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Autore: PrimbloodyBlack    26/11/2021    0 recensioni
(la pubblicazione continuerà su Wattpad) Skye faceva parte di una della famiglie più importanti del regno. Suo padre, braccio destro del re, l'aveva educata ad una vita di sfarzo e lusso. Tutto ciò che voleva era suo, le bastava solo chiedere. Ma l'unica cosa che lei voleva era l'unica che non gli era concessa. Essere libera.
Dopo la morte della madre Margaret, il padre sprofondato nella depressione, aveva riposto tutto il suo amore morboso verso la figlia. La teneva chiusa nell' enorme dimora impedendole di uscire e quindi di cercare marito. Aveva ormai raggiunto i diciassette anni ed ogni donna della sua società aspirava ad uno sfarzoso matrimonio. Ma a lei fu negato anche di amare. Tentò più volte di fuggire ma sempre in vano.
Solo una volta si era avvicinata alla libertà ma un incontro alquanto magico aveva cambiato tutto.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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I can't find anything to save our heart
All the pieces of my body's gone
Look at me now and tell me how I feel inside
Every pieces that I lost
- AURORA

 

 

Anaan era tornata dopo più di un'ora. Era stata affiancata da Aruel durante il tragitto, desideroso di accompagnare la sorella. I due facevano strada, mentre Skye e Thalia seguivano dietro. Ogni tanto Skye buttava l'occhia su Thalia, e ogni tanto la lupa faceva lo stesso. Quando i loro occhi si incontravano facevano entrambe scattare la testa dall'altro lato. Percepivano tutte due dell'imbarazzo ma anche un certo senso di colpa per quello che era accaduto. Thalia camminava lenta, tentando di rimanere a distanza da Aruel e Anaan. Skye cercava di restare al suo passo, anche se con fatica, era molto più vogliosa di raggiungere quella destinazione rispetto alla lupa. 

"Anaan ti ha detto chi è questo mago?" aveva chiesto mentre attendevano il ritorno dell'anziana. Thalia era in bagno, con la porta aperta, mentre si stava dando una veloce sciacquata.

"No, nulla." Era seduta sul letto, e Thalia era proprio danti a lei, con i capelli legati e la schiena scoperta. Ogni tanto si avvicina allo specchio del lavandino fissandosi il volto. Skye era convinta che non riconoscesse più il suo stesso aspetto. Si era incupita al pensiero.

"Una volta ne era arrivato uno al villaggio," aveva detto uscendo dalla sua ennesima trance. Si voltò verso Skye, velocemente, per vedere se aveva la sua attenzione. "Era un tipo strano, con i denti rotti quanto il naso, e un bastone per la gamba mezza storta. Un vecchio decrepito!" Aveva esclamato con una risata forzata. "Alla fine quel suo stato era il risultato di tutte le persone che aveva imbrogliato durante gli anni."

"Se non vuoi parlare, puoi anche non farlo," le aveva detto con tono comprensivo, interrompendo il suo risolino. "Non c'è bisogno che fai finta di nulla, io non ce la faccio."

Skye aveva intravisto dallo specchio il viso di Thalia spegnersi. "L'aria è pesante, volevo solo pensare ad altro."

Lo sapeva anche lei, ma aveva la testa troppo sommersa di pensieri per permettere all'immagine di un vecchio zoppo di formarsi nella sua testa. Era impaurita, arrabbiata e triste, e tutto questo non giovava alla loro già complicata relazione. Si era alzata e aveva guardato Thalia e poi la porta, e di nuovo Thalia. Era tornata a fissarsi intensamente, come se quei suoi stessi occhi potevano fornirle delle risposte certe. I capelli legati in alto avevano lasciato scoperte la nuca e le scapole. Skye aveva osservato la linea scavata sulla schiena, desiderando di toccarla. Aveva immaginato di avvicinarsi lentamente e silenziosa come un fantasma, per poi stringere le sue braccia intorno ai suoi fianchi e riempirla di baci ovunque poteva. Ma l'unico passo che aveva fatto, era stato quello verso la porta.

Ora che camminavano, fianco a fianco, con i le loro mani e spalle che a volte si sfioravano, Skye pensò che forse era giusto lasciarsi andare, di permette a quelle emozioni di prendere il sopravvento e di non sopprimerle. E ogni volta che le loro dita si toccavano era sicura che i loro corpi fossero come calamite, che per quanto potessero allontanarsi sarebbero sempre tornati insieme. Le bastava attendere e prendere un po' più di coraggio.

Arrivarono fin sopra, passando davanti casa Omicron. All'apparenza sembrava vuota, con una finestra aperta e la tenda che veniva mossa dal vento. Chiunque l'avesse dimenticata così si sarebbe pentito. Le temperature erano calate molto e anche un Licantropo soffriva il freddo, anche se poco. Skye vide Thalia fissare quella casa, con lo sguardo corrugato.

Disse solo questo per tutto il cammino: "Javier ha lasciato la finestra aperta. Lui odia il freddo." E si zittì subito dopo. 

A sua sorpresa, quel commento la irritò. Si chiese quanto bene lo conoscesse per parlare così certamente di ciò che lui odiava. Per la prima volta Skye aveva provato gelosia. In un momento di fragilità la sua mente l'aveva tradita facendole provare un sentimento che lei odiava. Le faceva paura, perché l'aveva vista negli occhi di Agrid e nei primi figli, ma anche in quelli di Lucas. Tentò di cacciarla via con la razionalità, ma ormai quel seme si era insediato dentro di lei.

Quando entrarono nel bosco, lo sguardo di Thalia cominciò a vagare ovunque, del resto l'ultima volta avevano incontrato delle Arpie, e Skye sapeva bene che effetto le facevano. Anaan aveva detto loro che Nante, così lo aveva chiamato, viveva dentro il bosco, a contatto con la natura e il verde. Sky lo trovò logico, del resto curava la mente e quale miglior modo della natura. Avevano preso un percorso diverso rispetto a quello della mattina. Il sentiero era più largo e le ruote dei carri avevano modellato la terra. Non c'era traccia di Arpie, ma ogni tanto la testa di Thalia scattava verso qualche fronda di alberi, mossi dal vento, e qualche rumore tra le foglie cadute. Gli alberi ormai erano quasi tutti spogli, lasciando il solo scheletro a sorreggere quel po' di neve, che ormai cadeva un giorno sì e un giorno no. Skye non aveva mai desiderato così tanto un corpo caldo a canto al suo durante quelle notti fredde, ma anche se dormivano insieme, sempre, i recenti conflitti le avevano portate a mettersi alle corrispettive estremità. 

"Eccola," disse Anaan, voltandosi verso di loro. 

Sembrava un'accogliente casetta in legno, con vasi vuoti fuori dalla finestre e qualche pianta morta qua e là ormai insalvabile. Era semplice nel suo complesso, così come anche l'interno quando entrarono.

"Accomodatevi," disse Nante. Portava una lunga ma stretta barba bianca ben curata. I cappelli segnati dalla vecchiaia erano tirati indietro. La sua pelle era piena di rughe ma aveva ancora la voce da giovane, con il suo tono per nulla roco o troppo profondo. Teneva una pipa in mano, che aveva odorato l'ambiente di una puzza di bruciato mischiata a quella della menta. Un'accoppiamento strano, pensò Skye, e fastidioso all'olfatto. Thalia sembrava soffrirci più di tutti, mentre Anaan e Aruel sembravano respirare aria fresca. Diedero tutti e due la mano all'uomo, e poi le presentarono.

"Bene, bene," disse lui guardandole con un sorriso e degli occhi gentili. "Voi sedetevi pure," indicò il divano e le poltrone. "Iniziamo con te, va bene?" Era accanto a Skye e lei poté sentire che il suo alito non puzzava affatto di fumo. "Andiamo," disse mettendole una mano dietro la schiena, guidandola leggermente verso l'altra stanza.

Si voltò un'ultima volta verso Thalia, ma Nante chiuse la porta prima che potesse fare qualcosa. Era una stanza piccola, con due poltrone e un intera libreria con più boccette che libri. Alcune contenevano della polvere, altre avevano del liquido.

"Siediti pure," disse prendendo dalla tasca una piccola fiala che tenne nella mano. Si accomodò davanti a lei, e Skye si sentì subito nervosa. "Anaan mi ha accennato qualcosa, ma le sue parole non valgono molto quando la paziente sei tu. Allora, dimmi qualcosa."

"Io..." trovò difficile trovare le parole. "E' complicato. Tutto è complicato."

"Può darsi, ma tutto si può superare."

"Lo pensi davvero, o è una cosa che dici a tutti quelli che si siedono qui?"

"Sei un po' pessimista," disse inclinando la testa, come il suo sorriso.

"Non lo ero prima."

"E come eri prima?" Si sporse verso di lei, con il gomito sulla coscia e il mento poggiato sul pugno.

Lei fece un mezzo sorriso guardando altrove. "E' facile fare una domanda del genere," disse, "quando si è dall'altra parte."

"Spiegati meglio."

 "Quando la mattina ti svegli senza aver il terrore che la persona che hai accanto possa cominciare ad odiarti da un giorno all'altro. E' bello quando ti svegli con il sorriso perché non c'è nulla che ti porta agonia, nulla che ti porta al limite della disperazione, e che-" Il respiro le si bloccò, trattenne le lacrime, respirò, e tentò di riprendere il controllo di sé. "Quando puoi esprimere liberamente le tue emozioni, senza la paura che la tua ragazza possa diventare una forza distruttiva."

"Hai paura del futuro?" domandò con una voce calma e comprensiva. Lei non rispose. "O del passato?"

A quello lei sorrise, uno di quei sorrisi pieni di sarcasmo e di commiserazione per se stessi. "Mi fa paura come..." I suoi occhi guardarono tutta la stanza, come se a cercare lettere per comporre parole, e poi frasi. Ripensò a quello accaduto durante l'assalto al palazzo reale, a quello che le avevano fatto e quello che poi lei aveva fatto ad uno di loro. "Come io sia così focalizzata su me stessa."

"Dimmi di più. Pensi di essere egoista?"

"Forse." I suoi occhi erano lucidi, ma non permetteva a nessuna lacrima di scendere. "Non lo so."

"C'è qualcosa che hai fatto di cui ti penti oppure di cui non ti penti?"

"Forse mi pento del fatto che non mi pento, se ha senso..." rispose confusa, a voce bassa, quasi roca. "Non lo so."

"Quando mi parli così, che cosa vedi?"

"In che senso?"

"Cosa visualizzi nella tua mente quando mi parli di angoscia e pentimento, oltre alle parole, ci saranno anche delle immagini, oppure per te questo non vale?"

"Io vedo i visi delle persone."

"E chi?"

Pensò a quelle scene che le erano rimaste impresse nella mente, e il volto di Thalia prima della sua condanna a morte le fece scendere la prima lacrima. Sorrise per la vergogna e la tolse con dorso della mano. 

"Hai il permesso di piangere, ne hai il diritto."

"Lo so," disse con un filo di voce, "lo so."

"Puoi anche non rispondermi, non è importante. Ciò che vorrei che mi raccontassi è come eri un tempo, prima di venire qui, prima di capire ciò che sei."

"Prima," disse portando la sua mente a quel tempo che le sembrava così lontano. "Provavo felicità nel conoscere, qualsiasi cosa," precisò, "non era mai nulla di specifico."

"Ti piaceva arricchirti."

"Sì," sorrise. " E poi mi piaceva rompere le assurde regole di mio padre, e non c'era gioia più forte di quando riuscivo a scappare di casa."

"Coraggiosa," commentò, con un leggero sorriso.

"Amavo cavalcare, perché era proibito," rise un pochino, quello la fece sentire più leggera, ma la stanchezza era sempre lì, presente. "E poi mi piaceva parlare con la servitù e farmi insegnare cose che non mi sarebbe mai servite, e entrare nello studio di mio padre di nascosto e studiare geografia in quei dieci minuti in cui lui andava al bagno o a stuzzicare qualcosa in cucina."

"Ti piaceva la tua vecchia vita?"

"Era meno complicata, ma no. Una volta avevo rubato un coltello dalle cucine e messo sotto il cuscino, in caso di-" Lo guardò sperando che carpisse da solo e lui annuì. "Non potevo mai essere certa di essere al sicuro, dovevo aspettarmi qualsiasi cosa. Soprattutto quando disubbidivo. Una delle domestica l'aveva ovviamente trovato, ma aveva deciso di lasciarlo lì e di tenere il segreto."

"E' mai accaduto?"

"No, e ora ho capito che non sarebbe mai successo, eppure quel pensiero aveva attraversato la mia mente tante volte. Mi disgusta averlo pensato."

"Se ti ha dato modo di pensarlo allora avevi il diritto di avere paura e avevi il diritto di fuggire."

"Lo so," disse annuendo. "E ora mi sento così... scollegata da tutto e da tutti. Pensavo di poter avere un futuro qui, ma le responsabilità sono troppe e io sono stanca, e sì mi sento egoista in questo, ma allo stesso tempo sono ancora qui perché so che non posso fuggire."

Tutto quel parlare l'aveva sfinita, voleva solo riposare, andare in camera e dormire abbracciata a Thalia, le mancavano le sue braccia.

Nante si rimise comodo, poggiando la schiena e divaricando un po' le gambe. "Penso che così può bastare."

"Cosa dovresti farmi ora?" domandò lei incerta. Si massaggiò gli occhi, era troppo stanca.

"Questa." Le porse la fiala. 

Lei la prese con la punta delle dita e la osservò incerta. "Dovrei berla?"

"E che altro sennò!" disse ridendo.

Si sentiva troppo spossata, forse non era il momento adatto. "Che succederà?" 

"Lo saprai quando la berrai."

Forse sarebbe stato meglio rimandare ad un altro giorno, non si sentiva al massimo delle forze. Aveva allungato la mano per ridargliela ma lui le prese la mano tra le sue.

"Se vuoi davvero migliorare, allora non scappare."

Era sempre fuggita, da ogni cosa, ne era consapevole. Era fuggita da Lucas, senza nemmeno aver provato a comprenderlo, ne era convita, se forse avesse provato di più magari... magari... E Agrid lo stesso.

"Ci sono molte cose che opprimono la tua mente, non vuoi avere il controllo su di loro?"

"Mi aiuterai?"

"Questa volta no, sarai tu stessa ad aiutarti."

In quel momento non aveva dato peso alle sue parole, non aveva notato con quale cura le avesse scelte, con quale meticolosità, così che nessuno avrebbe potuto dargli del bugiardo. Del resto lui non aveva fatto alcuna promessa, ne aveva mai detto: "ti aiuterò io, allevierò il tuo dolore..." Ma lei le aveva percepite in quelle frasi e ora mentre quel liquido nero le scivolava in bocca lasciandole asprezza su tutto il palato, provò del pentimento per quello che capì dopo, per come il suo corpo si stava comportando inspiegabilmente, e si promise che Anaan non avrebbe più avuto la sua fiducia. 

Cadde con la testa indietro contro il morbido schienale, priva di sensi.

 

Thalia sedeva sulla poltrona con le gambe incrociate, posando gli occhi su suo fratello. Portava uno stupido taglio a spazzola. Si ricordava che quando era piccolo portava sempre i capelli lunghi legati da una coda bassa, crescendo anche lei aveva portato i capelli in quel modo, voleva essere come lui, o almeno così credeva. Non sapeva che Agrid la stava lentamente plasmando in Aruel con le sue parole e i suoi gesti, ma lei è sempre stata più, in ogni cosa. Troppo avventata, troppo negligente, troppo indulgente, le diceva Agrid, ora era fiera che quei tratti non erano spariti con gli anni. Ma c'era sempre stata una cosa su cui la madre non l'aveva mai rimproverata, la sua spiccata sfiducia nelle persone, forse una conseguenza nel crescere nella stessa casa di Agrid. 

"Quanto ci metterà?"

"Poco," rispose subito la vecchia. Thalia annui. 

Qualche altro minuto di silenzio passò. Thalia sentiva a mala pena la flebile voce di Skye da oltre la porta e la voce più alta del mago. Le sue abilità le avrebbero dovuto permettere di sentire meglio, ma più i minuti passavano e più le voci sembravano un brusio lontano.

"Thalia," la richiamò Anaan.

 La sua testa si drizzò all'improvviso, non si era nemmeno accorta di essersi quasi addormentata. "Scusa, ho dormito poco ieri notte."

"Skye mi ha chiesto una cosa prima, riguardava una tua amica portata ai campi, ti aiuterò a salvarla, lo giuro." Gli occhi di Thalia si illuminarono con vigore. "Perciò ricordati di questa promessa quando tutto questo finirà. Non volermene male, lo sto facendo per tutti quanti voi."

Thalia sentì di nuovo quella stanchezza travolgerla. Si alzò in piedi di scatto, capendo ora. Aruel si era alzato a sua volta dopo che Anaan aveva scambiato qualche parola con lui. Thalia non poteva sentire le loro voci, e crollò a terra quando le gambe le cedettero. Una sola parola vagava nella sua mente e tentò di pronunciarla. Non seppe se raggiunse l'orecchio di Anaan ma di sicuro il suo sguardo infuriato le aveva fatto capire il concetto. Pensava davvero che le avrebbero aiutate, almeno a trovare un po' di tranquillità interiore, per farle vivere almeno un po' più serenamente, senza sentire quel peso sulle spalle costantemente, e invece era stata raggirata dal suo stesso fratello e da quella stupida vecchia. Desiderava stringere il suo collo tra le sue mani. Si erano presentati come i lori salvatori quel giorno, e invece, era convinta, che le avevano lentamente logorate, assorbendole e togliendo loro quel piccolo che avevamo, rovinando anche il loro rapporto. Si addolorò per Skye, che si trovava difronte a un mondo come questo che non la meritava, non meritava nessuna di loro. Perse i sensi secondi dopo, come i colori che la circondavano.

 

   
 
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