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Autore: LorasWeasley    03/12/2021    4 recensioni
future|fic [sakuatsu]
"Sakusa entrò nel panico la prima volta che si rese conto che il suo ragazzo avrebbe voluto un bambino.
Era una cosa alla quale Kiyoomi non aveva mai pensato, i bambini erano sporchi: piangevano, vomitavano e si rotolavano nel fango, senza contare che per almeno i primi tre anni di vita avevano bisogno di qualcuno che gli pulisse i bisogni. Inoltre, aveva sempre saputo di essere gay, quindi non si era mai posto il problema che una sua futura ragazza potesse rimanere incinta.
Si rese conto di quanto era stato stupido quel pensiero nell’esatto momento in cui si soffermò a guardare il volto luminoso di Atsumu mentre giocava con sua nipote Naomi, figlia di Osamu e Rintaro."
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa
Note: Kidfic | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Future Fic with Babies'
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n.a. Ciao a tutti!
Questa storia fa parte della raccolta sulle fanfic dei bambini (che vi consiglio di recuperare se non l'avete ancora fatto, le trovate nella serie di cui fa parte questa). Sono due capitoli sakuatsu ma che si possono definire OS singole (anche perché hanno un salto temporale di cinque anni) ho deciso di metterle insieme perché il titolo doveva essere lo stesso e lo spiegherò nelle note autrice del prossimo capitolo. Il prossimo aggiornamento sarà domenica sera.
Buona lettura e ci risentiamo fra due giorni!
Deh
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Per te, Atsumu
 
Sakusa Kiyoomi dovette arrivare ai trent’anni prima che l’idea di avere una famiglia gli sfiorasse la mente.
Aveva sempre saputo che la sua misofobia gli avrebbe impedito di fare tutto quello che i suoi coetanei davano per scontato, ma non se n’era mai preoccupato più di tanto: se viveva bene in un determinato modo, non vedeva perché avrebbe dovuto cambiare le sue abitudini.
Lo capì quando Atsumu entrò nella sua vita come un uragano, ma stranamente riuscì a far funzionare anche questo.
Ci mise mesi ad abituarsi a lui, ad accettare i suoi tocchi e l’idea di avere un’altra persona in quei spazi che aveva sempre definito privati e sicuri. Ma Atsumu era sempre stato rispettoso, non l’aveva mai spinto a fare nulla che non volesse e aveva sempre aspettato i suoi tempi anche solo per accettare un’uscita al ristorante.
Quindi, la vita di Sakusa era stata stravolta da Atsumu fino a quando questa non era diventata la sua nuova quotidianità. Kiyoomi amava quello che avevano e, stranamente, non c’era alcun giorno in cui pensava che avrebbe voluto tornare a vivere da solo, non c’era mai nulla che era troppo.
Certo, la sua misofobia era migliorata da quando andava al liceo, ma questo non voleva a dire che riuscisse a stare a contatto con lo sporco senza avere attacchi di panico o che riuscisse a stringere le mani alle persone senza i suoi guanti.
Era una vita serena e rassicurante ed era sicuro che non avrebbe voluto avere nient’altro, ma non aveva fatto i conti con quello che invece Atsumu avrebbe voluto.
Sakusa entrò nel panico la prima volta che si rese conto che il suo ragazzo avrebbe voluto un bambino.
Era una cosa alla quale Kiyoomi non aveva mai pensato, i bambini erano sporchi: piangevano, vomitavano e si rotolavano nel fango, senza contare che per almeno i primi tre anni di vita avevano bisogno di qualcuno che gli pulisse i bisogni. Inoltre, aveva sempre saputo di essere gay, quindi non si era mai posto il problema che una sua futura ragazza potesse rimanere incinta.
Si rese conto di quanto era stato stupido quel pensiero nell’esatto momento in cui si soffermò a guardare il volto luminoso di Atsumu mentre giocava con sua nipote Naomi, figlia di Osamu e Rintaro. Non importava che le persone fossero etero o omosessuali, era nella maggior parte della natura umana desiderare un bambino arrivati a quell’età.
Atsumu non gli aveva chiesto di avere un bambino né, Kiyoomi lo sapeva bene, l’avrebbe mai fatto. Ma come poteva il corvino ignorare una cosa talmente grande adesso che lo sapeva?
Quella sera Kiyoomi ebbe un attacco di panico e, per la prima volta, non riuscì a dire al suo fidanzato cosa lo avesse provocato.
 
Sakusa era sempre stato quel tipo di persona che se prendeva un impegno lo portava a termine mettendoci tutta la propria attenzione. Così era anche per i pensieri, non avrebbe più potuto lasciare andare quel discorso fino a quando non avrebbe capito cosa fare.
Due settimane dopo, si presentò a casa di sua sorella senza preavviso.
Kaori, di dieci anni più grande di lui, lo fissò sorpresa quando aprì la porta di casa.
-È successo qualcosa?- domandò subito preoccupata.
-Ho solo bisogno di un consiglio, sono venuto da te perché credo che tu sia la più indicata avendo tre di quei cosi per casa.
La donna alzò un sopracciglio mentre lo faceva entrare e gli dava delle ciabatte –Parli dei bambini?
-È esattamente quello che ho detto.
Si diressero in soggiorno e qui si sistemarono sul divano, la casa era silenziosa e, prima che Sakusa potesse esprimere quel pensiero, Kaori lo precedette –I ragazzi sono a scuola, non c’è nessuno, puoi parlare tranquillamente.
Kiyoomi annuì, poi andò dritto al punto –Credo che Atsumu voglia un bambino.
-Te l’ha detto?
-No, ma non è stato difficile da capire.
Kaori lo scrutò con lo stesso sguardo che utilizzava lui un po' troppo spesso –Non è un argomento che dovresti affrontare con lui?
-Lo farò- rispose continuando a guardarla, un silenzioso “voglio sapere che ne pensi tu” che aleggiava tra di loro.
-Sarò sincera, Kiyo- sospirò intrecciando le mani e spingendosi in avanti –non penso che tu possa avere un bambino.
Lo stomaco di Kiyoomi si strinse, anche se sapeva benissimo che non poteva essere che quella la risposta, cosa aveva sperato andando da Kaori?
-Ma- continuò lei subito –Non pensavo neanche che saresti mai riuscito ad avere una relazione stabile. Insomma, guardati adesso. Vivi da anni con il ragazzo che ami. Lo baci, lo abbracci e fate sesso. Se qualcuno me lo avesse raccontato solo dieci anni fa gli avrei riso in faccia, eppure eccoci qui.
Kiyoomi s’immobilizzò, incapace di rispondere in alcun modo.
Kaori sospirò –Avere un bambino non sarà facile come avere una relazione ovviamente, non ti mentirò su questo. Ci sono giorni in cui vorrei chiuderli tutti dentro una stanza insonorizzata e buttare la chiave, ma li amo più della mia stessa vita e… ne vale la pena. So che non posso capire cosa si prova ad essere misofobi ma, sai, se tu volessi provarci… non saresti solo. Se dovesse diventare troppo, ci sarebbe sempre Atsumu al tuo fianco.
 
Kiyoomi lasciò il bagno privato della loro camera dopo una lunga doccia e trovò Atsumu già a letto mentre rideva guardando qualcosa sul proprio cellulare.
-Cos’è?- domandò curioso il corvino mentre si sedeva al suo fianco e provava a sbirciare.
-Sunarin fa foto a Naomi con una frequenza non umana, ma guarda che carina!- girò il cellulare verso di lui per mostrargli la bambina con un pigiama peloso a forma di orso.
Sakusa mormorò concorde e Atsumu continuò a sfogliare le foto della sua nipotina con gli occhi luminosi.
Il corvino lo scrutò a lungo, infine chiese –Vuoi un bambino, Atsumu?
Il telefono del suo ragazzo cadde mentre lui strabuzzava gli occhi e si metteva dritto –Cosa?
-Lo vedo il modo in cui guardi Naomi.
-Questo… questo non vuol dire nulla! Lo faccio solo perché è mia nipote!
-Non ti sto accusando, non devi trovare una giustificazione.
Atsumu lo guardò, poi sussurrò pianissimo –Non ti chiederei mai una cosa simile.
-Perché?
-Perché ti amo e so che non vuoi.
-E io ti amo e so che lo vuoi. Perché devi essere sempre tu quello che fa dei sacrifici per me?
Atsumu corrugò la fronte, la sua voce era piatta mentre rispondeva –Avere un bambino non dovrebbe essere un sacrificio.
Sakusa ebbe uno spasmo alla mano e si morse la guancia –Non volevo dire quello. Io… cazzo, non sono bravo in questo.
Atsumu non disse nulla, lasciandogli il tempo di rimettere insieme i suoi pensieri.
-Ascolta…- sospirò infine guardandolo serio negli occhi –se tu vuoi un bambino, se lo vuoi davvero, credo che potrei farcela. Dovrò chiederti di occuparti di cose come cambiargli il pannolino e tenerlo per mano quando tornerà sporco dal parco, alcuni giorni potrei anche non farcela e ti sentirai come un genitore solo, ma ti prometto che ce la metterò tutta.
Atsumu aveva gli occhi lucidi, in un mormorio volle accertarsi –Vuoi avere un bambino con me, Omi?
-Sei l’unico per il quale lo farei.
 
Parlarono a lungo di quell’idea, passarono giorni prima che scrivessero tutti i pro e i contro e decidessero sul da farsi. Pensarono all’adozione e poi alla madre surrogata.
Fu Kaori, la sorella di Omi, a offrirsi di partorirlo con l’inseminazione artificiale. Decisero di prendere quella strada perché lo psicologo di Kiyoomi gli disse che per la sua mente sarebbe stato più facile accettare un bambino nato direttamente all’interno della sua famiglia piuttosto che adottarne uno in orfanotrofio.
Passò più di anno quindi prima della sua nascita e questo servì anche a Sakusa per prepararsi in ogni modo.
Quando il bambino nacque, Atsumu pianse la prima volta che lo prese tra le mani. Sakusa fissò la felicità negli occhi del suo fidanzato e gli venne naturale dire –Kota. Dovrebbe chiamarsi Kota.
Atsumu lo guardò stupito, poi gli sorrise innamorato –sì, è perfetto.
Fu diverse ore dopo che anche Sakusa riuscì a prenderlo tra le braccia. Il bambino era stato lavato, aveva mangiato e adesso stava dormendo tranquillamente, fu solo a quel punto che Atsumu gli chiese se volesse provare a tenerlo.
Kiyoomi esaminò la situazione e si disse che non c’era nulla che lo preoccupava, così lo prese con cautela e lo sistemò per bene tra le sue braccia.
Il fagottino continuò a dormire tranquillo e Sakusa non ebbe alcun tipo di reazione negativa. Anzi, più lo guardava e più si rendeva conto che quello era il suo bambino. Suo e di Atsumu.
Nessuno dei due sapeva ancora che il bambino avrebbe avuto gli occhi e la bocca di Atsumu, ma i capelli ricci e neri tipici della famiglia Sakusa, così come i due nei che gli sarebbero spuntati vicino alla bocca. L’unica cosa che sapevano, al momento, era la più importante: l’avrebbero amato più di ogni altra cosa.
  
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