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Autore: Gaia Bessie    13/12/2021    2 recensioni
Ginny Weasley è inquieta nel proprio matrimonio perfetto.
Draco Malfoy è inquieto nel proprio matrimonio (meno) perfetto.
[Draco/Ginny, Mini-long di otto capitoli | Partecipa al "Calendario dell'avvento" organizzato da Cora Line sul forum Ferisce più la penna].
[Cap. 6]: Ginny Weasley non sa scrivere composta, non ha niente della fredda calma della Granger o della spensieratezza con cui la Lovegood faceva dondolare le gambe sulla sedia. Lei sbuffa, gratta l’orecchio, cambia posizione, intreccia le caviglie, si macchia d’inchiostro il polso.
E, quando finalmente le vengono le parole, sorride come se avesse trovato la chiave di volta per la vita eterna. Un po’ la invidia.
È così che si spiega perché la tiene così in alta considerazione, nonostante le sue scelte matrimoniali (chiaramente sbagliate), nonostante il suo cognome, nonostante il passato che l’avvolge come un velo opaco. Opachi, i pensieri che Draco deve riordinare per averci a che fare.
La invidia per davvero – ne invidia la tranquillità con cui s’approccia a sé stessa, quando un tremore le squarcia il viso, l’angolo della bocca che spinge per contrarsi in una smorfia: ma Ginny Potter sorride e, in lei, non s’intravede nulla di quell’inquietudine che Draco conosce.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Ginny Weasley | Coppie: Astoria/Fred, Draco/Astoria, Draco/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Stelle di cannella



5.
La fine delle favole
 
[Occhi]
 
Un giorno, poi, Draco Malfoy non si presenta a lavoro – Ginny alza lo sguardo ma, al posto di incontrarne gli occhi, si trova a fare i conti con la sua assenza.
Un giorno, poi, Draco Malfoy non si presenta a lavoro – ma nemmeno quello dopo e quello dopo ancora: e, quello che in Ginny è sospetto che le prude sulla nuca, in George è amara consapevolezza. Ginny sospira, il giorno in cui suo fratello la guarda negli occhi e glielo confessa in un sussurro (non posso pensare che potrebbe non farcela).
Ginny non lo sa consolare, George, il giorno in cui si Smaterializza a casa sua e si siede su una delle sedie della cucina: nasconde gli occhi dietro i palmi delle mani e, quando Ginny gli domanda cosa sia successo, ha perso le parole.
Astoria Greengrass è stata ricoverata al San Mungo – con i polmoni annegati in acqua stagnante e il battito cardiaco che pian piano si stava spegnendo: quando suo marito le ha teso la mano, lei non l’ha stretta: accettiamo l’amore che crediamo di meritare1, gli ha detto, e per questo io oggi so di meritare qualcosa di più di così.
«A te chi lo ha detto?» domanda Ginny, incerta. «Malfoy è due giorni che non viene a lavoro, io non ne sapevo niente».
Lo scopre così – che Astoria Greengrass ha dettato a Draco una lettera e le proprie ultime volontà (tra cui non figura il marito), entrambe indirizzate a George Weasley con un timbro verde smeraldo e la carta da lettere macchiata di lacrime.
Ha spartito equamente i propri gioielli e averi tra cugine di secondo grado e altri parenti ma, la propria fede nuziale, risulta essere indirizzata a Ginevra Weasley con una sonora risata: guardandola negli occhi, Draco Malfoy, sicuramente avrà percepito l’ombra di una risata a sfigurarle lo sguardo – Astoria Greengrass forse s’è persa, ma di perdonare proprio non le riesce.
A George Weasley, ha scritto Draco masticando con orrore quelle parole, Astoria ha lasciato i suoi libri, un cofanetto pieno di lettere e un album di fotografie della propria adolescenza: Draco non le aveva mai viste prima – lui capirà, ha sussurrato sua moglie, vedrai che George capirà perché gli sto lasciando tutto questo.
E aveva capito, per davvero, nel momento in cui Astoria aveva sorriso e gli aveva detto: non so quanto tempo mi rimane da trascorrere qui, Draco, penso che tu possa iniziare a disfarti della mia roba – almeno quella destinata a George Weasley: Malfoy aveva obbedito senza dire una parola e, così, quel venerdì mattina George s’era visto il marito di Astoria bussare alla porta con una scatola che gli levitava accanto.
Draco Malfoy non aveva versato una lacrime, gli si erano bloccate tutte quante in gola, quando aveva detto a George che ormai l’orologio stava scoccando gli ultimi rintocchi: Astoria Greengrass rimarrà per sempre speranze sprecate e sogni infranti e, lui, tutto quel che lei si sarebbe meritata.
«Non capisco, George» mormora Ginny, incerta. «Cosa c’era in quella scatola?».
George sospira – ha gli occhi arrossati di pianto e, quando finalmente incontra lo sguardo di sua sorella, gli tremano le labbra.
Le lettere di Fred ad Astoria, dice così: tutti i bigliettini, i ritagli di tempo che Fred le aveva dedicato, quando era andato via da Hogwarts.
«Malfoy aveva ragione, sai?» sussurra George, passandosi una mano in volto. «Sua moglie l’ha accettato solamente perché, una favola migliore, l’aveva già avuta».
Le lettere di Fred ad Astoria, con le risposte di lei che George conserva gelosamente nella scatola dove ha rinchiuso tutti gli effetti personali del suo gemello, scampati all’epurazione di Molly: non ha avuto mai il coraggio di rileggerle – gli sarebbe sembrato, controvoglia, di poterlo riportare in vita.
Ma, quando George estrae dalla tasca del mantello un oggetto, non è il plico di lettere che la moglie di Malfoy aveva ricevuto da Fred: George estrae un album di fotografie, porgendolo alla sorella con aria stanca, stremata.
«Non capisco cosa dovrei vederci» commenta Ginny, sfogliando le fotografie. «Sono i ritratti di una ragazzina ad Hogwarts, niente di più».
Eppure, George sospira e, con la punta della bacchetta, sfiora una fotografia: Astoria, in posa nel proprio abito color cipria al Ballo del Ceppo, volteggia da sola sulla pista da ballo – ma, sotto la punta della bacchetta magica, si delinea una seconda figura (Ginny trattiene il fiato).
Non Draco, Fred.
Non ti puoi innamorare a tredici anni, pensa Ginny osservando sgomentata suo fratello sorridere dolcemente a quella ragazzina – e chi lo ha detto? E se poi muori a quattordici?
«Io ho bisogno che lei continui a vivere, Ginny» sussurra George, quietamente. «Ho bisogno di sapere che qualcosa di Fred è rimasto, oltre a noi, che esiste qualcuno in grado di ricordarlo».
«Oh, George».
Non riesce a cavarsi via altre parole, Ginny – la vita di Astoria Greengrass è ciò che debolmente si frappone tra lei e la rovina della sua, di vita: Draco Malfoy spende le proprie ore al capezzale della moglie e, allora, la mancanza scava Ginny come silenziosa dipendenza. Ma se improvvisamente cessasse?
George spalanca gli occhi, una smorfia disgustata sul viso stanco, quasi come se le avesse letto i pensieri.
«Non puoi pensarlo davvero» mormora, sconcertato. «Lei è una persona, come lo sei tu, come lo era Fred e perfino come lo è Malfoy: non puoi volerla morta solamente perché non hai abbastanza coraggio da rovinarti la vita da sola».
Ginny sospira – suo fratello, per l’ennesima volta, ha scoperchiato il vaso di Pandora: non gli chiede come abbia fatto a comprenderlo, che ha cominciato a nutrire dolorosa insoddisfazione per la propria vita, non osa farlo.
Perché George rimpicciolisce l’album di fotografie, tornando a nasconderlo nella tasca del proprio mantello, con un sorriso amaro, amarissimo.
«Mi dispiace, George» cerca di recuperare lei, a disagio. «Capisco cosa lei significhi per te, ma…».
«Ma non ti basta per non volerla morta» commenta George, atono. «Non è colpa della moglie di Malfoy, se tu ti senti infelice, lo sai?».
Non le dà il tempo di rispondere – George sospira, muove un passo avanti e si Smaterializza con uno schiocco.
 
***
 
Quando dicono a Draco che hanno bisogno di far nascere suo figlio, per cercare di mantenere Astoria nel mondo dei vivi ancora per un po’, il giovane Malfoy spalanca gli occhi e sembra non riuscire a credere a quelle parole: chiede ai Medimaghi come sia possibile che un bambino così piccolo possa sopravvivere – e gli dicono quella che è la semplice verità: può se è tanto fortunato, signor Malfoy, può se prega abbastanza da convincerlo a lottare anche se è minuscolo come un pugno chiuso.
E Draco prega. Si siede sulla sponda del letto di sua moglie e, quando lei apre gli occhi lucidi di febbre, prega lei: le dice che farà tutto ciò che è in suo potere per renderla felice, se solamente riuscirà a salvare loro figlio. Astoria sembra non comprendere ma, il giorno in cui Draco scoppia a piangere (perché i Medimaghi si preparano a far nascere suo figlio), lei gli stringe la mano con tiepida consapevolezza e sorride.
Lui non sa dirle nemmeno una parola – ma, quando i Medimaghi la portano via da lui, lo sguardo di Astoria gli si incolla addosso come una maledizione velenosa: Draco rimane a osservare la stanza vuota, contando i secondi. Scivolano dalla sua bocca, uno dopo l’altro, finché qualcuno non si siede al suo fianco.
George Weasley sospira, quando Draco Malfoy spalanca gli occhi in cerca di una spiegazione, e scuote il capo: non penso che Ginny verrà, commenta atono, credo che tutto questo sia un po’ troppo per lei.
«Non gliel’avrei mai chiesto» commenta Malfoy, calmo. «Sono consapevole di quale sia il mio posto, Weasley».
Ai suoi piedi – con Ginny che si consuma di incertezza come una candela incendiata e fil di cera infranto – Draco Malfoy rivaluta la propria esistenza alla luce di una nuova consapevolezza: sebbene sia stata smistata a Grifondoro, la Weasley ha meno coraggio di quel che lui le ha sempre attribuito.
Ai suoi piedi: e non solamente perché lei è la moglie di un altro (di Potter, si deve ricordare lui, di Potter), ma anche perché Draco riconosce in lei una forza d’animo che lui in sé non trova – Ginny si bagna della propria infelicità, la comprende (la accetta?). Draco è ancora sepolto dai sensi di colpa.
«Avresti dovuto» commenta George, calmo. «Ginny non è esonerata dal dover compiere una scelta, Malfoy: non sei il solo che deve rinunciare a qualcuno, sai?».
Draco alza un sopracciglio, incerto – non glielo domanda, perché si stia schierando in sua difesa ma, quando alza gli occhi su di lui, George Weasley sta ridendo.
«Non la meriterai mai, sai?» commenta, pacato. «Tu e Ginny vi siete trovati in uno sbaglio comune e, per quanto non lo condivida, posso comprenderlo. Ma Astoria non te la meritavi, Malfoy, non al posto di Fred».
«Penso di saperlo» mormora Draco, passandosi una mano sul viso. «Ho sposato Astoria perché credevo fosse giusto così ma, sul finire, ho solamente sperato che avesse avuto un amante, una storia parallela, una consolazione. Ma non le ho mai augurato…».
Una favola spezzata e nessuna speranza: George china il capo, come per pronunciare quelle parole ma, quando Draco lo guarda negli occhi, non v’intravede niente che non sia dolorosa delusione. Ha sposato Astoria perché era giusto così ma, sul finire, forse l’aveva logorata più lui della sua malattia – se lo doveva chiedere: era una liberazione, per sua moglie, il pensiero di dover morire?
Volevo solamente fare una torta di mele, Draco – in un giorno fatto di lancette rovesciate, sua moglie aveva scoperto che i suoi secondi si erano infine consumati su una consapevolezza dolorosa: che il tempo che aveva guadagnato, dai suoi quattordici anni in poi, era infine stato eroso come quella mancanza che le scalcinava il cuore.
«Speravi che ti tradisse per sentirti autorizzato a fare lo stesso?» domanda George, tagliente. «Non capirò mai cosa ci veda Ginny, in te: aveva tutto quel che aveva sempre desiderato, perché rincorrere il marito di un’altra?».
Draco non glielo sa spiegare – che hanno quell’inspiegabile inquietudine che li accomuna e che, il giorno in cui ha compreso che il matrimonio di Ginny Potter s’avviava verso fine certa, s’è sentito compreso: quello di Ginny è sul finire, il suo quando mai è cominciato?
Non gli sa dire che, inizialmente, l’attraeva l’idea di fare a Potter l’ennesimo sgarbo: ma, sul finire, aveva scoperto troppi punti di contatto con Ginny Weasley per poterla superare – è stato lì, che ha cominciato a tessere nella propria fantasia un finale da favola per Astoria. Ma, adesso che George Weasley sospira e gli confessa che l’ha avuto quel finale da favola, Draco Malfoy non è per questo meno insoddisfatto.
«Penso sia mancato il tempismo» commenta Draco, amaramente. «Se fosse successo prima, io…».
Avrei pensato che sposare Astoria era meno giusto di quel che credevo, pensa, forse avrei tenuto la proposta in serbo per chiunque altra: e lei magari si sarebbe trovata una seconda favola da compilare e, George Weasley, non lo guarderebbe con aria piena di rammarico.
«Quando si sveglierà, spero che le chiederai scusa» sibila George, affilando lo sguardo. «Perché poteva avere chiunque e macerarsi nel ricordo di Fred e, invece, ha scelto te».
Draco annuisce – non gli fa notare, non ne ha proprio la forza, che non ha detto se ma quando: eppure, quando i Medimaghi entrano nella stanza con l’espressione costernata e lo sguardo vuoto, Draco si sorprende ben più di George.
Mi dispiace, signor Malfoy – è il momento in cui George Weasley chiude gli occhi e, alzandosi in piedi, si Smaterializza con uno schiocco – ma sua moglie non ce l’ha fatta.
Draco non dice una parola, ha le corde vocali bruciate nello sforzo di trovare un pensiero da dedicare a sua moglie (quando ti ho resa infelice, perdonami: non se, quando) – e non chiede di vederla: teme che, se la vedesse pallida e affranta su delle lenzuola troppo bianche, potrebbe sognarla per tutte le notti che gli rimangono da vivere.
Riesce solamente a borbottare un nome per suo figlio e a chiedere di vederlo, quel bimbo minuscolo che respira a malapena, e a domandargli perdono per non avergli potuto dare una madre.
Astoria Greengrass è morta oggi.
 
***
 
Ginny resiste per dieci giorni e una manciata di ore quando, dopo l’ennesima occhiata sconcertata di suo fratello George (che da dieci giorni trova scuse per andarla a trovare), finalmente s’arrende e decide di lasciare James e Albus allo zio, per concedersi un pomeriggio di riposo: Harry le sorride, quando lei glielo dice, e le risponde che se lo merita, se lo merita per davvero – George sospira, facendo il solletico a un irrequieto James, come a domandarle: tu pensi di meritarlo?
Astoria Greengrass ha scavato una voragine, tra Ginny e George, tra Ginny e Malfoy – Draco ha dovuto cambiare casa, dove i passi (e la caduta) di sua moglie non gli risuonavano nelle orecchie: ha raccolto le proprie cose in una bisaccia, lasciando quelle di Astoria a casa, ha preso ed è tornato nel proprio appartamento di Londra. Blaise Zabini, che si è occupato di far nascere il piccolo Scorpius, gliel’ha domandato: e dove pensi di metterlo, un neonato, quando potrai finalmente portarlo a casa? Chi pensi che se ne occuperà?
Draco non ha saputo rispondere – ha chiesto dei giorni di ferie alla redazione e, vista la notizia della morte di sua moglie, non ha faticato a ottenerli: poi è sparito e non è tornato più. Ha arrangiato una nursery per Scorpius e pagato una Medimaga per occuparsi di lui.
L’ha guardato solamente una volta e, segretamente, ne ha avuto paura: in quegli occhietti ancora ciechi, ancora incolori, per un momento Draco vi ha visto il riflesso di sua moglie.
Si è occupato del funerale per inerzia – come si aspettava, non aveva molte persone a cui comunicarlo: la maledizione del sangue ha fatto strage della famiglia Greengrass e, quando solamente George Weasley s’è presentato tra i Malfoy, Draco ha sospirato pesantemente.
Non che s’aspettasse Ginny: ha imparato ad avere zero aspettative, su di lei, e la sua assenza fa comunque meno male della presenza silenziosa di suo fratello – George Weasley ha aspettato la fine della cerimonia, per avvicinarsi alla lapide e sfiorarne la foto con la punta delle dita. È chiaro che vi sareste meritati di più tutti e due, sussurra, ma non sempre quest’esistenza è nota per la giustizia.
Draco l’ha ringraziato per essere venuto, George ha chinato il capo e gli ha detto: avrei preferito saperla viva, felice, anche con te, perfino con te. Era tutto quel che mi rimaneva di Fred, l’unica che avesse qualche ricordo di lui da regalarmi, e adesso?
Draco vorrebbe piangere, ma sente che i suoi occhi non gli abbuonerebbero nemmeno una lacrima – George scuote il capo e si scioglie in una giornata di sole (non lo riesce a vedere, ma forse lui sta piangendo).
Si stupisce, ancora di più rispetto a quando ha intravisto George Weasley sussurrare qualcosa alla fotografia di sua moglie, quando Ginny bussa alla sua porta dieci giorni dopo: la trova con i capelli scarmigliati e le mani che tremano e, quando le apre la porta, lei fa un passo indietro, socchiudendo gli occhi come se vi fosse troppa luce.
«Ciao».
«Ciao» sussurra Draco, facendole cenno di entrare. «Non mi aspettavo di trovarti qui: scusami per il disordine, ma…».
Si ferma lì – non ha alcuna scusa da fornirle ed è grato, lo è per davvero, quando il pianto del piccolo Scorpius squarcia l’aria: non si muove per andare a prenderlo, attendendo i passi della Medimaga e il rumore gorgogliante della risata dell’infante.
«Come stai?» domanda Ginny, a disagio. «Pensavo che saresti tornato a lavoro, ma non l’hai ancora fatto».
Lui scrolla le spalle – sono dieci giorni che dimentica di radersi e, ormai, ha quell’aria di trasandata disperazione che gli scolla i lineamenti dal viso, deformandoli.
«Mia moglie è morta» commenta, atono. «Mia moglie è morta e io ho un figlio che non so come fare a crescere e…».
Lei sospira, è chiaro – il rimpianto se lo sta mangiando vivo e, all’alba di quell’undicesimo insensato giorno, Draco Malfoy sta ancora cercando i pezzi: la conclusione di quella favola infranta che era sua moglie, una giustificazione, qualcosa che lo assolva (quantomeno per sé stesso).
«Mi dispiace» sussurra Ginny, amara. «Ma sapevi che sarebbe successo, che era questione di tempo e… tuo figlio ha bisogno di te, Malfoy, più di quanto non ne abbia mai avuto bisogno tua moglie».
Lui sa che lei, sebbene più affilata del necessario, ha ragione – che Scorpius piange alla mattina quando si sveglia e cerca la mamma, ma non è mamma e nemmeno papà che lo sollevano adagio dalla culla, per permettergli di osservare il carillon che gli penzola di sopra.
«Ci ha già pensato tuo fratello, a offrirmi il suo aiuto».
Non lo faccio per te, ha commentato George Weasley nell’unica lettera che un Weasley abbia mai scritto a un Malfoy, ma per lei: forse tu non l’amavi nemmeno un po’, ma io lo so che questo bambino deve averlo voluta con tutta sé stessa. Draco gli ha risposto grazie, con quella consapevolezza che gli scolava tra i denti, me non ha detto né sì né no.
«Non ti sto offrendo il mio aiuto» commenta lei, calma. «Ti sto dicendo che lo avrai, a prescindere: forse non possiamo lavarci la coscienza, ma hai un figlio che ha bisogno di te, okay? Non lo puoi abbandonare».
Draco sospira, sopprime l’istinto di attirarla a sé (e morderla, stracciarla, farle male) e soffocare quelle parole, che comunque fanno meno male della consapevolezza del fatto che Ginny Potter abbia insospettabilmente ragione.
«Io…».
«Tua moglie ha avuto la fine della sua favola, molto tempo prima che arrivassi tu» commenta Ginny, quieta. «Non puoi santificarla solamente perché…».
È morta prima di te – lui stringe le labbra, vorrebbe domandarle in che punto del proprio matrimonio ha cominciato a sviluppare tutto quel cinismo. Ma Ginny sospira, lo prende per mano e lo tira verso le viscere dell’appartamento.
Draco la segue, quasi inerzialmente, inciampando sui suoi passi – lei lo tira verso suo figlio, un futuro, ma c’è Astoria che prende polvere nelle foto del matrimonio e sorride, nel loro primo ballo insieme: è la fine delle favole, Draco, prendila per quel che è.

 
Passo di volata a ringraziarvi per le recensioni, appena starò meglio (per chi non mi segue su IG e Facebook: non dormo da un numero indecente di giorni), risponderò con calma.
Grazie per avermi letta,
Gaia

1Ragazzo da parete
   
 
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