico. Non solo Syd non si faceva i fatti suoi, ci lucrava anche!
Non solo lo aveva subdolamente spinto a innamorarsi di Pauline, ma avrebbe guadagnato la schifosissima cifra di cinquantotto galeoni!
Quel pezzo di sterco di drago, calpestato dagli zoccoli duri degli gnu di montagna!
Clay ebbe la tentazione di ignorare qualsiasi problema avesse con Pauline, ponendosi il limite dei M.A.G.O.; dopo i M.A.G.O. poteva pure fidanzarsi con Pauline, ma prima dei M.A.G.O. non avrebbe dovuto assolutamente lasciar vincere a Syd la scommessa.
Sì, certo, come no…
Ma chi voleva prendere in giro? Clay non sapeva nemmeno se Pauline, in fin dei conti, lo desiderava nella stessa maniera in cui lui desiderava lei. Clay e Pauline, molto semplicemente, avrebbero potuto benissimo non fidanzarsi mai, in nessun tempo, né prima né dopo la fine della scuola, perché le possibilità che Clay potesse piacere a Pauline erano irrisorie. Infinitesime. Briciole di pane per sfamare i piccioni.
Ecco.
Quel pensiero stava diventando troppo ricorrente e lo stava logorando. Non gli era mai successo di sentirsi così abbattuto; abbattuto era riduttivo. Diciamoci la verità: Clay sarebbe volentieri scoppiato in lacrime nascosto dietro una statua. Era diventato emotivo come una tredicenne in crisi ormonale. Lui aveva sedici anni, quasi diciassette, ed era un uomo, per la barba di Merlino!
Bernie interruppe le sue elucubrazioni mentali con un avviso spiacevole.
«Sai che anche Vitious partecipa?»
«COSA?»
Clay odiava ripetersi, ma, davvero, COSA?? Cosa poteva farci lui se l'unica cosa che poteva fare era chiedere COSA??
Bernie gli mostrò una riga del suo quadernetto: Prefetto Mitchell, 2 galeoni.
«Quando Annabelle partecipa con due galeoni vuol dire che uno lo mette lei, l'altro è del prof.»
«Ma cosa stai dicendo? Il professore non potrebbe mai partecipare!»
«Non potrebbe mai partecipare pubblicamente. Clay, non ti facevo così ingenuo.»
Farsi dare dell'ingenuo da Bernie era il colmo.
Clay aveva gli occhi fuori dalle orbite, bastava un colpetto sulla nuca e sarebbero caduti per terra, rotolando sul pavimento lucido.
Quando Bernard aveva aperto il banco delle scommesse, l'anno precedente, a Clay era pure venuto il dubbio di essere in dovere, in quanto prefetto, di dover chiudere un'attività del genere. Era illegale, non poteva farsi scoprire da Vitious e dagli altri prof!
Poi era stato redarguito e supplicato dai suoi compagni. Adoravano tutti il banco delle scommesse, e non c'era niente di male nel divertirsi un po'. Syd e Pauline lo avevano perfino accusato di essere un guastafeste, e per di più di rovinare una delle poche cose buone che Bernie fosse riuscito a combinare.
"Ti rendi conto che ha creato un business? Che potrebbe portarselo avanti anche al di fuori di Hogwarts? Che questo potrebbe essere il lavoro della sua vita?"
Ecco, grazie ai sensi di colpa gentilmente offerti dai due cretini, adesso si ritrovava nella spiacevole situazione di voler cancellare tutti i traffici di Bernie e inimicarsi così metà della scuola, compreso Vitious.
Odiava tutti dal profondo del cuore.
«Ah, guarda qui» aggiunse Bernie mostrandogli un altro rigo della tabella. «Anche Pauline partecipa.»
A Clay parve di sentire le parole al rallentatore. Aaaanchee Pauuuliiiine parteeeeciiiipaaa.
Gli occhi saettarono sulla sua firma, e sulla cifra accanto.
Aveva scommesso 4 galeoni. Il massimo dell'importo.
Quello fu un colpo duro da reggere.

Seguirono per Clay giorni di depressione e apatia.
Non faceva i compiti. Alle ronde, si aggirava per i corridoi bui del castello come un'anima in pena. Agli allenamenti di Quidditch era una frana totale, quando colpiva il bolide con la mazza ci metteva così poca energia che finiva per roteare su se stesso come una trottola. Non mangiava più con gusto, nemmeno la crostata ai mirtilli, che per lui era la cosa più buona del mondo.
Ma, come si dice? Dai momenti di crisi nascono le cose migliori?
No, vero? Non era così.
Vabbè, il senso si è capito.
Clay ci mise il suo tempo, ma alla fine risorse come l'araba fenice dalle sue stesse ceneri, e rinacque giovane e gagliardo, spietato e spudorato, più deciso e agguerrito che mai.
Aveva un obiettivo in testa, e quell'obiettivo era Pauline. Era determinato a conquistare il suo cuore o a perire nell'impresa, da cavaliere valoroso quale era.
Non aveva più paura.

Ma come si approcciava una come Pauline?
In genere Clay non aveva mai avuto problemi a capire come comportarsi - per esempio, aveva regalato dei fiori a Eloise in quarto anno ed erano stati molto graditi; in quinto anno aveva pronunciato una serie di apprezzamenti e complimenti da vero galantuomo a Debby, e l'estate precedente aveva rivolto occhiate casualmente interessate a Ursula, mentre con Valerie aveva funzionato un approccio molto più diretto.
Stavolta, nel dubbio, decise di non farsi mancare nulla. Decise di usare un approccio per gradi.

[Grado 1]
Pur essendo malauguratamente a conoscenza della pianta preferita di Pauline, Clay aveva deciso di optare per i fiori: un po' perché il gesto romantico per eccellenza era donare un bouquet, e non certo una pianta in vaso, ma soprattutto mosso dalla pietà. Pietà di sé.
Clay era contrario alle piantagioni illegali di erbe da fumare a scopo ludico. Facevano un brutto effetto alle persone, Pauline ne era un chiaro esempio. Non doveva farle un regalo simile, non era certo costretto.
Tuttavia, chiudendo gli occhi, aggrottando le sopracciglia, scuotendo la testa, Clay si sforzava di pensare a qualcosa di diverso dalla maria, ma non venne a capo di nulla.
Davvero, non sapeva quali fossero i fiori preferiti di Pauline. Alla fine, pensò ragionevolmente che la ragazza, così insensibile com'era, non avesse una passione per nessun fiore in particolare: né rose, né gigli, né girasoli, né margherite. Risolse la questione in fretta, riflettendo sul fatto che quello non doveva essere un gesto eclatante: bastava regalarle un mazzo qualsiasi, un simbolo.
Cardi selvatici, raccolti dall'orto del Guardiacaccia.
Glieli fece trovare in camera, in maniera del tutto anonima, accompagnati da un bigliettino che non generasse incomprensioni:
A Pauline, spero che ti piacciano.
Il giorno seguente, a mensa, aveva sentito Annabelle lamentarsi di non aver mai ricevuto fiori, e che chiunque li avesse mandati a Pauline era decisamente un povero fesso. Pauline era super sicura che fosse tutto uno scherzo, architettato magari da suo fratello Frank, mentre Syd aveva passato tutto il tempo a guardare in cagnesco il tavolo dei Grifondoro - probabilmente ce l'aveva con Charlie Weasley.
Insomma, nessuno aveva capito una cippa.
Bernie aveva aperto una scommessa su chi potesse essere il mittente dei fiori, e quasi tutti avevano scommesso su Frank Marshall, convinti dalle motivazioni di Pauline.
Anche Frank Marshall aveva scommesso su Frank Marshall. Dei due fratelli, Clay non sapeva chi fosse il più idiota.
Risultato: il pensiero floreale non aveva colto nel segno. Clay doveva impegnarsi più di così.

[Grado 2]
Il passo successivo erano gli apprezzamenti.
Clay doveva risultare casuale e disinvolto, esattamente come era stato con le sue precedenti ragazze, infilando apprezzamenti qua e là che Pauline, magari, avrebbe colto. Così la ragazza si sarebbe accorta di lui e tra loro sarebbe sbocciato l'amore (coff coff).
Una cosa per volta.
Peccato che fare apprezzamenti a Pauline non fosse affatto una cosa semplice.
«Complimenti per la zucca gigante di Halloween, è un'opera monumentale. Però, potresti per favore farla un po' più piccola? Non c'è spazio per entrare in Sala Comune.»
«Quello scoppio è stato proprio forte, eh? Boom! Com'è che è esploso il calderone? Cosa stavi preparando di bello?»
«Bella maglia! Sì, mi piacciono le cose… larghe, comode… La usi come pigiama? Ah, è la maglia di tuo fratello?»
«Una settimana a lavare i cessi del secondo piano? Che dire, una punizione con i fiocchi! Stavolta ti sei davvero superata!»

Più Clay perseverava nella sua missione, e più tutti quanti rimanevano confusi dalla faccenda. Il Prefetto è ammattito? È una nuova tecnica di psicologia inversa? Oppure sta cercando di accaparrarsi il favore di Pauline con un'astuta operazione di lecchinaggio, per addomesticarla?
Nessuno ci capiva niente, di nuovo. Pauline, però, sembrava un po' più insospettita e cauta nei suoi confronti. Che non era proprio il risultato sperato da Clay, ma era pur sempre qualcosa! Ora, Clay doveva solo insistere.

[Grado 3]
Forse stava insistendo un po' troppo.
Osservarla di sottecchi, cercare di agganciare il suo sguardo, provocarla silenziosamente: era questo il piano. E lo faceva sempre: a pranzo, a lezione, in Sala Comune, in biblioteca, a cena. Clay sperava di creare un dialogo muto e allusivo, ma i classici "sguardi furtivi" funzionano solo se c'è uno scambio tra due persone. Se l'altra persona continua ad ignorarti, è come dialogare con il muro.
Dagli sguardi furtivi, Clay era passato alla fissazione persistente. Il suo obiettivo divenne continuare a tenere gli occhi puntati addosso a Pauline fino allo sfinimento, finché la ragazza non si accorgesse di… be', di lui.
Ma lo sfinimento era ormai vicino. Sottoporsi a questo gioco non era affatto divertente. Dopo quattro giorni Clay si era già stufato. Cercare di farsi capire attraverso vie così traverse e fuori mano non gli piaceva affatto, non era da lui. Se Pauline non voleva proprio rendersi conto di come stavano le cose, doveva metterla faccia a faccia con la verità.
Stava giusto riflettendo su come creare l'occasione giusta per un confronto del genere, quando Pauline parve stancarsi, finalmente.
Un giorno, a pranzo, Pauline ricambiò con uno sguardo lungo e penetrante. Squillo di trombe, danze tribali, urla di giubilo! E pazienza se l'occhiata che Clay subì era un'occhiata poco contenta. Per dirla tutta, era proprio scocciata, sì, era un'occhiataccia in piena regola, una Signor Occhiataccia da "cazzo vuoi?"; ma vallo a dire a Clay e alle sue interiora che facevano parkour.
Il ragazzo si era agitato, finalmente succedeva qualcosa!
E durante il pasto, si svolse finalmente quel "dialogo muto" in cui le loro coscienze trovarono un punto di incontro, un'intesa, una comunione.
Pauline ricambiava, anche se il suo sguardo non aveva niente a che fare con quello di Clay: aveva le sopracciglia aggrottate, sembrava a tratti preoccupata, stranita, dubbiosa, infastidita, distoglieva lo sguardo e fissava le pupille altrove, cambiava posizione in evidente disagio. Intanto Clay si sporcava il maglione con il sugo, incurante, e rispondeva alle chiacchiere degli altri con cenni di assenso puramente distratti.
«Mi raccomando, stasera puntuali alle cinque sul campo! Vi voglio carichi e in formissima!» diceva Nell, la capitana della squadra Corvonero.
«Clay? Sei con noi?»
«Attualmente è su Marte a cercare l'acqua.»
Syd si beccò uno spintone da Clay, che si era trovato casualmente ad ascoltare uno sprazzo di conversazione. Siccome Syd stava portando alle labbra il succo di zucca, la bevanda finì per sporcare Annabelle, alla sua destra, e Annabelle andò su tutte le furie. Syd, che veramente non la sopportava, lo prese come pretesto per dirsene quattro e sfogare un po' di cattiveria quotidiana. In breve, quel tratto di tavolata fu impegnato in conversazioni accese che calamitarono l'attenzione dei presenti.
Quando Pauline si alzò, dopo aver finito in fretta e furia il suo pasto, nessuno se ne accorse. La ragazza lanciò un'occhiata di sfida al Prefetto, poi si voltò verso l'uscita a passo lesto. Clay non perse un attimo: raccolse le sue cose e la seguì.
«Ma dove vai, hai lasciato il piatto a metà!»
Come se gli importasse!

[Grado 4]
La ragazza coprì in breve tempo le scale, voltandosi indietro e sentendosi braccata come un coniglio alle prese con un lupo. Alla fine di tutte le emozioni prevalse la seccatura, e si fermò di colpo, a metà del corridoio deserto, posizionando le mani sui fianchi.
«Parla!» chiese, anzi, pretese, di fronte alla figura di Clay che la raggiungeva ad ampie falcate. «Cosa c'è? Non avrò mica fatto qualcosa di grave? Ho forse bruciato il tuo compito di Incantesimi senza volerlo? No, perché poi mi sono premurata di disperdere le ceneri fuori dalla finestra…»
«Eh?»
«Chi te l'ha detto? Syd?»
«Eh??»
Clay non capiva, ma che accidenti stava dicendo Pauline? Cosa c'entrava il compito di Incantesimi, in quel momento? Poi capì, ma non si scompose. Non era quello il punto.
«Non sei arrabbiato» constatò la ragazza, facendo scivolare le mani giù dai fianchi. «E allora? Perché mi fissi? Sono giorni che mi fissi! Benedetto Merlino, sei inquietante! Giuro che se vedessi un Molliccio adesso assumerebbe la tua forma!»
E così Pauline si era accorta di lui già da tempo: Clay incamerò la notizia, sollevando le sopracciglia per la sorpresa.
«…non sei un Molliccio, vero?»
«No.»
«Oh, bene, sai parlare» commentò lei, per niente entusiasta.
Clay non voleva portarla molto per le lunghe. Quella era la resa dei conti, gli era rimasta una sola cosa da fare: essere diretti.
«Scusa se sono sembrato un po' perso, ultimamente. Ho avuto da pensare. Ho pensato molto,» ripeté, «e ho capito che mi piaci.»


Preciso. Coinciso. Niente da aggiungere.
Pauline voltò il viso di tre quarti, socchiudendo gli occhi. Sembrava sospettosa.
«Io ti piaccio?»
Clay annuì.
Pauline si prese qualche secondo di riflessione, prima di rispondere.
«Be', ma è chiaro. È normale, voglio dire.»
Clay credette di non aver sentito bene. Come, prego?
«Non c'era bisogno di dirselo, così diventa un po' imbarazzante. Ma se proprio ci tieni: ti voglio bene anch'io, sciocchino.»
Così dicendo, Pauline gli mollò un pugno sulla spalla.
«Segnatelo, non te lo ripeterò un'altra volta!»
Pauline gli sorrise, amichevole.
Amichevole. E Clay passò dalle stelle alle stalle in un baleno.


Fischio nelle orecchie.
Vuoto cosmico.
Pausa.
È il cervello di Clay che va in tilt, questo. Le molle saltano, le sinapsi si staccano e si muovono come formiche sperdute sul pavimento, che hanno perso la traccia perché qualcuno ha passato lo straccio.
Ohibò, ora come si fa a trovare la strada di casa?



Si riprese pian piano, e si accorse che stava camminando senza una meta apparente. Pauline era al suo fianco, e cianciava del più e del meno, blaterava come per riempire un vuoto.
Il vuoto era lui, che non rispondeva.
Era già tanto se riusciva a sorridere, tirando gli angoli delle labbra all'insù. Annuiva, per sembrare più convincente (ma che diavolo sta dicendo?).
Pauline non aveva capito il senso profondo delle sue parole. O aveva finto di non averle capite, chissà? Ma comunque, la ragazza aveva - volutamente o no - frainteso.
Quella era stata l'ultima opportunità per lasciar tutto così com'era, fare finta di niente e salvaguardare tutto quello che erano stati loro due fino a quel momento, e lui l'aveva colta al volo. Era stato un fulmineo barlume di coscienza, e Clay aveva accettato la friendzone con rassegnazione e puro senso del dovere.
Dopo quel barlume, aveva spento il cervello, e si era ritrovato chissà come insieme a Pauline che, probabilmente, lo stava ubriacando di sciocchezze mentre lo riaccompagnava alla Torre.
E Clay si stava lasciando trascinare passivamente.
Si riebbe dalla catalessi quando sentì che Pauline lo stava scimmiottando.
«Ho pensato, ho pensato molto, e poi ho capito che mi piaci… ammazza se ce ne hai messo di tempo! Mi hai fatto prendere un colpo!»
Clay non vedeva l'ora di tornare nella sua stanza.
«Che poi, quanto ci voleva a capire che siamo amici, noi due… sono anni che ci conosciamo, suvvia!»
Finché non era connesso con la realtà andava pure bene, ma ora Clay non sapeva per quanto tempo era disposto ad ascoltare quel discorso senza senso.
Si ripromise di mantenere la calma, di staccarsi emotivamente dalla situazione e dalla ragazza che camminava al suo fianco.
Paul. Doveva riprendere a chiamarla Paul. Era da un po' che non la chiamava così: era giunto il momento di ristabilire l'ordine, di riportare la situazione a un anno addietro, quando Clay disprezzava serenamente la sua compagna di Casa e la appellava al maschile.
«Smettila di prendermi in giro, Paul.»
Pauline parve molto sollevata da quelle parole, le prime che il Prefetto avesse pronunciato da cinque minuti a quella parte. Tornò più carica e positiva, continuò a sommergerlo di parole e riprese la sua normale andatura saltellante; Clay capì che, finalmente, si stava rilassando.
Era tutto sotto controllo. Il punto era autoconvincersi che andava tutto bene così, e resistere. Resistere fino a che non sarebbe tornato in camera. Resistere fino alla notte. Resistere fino alla fine dell'anno, resistere fino alla fine della scuola.
Clay non aveva mai imparato a mentire per le cose importanti. Be', voleva dire che avrebbe imparato a farlo.
Stava davvero rinunciando a Pauline?
Sì. La risposta era sì.


Durò poco.
Il tempo di girare l'angolo, e Pauline disse una cosa che lo sconvolse non poco.
«Mi piace, quando mi chiami Paul, perché non è sbagliato.»
Clay drizzò le antenne.
«All'inizio me la prendevo, ti ricordi? Ma poi ho capito che non mi dava fastidio per niente. Anche quando stavi sempre lì a ricordarmi che sono piatta come una tavola, e che non sembro proprio una femmina.»
Clay ricordava, ma gli sembrava un tempo così lontano! Quel ragazzo avrebbe potuto essere un'altra persona, perché Clay sentiva un profondo senso di estraniamento rispetto al sé quattordicenne.
«In fondo avevi perfettamente ragione. Io non sono come le altre ragazze, sono meno femminile. E a volte sento che non me ne frega proprio nulla di essere femmina, potrei benissimo essere un maschio.»
Clay si bloccò in mezzo alle scale.
«Frena. Tu - no, aspetta - tu sei un maschio?»
Pauline ci pensò su.
«Ecco, non so come spiegare. A volte non mi sento né maschio né femmina, oppure tutte e due le cose, chi può dirlo? Insomma, alla fine non è nemmeno importante!»
No, certo. Non era importante.
Perché allora Clay non riusciva a staccarle gli occhi di dosso?
«Adesso cos'è quella faccia?»
«Quale faccia?» chiese Clay, con una faccia da pesce lesso.
«Quella faccia! Mi stai fissando come se avessi un terzo occhio in fronte!»
«No.»
Pauline ignorò la sua risposta.
«Maledizione! Oh, sono proprio una stupida. Non avrei dovuto dirti niente. Avrei dovuto immaginarlo.»
Poi, si voltò, irruente e in posizione di attacco:
«Clayton, se provi a dire anche solo una parola in giro ti affatturo. Nessun altro lo deve sapere! Perché, se nemmeno tu l'hai presa bene, allora non c'è speranza che questa sia una cosa normale. E non provare a prendermi in giro per questa storia!»
«Chi, io?»
«E chi sennò?»
«Giuro che non ti voglio offendere» affermò Clay, che almeno di una cosa era sicuro.
«Dimmi allora a cosa stai pensando, con quell'espressione traumatizzata!»
«Sto pensando che sono innamorato di un maschio.»
Oplà.
Erano fermi sulle scale già da un pezzo, ormai.
Nel religioso silenzio che seguì, perché entrambi ammutolirono, sentirono i quadri bisbigliare fra loro. Avevano un pubblico, indesiderato per giunta, ma entrambi lo ignorarono, sopraffatti da quanto stava accadendo.
«Ma… avevamo detto che siamo amici!» sussurrò Pauline.
Clay scosse la testa, facendo schioccare la lingua sugli incisivi.
«No, bimba, quello lo hai detto tu.»
Pauline balbettò sillabe sconnesse, mentre Clay gongolava intimamente, felice di averla sconvolta.
Felice come un bambino dispettoso che soffia sulle candeline di suo fratello, felice di mettere i bastoni fra le ruote, felice di rompere le uova nel paniere.
Felice di aver rovinato tutto, che cazzo ti ridi? Idiota!
«Ma-ma-ma-ma tu non puoi… tu mi stai prendendo in giro!»
«No.»
«Guarda che è uno scherzo di merda!»
«Non è uno scherzo.»
«E finiscila! il gioco è finito!»
«Non è un gioco.»
Pauline aveva una faccia tra lo sconvolto e il raccapricciato. Una sorta di Testa di Medusa come l'aveva dipinta Michelangelo Merisi, gli mancava solo la cornice - che, la chioma di serpenti vaganti ce l'aveva già.
Ma era lei quella impietrita. Clay era tutto intero, vivo e vegeto, respirava e si sentiva calmo e determinato.
Lui le aveva già passate, quelle emozioni, tempo fa. Ed era davvero uscito da quella fase.
La afferrò rudemente per le spalle, dandole qualche scossone brusco.
«Ehi, ci sei? Mi senti? Pauline? Paul? Come caspio ti devo chiamare?»
«Chiamami come ti pare» rispose lei, spingendo con le mani Clay per allontanarlo - peccato che lui le avesse artigliato le spalle e non aveva intenzione di mollarla.
«Ti sto per chiedere una cosa che non ho mai avuto bisogno di chiedere, a nessuna, capito?»
Clay era impazzito?
Pauline era atterrita. Trovò solo il coraggio di esprimere tutto il suo disappunto spalancando gli occhi come due fanali, e dentro le pupille ci si poteva leggere chiaramente: non ti azzardare.
Clay chiuse gli occhi. Li riaprì.
«Posso baciarti?»


La risposta non fu affermativa.
Furono due mani che staccarono gentilmente a una a una le sue dita, per liberare le spalle.
Un busto che si piegava all'indietro, ancora a fronteggiarlo, ma mettendo più distanza possibile da lui.
Uno sguardo così serio da apparire quasi neutro.
Due labbra serrate e stirate, che si aprirono solo per articolare:
«Non voglio.»















   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: E niente