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Zoro era un bel ragazzo.
Nessuno poteva dire il contrario.
Aveva dei lineamenti decisi, un corpo scultoreo, occhi profondi e possedeva un sorriso raro ma gentile.
Questo prima di Kuraigana.
Poi i lineamenti si erano fatti duri.
Il corpo votato all’auto immolazione con cicatrici e dolore.
Gli occhi erano diventati l’occhio.
Uno solo.
Nero, scuro, minaccioso.
Ma il sorriso.
Nami lo riconosceva ancora.
Raro, gentile, unico.
Nami lo avrebbe riconosciuto tra mille.
Non importava quanto Zoro sarebbe cambiato, quante nuove cicatrici avrebbero segnato il suo corpo.
Quanto ancora il suo sguardo si sarebbe annerito.
Lei avrebbe sempre osservato, trovato, riconosciuto e apprezzato (amato andava detto sottovoce) quel particolare sorriso di Zoro.
Sempre.
Agastopia non era l’unico aiuto che le veniva dato per osservare per ore le labbra di Zoro in attesa del suo sorriso.