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Autore: everythingsshiny    25/11/2021    2 recensioni
Levi non aveva mai pensato molto ai sogni.
La loro chiarezza era inquietante e si svegliava ogni volta in preda al panico e con delle immagini raccapriccianti impressi nella sua mente — immagini di mostri giganti che divoravano persone intere o le facevano a pezzi un arto dopo l’altro o di parti di corpi che giacevano insanguinate a terra. Rimaneva disteso sul letto a chiedersi che cosa potesse esserci che non andasse in lui per causare degli incubi così orribili, ma, nonostante tutto, si trattava solamente di sogni. Qualunque fosse l’origine, non aveva avuto alcun impatto sulla sua vita da sveglio e non aveva mai pensato troppo a loro.
Almeno fino a quando non incontrò Petra Ral alla cassa del supermercato."
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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In This Universe



Levi non aveva mai pensato molto ai sogni.
La loro chiarezza era inquietante e si svegliava ogni volta in preda al panico e con delle immagini raccapriccianti impressi nella sua mente — immagini di mostri giganti che divoravano persone intere o le facevano a pezzi un arto dopo l’altro o di parti di corpi che giacevano insanguinate a terra. Rimaneva disteso sul letto a chiedersi che cosa potesse esserci che non andasse in lui per causare degli incubi così orribili, ma, nonostante tutto, si trattava solamente di sogni. Qualunque fosse l’origine, non aveva avuto alcun impatto sulla sua vita da sveglio e non aveva mai pensato troppo a loro.
Almeno fino a quando non incontrò Petra Ral alla cassa del supermercato.  
In un primo momento, Levi pensò che si trattasse di una sosia, niente di più, ma aveva lo stesso taglio di capelli, lo stesso entusiasmo dipinto negli occhi, gli stessi lineamenti lievi e lo stesso dolce sorriso che non poté proprio fare a meno di convincersi che si trattasse proprio di lei.
“Sono cinquanta e sessantasette,” disse la cassiera sorridente. “Signore?” chiese non appena si rese conto che Levi era rimasto a bocca aperta invece di pagare.
“Petra?” le chiese a sua volta Levi.
“Che cosa? Come ha. . .” Per un secondo la donna spalancò gli occhi, ma si rilassò velocemente. “Oops, per un secondo avevo dimenticato di avere una targhetta con scritto il mio nome. Di che cosa ha bisogno?”
In uno dei suoi sogni più frequenti, Petra era morta contro la base di un albero, con il collo spezzato e la testa penzolante all’indietro con un’angolazione raccapricciante. Non riuscì a togliersi quell’immagine dalla mente mentre la guardava in quegli occhi luminosi e vivaci.
“Tu… ti ricordi di me?”
Lei inclinò la testa da un lato, confusa.
“No, non credo. Ci siamo già incontrati da qualche parte?”
Levi controllò due volte la targhetta dove vi era scritto Petra Ral.
“Niente. Volevo dire, no. Tu non mi conosci.”
Quindi afferrò la sua spesa e praticamente corse fuori dal negozio.
Due mesi dopo vide Eren. Stava camminando per strada indossando uno zainetto e un paio di cuffie. Levi lo chiamò per nome e lui alzò la testa, con uno sguardo confuso in volto. Si guardò alle spalle, scrutando il marciapiede alla ricerca di qualcuno che conoscesse, ma, non vedendo nessuno, continuare a camminare. Levi però era certo che si trattasse proprio dello stesso Eren.
Fu da quel momento che iniziò a dare di matto.
Quando aveva incontrato Petra, aveva pensato che si fosse trattato di un caso. Una coincidenza. Si era convinto della possibilità che potesse essere effettivamente la Petra dei suoi sogni in ogni modo possibile, ma ora che aveva incontrato due delle persone che popolavano i suoi incubi e questo era qualcosa davvero difficile da negare.
Quando tornò a casa, Levi si recò direttamente al suo computer portatile. Eren Jaeger non era un nome molto comune, quindi non ebbe molti problemi a trovare il suo account di Facebook. La foto che aveva nel profilo era del ragazzo che aveva appena incontrato. Indossava persino lo stesso zaino. In base a quanto vi era scritto nel suo profilo, Eren era inscritto al primo anno del college locale ed era un membro della squadra di jujutsu — Levi fu contento di sapere che stesse sfogando la sua aggressività in modo sano.  
Se aveva già incontrato due delle persone che popolavano i suoi sogni, con lo stesso nome e tutto il resto, questo significava che anche tutti gli altri si trovavano veramente da qualche parte? Hanji, Mike e il resto della sua squadra per le operazioni speciali? Forse anche Farlan e Isabel?
O forse anche…
Aprì un’altra finestra di internet e, solo per sfizio, iniziò a digitare i nomi degli altri personaggi che apparivano suoi sogni. Il nome di Hanji Zoe fece apparire un lungo elenco di risultati su Google. A quanto sembrava, Hanji stava conseguendo un dottorato di ricerca in biologia evolutiva in una prestigiosa università e le erano stati riconosciuti diversi premi. Levi cliccò sopra un articolo per vedere la foto della sua vecchia amica, che sorrideva con quel suo tipico sorriso pazzo mentre accettava un trofeo.
Levi si mise a sedere e la guardò. Era decisamente strano vedere Hanji con indosso un completo e degli occhiali che si adattavano al suo volto, ma era molto più strano realizzare che lei fosse reale, che erano tutti vivi e che, forse un giorno, avrebbe potuto anche incontrarli.
Ma anche gli altri, proprio come Petra e Eren, non avevano nessun ricordo di lui? E, comunque, che cosa cazzo stava succedendo?
Ci volle una ricerca un po’ più intensa per trovare il resto degli altri. Finì per dover passare a setaccio profili di Twitter e Facebook e pagine di Linkedin, ma alla fine li trovò. Scoprì che Mike era diventato un insegnate, Oruo un architetto, Erd lavorava in una società di comunicazioni e Gunter era un meccanico. Farlan era all’ultimo anno di college e Isabel all’ultimo anno di liceo. Conducevano tutti delle vite così normali. Delle vite sicure. Ed erano tutti reali.
Aveva trascorso la maggior parte del suo pomeriggio facendo delle ricerche sul suo computer e, quando guardò fuori dalla sua finestra, vide che il sole stava tramontando. Iniziava anche ad avere fame, ma non voleva abbandonare la sua ricerca. Si sentiva ancora troppo nervoso, aveva ancora qualche dubbio nel credere che fosse tutto vero e, soprattutto, aveva ancora una persona da trovare. Esitò per un po’ prima di iniziare a cercarlo. Quell’uomo si trovava nella maggior parte dei suoi sogni e quelli più forti e ricorrenti erano incentrati su di lui. Il suo peggior incubo era su di lui, ma anche il suo più bel sogno.
Se non lo avesse cercato in quel momento, avrebbe passato tutto il resto della vita a farsi domande. Digitò Erwin Smith sulla barra di ricerca e cliccò su cerca.
Erwin fu il più difficile da trovare, ovviamente, e quel dannatissimo cognome tanto comune non era certo d’aiuto. Utilizzando solo i social media, non riuscì a trovarlo con certezza. Restrinse l’elenco a quattro persone che non avevano pubblicato la loro foto su Facebook, ma nessuno di questi poteva essere quello giusto. Per quanto ne sapeva, il vero Erwin Smith non utilizzava i social media. O forse… no. Levi non voleva nemmeno pensato a quella eventualità.
Quella notte ebbe un nuovo sogno.


 
*****


Si trovava nell’ufficio di Erwin. Tutto sembrava molto calmo. I suoi sogni erano solitamente stressanti, caotici e terrificanti, ma questo era bello. Erwin si trovava alla sua scrivania, mentre lui era seduto sul bracciolo di un divano. Stava guardando fuori dalla finestra, ma, di tanto in tanto, spostava lo sguardo verso l’altro uomo.     
“Mi dispiace farti aspettare, Levi,” gli disse Erwin. “Ho un altro documento da esaminare e poi sarò da te.”
“Non avere fretta,” gli rispose. “Questo è l’unico momento di pace e tranquillità che avrò per tutta la giornata. Alcune nuove reclute mi hanno chiesto se più tardi posso dare loro qualche consiglio su come utilizzare l’attrezzatura.”
“È molto carino da parte tua,”
Levi si limitò a scrollare le spalle.
“Speriamo che questo possa mantenerli in vita più il più a lungo possibile,” disse piano.
Trascorsero un paio di minuti di silenzio, poi Erwin posò la penna sulla scrivania e si voltò sulla sedia per guardare Levi.
“Che cosa dovevi riferirmi?” gli chiese.
Levi non rispose immediatamente. Guardò Erwin in volto e si appoggiò allo schienale del divano.
“Sai, quando ero un bambino, immaginavo sempre dei mondi alternativi in cui facevo una vita bella e normale, dove avevo un sacco di cibo e probabilmente andavo a scuola o qualcosa del genere.”
Erwin l’osservò tranquillamente, aspettando che finisse prima di rispondergli. Levi lanciò un’altra occhiata fuori dalla finestra e guardò le nuove reclute che parlavano tra di loro nel cortile. Era facile capire quali fossero i novellini perché sorridevano sempre più prontamente e parlavano con più entusiasmo.
“Ti sei mai chiesto se esiste un mondo alternativo come quello? Un mondo senza titani, senza corpo di ricerca, dove tutti noi viviamo delle belle vite normali.”
“Non me lo sono mai chiesto, no,” rispose Erwin. “Anche se trovo che l’idea sia interessante.”
“Pensi quindi che funzionerebbe?” chiese Levi.
Non spiegò che cosa intendesse, ma Erwin lo capì comunque.
“Forse,” disse. “Però, se così fosse, noi non ci saremmo mai trovati.”
Levi si limitò a scrollare le spalle.
“Io ti troverei.”
“Davvero?”
“Sì.” Guardò Erwin e incontrò il suo sguardo solo per un secondo prima di tornare al proprio lavoro. “Comunque, ho pensato a chi voglio avere nella mia nuova squadra…”


 
*****


Levi ci pensò molto, ma in realtà aveva già deciso.
Lavorava per suo padre in un’autofficina e odiava tutto di quell’impiego, quindi non si sarebbe lasciato molto alle sue spalle. Aveva abbastanza soldi da parte per intraprendere il viaggio e, dopo quello a cui era sopravvissuto nei suoi sogni — forse era meglio chiamarla realtà alternativa? — non aveva dubbi sulle proprie capacità di sopravvivere da solo.
Una settimana dopo, Levi salì su di un autobus che lo avrebbe potato a Indianapolis. Il primo potenziale Erwin Smith sulla sua lista, infatti, era un dentista dell’Indiana.


 
*****


Quel Erwin Smith, però, si dimostrò non essere quello che ricordava. Stessa cosa il secondo e quello che venne dopo. Levi entrò nell’ufficio del quarto potenziale Erwin Smith con il cuore in gola, convinto che questo dovesse essere lui; era un avvocato e questo era un lavoro che gli si adattava perfettamente. Invece si trovò davanti un cinquantenne brizzolato con gli occhi marroni acquosi che non aveva assolutamente nessuna somiglianza con il suo Erwin.
Non si preoccupò nemmeno di scambiare qualche parola con quel tipo o di inventarsi una qualche scusa per la quale si trovasse lì. Si limitò semplicemente di girare i tacchi e andarsene dalla stanza. Quindi uscì dall’edificio e iniziò a camminare lungo la strada. Continuò ad andare avanti fino a quando, non avendo la minima idea di dove si trovasse, si mise a sedere su di una panchina.
Questa era la fine. Aveva speso la maggior parte dei suoi risparmi, aveva girato tutto la nazione e non lo aveva trovato.
A quanto sembrava, non erano destinati a rincontrarsi.
Si chinò e appoggiò la testa tra le mani. Aveva ancora abbastanza soldi per permettersi il biglietto per l’autobus per tornare a casa, ma, dal momento che era partito senza alcun preavviso, suo padre probabilmente non lo avrebbe più fatto lavorare in officina. Non era esattamente il tipo di persona che perdonava facilmente. Forse avrebbe potuto chiedere un impiego in qualche officina nella zona; ormai aveva abbastanza credenziali in quel settore che non sarebbe stato difficile trovarne uno. In più, guardando bene, si era reso conto che aveva il denaro necessario per rimanere altre due notti nel suo motel.
Levi sospirò. Sentì il suo cuore che stava affondando a terra. Era stata un’impresa davvero inutile, di questo ne era consapevole. Non poteva davvero aspettarsi che la ricerca di qualcuno che aveva semplicemente sognato potesse dare dei risultati.
Quindi si alzò, tornò nel suo motel e utilizzò l’elenco telefonico per fare una lista delle autofficine locali su cui informarsi.
La sua ricerca di un lavoro iniziò il giorno successivo. Dovette raggiungerli tutti a piedi visto che non aveva soldi da spendere per un taxi o l’autobus. Dopo una infruttuosa giornata di ricerca, Levi si ritrovò esausto e con i piedi piegati dalle vesciche all’interno delle scarpe. Sulla via di ritorno per il suo motel vide una panchina appena fuori da un complesso di uffici e vi crollò sopra. Era passato un giorno. Gli rimaneva solo una notte da trascorrere nella sua stanza al motel e poi sarebbe finito per strada. In quel momento non aveva nemmeno le energie per alzarsi in piedi e continuare il suo cammino.
Erano le cinque e gli uffici di fronte a lui si stavano svuotando a poco a poco. Osservò con guardo assente quella massa di completi sciamare verso il garage, la strada o giù per le scale di una vicina stazione della metropolitana, maledicendo ognuno di loro e il loro comodo lavoro.
E lui era in mezzo a quella folla.
Erwin Smith. Il suo Erwin Smith.         
L’uomo indossava un elegante completo blu e sembrava più in salute che mai. Aveva entrambe le sue braccia ed era bellissimo. Levi lo guardò come in trance mentre usciva fuori da quella mandria di persone che lasciavano i loro uffici e scendeva le scale che conducevano alla metropolitana.
Quindi Levi iniziò a correre, dimenticandosi completamente delle vesciche ai piedi. Serpeggiò tra quelle persone, infilandosi in ogni piccola apertura che trovava tra la folla fino a quando non arrivò alla stazione della metropolitana. Quando una delle guardie si allontanò, scavalcò il tornello. Quindi cercò di seguire quella familiare testa bionda giù per le scale, ma quella folla era troppo fitta e non vi era spazio per spingere qualcuno. Levi raggiunse il binario proprio quando vide le porte del treno chiudersi alle spalle di Erwin.
Ma lo aveva visto. Lui era lì. Era reale.


 
*****


Levi tornò il giorno successivo.
Aveva trascorso la maggior parte della giornata cercando nuovamente un lavoro, ma, quando Erwin lasciò il suo ufficio, lo stava aspettando alla panchina con il biglietto per la metropolitana stretto in mano. Questa volta riuscì ad avvicinarsi all’uomo in modo da poterlo seguire meglio all’interno dell’affollata stazione.
Quel giorno Erwin indossava un completo nero. Mentre aspettava il treno, aveva lo sguardo fisso davanti a sé, lanciando di tanto in tanto un’occhiata alle persone che gli erano vicino e all’orologio. A un certo punto i suoi occhi si spostarono sul volto di Levi, ma non sembrò che lo avesse riconosciuto. Levi rimase un po’ deluso da questo, ma che cosa poteva aspettarsi? Nessuno lo aveva riconosciuto, anche se aveva davvero sperato che con lui potesse essere diverso.
Vi era un loro incontro a cui continuava a pensare, uno che faceva parte della sua serie di sogni. Erwin era stato incarcerato per un po’ e lui era partito per una missione. Si erano ricongiunti inaspettatamente e poi… era l’unico bel sogno che aveva di quel mondo. Sapeva che era improbabile, ma aveva sperato che anche questa loro riunione sarebbe stata simile.
Il treno arrivò al binario. Erwin salì a bordo e Levi entrò dalle porte posteriori dello stesso vagone.
Una volta dentro, l’uomo tirò fuori un libro. Levi non riuscì a vedere di che cosa si trattasse dalla posizione in cui si trovava, ma gli sembrava un tomo voluminoso. Erwin tenne aperto il libro con una mano mentre con l’altra si reggeva ad un palo. Meno male che aveva entrambe le braccia. Forse, se non aveva perso l’arto, significava che in quel mondo era al sicuro da qualsiasi grave pericolo.
Ma se non era così?
Per quel treno erano previste nove fermate. Levi aveva quindi nove fermate per avvicinarsi a lui, ma non lo fece.
Poi Erwin scese e Levi lo seguì. Camminò alcuni isolati dietro di lui, pensando che si sarebbe avvicinato presto a lui… presto… appena avrebbe girato l’angolo…
Erwin scomparve all’interno del portone di una palazzina e Levi rimase indietro.


 
*****


Levi vide nuovamente Erwin il giorno successivo.
Non aveva un posto dove andare quella notte. L’ultima cosa che avrebbe dovuto fare era spendere i soldi che gli rimanevano per acquistare un biglietto del treno per pedinare quest’uomo che assomigliava al suo vecchio comandante, ma lo fece a prescindere.
Lo osservò nuovamente mentre si trovavano in treno. Il viaggio sarebbe stato lungo, ma non aveva sentito il bisogno di portare qualcosa con sé per far passare il tempo. Gli bastava solamente guardare Erwin, intero, vivo, sereno, bellissimo e così vicino.
L’uomo scese dal treno e Levi lo seguì per un intero isolato.
Ma, ancora una volta, non si avvicinò a lui e, di nuovo, Erwin scomparve all’interno della propria abitazione. Levi restò per un po’ fuori dal portone, guardandolo e immaginandosi la vita che l’uomo facesse lì. L’abitazione faceva parte di una serie di palazzine in mattoni, luoghi dall’aspetto elegante e con le finestre a bovindo. Era un bel quartiere. Levi era contento che Erwin vivesse in una zona così bella.
Si avvicinò al portone d’ingresso. Esitò, tanto che era sul punto di voltarsi nuovamente. Sicuramente lo avrebbe fatto se non avesse speso tutti i suoi soldi fino all’ultimo centesimo. Ormai non aveva più niente da perdere. Quindi premette il campanello sopra il quale vi era scritto “Smith” e aspettò.
Dopo un momento che sembrò lungo un’ora, Erwin aprì la porta. La mente di Levi si svuotò e tutte le parole gli si bloccarono in gola.
Lo sguardo dell’uomo era ancora potete come lo era nei suoi sogni e, per quanto fosse possibile, l’azzurro dei suoi occhi era ancora più vivido. Abbassò lo sguardo su di lui e Levi ritornò in dietro con la mente a quando vi era calore all’interno di quelle profonde iridi azzurre, quando lo guardava come se fosse l’unica persona presente nella stanza.
“Sì?” gli chiese. Era la prima volta che Levi lo sentiva parlare al di fuori dei suoi sogni. La voce gli si bloccò in gola e non riuscì proprio a rispondergli. “Posso aiutarla?”
“Io…” Io ti ho seguito all’inferno e ritorno più e più volte. Ti ho conosciuto più intimamente di quanto abbia mai fatto con chiunque altro e ho vegliato su di te fino all’ultimo tuo istante. Ed ora eccoti qui. Vivo e di nuovo tutto intero. Ma non poteva di certo dire qualcosa del genere, quindi Levi cercò di trovare una scusa plausibile. “Io… sto raccogliendo del denaro… per i bambini senzatetto,” rispose.
“Lo vedo. Beh, posso certamente donare qualcosa per una buona causa come questa.” Erwin infilò una mano nella tasca posteriore dei suoi pantaloni ed estrasse il suo portafoglio. Levi gli fissò le dita mentre lo apriva per frugare attraverso le banconote. Spostò lo sguardo sulla sua mascella, i capelli e gli occhi. “Che cosa ne pensi di venti?”
“Va bene, va molto bene,” rispose Levi, quasi dimenticando di che cosa stessero parlando.  
Erwin tirò fuori la banconota e gliela porse.
“Hai qualcosa di familiare,” disse. “Ti conosco?”
Levi smise di respirare.
“Davvero? Voglio dire, anche tu hai qualcosa di familiare.”
“Quindi probabilmente ci siamo conosciuti da qualche parte, hm? Come ti chiami?”
“Levi,” sussurrò. “Levi Ackerman. E tu?”
“Erwin Smith. Non posso dire di ricordare questo nome. Forse assomigli semplicemente a qualcuno che conosco. In ogni caso, è un piacere conoscerti.”
“Sì, è un piacere.”
Erwin gli tese una mano e Levi gliela strinse. La presa era calda e solida, ma troppo veloce.
“Beh, buona fortuna con la tua raccolta fondi, Levi.”
Levi adorò come aveva suonato la voce di Erwin quando aveva pronunciato il suo nome.
“Grazie,” rispose mentre la porta si richiudeva.


 
*****


Con il contributo di Erwin, insieme ai suoi fondi rimanenti, Levi poté trascorrere un’altra notte nella sua stanza al motel, ma questo gli fece consumare anche il suo ultimo centesimo e il giorno seguente dovette saltare i pasti. Aveva bisogno di trovare un lavoro al più presto.
Levi trascorse l’ennesima giornata a cercarne uno, camminando da un capo all’altro della città. Finalmente venne assunto in un’officina di periferia per sostituire temporaneamente un loro dipendente che si trovava fuori città. Era abbastanza. Avrebbe avuto il primo stipendio a fine settimana, quindi gli aspettavano solo poche notti da trascorrere per strada.
La sua passeggiata verso un quartiere più sicuro lo portò verso la zona finanziaria, ma era troppo tardi per vedere Erwin. A quell’ora doveva essere già a casa, ma Levi si sedette comunque sulla sua solita panchina. Era stanco, si sentiva strano dopo aver trascorso una giornata senza mangiare e aveva bisogno di qualche momento per riposare. Forse per quella notte avrebbe potuto dormire su quella panchina, usando lo zaino che portava con sé, quello che conteneva tutti i suoi averi, come cuscino.
Aveva sognato di vivere per strada, ma non aveva mai fatto una vita del genere. Ricordava quel tanto che bastava per sapere che non avrebbe voluto farlo mai più. Si appoggiò con la schiena alla panchina e sospirò, percependo che le sue palpebre iniziavano a chiudersi mentre la stanchezza iniziava a farsi sentire. Dormire su di una panchina cominciava a sembrargli una grande idea, anche se forse sarebbe stato meglio rimanere coscienti.
Proprio mentre stava per addormentarsi, sentì una voce arrivare da dietro di lui.
“Come sta andando la tua raccolta fondi?”
Levi si svegliò di soprassalto. Si voltò e vide Erwin Smith in piedi alle sue spalle.
“Che… che cosa?”
“Scusami, ti ho spaventato?”
“No, io… no.”
“Ti dispiace se mi siedo?”
“…prego.”
Levi guardò Erwin attraverso le assi di legno della panchina, con il cuore che gli batteva forte per lo spavento. Poi l’altro uomo si mise a sedere accanto a lui, abbastanza vicino da poterlo toccare. Avrebbe potuto allungare una mano e…
“Che cosa ti porta qui?”
“Sto chiedendo donazioni nei vari uffici,” mentì Levi. 
“Hai avuto fortuna?”
“Un po’,” rispose Levi. “Perché sei qui?”
“Lavoro qui vicino.”
“Fino alle sette?”
“Ah, sono le sette?” Erwin guardò l’orologio come se fosse sorpreso da quella notizia. “Sono rimasto fino a tardi perché avevo del lavoro da terminare.”
Nell’udire quelle parole, Levi sorrise leggermente. Erwin era sempre rimasto alzato fino a tardi per portare a termine il suo lavoro anche nell’altra sua vita. Lo faceva sentire meglio sapere che questo non era cambiato.
“Suppongo che adesso dovrei tornare a casa,” disse l’uomo.
“Probabilmente,” concordò Levi.
Quanto avrebbe voluto implorargli di lasciare che lo seguisse.
“Hai finito il tuo turno?”
Levi pensò a che cosa potesse essere più realistico per il suo finto lavoro.
“Sì.”
“Ti andrebbe di cenare con me? Conosco un piccolo café proprio dietro l’angolo che è davvero eccellente.”
“Ah, uhm, non posso.”
Levi avrebbe voluto accettare con ogni fibra del suo corpo, ma non aveva proprio i soldi per permettersi di mangiare.
“Sei sicuro? Offro io.”
Levi distolse lo sguardo per riflettere. Chi offriva la cena a un perfetto sconosciuto? Erwin stava per caso flirtando con lui? Possibile che fosse così fortunato? Qualunque fosse la sua motivazione, era l’occasione per mangiare insieme a lui e non poteva certo lasciarsela sfuggire.
“Va bene, certo,” rispose.
Erwin sorrise. Non aveva sorriso molto durante la sua precedente vita. Era davvero bello.
“Il café è proprio da questa parte,” gli disse. “Lascia che te lo mostri.”
Quindi Erwin si alzò in piedi e iniziò a camminare. Inebetito, Levi lo seguì.
Il locale era piccolo, luminoso ed arredato in modo sobrio. Lui e Erwin erano seduti uno di fronte all’altro dietro a un separé. L’uomo indossava un abito grigio scuro e una cravatta verde che gli fece pensare al bolo che portava nella sua precedente vita.
Ordinarono e poi gli chiese come fosse stato coinvolto in quella raccolta fondi. Levi rispose inventando una breve storia e poi domandò a Erwin di che cosa si occupasse. Non aveva voglia di parlare, anche perché, tutto quello che avrebbe detto, sarebbe comunque stata una bugia. Desiderava solamente poter ascoltarlo e divertirsi nuovamente con lui, anche se solamente per un breve momento.
Erwin lavorava nella finanza. Aveva fatto carriera velocemente e, anche se non voleva sembrare arrogante, era certo che avrebbe continuato così. Inizialmente aveva vissuto a Boston, ma si era trasferito per lavoro e aveva un cane. Levi non poté fare a meno di chiedersi come avrebbe potuto mai inserirsi in quella vita perfettamente piena che aveva.
Ordinò un sandwich large perché gli sembrava la scelta più economica che gli permettesse di avere una maggior quantità di cibo. Voleva stare attento a non approfittare del fatto che fosse Erwin a pagare. Cercò di mangiare lentamente, ma finì per divorare il suo cibo visto che il suo stomaco gridava per ogni grammo di nutrimento che poteva ottenere.
“Devi essere affamato,” notò Erwin. “Andare in giro per cercare delle donazioni deve essere molto estenuante.”
Levi ingoiò l’ultimo boccone del suo sandwich.
“Sì,” rispose.
Erwin sorrise.
“Vorresti del dolce? Fanno una torta meravigliosa qui.”
Levi non voleva che l’uomo spendesse troppi soldi, ma era stato proprio lui ad offrirgliela. Comunque aveva bisogno di mangiare il più possibile perché non sapeva quando e se avrebbe potuto farlo nuovamente.
“Certo.”
“Eccellente.” Erwin chiamò la cameriera e ordinò due fette di torta di mele. Una volta che se ne fu andata, si rivolse nuovamente a Levi e disse, “Sai, ho ancora la netta sensazione di averti già incontrato prima.”
La frequenza cardiaca di Levi accelerò, ma fece del suo meglio per non lasciarlo a vedere.
“Davvero?”
“Sì! Sai chi mi ricordi?”
“Chi?” chiese con un tono di voce appena poco più alto di un sussurro.
“Un uomo che mi ha seguito fino a casa per due volte.”
Levi sentì il proprio cuore sprofondare. Erwin non si ricordava di lui, almeno non nel modo in cui aveva sperato. Lo aveva semplicemente visto sul treno.
“Non ti ho visto bene il primo giorno che mi hai seguito fino a casa. Quello successivo, quando hai suonato alla mia porta, non ricordavo bene chi fossi, ma c’era qualcosa che non mi riportava. Vedi, quando le persone di solito vanno porta a porta per raccogliere soldi per beneficienza, hanno del materiale con loro, come una busta dove conservare il denaro, degli opuscoli che parlano della loro organizzazione e così via.”
Levi voleva protestare, trovare una spiegazione credibile, ma non vi era nulla che potesse dire. Aveva trovato Erwin e lui pensava che fosse una specie di criminale.
“Quando oggi ti ho visto sulla panchina, tutte le cose sono andate a loro posto,” aggiunse l’uomo. “Ti avevo già visto su quella panchina il primo giorno che mi hai seguito. Avevo solo bisogno di vederti lì per rinfrescare la mia memoria.”
“Quindi volevi cenare con me solo per vantarti di quello che avevi capito?”
“No, solo per sapere qualcosa di più ed è proprio quello che ho fatto. Hai schivato la maggior parte delle mie domande personali, mantenendo la conversazione centrata su di me e dandomi delle risposte brevi e il più generiche possibili. Tutto questo ha confermato i miei sospetti sul fatto che tu sia coinvolto in qualcosa che non vuoi che io sappia, molto probabilmente qualcosa di illegale.”
Levi avrebbe dovuto aspettarselo. Erwin era sempre stato due passi davanti a tutti.
“Quindi a quali conclusioni sei arrivato adesso?” chiese.
“Ho potuto anche vedere quanto sei veloce a mangiare,” disse Erwin. “Chiaramente non fai un pasto completo da un po’ di tempo, così ho anche scoperto che non ti trovi in un momento molto fortunato.”
La cameriera tornò con le loro fette di torta. Entrambi gli uomini rimasero in silenzio fino a quando lei non se ne andò, studiandosi a vicenda dai due lati opposti del tavolo.
“Quindi? Mi dai da mangiare e poi chiami la polizia?”
“Non l’ho ancora deciso,” rispose Erwin con calma. “Ma lo farò di certo se sospetterò che tu voglia fare del male a me o a chiunque altro. Dopo tutto, hai commesso una frode per ottenere dei soldi da me. Questo è un motivo più che solido per farti arrestare.”
“E se non chiami la polizia, che cosa succederà?”
Erwin diede un morso a un pezzo della sua fetta di torta prima di rispondere.
“Questo dipende,” disse. “Perché non mi dici la verità? La vera verità, questa volta.”
“E dopo mi farai arrestare?”
“Probabilmente, ma forse non lo farò. Ad ogni modo, sono molto curioso. E per favore, magia. La dovrò pagare quella fetta di torta.”
Levi fissò il dolce e lo infilzò con la forchetta. Quando l’assaggiò, lo trovò delizioso. Chiuse gli occhi per un secondo per concentrarsi sul gusto, forse l’unica cosa dolce che avrebbe mangiato prima di andare in prigione, e poi iniziò a parlare.
“La verità è che sto cercando una persona. Per caso assomigli esattamente a lui,” spiegò. Quella che stava raccontando era una mezza verità e cercò di rimanere il più vicino possibile alla realtà senza sembrare pazzo. Una completa bugia forse avrebbe potuto funzionare meglio, ma non si fidava troppo nelle sue capacità di trovare una storia davvero convincente in quel momento. Qualcosa che avrebbe potuto ingannare Erwin. “Ti ho visto qualche giorno fa mentre camminavi dal tuo ufficio alla stazione della metropolitana e ho pensato che potevi essere lui. È per questo motivo che ti ho seguito il giorno dopo e del perché ho suonato alla tua porta quello successivo.”
“Non ne eri sicuro dopo che mi avevi seguito per la prima volta?”
“Pensavo che fossi tu… voglio dire, pensavo che fossi lui. Ne ero certo quando ho suonato al campanello e ho capito il mio errore solo quando hai aperto la porta.”
“Quindi hai dovuto inventare una bugia quando l’ho aperta.”
“Sì. Non ti dirò che non avevo bisogno di soldi, ma non sono venuto a casa tua con l’intenzione di ingannarti.”
“Chi è quest’uomo che stai cercando?”
“Lui è… è un vecchio fidanzato.”
Stava quasi per dire che fosse un vecchio capo, ma non era certo del motivo per il quale non lo avesse fatto.
“Davvero?”
“Sì.”
“Non hai il suo numero di telefono? Magari un indirizzo o degli amici e famigliari da poter contattare?”
“…no.”
“Deve essere stata davvero una brutta rottura.”
“No, non è andata proprio così.”          
“E perché non hai mangiato di recente, Levi?”
Levi sospirò, sapendo che questo lo avrebbe fatto sembrare ancora peggio.
“Sono venuto in questa città sperando di trovarlo. Non l’ho fatto e poi ho terminato i miei soldi. Devo metterne un po’ da parte per il biglietto dell’autobus per tornare a casa e per una stanza in un motel, quindi ho deciso di saltare alcuni pasti.”
Non voleva far sapere a Erwin quanto fosse disperatamente patetica la sua situazione.
“Hai speso fino al tuo ultimo centesimo per cercare di trovare questo tuo vecchio fidanzato?”
“Sì.”
Erwin ci pensò solo per un secondo prima di rispondere:
“Finisci la tua torta.”
“Che cosa?”
“Finisci la tua torta. Voglio andar via tra poco.”
Levi diede altri due morsi al dolce prima di chiedere:
“Ora hai intenzione di chiamare la polizia?”
“Ci sto ancora pensando,” rispose l’uomo prima di fare un cenno alla cameriera e chiedere il conto.
Non si scambiarono nemmeno una parola mentre Erwin pagava e Levi ingoiò l’ultimo boccone di torta. Ormai aveva perso il suo sapore e sembrava che gli si fosse conficcato in gola. Sarebbe rimasto deluso se non avesse trovato Erwin, ma questa situazione sembrava in qualche modo peggiore. Era davvero molto vicino a lui, ma non lo avrebbe mai potuto toccare.
Quando finalmente ebbe finito, l’uomo si alzò in piedi e gli disse:
“Vieni con me. Se provi a scappare, chiamo la polizia.”
Levi avrebbe voluto protestare, ma sapeva che sarebbe stato inutile. Erwin in quel momento aveva un piano e sapeva che probabilmente aveva già pensato a tutte le sue possibili mosse. Quindi lo seguì alla cieca fuori dal café, proprio come lo aveva seguito tante volte nell’altra sua vita.
Si avvicinarono alla stazione della metropolitana e scesero i gradini. Erwin prima fece scorrere la tessera del suo abbonamento per entrare e poi lo consegnò a Levi oltre il tornello in modo che potesse utilizzarla anche lui. Quindi lo condusse sopra un treno, uno diverso da quello che utilizzava normalmente per tornare a casa. Erwin scelse un posto al centro del vagone e Levi si mise a sedere di fronte a lui.
“Dove mi stai portando?”
“Alla stazione degli autobus. Ti compro il biglietto a condizione che tu lasci la città stanotte.”
“Vuoi portarmi fuori città così che possa essere un criminale senza disturbarti?”
“Non penso che tu sia un criminale,” rispose Erwin. “Ma se questo tuo vecchio fidanzato non ha lasciato nulla per poterlo contattare, chiaramente non vuole parlare con te. Comunque hai bisogno a prescindere di un aiuto per acquistare il biglietto dell’autobus.”  
Levi sbuffò.
“Quindi si tratta solamente di altruismo?”
Erwin fece un mezzo sorriso e guardò Levi, ricordandogli l’espressione che aveva dipinta sul suo volto la prima volta che si erano incontrati.
“Niente affatto,” rispose l’uomo. “Vedi, mi sento in dovere di garantire che tu non inganni o manipoli nessun altro. So, logicamente, che dovrei contattare le autorità, ma preferirei di gran lunga di prendermi cura di te da solo. Per una qualche ragione, mi intrighi, Levi.”
“Ne sono onorato,” mormorò.
Cambiarono treno quando arrivarono in centro e vi rimasero per altre tre fermate. Levi non guardò Erwin per tutta la durata del viaggio. Non voleva che gli ultimi suoi ricordi dell’uomo fossero di lui che lo guardava con disgusto.
Arrivati alla loro fermata, scesero dal treno e si avvicinarono alla stazione degli autobus. Quando furono all’interno, Erwin si avvicinò ad una biglietteria per acquistare il biglietto. Levi gli diede un’occhiata —un biglietto di solo andata per la sua città natale — prima di seguire l’uomo più all’interno della stazione.
I terminal dei bus si trovavano tutti in un corridoio sotterrano con delle pareti in mattoni e pavimenti con delle piastrelle gialle. Era affollato da persone e bagagli, ma, nonostante la calca, l’aria era gelida.
“Questo è il tuo terminal,” spiegò Erwin. “L’autobus partirà tra quindici minuti.”
“Ho capito,” rispose Levi.
Non aveva ancora guardato veramente l’uomo in volto.
“Beh, questa è stata sicuramente una serata interessante. Fa buon viaggio e spero davvero di non rivederti mai più in questa città.”
Levi non rispose. Aspettò fino a quando non fu certo che Erwin se ne fosse andato e fino a quando qualcuno non iniziò a gridare che il loro imbarco stava per iniziare prima di voltarsi per dare un’ultima occhiata.
Erwin stava camminando lungo il corridoio, alto e orgoglioso come sempre. A Levi ricordò un sogno, il peggiore che avesse mai fatto: Erwin si stava allontanando da lui proprio come stava facendo in quel momento, poi si inginocchiò dall’altra parte di un cortile mentre un plotone d’esecuzione prendeva la mira e lui non poteva fare altro che rimanere a guardare.
Allora sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe visto, ma in quella vita aveva un’altra possibilità.      
Quindi iniziò a correre.
Raggiunse l’uomo proprio mentre stava per uscire dalla stazione degli autobus.
“Erwin, aspetta,” lo chiamò. Disperato, lo afferrò per una mano. “Aspetta,” disse di nuovo, ansimando un po’.  
Erwin si voltò, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata. Era più sorpreso di quanto Levi lo avesse visto, in questa vita o nell’altra. Questo lo spaventò e si preparò ad una qualsiasi sua reazione.
Erwin strappò via la sua mano e si portò il pugno al petto. Fece un passo indietro, continuando a fissare Levi.
“Che… che cos’era?” chiese.
“Mi dispiace. Ho solo…” la mente di Levi si affannò per trovare una scusa decente.
“Che cosa mi hai fatto?”
“Ho solo… Ho bisogno di dirti un’altra cosa…”
“Che cos’erano quelle immagini?”
“Quali immagini?”
Levi si guardò alle spalle e lanciò un’occhiata da una parte e dall’altra, cercando di vedere che cosa si fosse perso.
Invece di rispondere, Erwin gli tese la mano.
“Fallo di nuovo,” disse.
“Di nuovo che cosa?”
“Prendimi la mano.”
Levi non era certo di che cosa stesse succedendo, ma l’uomo non lo aveva ancora mandato via, quindi premette con cautela le dita sopra il suo palmo.
Erwin rimase immobile per due secondi, prima di tirare via ancora una volta la mano.
“Come riesci a farlo?” gli chiese.
“Io… io non lo so,” sospirò Levi.
Aveva iniziato a farsi un’idea, ma… no, non aveva alcun senso.
“Ho visto delle immagini…”
“… di giganti?” chiese Levi speranzoso.
“Sì. Anche di persone con dei mantelli verdi…”
“E di città circondate da mura?”
“Sì, sì, e… te.”
Il cuore di Levi si fermò.
“Sì?”
“Levi.” Erwin lo guardò come se fosse la prima volta che si vedevano.
“Sì,” sospirò Levi.
“Sono io il vecchio fidanzato.”
“Sì.”
“Ma che…” Erwin allungò una mano come se volesse toccarlo, ma esitò. “Che cosa sta succedendo? Che cosa sto ricordando?”
“Uh, forse qualcosa accaduto in un universo alternativo. Almeno penso,” rispose Levi.
“Quello è…” Erwin scoppiò a ridere, scuotendo lentamente la testa.
“Sì, è…”
Che cos’era? Che cosa si poteva dire per descrivere tutto questo? E se l’uomo ricordava tutto e lo guardava con stupore invece che con disprezzo, che cosa importava?
“E mi hai trovato,” disse Erwin.
“Sì.”
“Attraverso gli universi.”
“Ho pensato che forse…”
“Senza la guerra…”
“Noi potevamo… sì.”
Erwin allungò di nuova la mano e questa volta toccò Levi. Appoggiò il palmo contro la sua guancia. Era caldo, così caldo che Levi poté sentire anche le piante dei piedi formicolare per quel tocco. Appoggiò la testa contro la sua mano ed Erwin alzò anche l’altra per spostare la ciocca di capelli che gli stava comprendo il viso.
Stavano bloccando l’ingresso alla stazione degli autobus, ma nessuno dei due sembrò accorgersene o preoccuparsene veramente.
“Levi,” disse Erwin. Il suo tono era delicato, gentile, proprio come quelle dita che si muovevano tra i suoi capelli e lungo il suo viso. “Levi.”
Levi si limitò a sorridergli.
Quindi si baciarono con una naturalità come se quella fosse l’unica cosa che avrebbero potuto fare.
Ed era meglio di qualsiasi cosa Levi avrebbe mai potuto sognare.  




Ciao a tutti!
È la prima volta che traduco una storia di everythingsshiny e spero proprio che vi piaceranno le sue opere tanto quanto a me, anche perché vorrei tradurre diverse sue storie in futuro, sia long sia os.
Per quanto riguarda questa traduzione, volevo spiegare che, mentre in originale la storia era scritta utilizzando i verbi al tempo presente, ho preferito utilizzare il passato perché lo trovavo che fosse quello più adatto per quanto riguarda l'italiano. Ovviamente prima di prendere questa decisione mi sono ampiamente confrontata con l'autrice.
Per chi volesse, qui troverete la storia in lingua originale.
A presto,
JodieGraham
   
 
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