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Autore: My Pride    07/12/2021    1 recensioni
~ Raccolta Curtain Fic di one-shot incentrate sulla coppia Damian/Jon + Bat&Super family ♥
» 79. With all my life
Le note di Jingle Bells risuonavano a ripetizione negli altoparlanti del centro commerciale e diffondevano quell’aria natalizia che si respirava in ogni punto della città di Gotham, dai piccoli magazzini, negozi di alimentari e ristoranti ai vicoli che circondavano ogni quartiere.
[ Tu appartieni a quelle cose che meravigliano la vita – un sorriso in un campo di grano, un passaggio segreto, un fiore che ha il respiro di mille tramonti ~ Fabrizio Caramagna ]
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bat Family, Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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A friend that will share the moon with me Titolo: A friend that will share the moon with me
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 2846
parole fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne,
Jonathan Samuel Kent, Conner Kent, Richard John Grayson, Thomas Alfred Wayne-Kent (OC)
Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life
Avvertimenti: What if?, Slash, Hurt/Comfort
Just stop for a minute and smile: 32. "È il miglior regalo che potessi ricevere!"
Una volta nella vita: 20. Adottare un animale domestico


SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved
.

    Damian si sfilò i guanti e tolse la mascherina chirurgica, sgranchendosi il collo dopo aver salutato con un breve sorriso quella ragazzina e il suo piccolo paziente.

    Ultimamente le giornate alla clinica erano fiacche e doveva ammettere che non se ne lamentava, poiché voleva significare che gli animali di Hamilton stavano abbastanza bene. Persino quel giorno aveva avuto solo tre pazienti, due cuccioli di labrador a cui aveva fatto il vaccino e un gattino randagio a cui aveva fasciato la zampetta, quindi poteva concedersi almeno una buona mezz'ora per sé stesso prima del ritorno di Jon e Tommy. Dovendo uscire prima dal lavoro, Jon l'aveva rassicurato che ci avrebbe pensato lui a prendere Thomas a scuola, quindi avrebbe potuto farsi tranquillamente un bagno e... non fece in tempo a formulare il suo pensiero che sentì il familiare rumore del furgone che parcheggiava nel vialetto, e si arrese all'evidenza. Non si sarebbe ancora fatto un bagno.

    Damian sorrise nonostante tutto e, togliendosi anche il camice, si diresse alla porta di ingresso proprio nel momento in cui quest'ultima si aprì e fecero il loro ingresso Tommy e Jon; salutandoli, Damian fece per aggiungere qualcosa quando il suo sguardo si soffermò sul volto del figlio, assumendo un cipiglio stranito.

    «Cos'è quell'occhio nero?»

    «Tuo figlio ha fatto a botte», esordì Jon mentre si toglieva la giacca, esortando Tommy, un po' mogio, a fare lo stesso.

    «Com'è che quando fa qualcosa di sbagliato è mio figlio?» domandò Damian in tono scettico, mugugnando qualcosa quando Jon, stringendosi nelle spalle, replicò “Dopo le cinque è tuo figlio”, citando impropriamente il Re Leone. Che razza di idiota. Così, con un sospiro vagamente rassegnato, guardò il ragazzo.

    Tommy aveva fatto di tutto pur di evitare il suo sguardo, la fronte aggrottata e le labbra rivolte all'ingiù gli conferivano un'aria tra il colpevole e l'infastidito. A quasi undici anni suonati, era la copia sputata di lui e Jon quando, da ragazzini, venivano beccati a fare cose che non avrebbero dovuto fare.

    «Allora, ragazzo», cominciò e, Dio, sembrava suo padre. «Vuoi spiegarmi che è successo?»

    «Non ho cominciato io», replicò subito Tommy, ma Damian arcuò un sopracciglio.

    «Ti ho chiesto che è successo, non chi ha cominciato».

    Tommy tergiversò per un momento, poi i suoi occhi azzurri e marroni si puntarono sul viso del padre. «Bradley stava infastidendo Amanda; gli ho chiesto di smetterla, ma lui ha continuato e l'ha fatta piangere... così l'ho spinto e lui ha chiamato i suoi amici per circondare me e Amanda, tirandole i capelli». Parlò a raffica, senza dare il tempo a nessuno dei due genitori di ribattere. «Allora io mi sono arrabbiato e ho cercato di spingerli via , e quando mi ha dato un pugno ho reagito e gliene ho dato uno anche io».

    Damian lo squadrò con cipiglio severo e, seppur avesse nascosto un moto di orgoglio al fatto che il figlio avesse agito per proteggere un'amica, scosse il capo e divenne serio. «La violenza non è mai una soluzione, Thomas», affermò schietto, ignorando la risata isterica che sentì provenire dalle proprie spalle, contornata da un “Non posso credere che proprio lui l'abbia detto davvero” prima che anche Jon si avvicinasse a loro una volta calmato.

    «Tuo padre ha ragione», disse Jon nel riacquistare un po' di compostezza paterna. Non era proprio il caso di sembrare divertito dalle parole del marito mentre cercavano di impartire una lezione sulle responsabilità, lì. «Per quanto ti faccia onore aver protetto un'amica, avresti dovuto chiamare un insegnante... è una fortuna che non ti abbiano sospeso. Domattina ti sveglierai presto e mi aiuterai a pulire le stalle».

    «Cosa? Ma... papà! Non è giusto!» se la prese, guardando immediatamente l'altro genitore in cerca di supporto. «Baba?» chiese nel metter su i suoi migliori occhioni da cucciolo, ma Damian scosse il capo.

    «Non dirmi baba. Un po' di lavoro manuale ti insegnerà a pensare due volte, la prossima volta», affermò. Maledizione, era diventato davvero padre. Adesso, però capiva certi aspetti della sua educazione.

    «Metti questo sull'occhio, piuttosto», soggiunse Jon nel porgergli il sacchetto di ghiaccio che aveva preso dal freezer. «Sono passati più di venti minuti».

    Borbottando qualcosa fra sé e sé, Tommy afferrò quell'impacco e lo poggiò sul livido, ficcandosi l'altra mano in tasca nell'allontanarsi mogio verso il soggiorno sotto lo sguardo dei genitori; Jon lo seguì tutto il tempo con lo sguardo finché non sparì oltre la soglia, finendo poi col massaggiarsi il collo qualche momento dopo.

    «Ha assistito ad un'ingiustizia e ha provato a fare la cosa giusta... non ti ricorda un po' qualcuno?» domandò nel nascondere un sorrisetto, provocando un piccolo sbuffo a Damian.

    «Non so di che cosa stai parlando», fece il vago, ma anche sulle sue labbra era comparsa l'ombra di un sorriso. «Anche se non avrebbe dovuto picchiarlo a sua volta... le sue azioni dimostrano che non serve portare una S o un pipistrello sul petto per essere eroi».

    «Aw, D, parli proprio come mio padre, adesso».

    «Non dirlo nemmeno per scherzo».

    Jon assunse un'espressione dolcissima, chinando il capo verso di lui per sfiorargli un angolo delle labbra con un bacio. «Ti adoro quando fai quell'espressione corrucciata», ridacchiò nell'ignorare il modo in cui Damian aveva arcuato un sopracciglio, e avrebbe probabilmente aggiunto altro se solo non avessero sentito il suono del campanello; accigliandosi, si gettarono una breve occhiata prima che fosse proprio Jon a tornare alla porta per aprire, e la sua vista fu coperta proprio in quel momento da una giacca di pelle. 

    «È questa la clinica Wayne?» domandò una voce, e Jon la riconobbe prima ancora di togliersi quell'indumento dalla faccia.

    «Dick, Conner!» esclamò gioviale, col sorriso dipinto sulle labbra. «Che ci fate qui?» domandò, gettando uno sguardo curioso al fagotto che si muoveva fra le braccia di Dick; ma Jon non ebbe il tempo di accigliarsi, poiché due soffici orecchie si intravidero oltre i lembi di quella copertina e un cucciolo, la cui lingua penzoloni cercò di leccare la mano di Dick, spuntò con un piccolo Woof! che richiamò la loro attenzione.

    «Grayson?» chiese subito Damian con un'espressione stralunata, non sapendo dove soffermare il suo sguardo. Lo faceva scorrere dal cucciolo di pitbull ai volti dei due uomini, ed era abbastanza certo che non fossero lì per portargli un randagio ferito; quel batuffolo a pelo corto gli sembrava fin troppo in forma, senza contare che conosceva abbastanza bene quei due idioti da sapere che ne avevano combinata un'altra delle loro. Grayson aveva cinquant'anni solo su carta, dopotutto.

    «Eravamo nei paraggi», cominciò Conner con l'aria di chi la diceva lunga, senza dar peso all'occhiata scettica di Jon, «e ho detto “Dick, perché non andiamo a trovare il mio fratello preferito?”»

    «Sono il tuo unico fratello», annotò Jon, facendolo ridere.

    «Il punto, qui», riprese Kon, scostando bellamente il fratello per poter entrare in casa, «è che, strada facendo, abbiamo trovato questo povero cagnolino e in città ci hanno parlato di questo famoso veterinario...»

    «Raccontala ad un altro, Kent», si intromise Damian con scetticismo, puntando lo sguardo su Dick che, dietro Conner, sghignazzava tra sé e sé. E fu proprio a quel punto che Damian lo fissò. «Non giriamoci intorno. Che significa, Grayson?»

    Con il miglior sorriso che riuscì a trovare nel suo repertorio, Richard sollevò gli angoli delle labbra da un orecchio all'altro. «Haley II ha avuto i cuccioli», informò col cipiglio di un padre orgoglioso. «E indovina chi ha pensato di regalarne uno al suo nipotino?»

    Se in un primo momento l'espressione di Damian sembrò addolcirsi, a quel dire assottigliò le labbra. «No».

    «Come sarebbe a dire no?»

    «Ehi, dov'è finito “Damian Wayne, amichevole veterinario di quartiere”?»

    Frenando la calda replica di Damian, Jon gli poggiò una mano su una spalla e lo tirò indietro, pensandoci lui stesso a trattare la questione con gli amorevoli zii del figlio. «Quello che Dames cercando di dire,» cominciò pacato, tenendo buono suo marito, «è che Tommy è in punizione e premiarlo con un cucciolo non aiuterebbe la nostra posizione paterna».

    Conner fece scorrere lo sguardo dall'uno all'altro, forse persino incredulo, prima di incrociare le braccia al petto e sbuffare sarcastico. «Oh, ma guardali. Non sono teneri quando cercando di fare i severi?»

    «Adorabili», sghignazzò Dick nel guardare Damian senza dar peso all'aria scettica che aveva in viso. «Andiamo, Little D, non fare così. È per il suo compleanno».

    «Il compleanno di Thomas è la settimana prossima».

    «E sarai tu ad impedirmi di fare un regalo anticipato a mio nipote, paparino?»

    Damian roteò gli occhi, scuotendo il capo. «Quando la smetterai di viziare mio figlio?» chiese, ma Dick rise.

    «Quando si gelerà l'inferno».

    «Non è proprio il momento per fargli regali, non ades--»

    Le parole di Jon vennero ben presto sovrastate dalla voce di Thomas, il quale si era affacciato dal salotto in quello stesso istante e, non appena visti gli zii, si era letteralmente lanciato contro di loro con un'esclamazione di gioia; fu Conner a prenderlo al volo durante quel salto, giacché Dick aveva ancora le braccia occupate dal cucciolo che agitava freneticamente la coda.

    «Eccolo qui il mio nipotino!» dissero all'unisono Dick e Kon, e fu a quel punto che, proprio quest'ultimo, notò il contorno violaceo sul viso. «Ehi, nano, che hai fatto all'occhio?» chiese nello scostargli qualche ciocca di capelli, e Thomas incassò la testa nelle spalle.

    «Volevo proteggere un'amica e ho fatto a botte a scuola», borbottò un po' colpevole nell'evitare le occhiate dei genitori, ma fu proprio a quelle parole che Dick gettò un nuovo sguardo a Jon e a Damian, capendo qual era il punto. 

    «Sai che il tuo baba faceva a botte molto spesso?» rimbeccò e, al moto di indignazione che comparve sul volto di Damian, Conner si limitò a ridere mentre Tommy si voltava immediatamente verso i genitori.

    «Baba!» esclamò.

    Colto in fallo, Damian pensò bene a cosa dire - anche perché Jon non sembrava essere di aiuto, dato che cercava di soffocare una risata nonostante tutto - prima di assumere la sua solita aria saccente. «Sono tuo padre, so io cos'è meglio per te».

    «Oh, cristo, Little D. Adesso sì che sembravi proprio Bruce!» Dick sembrava così divertito dalle sue stesse parole che non diede peso all'espressione stranita che si era dipinta sul volto di Damian, a dir poco incredulo per quel paragone. «Ora sta' zitto e lascia che vostro figlio si goda il suo regalo».

    A quelle parole, lo sguardo di Tommy divenne indecifrabile. Sbatté le palpebre più e più volte, facendo scorrere lo sguardo sui presenti finché zio Conner non lo rimise a terra e, al tempo stesso, Dick non poggi anche quel cucciolo sul pavimento.

    «Vuol dire che...» cominciò incerto, guardando quel cagnolino che aveva cominciato ad annusargli una caviglia, scodinzolando sempre più frenetico mentre strofinava il muso contro di lui. Aveva creduto fosse l'ennesimo animale della clinica - nessuno avrebbe potuto biasimarlo per quel pensiero, dopotutto - ma, a quella consapevolezza, il sorriso sul suo volto divenne così radioso che Damian, per un momento, temette quasi di doversi schermare gli occhi.

    Alla vista di quel cucciolo, saltato letteralmente fra le braccia di un Thomas sempre più sorridente, Jon capì che lui e Damian erano letteralmente fregati. Sia Conner che Dick avevano in viso un'espressione così compiaciuta che Jon ebbe quasi l'impressione che a Damian sarebbe scoppiata una vena sulla fronte; eppure, per quanto cercasse di dimostrarsi scontroso e innervosito per quel regalo così improvviso, era fin troppo ovvio che Damian avesse già ceduto alla dolcezza di quel batuffolo di pelo.

    «Grazie, grazie, grazie! È il miglior regalo che potessi ricevere!» esclamò Tommy al settimo cielo, cercando di abbracciare gli zii mentre quel cucciolo gli leccava la faccia prima di rimetterlo a terra e correre con lui verso il salotto sotto lo sguardo rassegnato dei suoi genitori.

    «E tanti cari saluti alla nostra punizione», affermò Jon al grugnito che scappò dalle labbra di Damian, scuotendo brevemente il capo nel sentire su di sé le occhiate divertite di Kon e Dick.

    «Ha sbagliato, è vero, ma l'ha fatto a fin di bene». Dick sorrise nostalgico. «Anche se non sa nulla di quella parte della famiglia, vostro figlio ha il vostro stesso senso di giustizia. Dovreste esserne fieri».

    «Lo siamo», ammisero entrambi, prima che fosse proprio Damian a guardarlo con le palpebre a mezz'asta. «Ma se provi a sfidare ancora la mia autorità genitoriale, Grayson, io--»

    «Come se non avessi visto i tuoi occhioni innamorati quando hai visto quel cucciolo, Damian, andiamo», sghignazzò Dick, e Jon non mancò di dargli manforte.

    «Beh, in effetti li ho notati anch'io».

    Damian lo fulminò con lo sguardo. «Sei un traditore, Jonathan»,  sentenziò, facendo ridere tutti i presenti.

    Alla fine quel pomeriggio passò tranquillamente, tra una chiacchierata e l'altra e qualche battuta mentre Jon lì imbottiva di caffè, provocando l'ilarità di Conner che, ridendo, aveva affermato che Tim lo avrebbe amato anche solo per quello; quando arrivò il momento dell'arrivederci - Tommy aveva passato tutto il tempo a giocare con il suo cucciolo sotto lo sguardo di Damian -, si salutarono e Tommy si gettò sugli zii, abbracciandoli.

    «Sicuri di non voler restare a cena?» chiese Jon, ma Conner gli rifilò una pacca su una spalla con un sorrisetto.

    «Magari la prossima volta, Jonno. Abbiamo un volo da prendere». Gli fece l'occhiolino, arruffando poi i capelli del nipote che si avvinghiò alla gamba. «Ci vediamo, nanerottolo».

    «Però la prossima volta restare anche a dormire!» mise a condizione nel guardarli con occhi da cucciolo, facendo ridacchiare Dick.

    «Promesso, pulcino».

    «Ci conto, eh? Io e Asso vi aspettiamo!»

    «Asso?»

    Tommy annuì con un gran sorriso. «Il nonno mi ha fatto vedere le foto di famiglia, qualche mese fa. E insieme a Tito,» nel dire il nome del cane di suo padre si guardò per un momento le scarpe, prima di continuare, «c'era questo bellissimo pastore tedesco che si chiamava Asso. Voglio chiamarlo così».

    «Gran bel nome, pulcino», replicò Dick prima di abbracciarlo. «Ci vediamo la prossima volta».

    Dopo qualche altro saluto e pochi convenevoli, Jon fu abbastanza svelto da chiudersi la porta alle spalle nell'esatto momento in cui i due, allontanandosi, cominciavano a librarsi in volo; Thomas era stato fin troppo distratto dal suo cucciolo per farci caso, e a loro stava più che bene così. Ci sarebbe stato tempo prima di spiegargli qualcosa... se mai avrebbero ritenuto necessario farlo. Laggiù, ad Hamilton, erano lontani da tutte quelle faccende da eroi che si erano lasciati alle spalle, e l'unica cosa in cui erano stati coinvolti era successa ormai quattro anni prima.

    «Credi che dovremmo riprendere il discorso della sua punizione?» chiese di punto in bianco Jon, incrociando le braccia al petto nell'osservare Tommy che, sorridendo come non mai, si era sdraiato sul tappeto e stava cominciando a giocare con Asso, il quale gli abbaiava contro giocoso e cercava di mordere il vecchio straccio che gli era stato allungato.

    Damian sbuffò. «Servirebbe davvero a qualcosa, dopo che quegli idioti dei nostri fratelli gli hanno regalato un cucciolo?»

    «Magari è un incentivo per fargli pulire la stalla?»

    «Poi provarci, J», sghignazzò, con lo sguardo fisso sul loro bambino. Per quanto avesse odiato quell'improvvisata - più per il regalo di cui non avevano parlato che per l'essere venuti a trovarli -, non poteva negare a se stesso che vedere Tommy così felice lo faceva stare bene. «Sai... avevo più o meno la sua età quando papà mi ha regalato Tito».

    Jon distolse lo sguardo, adocchiandolo curioso. «Davvero?»

    Damian sorrise, nostalgico e un po' triste, mentre guardava quel cucciolo fare le feste a Thomas, il quale rideva divertito ad ogni leccata. «Mi disse che l'aveva preso perché era orgoglioso del mio autocontrollo... io pensai solo che l'avesse fatto per distrarmi e impedirmi di andare in ricognizione con lui. All'inizio nemmeno lo volevo». Sentì un braccio di Jon cingergli i fianchi, e lui non lo scacciò, poggiandosi un po' contro di lui. «Ma poi non sono riuscito a separarmene. Lo chiamai Tito in onore della tragedia di Shakespeare su Tito Andronico... gli dissi che sarebbe stato testimone di molto sangue e suture».

    «Non me l'avevi mai detto», si ritrovò a dire Jon, stringendolo maggiormente a sé. Damian si apriva raramente con qualcuno, specialmente su cose riguardanti gli anni in cui non si erano conosciuti, e difficilmente parlava di Tito da quando purtroppo era venuto a mancare.

    «Lo so. Era... non lo so. Credevo di doverlo fare. Dovevo farlo». Le sue spalle si irrigidirono. «Quel botolo mi manca», ammise, passandosi una mano davanti al viso.

    Damian si lasciò finalmente andare ad un silenzioso pianto liberatorio, stretto nell'abbraccio protettivo di Jon che sarebbe rimasto lì a dargli la consolazione di cui aveva bisogno.

    Non avrebbe mai dimenticato Tito... ma era contento di vedere come quel cucciolo rendesse felice Thomas. E avrebbe reso felice anche lui
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Come dicevo nel precedente capitolo, l'età di Tommy varia a seconda della one-shot (o della situazione) che si viene a creare in un determinato momento. Qui ovviamente ha undici anni e ha preso un po' il carattere di entrambi i genitori, per quanto non sappia nulla del loro passato è un bambino che cerca sempre di proteggere il prossimo, soprattutto quando si tratta di amici, e i suoi genitori non potrebbero essere più fieri... anche se i suoi zii non perdono occasione di viziarlo anche quando in realtà non dovrebbero lol
La nota finale su Tito ha distrutto anche me (ho un cane, quindi mi sono immedeesimata parecchio in tutta la situazione e... niente, mi è scesa una lacrimuccia al pensiero), ma in fin dei cont sono passati troppi anni e ha vissuto anche abbastaza per essere un alano
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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