Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: J Stark    17/12/2021    1 recensioni
Cosa succederebbe se inaspettatamente ti ritrovassi nel mondo dell'Attacco dei Giganti? Conoscendo la storia agiresti per cambiare gli eventi o lasceresti che facciano il loro corso? Assisteresti da spettatrice/spettatore alla morte dei tanti personaggi o cercheresti a tutti i costi di salvarli?
Ti invito a scoprirlo unendoti all'avventura di Carol, la protagonista di questa storia.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Carol scelse un alto campanile nel proprio raggio d’azione, premette i grilletti dando di gas ed i rampini si ancorarono subito alla ruvida pietra dell’edificio. Da lì iniziò a librarsi tra le case deserte di quella città fantasma in cui si era trasformato il distretto di Shiganshina.
Tutti gli estenuanti allenamenti con Levi avevano dato i loro frutti, si muoveva rapida e sinuosa quasi come una veterana della Legione.
 
Giunta in prossimità del cancello esterno notò i soldati fermi in mezzo ad una piccola piazza, virò prontamente e li raggiunse atterrando vicino a loro.

Reiner era seduto a terra con un aspetto parecchio malconcio, gli arti ancora impegnati in una lenta rigenerazione a giudicare dai tenui aliti di vapore che si levavano dai moncherini. Per precauzione era stato legato alla base di una statua di marmo con un doppio e saldo giro di funi che si stringevano attorno al suo torace bloccandogli le braccia.

Sembrava che effettivamente almeno quella parte del piano stesse procedendo bene.

Hange era inginocchiata di fronte a lui, intenta a cercare di strappargli qualche informazione. Carol vide che Eren stava in disparte a capo chino e con i pugni serrati. Per via delle ciocche castane che ne oscuravano il volto, non seppe dire se in quel momento il ragazzo titano stesse piangendo oppure fremesse di rabbia.
O forse entrambi i sentimenti stavano imperversando dentro di lui.
I membri delle altre squadre erano invece posizionati in punti strategici della piazza pronti a fronteggiare ogni possibile evenienza.

«Te lo chiedo ancora una volta Reiner» gli intimò Hange ed il suo tono tagliente e severo, ben diverso dal solito atteggiamento amichevole, metteva quasi paura «qual è il vostro scopo?»

Il Guerriero sollevò il capo incontrando gli occhi di Carol che proprio in quel momento si era avvicinata a quel singolare capannello.

La ragazza giurò di avere intravisto una scintilla di curiosità mista a sollievo attraversare fulminea lo sguardo di Reiner.

«Voglio parlare con lei, da solo» proferì lapidario indicando la bionda con un cenno della testa.

La Caposquadra e gli altri si voltarono ad osservare Carol alquanto perplessi, solo Armin rimase impassibile a quella scena, limitandosi a guardarla di sottecchi con diffidenza. Evidentemente la riteneva una traditrice e lei non poteva biasimarlo, chiunque non conoscendo la verità si sarebbe insospettito.

«Tranquilla Hange, non ho paura di rimanere sola con lui» affermò la giovane mostrando il palmo della mano destra per placare gli animi «Armin, nel frattempo aggiornali su quanto è successo sulle mura per favore» aggiunse poi rivolta al ragazzino.

Lui le rispose con un cenno di assenso e la Caposquadra li squadrò entrambi, confusa sul da farsi ed insospettita dall’inconsueta freddezza che era calata tra i due compagni.

«D'accordo acconsento al colloquio, ma tu prova a fare qualche passo falso Braun e ti staccheremo anche la testa. É tutto tuo, Carol» si espresse infine la donna, dirigendosi insieme a Moblit e al resto del gruppo sotto il colonnato di quello che probabilmente era un tempo il municipio del distretto.

Quando furono fuori portata d'orecchi, Reiner si decise a parlare.

«Da dove vieni? Non ti ho mai vista quando ero nel Corpo di Ricerca…eppure non puoi essere una recluta, sei più vecchia di me»

«Che tatto, mi ricordi qualcuno. Diciamo che come te non sono di questa terra» rispose indispettita Carol, martoriando distrattamente una zolla di terreno con la punta della spada.

«Quelle cose che mi hai detto...» proseguì esitante il ragazzo «come facevi a sapere della mia famiglia? Io non ne ho fatto parola con i miei compagni di corso, e non puoi avere ottenuto quelle informazioni da Annie o Berthold se non li hai mai incontrati»

La bionda era incerta su come comportarsi, pensò che forse avrebbe potuto fingersi una compatriota per tenere a bada Reiner. Ma la situazione era decisamente troppo delicata per macchinare un doppio gioco che non era affatto certa di riuscire a gestire. Non avrebbe fatto altro che incrementare i sospetti di Armin e degli altri commilitoni finendo col perderne la fiducia, rischiando di mettere in pericolo la riuscita del piano.
E non poteva permettersi di rimanere senza alleati in quel mondo.

«Ho le miei fonti, Eldiano» disse infine, decidendo di rimanere sul vago e studiando la reazione del Guerriero con la coda dell’occhio.

Lui fremette sentendosi chiamare in quel modo.

«Sei dalla nostra parte quindi?»

«Non ci sono parti da prendere, non ci sono demoni da uccidere. Non è uno scontro tra buoni e cattivi ma tra disperati. Mi rifiuto di credere che il tuo animo ti stia dicendo di sterminare gli amici, questa è una cazzata che continui a raccontare a te stesso. Quale spiegazione attribuisci ai tuoi misteriosi vuoti di memoria, se non il fatto che siano l’unico modo che ti rimane per sfuggire al senso di colpa?» gli inveì contro Carol, nell’illusorio tentativo di fare nuovamente appello all'affetto che Reiner provava per i suoi vecchi compagni.

Il ragazzo abbassò lo sguardo a terra sorridendo amaramente.

«Non importa quello che dice il cuore, un guerriero deve portare a termine il compito assegnatogli, non c'è un'altra strada. In questo io non ho possibilità di scelta»

Carol si sentì ribollire il sangue nelle vene, lui era uno dei suoi personaggi preferiti ma in quel momento voleva solo prenderlo a cazzotti fino a farlo rinsavire.

«E per chi lo stai facendo dimmi» scattò rabbiosa «per il padre che ti ha rifiutato senza troppi complimenti prima che partissi per Paradis? O per salvare il culo ai Marleyani che vi disprezzano e per i quali non siete altro che feccia da rinchiudere nel ghetto? Davvero pensi ancora che i tuoi amici siano i terribili demoni di cui ti hanno tanto parlato durante l'addestramento in patria? Apri gli occhi, Reiner, tutto questo è sbagliato»

Lui non rispose, forse impegnato a riflettere sulle accuse che gli erano state mosse.

Chissà se in quell'istante nella mente del giovane soldato si stavano fronteggiando le due personalità in cui il suo animo provato si era irrimediabilmente scisso. Forse c’era ancora speranza di farlo ragionare, di bypassare l’intrico di sinapsi che le tante scelte prese controvoglia avevano cortocircuitato.

«Non capisco quali siano le tue intenzioni, né come tu conosca tutti questi particolari» sentenziò Reiner sostenendo lo sguardo di Carol con gelida fermezza «ma se ci ostacoli, ammazzeremo anche te insieme a tutti questi discendenti del demonio»

Il Guerriero devoto alla causa, alla disperata ricerca di quell’approvazione che la sua terra natia non gli avrebbe mai concesso, aveva quindi avuto la meglio.

«Così sia allora» asserì l’altra rassegnata «ma ricordati che il fatto che tu sia un Marleyano onorario non toglie che nelle tue vene scorra lo stesso sangue di quelli che tu chiami demoni. Non importa se tu ti consideri diverso da loro… per tutto il mondo porterai sempre al braccio la fascia da Eldiano e come tale sei solo carne da macello, un nemico da abbattere. Si sbarazzeranno di te senza troppi complimenti quando cesserai di essere utile e nessuno ti ringrazierà per i tuoi sacrifici, continueranno ad odiarti come hanno sempre fatto»

E senza attendere una risposta si avviò verso il resto della squadra, abbandonando la speranza che il suo discorso facesse breccia nel cuore del soldato.

Quello che Carol non vide fu però l’unica, piccola lacrima che scese veloce lungo la guancia di Reiner, concludendo la propria corsa sul freddo basamento della statua.

«Sei riuscita a scoprire qualcosa?» le domandò Hange quando si fu riunita al gruppo.

La bionda fece spallucce «Solo che è determinato ad ucciderci tutti»

«Bah, è inutile cercare di ragionarci. Vado ad aggiornare Grime, voi aspettatemi qui»

La Caposquadra era visibilmente irritata e d'altronde non le si poteva dare torto.
C'erano già stati molti spargimenti di sangue ed evitarne ulteriori con un confronto pacifico era ciò che si auguravano tutti.

«Hange ci ha spiegato la tua situazione» parlò improvvisamente Armin, non con il fare distaccato di prima ma con riguardoso rispetto, come se si sentisse in colpa «non…non sapevamo che fossi un membro delle squadre speciali, è naturale che voi abbiate accesso ad informazioni che a noi soldati semplici sono precluse. Ti chiedo scusa per aver dubitato della tua lealtà»

“Giusto, Hange deve aver raccontato loro la scusa ideata da Erwin” rammentò Carol ringraziando mentalmente la lungimiranza della bruna.

«Non preoccuparti Armin, anzi hai fatto bene a non abbassare la guardia. Solitamente lavoriamo nelle retrovie e poco sul campo come fate invece voi. Questa è la mia prima missione da operativa ed è tutto nuovo anche per me» lo rassicurò lei assestandogli una leggera pacca sulla spalla.

Un lamento molto famigliare fece virare la conversazione su tutt’altro argomento.

«Che fame, non mangio da ore» piagnucolò Sasha stringendosi l’addome con fare tragico.

«Sei sempre la solita, come fai a pensare al cibo in una situazione simile?!» la rimbeccò Connie dando così il via ad uno dei loro interminabili battibecchi.

Carol si accorse che Jean, appoggiato ad una colonna dell’edificio, era silenzioso e sembrava assorto nei propri pensieri.

Seguendone la traiettoria dello sguardo capì che stava studiando Eren e Mikasa intenti a parlare con Reiner.

Quella piccola riunione era passata inosservata al resto del gruppo e nessuno, ad eccezione appunto di Jean, si era accorto che i due amici si erano accostati al loro vecchio compagno d'armi.

I tre erano troppo distanti per capire cosa si stessero dicendo, ma la tensione che traspariva dalla postura rigida e dal gesticolare agitato di Eren suggerivano quanto i toni fossero tutt’altro che amichevoli.
Proprio mentre Jean cercava di zittire Connie e Sasha in modo da poter udire quel dialogo, Eren esplose attirando l’attenzione di tutti.

«Come sarebbe che non hai nulla da dire?! Mia mamma è morta per colpa tua brutto bastardo! Hai idea di quanta sofferenza hai causato?» Il ragazzo titano iniziò a colpire l’ex commilitone in preda ad una cieca furia, scansando malamente Mikasa che era subito intervenuta per fermarlo.

«IO UCCIDERÓ OGNUNO DI VOI! E GIURO CHE MI RIPRENDERÓ TUTTO QUELLO CHE MI AVETE SOTTRATTO!» la voce del moro riecheggiò tra le rovine, rotta dal dolore e animata dal desiderio di vendetta.

Il Guerriero sembrava non reagire a quelle provocazioni, ma un piccolo particolare fece intuire a Carol il motivo di tale passività.

Le sembrò infatti che il vapore emanato dalle sue ferite si fosse fatto più intenso da quando Eren si era avventato su di lui.

Poi capì.

Reiner fino a quel momento aveva moderato a proprio piacimento il processo di guarigione, riuscendo ad ingannarli.

«Eren, Mikasa! Allontanatevi subito da lui!» gridò la giovane a pieni polmoni, ma in una frazione di secondo il boato prodotto dalla trasformazione del Corazzato squarciò la piazza, investendo tutti loro con un potente contraccolpo.

Carol si sentì scagliare con forza sotto al porticato del municipio e quasi perse i sensi per il violento impatto contro la parete.

“Dannazione Eren, proprio ora dovevi metterti a discutere” inveì tra sé mentre un dolore lancinante quanto una pugnalata le attraversò il fianco, impedendole di rialzarsi nell’immediato.

Si guardò intorno e vide Armin altrettanto in difficoltà a terra a pochi metri da lei.

«Armin…s-stai bene?» gli chiese preoccupata trascinandosi carponi verso di lui.

«S-Sì più o meno» rispose il ragazzino massaggiandosi il capo, palesemente sofferente.

Il polverone che ancora appestava l’aria la fece tossire e quando iniziò a diradarsi vide di fronte a sé Reiner ed Eren che si affrontavano nelle forme dei rispettivi giganti.
Ecco il motivo di un’esplosione così massiva, anche Eren si era trasformato simultaneamente.

Ancora frastornata dalla botta Carol convenne di non poter rimanere in quel luogo. La sua presenza sarebbe infatti stata solo un peso durante il combattimento che sarebbe seguito, comportando un maggior rischio per la propria vita e per quella degli altri soldati.

«Ascoltami bene Armin, non c’è tempo da perdere. Usate Eren come diversivo per tenere Reiner lontano dalle mura e poi sferrate un attacco a sorpresa con le lance fulmine. Dovete assolutamente impedirgli di chiamare Berthold, estraetelo nuovamente dal corpo del Corazzato il prima possibile. E non fatevi intenerire dal fatto che è stato un vostro compagno, perché lui non avrà pietà per voi» disse mentre si rimetteva faticosamente in piedi, nella speranza che le poche informazioni che poteva fornire fossero di aiuto.

«Ma… tu che farai?» domandò lui disorientato, non capendo il motivo che la spingesse a non includere sé stessa nel piano.

La giovane abbassò lo sguardo costernata, con le lacrime che iniziavano ad appannarle il campo visivo.

«Io… non sono in grado di aiutarvi in un combattimento simile…vi sarei solo di peso. Sono inutile»

«Tu mi hai salvato Carol, se non fosse stato per te Reiner mi avrebbe ucciso»

Lei alzò la testa sbalordita ed un’illuminazione la folgorò nell’esatto istante in cui i propri occhi incontrarono il limpido azzurro di quelli di Armin.

La gratitudine che vide brillare in essi, invece di rincuorarla la mise ancora più a disagio.

Ne aveva impedito la morte per mano di Reiner, era vero, ma l’aveva condannato ad un’agonia ancora peggiore.

Ormai era infatti chiaro che persino quella parte dell’operazione fosse ormai da considerarsi fallita e ciò significava che il Colossale avrebbe presto fatto la sua comparsa, rendendo vana la possibilità di prenderlo in ostaggio insieme al Corazzato.
Nell’anime Armin aveva già tentato di negoziare pacificamente con Berthold, ma ogni sforzo era stato vano tanto che nemmeno Mikasa era riuscita ad immobilizzarlo.
Non c’era modo di evitare la catastrofe che avrebbe seguito la venuta di Berthold. La loro finestra di opportunità era svanita nel momento in cui il Guerriero era riuscito a ritrasformarsi, annullando così quel prezioso vantaggio.
Carol dovette riconoscere che l’eventualità che si verificasse la disfatta di Shiganshina si stava facendo più concreta che mai, rendendo necessario salvaguardare le linee narrative di coloro che erano fondamentali per gli eventi futuri.

E più si soffermava su quel particolare, più capiva di non poter più modificare la parte della storia che riguardava Armin.

Benché l’ultimo capitolo del manga non fosse ancora stato pubblicato, nei precedenti il biondino grazie alla sua intelligenza aveva già grandemente contribuito alla causa. E ciò suggeriva il ruolo chiave che avrebbe sicuramente rivestito nella risoluzione della trama e nel contrastare Eren.

Armin doveva sopravvivere e doveva ereditare il Colossale.

E per fare questo rimanevano ora due possibili vie.

Lasciare che tutto procedesse secondo la storia originale, pur non essendoci la certezza che effettivamente ciò venisse rispettato, date le discrepanze temporali e narrative che Carol aveva riscontrato.

Oppure, come era il suo obiettivo fin dall’inizio, impedire la morte di Erwin garantendo così la salvezza del ragazzino tramite il siero.
Questa seconda opzione avrebbe risparmiato a Levi ed Arlert il bruciante senso di colpa per aver decretato la fine del proprio Comandante, permettendo inoltre all’umanità di poter ancora contare sulle preziose abilità di Smith.

Comunque la si volesse vedere l’inferno di Shiganshina avrebbe inghiottito l’esile corpo di Armin, carbonizzandolo senza pietà.

L’unica cosa che poteva fare era aggrapparsi alla speranza che dall’altra parte della città Erwin e Levi avessero ribaltato gli eventi, ma doveva verificarlo di persona. 

«Armin, ti ricordi cosa ti ho detto quel giorno sotto l’acero?»

Lui la guardò un po’ confuso, non capendo come quell’aneddoto potesse essere rilevante in un momento del genere, tuttavia le rispose affermativamente scuotendo il capo.

Entrambi percepirono l’atmosfera acquisire una certa solennità.

«Sii coraggioso» lo spronò Carol fissandolo dritto negli occhi «e salvali tutti»

Poi si fiondò verso la parte opposta della piazza per fare ritorno al cancello interno, spingendo al limite le proprie gambe e cercando di ignorare il frastuono prodotto dai due giganti alle proprie spalle, così come l’odore di morte che già le inondava le narici.
 
   
 
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