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Autore: drisinil    22/12/2021    6 recensioni
[KageHina]
«Hai mai fatto una partita sotto la neve?» chiede Shoyo, senza smettere di fissare il cielo. I fiocchi gli colpiscono gli zigomi, la fronte, le labbra e si sciolgono a contatto col suo calore, lasciando tracce umide, che rifletttono la luce.
Tobio chiude gli occhi. «Ma quanto sei stupido? No! Ti pare possibile giocare a pallavolo in esterno con la neve?»
«Facciamolo!» esclama Shoyo, per tutta risposta, rosso in viso, eccitato.
Le fiamme gli danzano negli occhi, tutto in lui è sorriso.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Il corpo di Kageyama Tobio, nel pieno dell’adolescenza, è un modello di perfezione fisica. Manutenuto con scrupolo, allenato con dedizione, è lo strumento atletico al servizio di un talento in crescita e di ambizioni sconfinate. 
Alle sei del mattino, ogni giorno, condizionato da anni di abitudine, quel corpo si risveglia. Torna alla coscienza in un attimo, senza ombre, senza dubbi, senza alcuna indulgenza alle terre del sogno.
La prima cosa che Tobio vede quel mattino, quando i suoi occhi si aprono, è uno strato di neve ghiacciata, accumulato sul davanzale della finestra.
La seconda cosa che vede sono le onde rosse dei capelli di Shoyou, come un fiore di fuoco sbocciato dal cuscino.
Solo dopo, molti secondi dopo, il resto della realtà si incastra nei suoi angusti contorni: l’odore di sudore, i respiri di tutti gli altri nella stanza, uno spiffero ghiacciato che arriva dalla porta. Dormono tutti.
Shoyou si è scoperto, come al solito: le spalle e le braccia sono esposte e un piede nudo sbuca dal fondo del futon. Perfino nel sonno deve bruciare energie e fare lo scemo. Tobio gli rimbocca la coperta sbuffando. Con questo freddo, il cretino si prenderà un altro febbrone.
«Grazie» sussurra Hinata, senza voltarsi. La voce è ancora impastata di sonno.
«Hinata Boke! Lo sai cosa penso degli idioti che non sanno badare a se stessi.»
Shouyou è troppo addormentato per raccogliere la provocazione. «Sono già le sei?»
«Mn» Tobio non ha bisogno di guardare l’orologio, non è mai successo che il suo corpo si sbagliasse.
«Andiamo a correre?» Praticamente, sta ancora dormendo.
«E’ presto, fra ancora troppo freddo. Fra mezz’ora ci prepariamo e poi usciamo mentre gli altri si svegliano.»
«Okay. Che dici? Oggi proviamo ad arrivare oltre il bosco? Ieri c’eravamo quasi.»
«Non so quanto è alta la neve. Meglio se oggi andiamo giù, verso le case.»
«Neve?» Shoyou apre gli occhi e se li strofina. «Wow!» sbadiglia.
«Non ti esaltare. Tanto vinco io. Anche con la neve.»
«Neanche per sogno!» Shoyou si gira di scatto, i suoi occhi fiammeggiano di sfida.
Tobio sopprime un sorriso a favore di un’espressione scocciata «Shhhh!» sibila con l’indice sulle labbra, indicando Ennoshita e Tanaka, sui futon di fronte ai loro. 
«Ti devo dire una cosa. Vieni più in qua!» ordina il Re, in un sussurro perentorio.
Shoyou si avvicina di qualche centimetro. 
E’ un alito tiepido d’estate, appena quel che basta per sentirlo sulla pelle, ma non abbastanza per scaldarsi. Tobio vive nella continua frustrazione di trovarsi sempre sul limitare di un raggio di sole e non fare mai il passo che serve per lasciarsi il buio alle spalle.
«Più vicino! Che c’è, puzzo?»

“E che odore ha la vittoria, Boke?”
“Il tuo.”

«Sì! Baka! Dimmi cosa vuoi e falla finita!»
Kageyama non è noto per la sua pazienza, afferra il futon di Hinata e lo strattona con decisione verso di sé, finché le fiamme non lo lambiscono e l’odore di sole e di zucchero arriva al cervello, a placare un’astinenza poco sana, che riesce a soddisfare pienamente solo in campo.
«Non devi più allenarti tutto quel tempo con Kozume» bisbiglia il Re contrariato.
«Perché no?»
«Perché Kozume è un diavolo. Ti sta studiando e tu nemmeno te ne accorgi. Il Nekoma quest’anno è più affrontabile, senza Yaku e Kuroo, ma il russo fa un po’ meno schifo di prima, ed è sempre alto due metri, e quel primino che fa i flottanti in salto non è per niente male. Non voglio che gli dai dei vantaggi facili.»
«Tu sei pazzo. Kenma è mio amico, mi fa un favore ad allenarsi con me.»
Un favore.   «Vuoi delle alzate? Vieni da me. Quando mai ti ho detto di no?»

“Alzerai ancora per me?”
“Alzerei per te anche se la palla fosse di marmo”

«Baka! Proprio non capisci?»
«Cosa?»
«Che non posso allenarmi sempre con te.»
«Certo che puoi. Devi!»
«Quello che devo fare è recuperare» sussurra Shoyou, duro. «Sua Maestà è stufo di aspettarmi.» I suoi occhi crepitano, seminando scintille. Non si capisce cosa ci sia dentro, che li fa bruciare in quel modo. E da così vicino è troppo. Tobio abbassa le palpebre ed espira sonoramente.
«Lo vedi come sei?» prosegue Hinata. La detesta quell’espressione seccata, in cui si concentra l’insofferenza per tutte le sue mancanze.
Stupido. Abbacinato. Bugiardo. Nudo, come tutti i Re. «Come sono?»  
«Prepotente» sbuffa Shoyo. «Scorbutico.» E sporge le braccia per dargli una spinta.
Tobio gli afferra i polsi e li respinge indietro con un gesto secco. «Boke, quello che dici ha anche meno senso del solito. Non voglio che ti alleni con Kozume. Punto.»
«Non me ne frega niente di quello che vuoi tu» mente Hinata, la cui esistenza, praticamente, ruota intorno a tre istanze fondamentali: la pallavolo, la rivalità con Kageyama Tobio e l’approvazione del medesimo Kageyama Tobio. A pensarci, sono un po’ tutte e tre la stessa cosa, mescolate e confuse, ma potentissime.
«Non volevo litigare, oggi» sospira Hinata, alzandosi a sedere.
«Dove vai?»
«Al bagno. Me la sto facendo sotto. Vestiti, dai, che andiamo a correre.»
Si cambiano in silenzio. Sono esperti nel farlo. E’ la norma che si alzino prima degli altri e smettano di allenarsi per ultimi.
Sono mesi che Kageyama ha smesso di distogliere lo sguardo dal corpo nudo di Hinata. Ora lo guarda. Lo guarda più di quel che dovrebbe ed è bravo a non farsi notare. Più di tutto gli piace la sua schiena, le lentiggini sparse sul collo, il solco della spina dorsale quando alza le braccia, il rilievo appena accennato dei muscoli intorno alle scapole, una fossetta asimmetrica, a destra, dove inizia l’elastico dei boxer. E’ un corpo nevrile e atletico, ancora nel limbo dell’adolescenza. Un corpo leggero, compatto e potente, fatto apposta per la pallavolo, per librarsi a mezz’aria e colpire. Un corpo perfetto. Che Tobio vorrebbe toccare.

“Passami quel tubetto, hai un livido viola enorme qui.”
“Lascia, faccio da solo”
“Boke, non discutere! Mica hai gli occhi sulla schiena!”

La neve non è molto alta, ma c’è un freddo secco che entra nelle ossa. Tobio valuta la situazione dal cancello del complesso del Fukurodani.
«Mettiti un cappello, Boke.»
«Sembro mio nonno, col cappello!»
«Credi di essere bello, senza?»
Shoyou sorride radioso, ammiccando con le sopracciglia. «Tokyo è piena di ragazze sofisticate a cui piacciono gli atleti.»
«Magari quelli più alti di un metro e un barattolo.»
Parte un calcio, che Tobio schiva con un ghigno.
«Ripetilo se hai il coraggio, Baka!»
Tobio si fruga in tasca e poi sbatte qualcosa di morbido sulla faccia di Shoyou. E’ un cappello di lana color panna, spesso e caldo. «Mettitelo!»
Shoyou lo osserva, rigirandoselo fra le mani. Gli si legge in faccia che gli piace. «Ma è il tuo? Mi pare troppo carino per essere il tuo.»
Tobio lo ha scelto insieme a Miwa (che non ha smesso di ridacchiare neanche un secondo) in un negozio di Sendai dove tutto è assurdamente costoso, ma questo non c’è bisogno che Shoyou lo sappia. 
«Certo che parli un sacco… » brontola Tobio. Strappa il cappello dalle mani di Hinata e glielo calca in testa. Il contrasto fra la lana bianca e il rosso dei capelli è esattamente come se lo era immaginato: incandescente. Se resta così vicino, si brucerà. Quindi si volta e inizia a correre: «Dai muoviti!»
E’ sempre Kageyama che decide il percorso. Sempre. Anche le volte che hanno dormito a casa di Hinata e hanno corso al mattino intorno a casa sua.  
E’ fatto così il loro rapporto: una serie di certezze scolpite nella pietra dei loro diciassette anni, immotivate e rassicuranti, che iniziano sul campo di gioco e finiscono nei futon affiancati, nelle chiacchiere sussurrate, nelle parole che nascondono altre parole, nei loro mondi onirici privati, che si sfiorano in più punti senza che debbano dirselo.

“Kageyama! Sai che stanotte ti ho sognato?”
“Ah sì? E che facevamo?”
“Vincevamo.”

Di esplicito, c’è ben poco. Ma restano affiancati, e sempre più vicini. Come quando corrono, a ritmo sostenuto e identico. Perché la gara e la competizione non devono mancare, ma sono relegate all'ultimo chilometro, allo strappo finale del ritorno.
Tobio sceglie di scendere nel quartiere residenziale, evitando il bosco. Con la neve, gli sembra più prudente. 
Le suole scricchiolano sulla neve ghiacciata a ogni battuta, i respiri diventano nuvole bianche, che non reggono il ritmo e restano indietro.
«Sai Kags, ieri è stato fantastico» dice Shyou, pensieroso.
Kags è come può chiamarlo solo lui. E solo in privato. Privatissimo. Quando una volta gli è scappato davanti a Natsu, Tobio si è arrabbiato tanto che hanno litigato. Il risultato è stato che ora Natsu urla gioiosa "Kags" ogni volta che lo vede, e poi scappa per tutta la casa. Con Hinata - con gli Hinata, tutti e due - è così: le cose trascendono fuori dai loro giusti confini e diventano rumorose e colorate. Fastidiose. Fulgide. 
«Cosa, è stato fantastico? Il punto finale contro il Fukurodani, dici?»
«Sì.»
E’ stato impressionante . Tobio pensa che si ricorderà quell’azione tutta la vita. Una schiacciata da Olimpiadi. «Hai volato, Boke.»
Shoyo scuote la testa, allunga la falcata per saltare un tombino coperto di chiaccio. «Era la palla a essere perfetta. Ferma, immobile, proprio dove doveva essere. Giusta di altezza, giusta di posizione. Aspettava me. Come fai?»
«A fare cosa? Ad alzare? Che domanda è?»
«A sapere sempre cosa mi serve. Esattamente.»
«E’ chiaro, Boke. Io ti sento.» Ed è vero. Lo sente. Dentro. Forte e chiaro come una scarica elettrica. Un linguaggio che vibra nei movimenti anziché sulla lingua e contro il palato, ma è altrettanto preciso, altrettanto efficace. Forse più delle parole.
Hinata tace e allunga un po’ il passo, supera Kageyama e poi si volta, correndo all’indietro.
«Capisci perché non posso allenarmi sempre con te?»
«Eh? Voltati, dai, guarda avanti, invece di dire cretinate.»
«Sono serio!» Shoyo si volta un attimo per controllare che non ci siano ostacoli e poi torna a correre all’indietro.
«Sei scemo anche quando sei serio. Ieri è stato un punto spettacolare. La faccia che ha fatto il vecchio Nekomata era da incorniciare. E’ precisamente con me che ti devi allenare.»
Shoyou scuote il capo e si volta di nuovo, correndo in avanti. Resta un passo davanti a Tobio, perché preferisce non guardarlo in faccia.
«Kenma è bravo. Anche Akaashi-senpai. Ma non quanto te.»
Tobio sorride. «Lo so» commenta, soddisfatto.
«Significa che se non sei tu ad alzare per me, io non valgo niente» Shoyou lo dice di getto, saltando a piedi uniti sulla neve e poi correndo avanti.
«Non dire idiozie!» gli grida dietro Tobio e poi aumenta il passo, finché non lo raggiunge.
«Allora dai, coraggio, dimmi la verità: sono anch’io da nazionale under-19? Sono bravo come Hoshiumi?»

“Ma lo hai visto, quello?”
“Sei meglio di lui.”
“Non è vero!”
“E’ vero, se lo dico io.”

La risposta tarda ad arrivare. Hinata si lancia in avanti, alla massima potenza. E’ uno stormo in volo radente sull’asfalto, come se l’aria lo sostenesse e lo spingesse anziché ostacolarlo. Dietro di lui, impronte dimenticate, piccole e regolari in mezzo alla neve intatta del lungofiume.
Tobio sbuffa e inizia a fare sul serio anche lui. Gli ha dato parecchio vantaggio, non è scontato riprenderlo in fretta. Lo raggiunge in un parco pubblico, gli blocca il braccio in una morsa e lo ferma senza garbo. Hanno il fiatone entrambi, cosa che non succede quasi mai.
«Non sei ancora da nazionale, Boke» sputa fuori Kageyama, guardandolo dritto negli occhi.
La luce di Hinata trema, ma non si offusca. «Lo vedi?»
«No! Tu lo vedi? Lo vedi che chiunque abbia mai anche solo pensato di fare l’alzatore sbava dalla voglia di alzare per te? Ma come fai a non capirlo!»
Hinata ha sgranato gli occhi, enormi e ambrati, come una miscela di tè pregiato.
Tobio sbuffa e gli lascia andare il braccio, scrollandolo forte. «Miya dell’Inarizaki viene a vedere le tue partite! Te ne sei accorto? Te ne sei accorto che è venuto a Sendai alla finale contro il Dateko? Da Kobe fino a Sendai! Dio, quanto sei scemo! Pensi che venga per me?»
Shoyou non sa cosa dire. Miya lo ha visto, alla finale. Ma non gli è proprio venuto in mente che fosse lì per lui. Hanno parlato per mezzo minuto prima della partita, davanti alla macchinetta delle bibite. Ma si sono incontrati per caso. O no? Miya gli ha augurato buona fortuna. Gli ha anche offerto un succo di frutta, che però era alla pesca e quindi Shoyou lo ha tenuto per Tobio. “Dicevo sul serio, che prima o poi alzerò per te, non te lo dimenticare!”ha detto Miya, ammiccando, con quel sorriso un po’ sghembo che ha. Ma era così, tanto per dire. O no?
A Kags, non lo ha raccontato.
«Non voglio che ti alleni con Kozume. Non voglio che ti alleni con Miya. A Miya non ti ci devi neanche avvicinare!» sbotta Tobio risentito.
«Smettila!» gli grida Shoyou. «Mi alleno con chi mi pare! Hai capito? Non mi lascio tenere fermo da te! Mi allenerò con Kenma, con Akaashi-san e con tutti e due gli stramaledetti Miya. Mendicherò alzate da Shirabu e da Semi. E anche da Oikawa! Soprattutto da Oikawa!»
Tobio freme di collera, paonazzo. Le ultime parole hanno colpito durissimo.
Hinata prosegue, con i pugni stretti: «Non sono loro che devo stracciare! Io devo stracciare l’alzatore delle prossime Olimpiadi, il migliore del Giappone, come cavolo faccio se continuo ad allenarmici?» Lascia andare tutta l’aria che ha nei polmoni. «Baka! Rovini sempre tutto!» brontola, crollando su una panchina bagnata.
C’è una cosa, di Hinata, a cui Kageyama non si abituerà mai. Ed è la capacità di aggrovigliargli lo stomaco, di fargli provare cose. Indigestioni continue di emozioni.
«Un po’ con Kozume e un po’ con me?» propone a mezza voce, guardandolo dall’alto.
E’ un’offerta di pace chiarissima.
«Tieni!» borbotta Hinata, mettendogli una cosa in mano. Una cosa piccola, e gelida.
E’ un portachiavi a moschettone, a forma di maglia rossa della nazionale, con il numero 9. 
«Buon compleanno, Baka!» sbuffa Shoyou, seccato. «Te l’ho detto che non volevo litigare, oggi!»
Tobio lo guarda e lo maneggia come fosse fatto d’oro. «Dove l’hai preso?» Che Hinata sia sempre senza soldi, addirittura più di lui, è un dato di fatto.
Shoyou si stringe nelle spalle. «Con i punti del negozio online dove abbiamo comprato le ginocchiere e il cerotto.»
«Lo hai preso anche per te?»
«Mn» Shoyou annuisce.
«E che me ne faccio del numero 9? Muoviti, dammi il 10.»
«Ma è il mio!»
«Boke! Cos’è questo?» domanda, facendo dondolare il portachiavi davanti al naso di Hinata.
«Un portachiavi? Ma sei troppo scemo per capirlo?»
«E’ la maglia del Giappone. Ti pare che io sia stato chiamato dalla Nazionale?» Il tono di Tobio è ironico. Si è calmato. Sembra addirittura contento.
Hinata è perplesso, ma come sempre subisce gli umori del suo alzatore e anche lui si rasserena, in modo visibile, come se un banco di nuvole si spostassero dal sole.  «Che cavolo vai dicendo, Baka? Ti chiameranno e come!»
«Ma non è ancora successo. Facciamo che io tengo in ostaggio la tua maglia, e tu la mia. E te la ridò il giorno che ti metti addosso quella vera» propone, prendendo la mano di Hinata e infilandoci dentro il portachiavi. «Dai, coraggio, dammi il 10!»
«Ce l’ho nel borsone.»
«Allora me lo dai dopo.»
«Okay.» 
«Guai a te se ti perdi la mia maglia!» 
Shoyou si infila in tasca quel pezzetto di metallo e per qualche motivo si sente felice. Il sorriso trabocca da ogni parte, filtra dalle giunture del suo corpo, esplode dallo sguardo. Illumina l’inverno. Illumina il giorno.  A Tobio viene da ripararsi gli occhi con la mano.
Hinata si alza, afferra la giacca a vento di Kageyama, si solleva in punta di piedi e gli bacia le labbra. Una cosa che dura un secondo.
Non è nemmeno la prima volta che succede. Ogni tanto lo fa, senza preavviso, come fosse per caso. Ed è una faccenda fantastica. 
Anche se Tobio fa finta di niente. Anche se nessuno dei due sa cosa significhi esattamente. E forse non importa.
«Hai il sedere tutto bagnato, Boke!»
Hinata ride, tastandosi i pantaloni fradici. «Oggi vinco io!» urla, iniziando a correre.
«Neanche per sogno!» grida Tobio di rimando, prendendo subito il ritmo. E senza nessuna idea di dove stiano andando.
Si sono persi anche oggi, da qualche parte nella periferia della capitale. Ennoshita li ucciderà, quando mai riusciranno a trovarli.
E’ il compleanno migliore di sempre.

[Buon Compleanno Kags!]

 
   
 
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