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Autore: Gaia Bessie    07/12/2021    2 recensioni
Ginny Weasley è inquieta nel proprio matrimonio perfetto.
Draco Malfoy è inquieto nel proprio matrimonio (meno) perfetto.
[Draco/Ginny, Mini-long di otto capitoli | Partecipa al "Calendario dell'avvento" organizzato da Cora Line sul forum Ferisce più la penna].
[Cap. 6]: Ginny Weasley non sa scrivere composta, non ha niente della fredda calma della Granger o della spensieratezza con cui la Lovegood faceva dondolare le gambe sulla sedia. Lei sbuffa, gratta l’orecchio, cambia posizione, intreccia le caviglie, si macchia d’inchiostro il polso.
E, quando finalmente le vengono le parole, sorride come se avesse trovato la chiave di volta per la vita eterna. Un po’ la invidia.
È così che si spiega perché la tiene così in alta considerazione, nonostante le sue scelte matrimoniali (chiaramente sbagliate), nonostante il suo cognome, nonostante il passato che l’avvolge come un velo opaco. Opachi, i pensieri che Draco deve riordinare per averci a che fare.
La invidia per davvero – ne invidia la tranquillità con cui s’approccia a sé stessa, quando un tremore le squarcia il viso, l’angolo della bocca che spinge per contrarsi in una smorfia: ma Ginny Potter sorride e, in lei, non s’intravede nulla di quell’inquietudine che Draco conosce.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Ginny Weasley | Coppie: Astoria/Fred, Draco/Astoria, Draco/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Stelle di cannella


 
3. La torta di mele
 
[Orologio che segna il tempo al contrario]

 
Comincia con una caduta.
Il giorno in cui Astoria Malfoy si arrampica sopra il tavolo della cucina, a piedi nudi, per riavviare quel dannato orologio che continua a segnare il tempo al contrario: borbotta che non è possibile, non è possibile che in quella casa vada tutto male – quel giorno è maledetto, lei ne ha solamente la pallida percezione.
Con la bacchetta, sembra riuscire a farlo ripartire, lo rimette al proprio posto quando, poi, sceglie di voltarsi per prendere un pacchetto di farina integrale.
Pochi attimi dopo, tenendole la mano sul lettino del San Mungo, suo marito le domanderà: perché non hai usato la magia?
Lei lo guaderà, gli occhi pieni di lacrime e un monitor che mostra i battiti cardiaci di loro figlio, e non saprà cosa rispondergli se non: volevo solamente fare una torta, Draco. Sarebbe stata alle mele, sai, la tua preferita.
Non comprende nemmeno come fa a perdere l’equilibrio, quando si sporge per prendere il cartone con la farina, non era nemmeno in bilico sul bordo del tavolo – eppure, Astoria, crolla giù sbattendo la fronte contro lo spigolo del piano cottura della cucina e tagliandosi un sopracciglio.
Mi dispiace, signora, le dice la Medimaga di turno, ricucendole il taglio con un colpo di bacchetta, temo le rimarrà il segno.
Ma a lei non importa niente delle cicatrici che le sfregeranno il volto, al pari di Harry Potter: così sia, pensa distrattamente, prima di chiedere notizie di quel bambino che silenzioso le dorme nel ventre.
Le dicono che dovrà stare a riposo, se non vuole rischiare di perdere il bambino: vuol dire passare tutto il resto della gravidanza stesa a letto, con l’aiuto di una Medimaga a domicilio e di sua suocera, vuol dire basta torte e biscotti alla cannella e Amortentia.
Astoria non si lamenta, non piange – dice che farà tutto ciò che è necessario, per quel bambino, e sorride dolcemente.
Ma, quando Draco la riporta a casa sulla sedia a rotelle e la solleva tra le braccia, per posarla sul letto, finalmente sua moglie si scioglie in un fiume di lacrime – glielo dice così.
Che i Medimaghi hanno indagato sul perché sia caduta e le hanno detto che è finita così, che non potrà nemmeno iniziare: in un momento storico in cui il sangue è tutto pulito, tutto da rivalutare, una maledizione del sangue è ciò che ti rende inferiore a tutti gli altri. Perfino a Ginevra Weasley.
A suo marito lo dice così.
Che Daphne aveva ragione, a fuggire in Francia da sola: una morte orribile ma, almeno, sua sorella si stava godendo le ultime giornate di sole, sulla costa d’oltralpe. Che, quando hai il sangue che ti indebolisce, l’unico modo per essere forte è la speranza (lei non ne ha nemmeno una briciola) e la perseveranza: Astoria dichiara che sarà forte per loro figlio ma, quando lo dice, le trema un po’ la voce.
«Dimmi cosa ti serve» sussurra Draco, carezzandole il capo. «Ti darò tutto quello di cui hai bisogno, te lo prometto».
Lei sorride – ha le mani tutte escoriate dalla caduta, con una densa mappa di taglietti minuscoli che le sfregiano il palmo – ma mai per davvero: è solamente una cortesia che gli riserva, il fingersi felice, per permettergli di ripulirsi la coscienza al mattino come fa con il viso fresco di rasatura.
«Vorrei vederti più spesso» dice, semplicemente. «Potresti tornare a cena, qualche volta, potremmo giocare a scacchi o chiacchierare un po’».
Draco china il capo – non oserà negarglielo: perché Astoria lo guarda con occhi lucidi di speranza e, quando gli sfiora il braccio, si rende conto che le tremano le mani.
«Certo» sussurra, sedendosi sulla sponda del letto. «Mia madre verrà a farti compagnia ogni giorno, finché non sarò tornato a casa: sarà dura, con gli orari dell’ufficio, ma farò il pendolare per un po’».
Lei non lo ringrazia – affila lo sguardo, fulminandolo leggermente, e Draco allora se lo ricorda: lei sa anche quello che lui ignora, ma cosa?
«Ti posso chiedere un’altra cosa?» domanda sua moglie, pacata. «Chi ti ha detto di Fred Weasley?».
Draco sospira, passandosi una mano tra i capelli biondissimi, con aria stremata.
«Che importa?» le domanda, quieto. «L’hai detto anche tu: a volte semplicemente capita di innamorarsi a tredici anni?».
E se poi muori a quattordici?
Lei sorride, ricordando quella risposta – e forse non era morta a quattordici anni ma, adesso che la stanchezza le mastica le vene e il sangue come una vecchia amica, Astoria Malfoy si rende conto che è finita.
«Vorrei liberarti da questo peso, dirti che ho amato qualcuno più di te» sussurra, massaggiandosi le tempie. «Se ti dicessi che ho amato Fred Weasley più di quanto non abbia fatto con te, ti sentiresti meglio?».
Draco sorride, amaramente – le hanno detto che il suo orologio ha cominciato una corsa senza fine verso i suoi ultimi battiti eppure, sua moglie, è di una calma che spezza l’anima.
«Sarei contento di sapere che sei stata felice, un tempo» dice, calmo. «Tutto qui».
«Vorrei poterti dire che è stato l’amore della mia vita e che, ancora oggi, non lo so dimenticare» sussurra. «Ma sarebbe troppo semplice, Draco, esonerarti da ogni tipo di responsabilità».
«Cosa intendi dire?» domanda lui, alzando un sopracciglio. «Non devi esonerarmi da niente, Astoria, di che responsabilità stai parlando?».
Lei sospira.
Comincia con una caduta – quando Astoria Greengrass perde l’equilibrio, piombando sul pavimento della cucina di casa sua in un tonfo sordo.
Comincia, per Draco, con il Patronus di sua moglie – ho bisogno di andare al San Mungo, ti prego Draco, non riesco a Smaterializzarmi.
Finisce così.
Con lei che lo guarda con quegli occhi vetrosi come biglie trasparenti e sorride come se non avesse altra scelta: voltarsi dietro di lui, bagnandosi della sua ombra, sorridere e perdonare.
«So di Ginny Weasley» commenta Astoria, con un sospiro stremato. «Lo so da mesi e, giorno dopo giorno, ho imparato a perdonartelo: non sei l’unico, ad aver amato un’ombra».
Lui fa per domandarle, lei si mette a ridere, mescolandovi un sussulto pieno di dolore per quello sforzo.
«Non sono morta a quattordici anni, morirò adesso» commenta, calma. «E mi ricordo di Fred Weasley, Draco, tu no?».
 
***
 
Draco Malfoy diviene un’ombra.
Lentamente, passo dopo passo, si sfuma nell’indefinito e ingrigisce, diventa sempre più magro e nevrotico: a lavoro, è impossibile collaborare con lui, è sempre stanco e nervoso, sempre pronto ad abbaiare contro il primo disposto ad avvicinarsi a lui.
«Posa la bacchetta, Malfoy» commenta Ginny, sedendosi alla propria scrivania, mentre lui sta letteralmente gridando contro una delle stagiste. «Non incolpare Isabelle dei tuoi malumori, ti va?».
Lo fa sbuffare, mentre la ragazza corre via con un sorriso grato – sono le sette di sera, l’ufficio si svuota ma lui, che pur sa di dover tornare a casa, non riesce a schiodarsi dalla propria postazione. Non ne ha la forza.
«Mia moglie sta morendo» lo dice come fosse una comunicazione istituzionale, il meteo delle dodici e una pubblicità alla radio. «I Medimaghi dicono che non le resta più molto da vivere».
«Mi dispiace».
Draco ride, passandosi una mano in viso. «Non sono riuscito a dirlo a lei, che mi dispiace» ammette. «Ho desiderato così tanto che avesse amato anche qualcun altro che, quando me l’ha detto, mi sono sentito sollevato».
«Quindi ti ha dato una scusa per scappare dai tuoi sensi di colpa» commenta Ginny, divertita. «Mi sembra ottimo».
«La tua sensibilità mi colpisce come ogni volta, Weasley» ringhia lui, con aria piccata. «Cosa pensi che importi dei miei sensi di colpa? Mia moglie sta morendo».
Lo sguardo di lei s’ammorbidisce – ma sempre legno rimane e, per quanto Draco possa picchiarvici sopra, rimarrà con le mani piene di schegge e niente di più: ammorbidita, comunque dura come un portone blindato, Ginny Weasley lo guarda e scuote il capo.
«Lei come sta?».
«Continua a ripetere che voleva solamente fare una torta di mele» sussurra Draco, piano. «Non riesce a crederci».
«Nemmeno tu» constata lei, atona. «Nemmeno tu».
«E come potrei fare?» sibila lui, con aria stremata. «L’ho data per scontata per tutto il nostro matrimonio e, adesso che so che non ci sarà più, io…».
«Ti sei magicamente innamorato di lei? Non funziona così, Malfoy».
«E come funziona, allora?» domanda Draco, con aria stravolta. «Sta morendo e vuole solamente essere amata. Cosa pensi che dovrei fare io?».
«Il fatto che lei voglia essere amata non basta a far sì che tu la ami» risponde Ginny, quieta. «Non conta niente, Malfoy: o la ami o non la ami, ma questo devi dirlo tu».
Lui nasconde il viso tra le braccia, sfiorando con il naso il piano da lavoro della scrivania – lei non s’avvicina ma, da un respiro più pronunciato degli altri, lo comprende: Draco Malfoy sta piangendo.
Quando, dopo una manciata di minuti, riesce a rialzarsi da quella posizione, glielo dice in un singhiozzo: voleva solamente fare una torta di mele.
«Lo so» sussurra Ginny, con una comprensione che non le appartiene. «Potresti farne una tu, per restituirle il favore».
Ma lui scuote il capo, chissà che pensieri gli camminano tra quei capelli biondi – voleva solamente fare una torta di mele – e gli si tuffano in quegli occhi arrossati, nelle occhiaie che livide gli spaccano il viso.
«Che idea del cazzo, Weasley» sibila, contrariato. «Astoria adora fare i dolci per gli altri, non per sé stessa. Adesso che ci penso, non penso che lei faccia mai niente per sé stessa».
«Encomiabile» commenta lei, giocherellando con una piuma sporca d’inchiostro. «Viene da pensare che tua moglie sia Tosca Tassorosso o qualcosa del genere».
«Smettila».
«Non puoi cancellare il vostro matrimonio fino ad ora perché lei sta morendo» sussurra Ginny, senza scomporsi. «Lei non lo cancellerà e saprà, ogni singolo e inutile minuto, che lo stai facendo perché sai che potrebbero essere i vostri ultimi minuti insieme. È terribile, Malfoy».
Lui spalanca gli occhi, non osa darle ragione – ma, dal sorriso trionfante della Weasley, si rende conto che ha compreso pienamente cosa gli sta frullando nel capo.
«Non è una stupida, Astoria» mormora, più a sé stesso che a lei. «Non lo è stata mai. Ha detto che sa di te».
Lei scrolla le spalle, i capelli biondi le ballonzolano sulle scapole, mordicchiandogliele – quando sorride, non c’è traccia in lei di quella maniacale inquietudine che solitamente la anima: Ginny è quieta, pensierosa, e un dito continua a picchiettarle la guancia al ritmo di una vecchia canzone (la ninnananna di Molly).
«Che vuol dire che non sa niente di niente» commenta, quieta. «Tua moglie lo sa, che io ho un marito, una bella famiglia. O se ne è dimenticata?».
«Penso sappia anche che non ti basta».
La fa sorridere – ma, quando Ginny incontra i suoi occhi color tempesta, è ormai dura come acciaio temperato.
«Perché il matrimonio è comunque la tomba di ogni sentimento» ammette, senza vergogna. «Ma non il mio».
«Certo, come se tu e Potter non poteste non essere speciali» sibila lui, oltraggiato. «Figuriamoci, se il Santissimo Harry Potter non poteva fare eccezione».
La fa ridere – quella sua insulsa rivalità con Harry la fa sorridere, dopo anni passati a condividere con il marito l’ostilità verso Malfoy – ma, quando apre la bocca, Ginny lo stordisce con una singola frase.
«Perché, tua moglie non fa eccezione?» domanda. «Chi è che non ama Tosca Tassorosso, anche dopo il matrimonio?».
Lui sospira – stremato, la guarda ed è ombroso e inquieto quanto lei, se non di più: e forse Astoria sarà Tosca Tassorosso, si dice, ma lui non è Salazar Serpeverde. Non gli bastano degli occhi glaciali e un bel sorriso, per riesumare l’amore dalla propria tomba.
«Mia moglie fa eccezione» si tira fuori dalla gola, tossendoglielo davanti. «Ma, forse, non per me».
«Solamente perché speri con tutto il cuore che abbia amato Fred più di quanto non abbia mai fatto con te».
«Spero che abbia avuto l’amore che merita» commenta Draco, vergognandosene. «Anche se non da me».
«Molto altruistico, Malfoy» commenta Ginny, divertita. «Sicuro di stare bene?».
Lui la guarda e non si rende conto di cosa sta per domandarle – e, si sorprende, quando lei annuisce e gli dice sì, certo che puoi.
Le ha domandato di parlare con George Weasley e lei ha detto di sì.
 
***
 
C’è qualcosa di noioso, nell’immobilità forzata, qualcosa che ti solleva l’anima e poi la lascia cadere, come un coltello che prova a porzionare una torta e ciaf! quella si spiaccica sul piatto senza grazia alcuna, senza possibilità di redenzione che non sia il gusto (e se facesse schifo?).
Le hanno proibito perfino di alzare la bacchetta – così, Astoria passa le proprie giornate stesa a guardare il soffitto, sonnecchiando o ascoltando le chiacchiere di sua suocera, contando i minuti che la separano dal ritorno di suo marito a casa.
Draco è sempre puntualissimo, le prime due sere della settimana: ma, dal mercoledì in poi, si rende conto che non può farcela per cinque giorni di fila, a rientrare per cena – e si prende mezz’ora, un’ora, due ore e il weekend trova sempre degli straordinari per svignarsela. Lei non si lamenta.
Sorride alla Medimaga che viene a controllarla ogni mattina, per assicurarsi che il piccolo che le cresce dentro stia bene: mio marito lavora molto, sa? Lo fa per noi.
Ma, quando Draco rientra e lei gli fa cenno di giocare l’ennesima partita a scacchi magici, una smorfia di disapprovazione le ridisegna i lineamenti – non gli dice mai di impegnarsi un po’ di più, ma lo guarda come per ricordargli quel che continua a ripetere ogni mattina, quando Narcissa le domanda come si senta: volevo solamente fare una torta di mele.
«Ciao» sussurra Draco, stendendosi accanto a lei sul letto. «Credo di aver esagerato, stasera. Scusami, ho fatto davvero tardissimo».
Non gli dice di sì – inclina solamente la testa, sfiorandogli la spalla con la propria fronte, e sorride leggermente.
«Domani porto qualcuno con me, a trovarti» continua lui, carezzandole il capo. «Spero che una visita ti faccia piacere, magari ti farà sentire meno…».
Sola. Annoiata. Stanca.
Lei non completa la frase – sorride dolcemente e aspetta che sia lui a svelarle l’arcano, dicendole il nome di sua sorella (impossibile) o di Pansy Parkinson (difficile) o chissà quale altra sua dimenticata amica di Hogwarts.
«Ho parlato con la Weasley, oggi» spiega Draco, a disagio. «Mi ha detto che a suo fratello farebbe piacere vederti. All’altro gemello, intendo».
Astoria ride – così forte che deve sforzarsi di smettere, perché le costole le fanno male e teme che, se la Medimaga fosse lì, le direbbe che non le è più permesso nemmeno di ridere. Forse, pensa distrattamente, è così: le direbbe che, com’è finito il tempo delle stelle di cannella e delle torte di mele, allora è terminato anche quello delle risate.
«George Weasley?» domanda, alzando un sopracciglio. «Mi stai prendendo in giro o qualcosa del genere?».
«Perché dovrei?» chiede Draco, perplesso. «Pensavo ti avrebbe fatto piacere».
«Io non so cosa tu stia pensando, Draco, non lo so per davvero» sussurra Astoria, sottovoce. «Ma ti assicuro, te lo posso giurare su Salazar, Godric o chi vuoi tu, che Fred Weasley è passato».
Ma lui, che paradossalmente le domanderebbe di giurarlo su Tosca, scuote il capo e glielo dice – non puoi rinnegare te stessa, Astoria, tu sei stata anche quella ragazzina di tredici anni.
«Certo che lo sono stata, Draco. Ma adesso pensi che io non sia cresciuta, che non sia cambiata come te?».
«Astoria…».
«No, Draco, ora mi ascolti» sibila lei, con il fiato corto. «Tu vuoi regalarmi un finale da favola, una morte con un motivo solamente per sentirti a posto con te stesso. Sai cosa? La morte non ha mai senso, nemmeno se tu mi dicessi che c’è Fred Weasley pronto ad aspettarmi nell’aldilà».
«Non si tratta della mia coscienza» risponde lui, a disagio. «Io vorrei per davvero che lui ti aspettasse nell’aldilà, io… non voglio saperti da sola, lì, senza di me».
Lei non ride – scopre i denti: un lupo.
«Senza di te» ripete. «Oh, Draco. Non ti permetterò di lavarti la coscienza solamente perché sai che non ti perdonerai mai dell’avermi lasciata sola per stare con la Weasley».
Lui non replica – Astoria scuote il capo, con aria stanca.
«George Weasley è un contentino, il migliore che potessi darmi, ma un contentino» sussurra. «Non te lo perdonerò nemmeno da morta, Draco, e vorrei che tu questo lo tenessi bene a mente».
«Le persone sbagliano» sussurra lui, pentendosi di quelle parole. «E io non ti ho tradita».
«Non ancora. Quasi» commenta Astoria, pacata. «Si può tradire anche con i pensieri, se non con le azioni, lo sai questo? Ed ecco perché mi vuoi regalare una favola nera, Draco: perché speri che, tornando tredicenne, io sia in grado di perdonarti».
«Potresti farlo comunque. Perdonarmi».
«Ti giuro su quello che vuoi, che sia Tosca o Corinna, che non ti perdonerò nemmeno da morta» risponde Astoria, lapidaria. «E niente mi fermerà dal pensare che tutto questo è successo per un cazzo di orologio che girava al contrario e per una torta di mele. Che avrei preparato per te».
Lui le chiederebbe comunque di giurare su Tosca – chissà se Astoria sarebbe ancora disposta a farlo.
«Non volevo questo per te, quando ti ho sposata» commenta Draco, atono. «Speravo saremmo stati felici».
Ma sta mentendo, lo sa anche lui: ha sposato Astoria perché era giusto così – e, adesso che la giustizia non basta più, cos’è che rimane?
Sua moglie ride, piano per non farsi male, e non gli dice il perché.
«E, adesso che sappiamo che sono io quell’orologio che scorre al contrario, che rimane?» domanda, quieta. «Siamo su una zattera in mezzo alla tempesta, Draco, e io devo cadervi giù per forza: speravi che saremmo stati felici, non lo sei stato mai».
«Avrei voluto».
«Avresti potuto» ribatte lei, fredda. «Ma non me ne hai mai dato l’occasione, di permetterti di dimenticare».
Lui apre la bocca, non ne escono parole: perché sua moglie sorride, si asciuga una lacrima che dolorosa le lambisce il viso, ustionandola.
«Va bene così» sussurra. «Domani vedrò George Weasley e tu sarai contento con la tua coscienza smacchiata».
Draco china il capo, lei vi posa sopra una mano, come per benedirlo da ogni peccato (detto, commesso, pensato) che gli ha lordato l’anima.
Volevo solamente fare una torta di mele, Draco pensa. Non lo dice.


 
Passo di volata a dire che in serata risponderò alle bellissime recensioni che mi avete lasciato: grazie, siete il più bel regalo di Natale che potessi chiedere.
Ora, scusate, ma sono cinque giorni che vivo con due ore di sonno a notte e devo necessarismente svenire da qualche parte.
Un bacio,
Gaia

 
   
 
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