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Autore: Gaia Bessie    01/12/2021    3 recensioni
Ginny Weasley è inquieta nel proprio matrimonio perfetto.
Draco Malfoy è inquieto nel proprio matrimonio (meno) perfetto.
[Draco/Ginny, Mini-long di otto capitoli | Partecipa al "Calendario dell'avvento" organizzato da Cora Line sul forum Ferisce più la penna].
[Cap. 6]: Ginny Weasley non sa scrivere composta, non ha niente della fredda calma della Granger o della spensieratezza con cui la Lovegood faceva dondolare le gambe sulla sedia. Lei sbuffa, gratta l’orecchio, cambia posizione, intreccia le caviglie, si macchia d’inchiostro il polso.
E, quando finalmente le vengono le parole, sorride come se avesse trovato la chiave di volta per la vita eterna. Un po’ la invidia.
È così che si spiega perché la tiene così in alta considerazione, nonostante le sue scelte matrimoniali (chiaramente sbagliate), nonostante il suo cognome, nonostante il passato che l’avvolge come un velo opaco. Opachi, i pensieri che Draco deve riordinare per averci a che fare.
La invidia per davvero – ne invidia la tranquillità con cui s’approccia a sé stessa, quando un tremore le squarcia il viso, l’angolo della bocca che spinge per contrarsi in una smorfia: ma Ginny Potter sorride e, in lei, non s’intravede nulla di quell’inquietudine che Draco conosce.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Ginny Weasley | Coppie: Astoria/Fred, Draco/Astoria, Draco/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Stelle di cannella
 
 
1. Rosa selvatica, dopobarba, erba appena tagliata, melograno
 
[Cannella]
 
La vede.
Sola come un calzino spaiato, si erge sulla scogliera come fil di ferro (ed è altrettanto dura): non muove mai un passo per gettarsi nell’abisso in un turbine di gonne bianche a righe azzurre, non lo fa mai. Qualcuno direbbe che le manca il coraggio ma, la verità, è che ne ha sempre avuto fin troppo ed è questo che le evita un tuffo tra le rocce acuminate.
C’è qualcosa di inquieto, in Ginny Weasley, qualcosa che s’agita ed è indomabile come la cresta delle onde e che, quando si volta a guardarlo, non gli lascia scampo – si concede quell’ora d’aria, Smaterializzandosi tra gli scogli di Dover, e non lo dice a nessuno: ma lui, che percepisce la sua anima come tocca e riconosce la propria, sa già dove trovarla. Ginny è un miscuglio di inquietudine e insoddisfazione che spezza il cuore – la guerra è finita, le ha detto Harry Potter porgendole un anello e una promessa, almeno per me.
Lei l’ha indossato con flebile speranza ma, all’alba del giorno dopo, l’inquietudine era ancora tutta lì, non s’era smossa. E se la divorava, pezzo dopo pezzo, boccone dopo boccone, fino a lasciarne qualche briciola smangiucchiata ai piedi della scogliera.
E, adesso che l’anello l’ha spostato dal dito a una catenina al collo, Draco ride e le porge una fiaschetta di vino rosso: quand’è che ti sei fatta mettere un collare, Weasley?
Lei sorride, ma solamente per finta – non risponde mai alle sue provocazioni e, quando le mette in mano quella fiaschetta, non beve mai: le rimane ancorato un sorriso in volto e ha ancora il grembiule che ha indossato per pulire casa. Come ti sei ridotta così, le domanda in un sussurro, dove sei finita.
Ginny lo sa. Che il matrimonio le calza male come una scarpa di due taglie più grandi e, allora, è forse quello il vero significato di crescere: il giorno in cui s’è resa conto che tutti i suoi sogni, dopo la guerra, non le cadevano più addosso con le giuste pieghe ed era tutto da ricucire, tutto da tagliare e da riassemblare.
Lo sa, ma con lui non è abbastanza stanca e disperata da ammetterlo: Draco Malfoy ha una moglie che cucina biscotti alla cannella e, quando lui non la guarda, si scioglie in lacrime al primo sorriso che le si rivolge.
Astoria Greengrass-Malfoy canticchia in lontananza – ha voluto trasferirsi a Dover con tutta sé stessa e non le pesa, così dice, rimanere sola per gran parte della settimana: suo marito lavora alla Gazzetta del Profeta per cinque giorni su sette, il sabato torna a casa stanco come un foglietto ripiegato e si nasconde sotto le coperte e non riemerge più.
Quando risorge, all’alba della domenica mattina, si sveglia per il profumo di biscotti a forma di stelle (un po’ spezzettate) e con sua moglie che siede in giardino, le gambe accavallate sotto la gonna e le mani a coprire quel ventre un po’ sporgente, come per proteggerne l’esserino (desiderato, desideratissimo) che vi abita dentro.
Astoria non domanda mai – perché lui sparisca per metà settimana e, quando torna, cieca insofferenza ne sfiguri i lineamenti alteri, così simili a quelli di sua madre: Draco non saprebbe rispondere, lei se n’è resa conto da chissà quanto tempo, e allora tutto lentamente inizierebbe a scivolar via. Così inghiotte i dubbi, le rimostranze, le legittime domande: li stipa in un angolo del suo cuore e, in quell’armadio di sentimenti impacchettati, Draco non inizia mai a rovistare.
Non ha mai saputo dire di cosa è fatta, Astoria Greengrass – se fil d’acciaio, perché sotto gli occhi inclementi di sua suocera non s’è spezzata, o semplicemente raso sfilacciato da forbici in un doloroso fiocco. Non ha mai saputo dirlo, nemmeno quando Ginny ha riso e gliel’ha domandato: di cosa diamine è fatta, tua moglie, per non accorgersene.
Draco aveva sorriso, quella volta, amaramente: certo che se n’è accorta, le aveva risposto, cosa credi, che sia stupida?
Perché da quel giorno ha iniziato a mettergli pacchetti di stelle di cannella nella borsa da lavoro e, quando gli stira i vestiti (niente Elfi, insiste per farlo lei), chissà cosa ci mette sopra ma, quando alla mattina Draco si riveste nel proprio appartamento nella Londra Magica, sa tutto di lei: zucchero e cannella, come se quella vendetta venefica si radicasse a ondate fin dietro il confine della pelle.
Ginny sorride, in lontananza, non gli dice mai a cosa sta pensando – se al marito che aspetta di tornare a casa, dopo gli straordinari della domenica, per una cena che verrà consumata nel silenzio dell’abitudine, o se a quell’odore di cannella che si spande tutt’attorno a Draco Malfoy.
Respira aria di mare, si prende in volto la carezza di un’onda che si schianta lì vicino, e gli sussurra che non ha paura. Non ne ha mai avuta.
Lui sospira, fa per rimettere la fiaschetta in tasca, quando lei gliela ruba dalle dita in uno sfioramento che non ha senso, portandosela alle labbra – ha preso l’abitudine del rossetto rosso, lei, quand’ha capito che non ci sarebbe più stato posto, nella sua vita, per un bacio che non fosse programmato. È un buon compromesso, il rossetto rosso, qualcosa che vorrebbe sbavarsi sul suo viso e che, invece, si secca sulle pellicine delle labbra e non si smuove di un millimetro.
Svita il tappo, ha le unghie tutte mangiucchiate: anche quando Hermione, Fleur e le sue altre cognate hanno scoperto i piaceri di una buona manicure, Ginny ha continuato a rosicchiarsi le dita come fossero merendine, strappando con forza le pellicine dalla loro sede naturale. A volte, quando il sangue fa capolino dalla pelle lacerata, le viene da sorridere (sorridere per davvero) e si domanda se, alla fine di tutto, non sia ancora una questione di sangue: in giro si dice che, Draco Malfoy, prendendo in moglie Astoria Greengrass si sia abituato a convivere con i Traditori, che si sia ammorbidito come fil di cera riscaldato. Ginny sospira, prende un sorso di vino rosso e storce la bocca.
Sa di melograno e cannella.
 
***
 
Astoria è la mascotte della redazione della Gazzetta del Profeta quando, all’alba di ogni mercoledì pomeriggio, si prende una pausa dalle sue giornate senza fine e si reca nell’ufficio del marito con le braccia piene di ninnoli e regalini per tutti i suoi colleghi: è come fosse Natale, mormora la stagista appena diciottenne, dev’essere bello aver sposato una donna così generosa, così buona. Draco stringe le labbra e accoglie sua moglie con un bacio ma, quando finalmente Astoria ritorna a casa con lo schiocco della Smaterializzazione, appare immensamente sollevato.
Non lo dice mai – che sua moglie la notte piange la propria disperazione a ogni rintocco di mezzanotte e, allora, lui prende pigiama e cuscino per andare a dormire nella stanza di quello che sarà loro figlio: non mi ami, sussurra Astoria al silenzio, perché non puoi farlo?
Lui non risponde: si rigira in quel letto minuscolo, così che i piedi comicamente gli penzolano fuori dal materasso come l’impiccato con la sua corda, e cerca di prender sonno. Ma Astoria piange anche nel dormiveglia e, quando finalmente sprofonda in un mondo di sogni troppo affilati per essere reali, lo chiama e lui finge di non riuscire a sentirla.
Gli dicono che è stato fortunato: che molti dei matrimoni tra Purosangue vengono condizionati dalla famiglia e, sul finire, si rivelano un fallimento su ogni fronte – Cissy Malfoy non s’è voluta immischiare nella vita sentimentale del figlio, Lucius Malfoy (ad Azkaban) ha stretto le labbra ma non ha detto una parola: sei stato fortunato, gli dicono, hai sposato l’unica donna disposta a perdonarti.
Draco non domanda: perdonare chi, perdonarmi cosa? – ci sono peccati che non è stato intenzionato a commettere, come possono avergli lasciato macchie indelebili fin dentro l’anima?
Ginny Weasley sorride, seduta alla propria scrivania, giocherellando con la fede nuziale che, alla fine, s’è risolta a portare al dito: comunque un collare, le ha detto lui passandole di fianco con aria piena di sdegno, e nemmeno te ne rendi conto.
Lei scuote il capo e, così, la lunga treccia di capelli rossi pare solamente una colata di sangue che le incendia il viso – Ginny sorride, scoprendo i denti in un ghigno da lupo, e glielo dice: e pensi che tu non ne hai uno identico, Malfoy?
Hai la camicia che profuma di cannella e un pacco di biscotti che sporge dalla tasca della borsa, non te ne rendi conto?
«Prendine uno» ringhia lui, porgendole una stellina miracolosamente integra. «Mia moglie non ha molti interessi, ma questi biscotti… sono speciali».
Ginny Weasley sorride, lo annusa con aria sospettosa, prima di scoppiare a ridere in un sussurro che non gli lascia scampo: lo guarda negli occhi, e non ha niente della forzata innocenza con cui Astoria si trucca il bel viso alla mattina (eppure, è sempre sola) e lo sciacqua alla sera, cancellandosi il rossore dalle gote.
«Hai detto che sono alla cannella» commenta, lei, sbriciolandone leggermente la punta con le dita. «Perché non li mangi mai?».
Draco si passa una mano in fronte, cancellandovi ogni traccia d’espressione, al pari del belletto usato da sua moglie.
«Non amo i biscotti, o i dolci in generale» commenta, infine, calmo. «Ma è l’unico passatempo che ha, infornare torte e robe simili, come potrei toglierglielo?».
Ginny pensa che potrebbe – d’altronde l’amore toglie ciò che la vita ti dà ma, Astoria Greengrass, ha solamente uno spruzzo di farina che le ridisegna lo zigomo in neve sciolta: lei non l’ha vista mai, ma se la immagina davanti come una figurina minuta, pallida come una luna piena, sciolta nel tuorlo delle uova e nello zucchero a velo.
Quando Astoria va a trovare suo marito, ogni mercoledì pomeriggio, Ginny trova sempre qualcosa da fare per non doverla vedere: lo sospetta – se ne incontrasse quello sguardo limpido, d’un verde chiarissimo, probabilmente i sensi di colpa se la spolperebbero viva.
Draco Malfoy non l’ha notato o, se lo ha fatto, non le ha chiesto il perché: d’altronde lui, le scarne volte in cui Harry si presenta alla redazione del Profeta con un mazzo di fiori e un invito a cena, sparisce in un vortice di malcontento. Con Harry, dopo un momento di iniziale distensione successivo al processo, i rapporti si sono fatti più tesi che mai: non pongo limiti alla provvidenza, ha ammesso il Prescelto quando sua moglie gli ha domandato se avrebbe continuato a guardare in cagnesco Malfoy ogni volta che ne avrebbe avuto la possibilità, ma Draco Malfoy non fa mai niente per farsi amare da qualcuno.
Lei non ha saputo dargli torto: gli ha sussurrato, sul finire squallido e insensato di una sigaretta alla rosa selvatica, che sarebbe bello lavorare in un ambiente di lavoro dove suo marito non detesta i suoi colleghi. Non i tuoi colleghi, ha risposto Ron all’unisono con il proprio migliore amico, Draco Malfoy.
Ginny ha stretto le labbra e non ha domandato perché suo fratello dovesse per forza metter becco nelle loro questioni coniugali – non si è lamentata. D’altronde sua madre le ha chiesto se non potesse semplicemente essere contenta, di aver ottenuto quello che aveva desiderato per tutta la propria vita, se non potesse sorridere ed esser grata.
E lei, grata, lo è per davvero. Ma quando suo marito volta le spalle Ginny, la mano macchiata d’inchiostro come un’anima infelice, è ancora inquieta.
«Non li mangi perché te ne sei accorto, non è vero?» domanda lei, posando il biscotto. «Non è vero?».
Lui alza un sopracciglio, ripone nella borsa l’involucro con i biscotti (li getterà in un cestino a fine giornata, senza farsi vedere da nessuno).
«Non profumano di cannella» prosegue Ginny, quieta. «Per me sanno di rosa selvatica, dopobarba, melograno ed erba appena tagliata».
«Fatti visitare da un Medimago, Weasley» commenta Malfoy, acido. «Mi pare evidente che c’è qualcosa che non va, nel tuo naso».
«Cos’hai che non va, Malfoy?» ribatte lei, con lo stesso tono. «Tua moglie cerca di propinarti biscotti all’Amortentia e tu nemmeno riesci ad ammetterlo con te stesso».
Lui china il capo, non dice una parola.
 
***
 
Quella sera, Malfoy non torna a casa.
Manda un Patronus a sua moglie in cui le comunica d’essere stato incastrato in una cena di lavoro e poi in una riunione straordinaria, di sabato mattina, per cui tornerà di domenica e non ne è nemmeno troppo sicuro: Astoria non risponde, sicuramente starà piangendo la propria frustrazione sull’impasto di una torta pere e cioccolato.
Ginny, la testa china sulla propria scrivania, lo sente borbottare qualcosa, ora dopo ora, quando il tempo si lima sulla superfice dell’esistenza e sua moglie non gli manda indietro un Patronus anche solamente per dirgli ha compreso e che va bene, lei lo aspetterà.
«Se ti rende così inquieto, faresti meglio a tornare a casa» commenta lei, facendo cenno alla propria Penna Prendiappunti di smettere di scrivere. «Si tratta pur sempre di tua moglie, Malfoy».
Lui non è in vena di confessioni (non lo è mai), ma scuote il capo e, controluce, sembra solamente stanco e disperato: vorrebbe dirle, certo che lo vorrebbe, che non è la moglie che si sarebbe scelto – ha sposato Astoria perché era giusto così: perché l’aveva amata, da ragazzina, e lei gli era rimasta accanto quando tutto il Mondo Magico gli aveva voltato le spalle.
Ma, sebbene ci fosse stato amore alla base della sua scelta di sposare Astoria Greengrass, come neve s’era sbrinato: e, quando Draco s’era reso conto che non aveva più amore da darle, lei gli aveva detto che aspettava loro figlio. Che poteva sopportare la sua mancanza d’amore, ma la sua indifferenza, quella mai.
«Non t’immischiare, Weasley» la rimbrotta lui ma, quando si lascia cadere sulla sedia di fronte alla propria scrivania, c’è disperazione in ogni suo movimento. «Lo so, che è mia moglie, ma…».
Non trova le parole per dirglielo: l’ho sposata perché era quello che tutti si aspettavano da me – mia madre non me l’ha detto mai, ma il matrimonio con Astoria ha contribuito a risollevare nome e spirito dei Malfoy: mi è stata grata, anche se conosceva (lo aveva immaginato) il prezzo da pagare.
Ginny sospira, passandosi una mano sul viso struccato e domandandosi silenziosamente cosa glielo faccia fare. Ma Draco Malfoy ha una tale aura di disperazione attorno, come le ondate venefiche di un fiore velenoso, che non riesce a lasciar perdere.
«Sarà tua moglie, ma rimane illegale» commenta Ginny, calma. «Almeno, hai idea del perché possa aver fatto un simile tentativo?».
Draco sorride, a disagio – una maschera di vetro che si modella perfettamente sui suoi lineamenti affilati, rendendolo acuto come quel cristallo che riesce a riflettere le rocce.
«Credo che Astoria sia infelice» ammette, infine, passandosi una mano tra i capelli un po’ radi. «Questo matrimonio non era tutto quello che aveva sempre sognato».
Lo dice senza rancore – è conscio che sua moglie, prima d’esser tale, aveva avuto un baule pieno di sogni e, per amor suo, li aveva piegati e messi da parte: Astoria Greengrass si era innamorata di lui per gioco, a sedici anni, mai aveva smesso. Eppure, gli aveva detto Daphne la sera prima del matrimonio, prima o poi tutti pensavano che si sarebbero resi conto che non faceva per lei, quell’amore sprecato, che sul finire avrebbe semplicemente logorato entrambi.
Astoria aveva una brutta cotta per Fred Weasley, gli aveva raccontato Daphne, una fantasia, se vogliamo chiamarla così: era tutta uno sciogliersi quando lui la guardava, nei corridoi, era tutta uno scrivere il suo nome nel margine di ogni pergamena, con dei cuoricini al posto dei puntini sulle i.
Draco non aveva domandato se, sul finire, Astoria fosse riuscita ad attirare l’attenzione del gemello Weasley: avrebbe spiegato troppe cose e, al contempo, non avrebbe spiegato assolutamente niente. Però riusciva a comprendere che, all’indomani nella sbiaditura di quella fantasia che aveva provato per Fred Weasley, Astoria avesse bisogno di un nuovo amore cui aggrapparsi.
Solamente che, e se n’era convinto al secondo anno di matrimonio, non poteva essere lui, quello cui aggrapparsi.
«Sai, a volte mi domando se, se avesse avuto un’altra scelta, avrebbe potuto amare qualcun altro» commenta Draco, pensieroso. «Daphne, mia cognata… una volta mi ha detto che Astoria aveva una sorta di fantasia per tuo fratello».
Ginny sorride, spezzetta le briciole di biscotto con la punta delle dita.
«Una fantasia, a tredici anni, l’abbiamo avuta tutti» commenta, pensierosa. «Non significa niente, alla fine: senza contare, che non so nemmeno di che fratello tu stia parlando».
Lui non ne ha mai pronunciato il nome prima di quel momento: è un esercizio di stile, di aplomb, pronunciare quelle quattro lettere e lasciarsele scivolare come acqua addosso durante la doccia. Acqua acida, salina, che s’innesta tra le ferite e prende fuoco come Ardemonio.
«Fred» sussurra, vergognandosi di quel dolore che le tinge il volto come una ferita aperta.
Vorrebbe chiederle scusa, per averlo nominato invano, non ne ha il coraggio: di tutte le sue qualità, è sempre stato quello più sfuggente – ma Ginny si sistema i capelli, e le trema un po’ la mano, e sorride.
«A tredici anni erano tutte innamorate di Fred» commenta, con calma glaciale. «Non… so che, per un periodo, lui s’era preso una sbandata per una ragazza più piccola. Ma non so dirti se fosse o meno tua moglie».
Lui sospira – non le dice che, alla fine di quella frase, v’ha scorto più verità di quella che lei non sia disposta ad ammettere: e lo rincuora, sapere che la fantasia di sua moglie potesse essere stata in qualche modo ricambiata.
«Non correre con la fantasia, Malfoy» commenta Ginny, tornando a maciullare briciole di biscotti. «Credo che Fred non gliel’abbia mai detto».
«Ma perché?» domanda lui, con urgenza. «Non…».
«Tu hai bisogno di pensare che il vuoto di tua moglie venga da qualcun altro» risponde lei, placidamente. «Potrebbe, non potrebbe: so solo che Fred deve aver pensato che non era tempo e, alla fine, non lo è stato mai. Succede. A volte non vuoi, ma le cose brutte capitano comunque, e non ci puoi fare niente, Malfoy: non ti servirà immaginarti una storia d’amore per tua moglie, credimi, né a lei basterebbe imbottirti di Amortentia».
Lui lo sa – forse per Fred Weasley non era ancora tempo,  ma per lui non lo sarà mai più.

 

Questo dicembre, per me, significa riscoperta: ho vissuto nella consapevolezza di essermi fossilizzata su alcune stelle fisse della mia scrittura (la Dramione, la Frastoria) e, seppur senza rigettarle in quanto le considero parte di me e della mia crescita, mi sono presa questo mese per sperimentare.
Da oggi, fino al sei gennaio, avrete online i miei regali di Natale, questa long e una mini di tre capitoli. Troverete coppie di cui non ho trattato mai, qualche tematica insolita e spero con tutto il cuore che sia il successo che spero.
Non uscirà su IG la solita programmazione settimanale, sebbene io abbia pronta quella fino al 6 gennaio, per il semplice fatto che i miei regali sono pugnalate: non te le aspetti, ma arrivano.
E lo so, io scrivo sempre note meno stringate, ma oggi mi andava di aprirmi un attimo con voi (anche se sono pessima nel rispondere alle recensioni, sappiate che per una chiacchierata ci sono i miei social in pagina autore) riguardo questi programmi.
Bene, torno a lavorare sui regali. 
Un bacio, spero che la lettura vi abbia resi un po' più contenti.
Gaia
P.S. Questa storia non è un regalo di Natale, ma spiritualmente la dedico a Nirvana per il suo aiuto nella stesura di questo capitolo.
 
Note:
Il titolo fa riferimento all'omonimo romanzo di Helga Schneider
   
 
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