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Autore: Marti Lestrange    25/12/2021    3 recensioni
piccola raccolta natalizia:
⭐︎ parte 1: Sirius Black, Walburga, Regulus e i Malandrini ;
⭐︎ parte 2: Andromeda e Narcissa, Ted, Teddy, Draco ;
⭐︎ parte 3: Teddy e Vic, Rose e Scorpius, Harry e Hermione
[ regalino di Natale partecipante all'iniziativa "Regali di inchiostro tra i tavoli del pub" indetta dal gruppo Facebook "L'angolo di Madama Rosmerta" ]
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Narcissa Malfoy, Sirius Black, Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Rose/Scorpius, Ted/Andromeda, Teddy/Victorie
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
- Questa storia fa parte della serie 'GENERATION WHY.'
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Quest’anno ho fatto un regalo cumulativo, perché il tempo è tiranno e non sono riuscita a fare altro, quindi beccatevelo così com’è: a Fede, Babina, Bessie, Sev, Eli, Ros, Franci e Fera, c’è un pizzico di qualcosa che amate, qui dentro, buon Natale ♥︎
 


 

snow flower — un altro buonissimo Natale

 

hey snow
it's coming today
what else should I prepare?
I'm ready to greet you, ok

 

when the world is full of white flowers
may our times be more special
when time is standing still may these flowers fall on your sad smile5

 

 


⭐︎ Grimmauld Place, Giorno di Natale, 1972 ;

 

“Reg?”

“Regulus?”

“Regulus Black!”

“Sono qui, non urlare.”

Sirius segue il suono della voce del fratello minore e lo trova seduto al tavolo della cucina. Sta facendo colazione e indossa una vestaglia verde bosco — abbinata ai suoi occhi, abbinata alla sua Casa. Sirius storce il naso, ma è già abbastanza arrabbiato per badare al colore di una vestaglia, ora. 

“Quindi?” Chiede Regulus sorseggiando il suo latte freddo.

“Il piatto con i biscotti è sparito.” 

Regulus aggrotta le sopracciglia. “Ah, sì?”

“Sì.” Sirius tiene le mani piantate sui fianchi e indossa ancora il pigiama. Nessuna vestaglia, per lui, però. Le trova ridicole, e gli sembra di assomigliare troppo a suo padre. Quella mattina si è alzato ed è corso in salotto per controllare che Babbo Natale avesse mangiato i biscotti e avesse bevuto il latte che gli aveva lasciato la sera prima. Convinto di trovare il piatto e il bicchiere vuoti, ha solo trovato il nulla, però. È sicuro che c’entri suo fratello. “Dove sta?”

Regulus scrolla le spalle. “Non lo so. Io non l’ho toccato. Non sapevo neanche—“

“Palle.”

Suo fratello assottiglia lo sguardo. “Attento alle parole. Mamma ti sgriderà.”

“Certo, perché tu glielo dirai. Lecca culo.” 

“Dove hai imparato queste parole rozze, fratello? Dai tuoi amici? Da Potter, magari?” 

Sirius fa un passo avanti. “Non parlare di James.”

“Oh, è il tuo fidanzato?” Chiede abbassando la voce e ridacchiando.

Sirius gli afferra un braccio e lo strattona leggermente. “Ho detto ‘sta zitto. E dimmi dove sono i biscotti. Li hai mangiati, vero?” Sposta gli occhi sul tavolo per la prima volta da quando è entrato in cucina: effettivamente, sul piano in legno grezzo sono posati un piatto di ceramica, lo stesso piatto di ceramica che ricorda aver afferrato dalla credenza la sera prima, e il bicchiere di latte, ora mezzo vuoto, dal quale Regulus stava bevendo fino a un istante prima. “Li hai mangiati…” 

Regulus si libera dalla sua stretta. “Li ho trovati sul tavolo. Non sapevo fossero tuoi…”

“Non erano miei,” lo accusa Sirius quasi gridando. “Li avevo lasciati per—“

“Basta con queste sciocchezze.” 

Si girano entrambi: Walburga Black è appena entrata in cucina veleggiando, vestita di velluto bordeaux, pronta per il grande pranzo di Natale. Si ferma e li osserva entrambi: nei suoi occhi brillano luci diverse, come se riuscisse a fissarli con diverse intenzioni nello stesso momento. Per Regulus c’è solo affetto, e indulgenza, e comprensione, sentimenti così rari in lei che Sirius pensa di averli solo sognati; per lui, invece, per lui c’è solo giudizio, rimprovero, disprezzo, persino. Lo guarda come se fosse un errore, una virgola mal messa in una frase ben congegnata che stona con tutto il resto. Lui rovina tutta la poesia. 

“Che sta succedendo qui?” 

Entrambi attaccano a parlare nello stesso momento. Sirius non sa nemmeno perché ci stia provando, sa già che parte battuto, parte sempre battuto, con sua madre. 

“Per Salazar, tacete! Tutti e due.” 

E loro tacciono. Sirius è senza fiato, e quando occhieggia suo fratello, nota che anche lui respira forte, e stringe le labbra in un pianto a stento trattenuto. Patetico. Stupido patetico. 

“Regulus, non potevi sapere, quando hai mangiato i biscotti,” inizia lei, e Sirius sa già come finirà. Finirà come tutte le altre volte in cui lui ha ragione e suo fratello torto: lui sarà nei guai e Regulus la passerà liscia. “Ora però va’ a cambiarti, gli zii e le cugine saranno qui tra poco e non voglio che ti trovino in vestaglia.” Regulus si alza, ma lei lo trattiene ancora un attimo per un polso. “Sirius,” aggiunge, voltandosi a guardarlo. Spazzatura: ecco cosa legge negli occhi di sua madre. Per lei, lui è solo spazzatura, indegna di sostare sotto il suo sacro tetto. Lo sa, eppure fa male ogni volta. Forse un giorno smetterà, forse un giorno Sirius capirà che va tutto bene, che qualcosa non ha funzionato, tra loro, e che lei non può più ferirlo. Ma non sa, non sa ancora quando. Lo desidera, però, desidera che quel giorno arrivi il più in fretta possibile. “Ho tolto io il piatto e il bicchiere, stamattina. Ieri sera non me ne sono accorta o avrei provveduto molto prima. Sono stufa di vederti indulgere in queste fesserie da bambinetto, intesi? Sei un Black, comportati da tale. Nonostante tu sia finito a Grifondoro,” e le sue labbra si incrinano in una smorfia, come se anche solo pronunciare quel nome sia motivo di ripugnanza, per lei; è forse è proprio così, “puoi ancora mantenere integra la tua dignità.”

“Ma—” tenta, e non sa nemmeno perché ci provi. 

“Niente ma. Sono stanca. E questa sarà una lunga giornata. Se non vuoi passare il tuo Natale chiuso nella tua stanza sarà meglio che tieni a bada la lingua.”

Sirius deglutisce. Annuisce. Sposta lo sguardo su Regulus, che se ne sta rannicchiato nell’incavo del braccio di Walburga come se abbia appena vinto il Campionato di Quidditch. Sirius vorrebbe prendergli a pugni la faccia, e forse dovrebbe. Forse passare il Natale nella sua stanza non sarebbe poi così male. Ma poi pensa ad Andromeda, che ad Hogwarts, l’ultimo giorno di scuola, lo ha avvicinato nei corridoi e gli ha sussurrato che non vedeva l’ora di passare il Natale con lui. Pensa a sua cugina e si morde la lingua, e stringe le mani lungo i fianchi. 

“Ah, Sirius, dimenticavo!” Walburga lo richiama mentre lui e Regulus sono sulle scale, diretti di sopra. Sirius si volta a guardare giù: sua madre è in piedi di fronte al primo gradino, e lo sta fissando. “Quando arrivano gli zii ti voglio sorridente. E dirai loro “buon Natale, caro zio e cara zia”. Sono stata chiara?”

Sirius annuisce. Stringe i pugni lungo i fianchi ma annuisce. Vorrebbe far esplodere Grimmauld Place lì così, come se fosse una casa di carte e lui ci stesse soffiando sopra, ma annuisce. Guarda sua madre e dentro di sé prova solo odio, puro e semplice e disarmante odio, ma annuisce.

 

Buon Natale

Certo, pensa. Buon Natale anche a te, Sirius.

 

🎄

 

⭐︎ Casa Potter, Giorno di Natale, 1975 ;

 

“Sveglia, stupido russone!” 

Sirius si sente scuotere. Qualcuno lo ha afferrato per la manica del pigiama, e lo sta tirando come se ne andasse della sua vita. Sirius affonda la faccia nel cuscino, grugnendo. Non vuole saperne. Qualsiasi cosa stia succedendo, non vuole saperne. 

“Allora i tuoi regali li apro io. E me li tengo, anche.”

Sirius scatta a sedere. Si scosta i capelli scuri troppo lunghi dalla fronte — il signor Potter si è offerto di tagliarglieli, ma la signora Potter ha sgridato il marito dicendogli che “Sirius sta bene così come sta, quei capelli gli donano” — e apre gli occhi. 

La stanza intorno a lui perde importanza. James è inquadrato nel vano della porta e indossa il pigiama. E sorride come se stesse per combinarne una delle sue. 

“James Potter,” lo chiama Sirius, la voce leggermente roca di sonno. “Che cazzo credi di fare, eh?”

James ride forte. “Vedo che le tue priorità sono ben chiare.” 

“E vedo che cerchi botte anche il giorno di Natale, tu.” Si alza dal letto e mette i piedi a terra, cercando le ciabatte. 

Il suo amico è appoggiato allo stipite della porta, e si sistema gli occhiali sul naso. Ha le guance rosse, forse per il gran ridere. Certo, adora farsi beffe di Sirius quando può. Raramente la fa franca, però, perché Sirius riesce sempre a fargliela pagare in qualche modo. 

“Ti stai divertendo un mondo, vedo.” 

Io?” Esclama, un dito a indicarsi il petto. “No no, affatto.” 

“Sei patetico, Potter, quasi quanto mio fratello.”

James ride ancora. “Dài, cretino. Andiamo di sotto, i pancakes sono pronti.” 

“Tua madre mi sta facendo ingrassare come un maiale. Assomiglierò ad Avery presto o tardi.” 

L’altro fischia. “Oh, amico, questa sì che sarebbe proprio una bella sventura.”

Scendono le scale fianco a fianco, ancora in pigiama, spintonandosi come se siano ancora due bambini piccoli e ci sia in palio una porzione extra di dolce. 

Euphemia Potter è in cucina, e il tavolo della colazione è apparecchiato come al solito, tranne che stamattina c’è il doppio del cibo. Letteralmente, i piatti traboccano di leccornie varie. 

“Oh, ragazzi, eccovi. Buon Natale anche a te, Sirius!” Esclama la donna, i capelli castani cotonati sulla testa e un allegro grembiule a scacchi. Ha gli occhi buoni, Euphemia. Gli occhi più buoni che Sirius abbia mai visto. È così diversa da sua madre. Piena di dignità, elegante, sempre gentile. Sgrida il figlio quando serve, ma poi sorride con indulgenza, anche lei preda inconsapevole (o forse no?) del suo fascino. “Sedete, forza.”

“Papà?” Chiede James, cominciando a riempirsi il piatto di salsicciotti. 

“Penso stia scendendo…” La donna lancia un’occhiata alle scale mentre due teiere piene di tè veleggiano sul tavolo e vanno a posarsi al suo centro. 

Sirius si serve una generosa porzione di pancakes e li annaffia con lo sciroppo. Non c’erano mai pancakes a Grimmauld Place, neanche a Natale o durante le altre festività. 

Un rumore di passi li riscuote. “Buon Natale!” Esclama Fleamont Potter entrando in cucina. Indossa una vestaglia rossa sopra il pigiama, ma non assomiglia per niente a Orion Black. Sorride da orecchio a orecchio. 

I signori Potter non sono giovanissimi, non giovani come la cerchia dei genitori Purosangue che Sirius frequentava (suo malgrado), e non così giovani da avere un figlio quindicenne, ma sono tra le persone migliore che conosca, più gentili e oneste e buone. Lo hanno accolto a casa loro quando non sapeva dove andare, e hanno continuato ad accoglierlo anche dopo, trattandolo come un figlio. Euphemia Potter lo ha ringraziato, il giorno in cui sono tornati a casa Potter per le vacanze, lo ha ringraziato senza che suo figlio la udisse, lo ha ringraziato per essere sempre un “buono, buonissimo amico” per James, che da piccolo, prima di entrare a Hogwarts e conoscere i suoi amici, era un bambino così chiuso in se stesso, e taciturno, che non faceva amicizia con altri facilmente, che non riusciva a legare in modo particolare con nessun coetaneo1. “Sai, fa così, si comporta da spavaldo, ma solo perché si auto-protegge,” gli ha sussurrato la donna chinandosi in avanti e stringendogli un braccio con delicatezza. “È sempre stato timido, il mio James.” Certo, immaginare James Potter timido non è stato facile, persino per Sirius che lo conosce meglio di chiunque altro, ma ovviamente non ha potuto dire nulla per contraddire Euphemia. In fondo, lui sa poco o nulla della vita del suo migliore amico prima di Hogwarts. James gli ha sempre detto che non c’era nulla da raccontare, e Sirius gli ha sempre creduto, troppo preso ad attaccare filippiche senza fine sulla sua famiglia problematica.

Fleamont è l’immagine del figlio, occhiali sul naso, occhi accesi e caldi, e ginocchia nodose. Solo che i suoi capelli sono tutti bianchi. Euphemia dev’essere un po’ più giovane di lui, invece. 

“Ci siamo tutti, possiamo dichiarare aperti i festeggiamenti,” dice la donna sedendosi a tavola. 

“Buon Natale, allora!” Esclama James battendo le mani.

“Buon Natale ancora.” Fleamont si aggiunge al coro. “Buon Natale, cara. Buon Natale, Jamie. E Buon Natale, Sirius. Lo so che non siamo la tua famiglia, e non vogliamo sostituirla, e tantomeno pensare che tu te la dimentichi, ma voglio che tu sappia che sei come a casa, qui.”

“Si, mio caro,” Euphemia interviene, sorridendogli. “Sei come un fratello, per Jamie, e sei come un figlio, per noi.”

Sirius è sopraffatto da tutte quelle parole, da tante e tali manifestazioni di affetto incondizionato. Sente di non aver fatto nulla per meritarselo, e un po’ si sente in colpa. Poi sente la stretta di James sotto il tavolo, le sue dita che gli strizzano un ginocchio amichevolmente. Gli sorride. 

“Buon Natale, Sirius.” I suoi occhi ridono. Sono sinceri. 

“Buon Natale a tutti voi.” 

 

🎄

 

⭐︎ Hammersmith1, Giorno di Natale, 1977 ;

 

Il suono del campanello lo riscuote. Sirius lascia ciò che sta facendo ai fornelli e, con due soli passi, è alla porta — letteralmente. I suoi amici sono tutti lì, stretti sul piccolo pianerottolo che, anche oggi, puzza di cavolo bollito. 

“Cazzo, pensavo vi foste persi.”

“La fa facile, lui,” commenta James entrando per primo dopo essersi scrollato la neve di dosso. Gli altri due si puliscono i piedi nel tappetino all’esterno, prima di entrare, molto più educati di lui. “Prendere i mezzi Babbani per noi maghi è un inferno. Tutte quelle linee… Mi è venuto il mal di mare.”

“Sirius se la cava con le cose Babbane, eppure è un mago anche lui, ricordi, James?” Interviene Remus, le mani in tasca. Sembra altissimo e ingombrante nella piccola cucina, tiene la testa china neanche abbia paura di sbatterla contro il soffitto. 

James alza gli occhi al cielo. 

“Scusa, spiegami una cosa,” Sirius risponde prima che il suo amico possa replicare. Lo sta minacciando con un mestolo di legno. James sembra sconvolto, passa lo sguardo da quell’attrezzo infernale all’amico. “Giochi a Quidditch, dove letteralmente fai di tutto: avvitamenti, giri della morte, e altre diavolerie alle quali non voglio pensare.” Sente Peter ridere sotto i baffi: sa già dove Sirius andrà a parare. “E ti lamenti per la metropolitana? Seriamente?” 

“Aveva la nausea,” sussurra Peter con fare cospiratorio. 

“Hey, Minus!” James esclama, cercando di assestargli una pacca sulla spalla, ma Peter è piccolo e agile e sguscia via, andando a sedersi sul bordo del letto di Sirius. Sorride a trentadue denti. “Da che parte stai tu, eh?”

“Dalla mia,” ridacchia Peter.

Sirius alza una mano e Peter gli da’ il cinque. Poi gli fa l’occhiolino. “Dicevamo. Ci avete messo tanto.” Torna in cucina e recupera un grembiule che si lega intorno alla vita. Intanto, James gli si avvicina e solleva un coperchio, curioso. Ne annusa il contenuto e fa una smorfia. “Sicuro che sia commestibile? Cos’è? Zampa di Erumpent in salsa agrodolce?” 

Sirius questa volta non lo minaccia con un mescolo, lo colpisce direttamente sull’avambraccio. James salta sù, protestando per il dolore. “Mi hai fatto male, stronzo.”

“Così impari a criticare la mia cucina. Erumpent o non Erumpent, è l’unica cosa che mangerete oggi, quindi vedete di stare buoni.”

“Non ho ancora capito perché siamo qui e non a casa mia. Mia madre smaniava dalla voglia di averci tutti lì per pranzo…”

“Sta’ buono, Jamie,” lo avverte Remus. 

“Sì, Jamie, ascolta Remus: sta’ buono,” ringhia Sirius. “O non avrai niente da mettere sotto i denti.”

“Oh, capirai. L’Erumpent sarà pure fibroso…” 

Continuano a battibeccare ancora, finché non si mettono a tavola, e davvero lo stufato che Sirius ha preparato (niente carne di Erumpent, però) non è mangiabile. La carne è dura e la salsa di accompagnamento insipida e collosa.

“Non dire ‘te l’avevo detto’, per cortesia,” comincia Remus dando una gomitata nelle costole a James. 

James alza le mani sopra la testa in segno di resa. “Ma se non stavo nemmeno fiatando.”

“Ti conosciamo,” commenta Peter. “E comunque non preoccuparti, Sirius,” aggiunge rivolto al padrone di casa. “Apprezziamo l’impegno.”

“Tu sì che sei un amico, Peter.” Sirius fa una smorfia a James e James alza gli occhi al cielo. 

“Possiamo ancora andare dai miei.”

“O possiamo mangiare il dolce e andarcene a dormire,” propone Remus, alzandosi per recuperare il pudding.

“Ci sono anche i crackers,” aggiunge Sirius, indicando a Remus la porzione di pavimento sotto l’albero di Natale striminzito che è riuscito a decorare e mettere accanto alla finestra. 

“Hai pensato proprio a tutto.”

“Che Natale sarebbe se no.” 

“Oh, ma che cafoni siamo stati! Buon Natale a tutti, amici!” 

“Non avete neanche detto Buon Natale entrando nella mia sontuosa dimora. Niente “Buon Natale, caro Sirius”. Che delusione, che siete. La vergogna dei vostri avi.”

“Buon Natale, caro Sirius.”

“Lecca culo.”

 

🎄

 

⭐︎ Casa Tonks, dicembre 1971 ;

 

“Sei sicura che lì vada bene?”

“Sono sicura, Ted.”

“Sei tu l’esperta, mi fido.”

“Fidati.” 

Ted Tonks grugnisce mentre, sepolto dietro un enorme abete, caracolla nel piccolo salotto. Andromeda non ne vede il viso ma può sentirlo imprecare nel nome di Tosca e gli altri fondatori quando per sbaglio quasi inciampa nel tavolino da caffè. Quel salotto è decisamente troppo piccolo, ma in fondo a loro va bene così. 

L’abete finisce accanto alla finestra alla quale sono ancora attaccati cristalli di ghiaccio, in quell’angolino che Andromeda ha sempre reputato perfetto sin da quando si è trasferita a vivere a casa di Ted — che è presto diventata anche sua in un modo che casa Black nel Buckinghamshire1 non è mai stata. Qui tutto è caldo, i toni sono tenui e rassicuranti, mentre a Clivedon House1 tutto era scuro e opprimente, anche le pareti le si chiudevano addosso, soffocandola. 

“Ecco,” Ted sospira, scostandosi i capelli biondi dalla fronte. Avrebbero bisogno di un’aggiustata, pensandoci. Si gira a guardarla. “Contenta?”

Andromeda sorride, e sente la bocca incurvarsi all’insù. Annuisce e raggiunge suo marito accanto all’albero. È altissimo, e se ne rende conto davvero solo ora. Cinge la vita di Ted con un braccio e sente le dita di lui fare lo stesso, carezzandole il fianco. Reclina la testa sulla sua spalla. “Non mi ero accorta di quanto fosse alto. Mi servirà una scala per addobbarlo tutto fino in cima…” 

Sente Ted baciarle la tempia. “Ti procurerò una scala, allora.”

Andromeda si volta a guardarlo, sorridendogli. “Grazie.”

“So cosa significa per te. Ti amo e farei qualsiasi cosa per vederti felice.”

Si alza in punta di piedi e lo bacia sulle labbra, senza fretta, strofinando il suo naso contro quello di lui. “Lo sono. Felice.”

“Lo so, ma a volte temo che ti manchino, e non voglio che ti manchino. Non fraintendermi,” aggiunge lui quando Andromeda aggrotta le sopracciglia. “Sono la tua famiglia, nonostante tutto, ma non voglio che tu stia troppo male per loro. Sono passati mesi e—”

“—e nessuno si è fatto vivo. Lo so,” conclude lei distogliendo lo sguardo da Ted e i suoi occhi azzurri e puntandolo sull’albero. “Va bene così. Non mi aspettavo di sentirli. Mio padre è stato chiaro.” 

Ted le appunta un capello dietro l’orecchio e lei torna a guardarlo. Si sente al sicuro, lì, proprio lì, in quell’azzurro2, e tra le sue braccia, in quel calore. 

“Costruirò per te qualcosa che duri. Una casa che puoi chiamare casa.” 

“È già casa, amore. Casa è dovunque sei tu, non mi serve altro.”

Ted le cinge il viso con le mani, e sono calde e un po’ callose, ma sono sue. Profumano di futuro. La bacia, e il bacio diventa sempre più intenso, mentre fuori ha ripreso a nevicare. Le mani di lui viaggiano sui suoi fianchi, si abbassano e la stringono, e Andromeda si lascia stringere, vuole che questo calore le entri dentro, vuole lasciare il gelo fuori e non sentire freddo mai più. Ci sono giorni dove ancora il buio la cerca, e sente le pareti stringerlesi addosso. Sono i giorni in cui ricorda di essere una Black. Ma ormai i giorni dorati sono più di quelli neri, e ad Andromeda va bene così, va bene lasciare alle spalle ciò che è stata, e abbracciare ciò che è. 

“L’albero può aspettare…” mormora sulle labbra di Ted, gli sfiora la mascella e lo sente gemere. 

“Dici?”

“Dico.”

 

Caracollano sul divano. Fuori nevica. 

Non fa mai freddo quando sono insieme. 

L’inverno preme ma non entra. 

Mancano due settimane a Natale. 

Andromeda è felice. 

Tutto è dorato — i capelli di Ted, la luce del tramonto invernale dietro i tetti, la pelle nuda di suo marito frapposta a una candela. 

Andromeda è felice.

 

🎄

 

⭐︎ Clivedon House, dicembre 1971 ;

 

“Puoi dirlo che ti manca, sai?”

Bellatrix si gira a guardarla: se ne sta seduta per terra a fissare il punto dove, fino allo scorso anno, Andromeda allestiva e decorava l’albero di Natale. Quest’anno è rimasto vuoto. C’è solo più l’ombra del suo ricordo, ormai — così come l’ombra del suo ricordo permea ogni cosa tutt’intorno come un morbo. Narcissa non vorrebbe pensarci, davvero. Deve ancora finire Hogwarts, e arrivare a casa per le vacanze e non trovare l’albero di Natale è stato un duro colpo, un dettaglio talmente banale che a dirlo forse farebbe ridere i suoi amici Serpeverde per quant’è sciocco e patetico, ma che a lei ha fatto male più di ogni altra cosa. Andromeda era ciò che rendeva casa, casa, e senza di lei è tutto troppo grigio. 

Bellatrix si gira a guardarla e fa spallucce. “Senti chi parla. Non hai versato una lacrima quando se n’è andata3.” Tipico di Bella, rispondere a una domanda troppo personale con un attacco in piena regola. 

“Ne hai versate tu in abbondanza per tutt’e e due, mi sembra di ricordare.” Narcissa entra in salotto e le sue scarpette col tacco risuonano nella desolazione e l’asetticità di una stanza senz’anima. 

Vede sua sorella fare una smorfia. Narcissa le si siede accanto. “So come ti senti.”

“No, non lo sai. Smettila di psicanalizzarmi.” 

“Ti sposi e tua sorella non è qui.” 

“Taci, Cissy. Fatti questo favore.” 

Ma Narcissa non è abituata ad arrendersi. “Ti faccio io un favore, Bella. Ogni tanto potresti essere sincera, almeno con me.”

“Perché dovrei? Si finisce sempre per soffrire, e non voglio soffrire. Mai più.” 

“Pensi che Rod ti renderà felice?”

Bellatrix scrolla le spalle. “E che ne so. Lo amo, ma non so se basti.” 

“L’amore dovrebbe bastare. Così dicono.”

“Tu ami Lucius?” 

Narcissa annuisce. Giocherella con l’orlo della gonna che indossa. “Sì.” Suona decisa. 

“Buon per te, allora.”

“Bella…”

“Ogni amore è diverso, Cissy. Nessun amore è uguale all’altro. Possiamo amare e allo stesso tempo essere infelici. Incompleti.”

“Rod è disposto a darti qualsiasi cosa.”

“A volte i piaceri terreni non bastano.”

Narcissa esita. Vorrebbe chiedere ma non può. Non sa. 

“Vogliamo cose diverse, tu e io,” prosegue Bellatrix, gli occhi ora accesi dello stesso fuoco che arde nel camino a pochi passi da loro. “Cerchiamo amori diversi. Piaceri diversi.”

“Voglio solo che tu stia attenta, Bella. Non posso perdere anche te.”

Bella si volta e le sorride. Le sorride. “Non me ne andrò mai, sorella. Io sono fatta per restare, come le cose tenaci.” 

“Lo so.”

“Piuttosto, tu cerca di non volare via. Lucius sa essere intenso. Ho paura che ti risucchi l’anima.”

“Non è un Dissennatore, Bella,” ridacchia Narcissa, anche se sa cosa sua sorella stia insinuando.

“Tu sei forte, lui non è forte come te. E le persone deboli si attaccano a quelle forti per restare vive. Rubano loro tutta la linfa vitale, come i parassiti.” 

“Starò attenta, Bella. E Lucius mi ama.” 

“Lo so. L’amore non basta, però, ricordi? L’amore è distruzione. È come un fuoco che cancella via tutto.” 

Narcissa ci prova. La sua mano scivola e trova quella — fredda — di sua sorella. Bella non la caccia via. Bella rimane. 

“Ho mia sorella che bada a me. Ho sentito dire che sia una guerriera.” 

Bellatrix ride. Sorride. Di nuovo. “Mi manca.”

Narcissa annuisce. Non ha bisogno di chiedere chi

“Anche a me.”

“Pensi che stia bene?”

“Penso che stia bene. Penso che stia meglio. Non apparteneva a questo mondo, lo sai anche tu.”

“La odio. La odio per averci lasciate. Avevamo promesso…”

“Non si possono trattenere le persone, o si finirà per ucciderle dentro. Non era felice, qui.”

“E pensi che ora lo sia? Con quel…” Bella sospira, non finisce la frase.

“Non lo so. Lo spero.”

Bella annuisce. Si alza dal pavimento, ma non lascia andare la mano della sorella. Narcissa la guarda da terra, e poi si lascia aiutare a tornare in piedi. 

“Prometti di non andartene?” 

Narcissa annuisce. “Resterò, Bella. Sono una Black.”

“Non sarai una Black per sempre.”

“Come anche tu. Ma non si smette di essere Black. È una maledizione.”

“Allora siamo dannate entrambe.”

“Andiamo fuori? Almeno per un po’. Finché non ricomincia a nevicare.”

Bella sorride. Ancora. Il suo è il sorriso più bello del mondo. È così bello perché è così raro. Narcissa trascina sua sorella fuori. Bella non scappa via. Bella rimane. 

 

🎄

 

⭐︎ Casa Tonks, dicembre 1998 ;

 

Teddy dorme silenzioso tra le sue braccia. Si è appena riaddormentato dopo aver urlato per una buona mezz’ora. Andromeda ne fissa il profilo pacifico, la bocca a cuore, quel filo di capelli — ora sono azzurri — che crescono lentamente a ricoprirgli la testa, la tutina gialla che profuma di talco. Gli occhi sono chiusi ma Andromeda sa che sono gli occhi dei suoi genitori. Non sono gli occhi del nonno Ted, ma sono altrettanto belli. 

Cullandolo dolcemente, si avvicina alla finestra. L’abete è lì accanto, Harry e Ronald l’hanno gentilmente aiutata a tirarlo fuori e a posizionarlo lì, sempre lì, dov’è sempre stato, dove stava anche quando Dora era piccola. Deve ancora decorarlo, ma troverà un momento tra un pianto disperato e l’altro. 

Fuori nevica. Dentro però fa caldo. Teddy è caldo, un esserino caldissimo che dorme con la guancia premuta contro il suo braccio. La guerra è finita. Le polveri si sono abbassate. Nell’aria si respira qualcosa di nuovo, e anche Andromeda lo sente. Nonostante tutto ciò che hanno perso — tutti loro — sente che qualcosa è pronto per essere ricostruito. 

Teddy forse sta sognando, perché si muove ma non si sveglia, ed emette strani versi rassicuranti dalla bocca socchiusa. Andromeda gli deposita un bacio lieve sulla fronte. 

“Tutto riparte da qui, Edward Remus Lupin.” 

 

Rimangono lì ancora per un po'. Fuori nevica. 

Non fa mai freddo quando sono insieme. 

L’inverno preme ma non entra. 

Mancano due settimane a Natale. 

Andromeda è felice. 

 

🎄

 

⭐︎ Casa Malfoy, dicembre 2006 ;

 

“Penso che quella pallina stia meglio lassù, Draco.”

“È la decima pallina che mi fai spostare, mamma.”

“Da qua sotto si vede tutto più chiaramente.”

“Certo, come no.”

Draco sbuffa, Narcissa può non solo sentirlo ma anche vederlo. È in piedi sulla scala e sta appendendo le palline ai rami più alti. Narcissa è in piedi sotto la scala, intenta a dargli indicazioni sul dove e il come. Astoria è seduta sul divano col piccolo Scorpius in braccio, e assiste alla scena ridendo sotto i baffi. 

“Non ha pazienza,” commenta la giovane senza farsi sentire dal marito. 

Narcissa ridacchia. “Tale e quale a suo padre.”

“Cosa c’è tanto da ridere? Vorrei saperlo anche io.”

Draco si sporge dalla scala ma non scende, le sopracciglia aggrottate. 

“Continua, Draco, dobbiamo finire entro stasera,” interviene Astoria. 

“Penso che mi riposerò un momento,” dice Narcissa, prendendo posto accanto alla nuora e al nipote sul divano. 

“Ti riposerai?” Esclama Draco. “Ma se ho fatto tutto io. Pazzesco.” Continua ad appendere palline, però, nonostante le lamentale.

Narcissa si perde ad osservare il piccolo Scorpius mentre sonnecchia pacifico tra le braccia di sua madre. 

“Come sta?” 

La notte prima Scorpius non è stato bene, e Astoria e Draco l’hanno portato al San Mungo per accertamenti. Hanno detto loro che si trattava di coliche, e li hanno rimandati a casa dopo aver curato il piccolo, rassicurandoli. 

“Molto meglio. Ha dormito tutta la notte.” 

Narcissa sorride. Con la punta delle dita sfiora la testa del piccolo, coperta dei primi capelli biondi, biondissimi, proprio come quelli di Draco. 

“È uguale a Draco quand’è nato.”

Astoria le sorride, spostando lo sguardo sul figlio. “È bellissimo, sì.” 

“Hanno portato tanta gioia in questa casa, Astoria. Draco, e ora anche Scorpius. Ho vissuto la fine di due guerre e credimi, c’era bisogno di nuovi inizi.” 

“Ora stiamo bene, Narcissa. Stiamo bene.”

Narcissa alza lo sguardo sulla nuora. Astoria è arrivata come un balsamo nella vita di suo figlio. Lo ha salvato dai suoi incubi. Ha salvato tutti loro. Nei suoi occhi azzurri Narcissa può leggere tutto il buono che c’è al mondo. Spera che la sua salute migliori, spera che ciò che si sussurra sui Greengrass sia solo frutto di stupide dicerie e leggende. Non può pensare a un mondo senza Astoria nella loro vita. E Scorpius ha bisogno di sua madre. 

“È ancora difficile crederlo. A volte lo dimentico.”

“Scorpius è qui per ricordartelo.”

“Lo so. Lo proteggerò da ogni male.”

“Lo so che lo farai. Tu resterai.”

Le due donne si sorridono. Narcissa ha paura di chiedere. Non vuole porre domande delle quali teme le risposte. Astoria sorride il sorriso dei vinti e Narcissa non vuole guardarlo. Bacia Scorpius sulla fronte. “Resterò sempre, per lui.” 

Ora sente Lucius chiamarla dalla loro stanza. Non sta ancora bene, ma piano piano tornerà in piedi. Tutti loro torneranno in piedi. 

“Vado da tuo padre,” dice quindi a Draco. 

L’uomo si sporge dalla scala e annuisce. “Grazie.” 

Narcissa aggrotta le sopracciglia. Draco le sorride. “Lo sai per cosa. Grazie.”

La donna sorride e lascia la stanza. 

 

🎄

 

⭐︎ Casa Lupin-Weasley, Natale 2024 ;

 

“Teddy, hai fatto?”

“Arrivo, amore.”

Victoire non cammina lungo la distanza che separa il piccolo salotto dalla camera da letto, ma veleggia, portandosi dietro una pancia di quasi nove mesi, grossa e tesa. I gemelli1 hanno dormito pacifici fino a qualche istante prima, mentre ora scalciano disperati. Forse sentono che l’ora di fare un giro in macchina si avvicina. 

Al San Mungo hanno detto loro che sono due gemelli, anche se né lei né Teddy ne hanno voluto conoscere il sesso. Teddy è eccitato all’idea di “averne due in un colpo solo”, Victoire un po’ meno, “la fai facile, mica le devi partorire tu, queste due pesti, eh.” Ormai non vede l’ora di vederli nascere, è stanchissima e ha sempre fame, e piange per un nonnulla. E le manca il suo lavoro, le manca la vita frenetica del pronto soccorso del San Mungo1, talmente tanto che questa consapevolezza l’ha fatta singhiozzare per mezz’ora, quand’è giunta. Le hanno sconsigliato la Materializzazione dal quinto mese in avanti, così Teddy ha tirato fuori la vecchia automobile che gli ha regalato Harry e che ha imparato a guidare a diciannove anni1, e girano con quella, vanno dappertutto. 

Quest’anno il Natale si festeggia come al solito alla Tana, e Scorpius e Rose saranno lì da un momento all’altro per andare tutti insieme. Scorpius si è fatto promettere un giro in macchina da Teddy. Il campanello suona ad annunciare il loro arrivo e Victoire sbuffa, cambiando strada e tornando in ingresso per aprire la porta. Rose e Scorpius sono bellissimi, stretti nei loro cappotti pesanti, i capelli rossi di Rose tagliati all’altezza delle spalle sotto un baschetto verde, Scorpius con i capelli leggermente più lunghi sulle spalle e la sciarpa che gli ricade sul petto. 

“Buon Natale!” Esclama Vic avventandosi sulla cugina.

Rose la stringe a sé, affondando il naso nel suo collo e baciandola sulla guancia. “Buon Natale, Vic!” 

Victoire e Scorpius si scambiano gli auguri e poi Vic li lascia entrare in casa. “Forza, così vi scaldate un po’.” 

“Dov’è tuo marito?” Chiede Rose.

“In camera, penso stia finendo di cambiarsi. Hai voglia di vedere a che punto è?”

Rose annuisce e saltella fino alla camera da letto. Vic si gira verso Scorpius e gli sorride. “Come va la vita in reparto?” 

L’altro si sfila la sciarpa e ricambia il sorriso. “Un casino come sempre. Ieri sera abbiamo brindato e tutti mi hanno chiesto di salutarti. Non vedono l’ora di rivederti1.” 

Vic sente le lacrime premerle agli angoli degli occhi ma cazzo, non deve piangere. Non può o le colerà tutto il trucco. Perché non l’ha comprato waterproof manco lo sa. 

“Ah, mi mancano tutti quanti moltissimo,” commenta quindi. 

“Lo so.” 

“Tu stai bene?”

Scorpius annuisce. “Un po’ stanco, ma sto bene. Rose si sta occupando del trasloco da sola e mi sento in colpa…”

“Ti continuo a ripetere che me la so cavare,” Rose interviene, appena tornata in salotto con un Teddy particolarmente elegante al seguito. 

“Oh, finalmente!” Esclama Victoire. 

Scorpius cinge la vita di Rose con un braccio e le lascia un bacio sulla tempia, delicato e fugace. “Lo so, amore, ma questo non mi impedisce di sentirmi in colpa comunque.” 

“Solo perché io posso lavorare anche da casa mica è colpa tua. Alla Gazzetta1 sono tutti molto disponibili…” 

Victoire li guarda sorridendo, e poi sente Teddy carezzarle leggermente una guancia. Si volta a guardarlo. È bellissimo, vestito di velluto blu, con i capelli castani ben pettinati e il suo solito sorriso scanzonato dipinto sul viso. “È ora di andare.”

“Prendo le chiavi.” 

“E io i cappotti.”

“No, prendo anche i cappotti. Tu non muoverti.” 

Victoire lo trattiene per il bavero della giacca e lo bacia sulle labbra. “Grazie,” sussurra. 

Teddy cammina via a passo svelto e torna dopo qualche secondo con i loro cappotti e le chiavi della macchina. L’aiuta a vestirsi, attento che sia ben coperta. 

“Non trattarmi da invalida, per favore, sai che lo odio.” 

“Non ti tratto da invalida.” 

“Teddy,” comincia Rose. “Non dirmelo.”

“Non ascoltare tua cugina, vaneggia. È la gravidanza.” 

“Non dare la colpa ai tuoi figli.”

“Ti prego, Vic, non dirlo mai più,” interviene Rose. 

“Okay, scusa.”

Scorpius ride sotto i baffi.

“La nonna ci ucciderà, è tardissimo.” Vic butta un occhio all’orologio che tiene al polso. 

“Andiamo, andiamo.” 

“Ragazzi,” comincia Rose fermandoli. “Vorrei augurarvi buon Natale, qui e ora, prima che la nostra famiglia ci fagociti.” 

Victoire apre le braccia senza nemmeno dir nulla e Rose vi si rifugia, reclamando un altro abbraccio, mentre gli uomini si stringono le mani lì accanto, decisamente più posati. 

“Sono fiera di te,” Vic sussurra alla cugina. 

“Vic,” comincia Teddy. 

Victoire lo ignora mentre abbraccia anche Scorpius e gli augura buon Natale. 

“Vic, di cosa ci stavamo dimenticando?”

Victoire spalanca gli occhi. Merda

“Merda.”

“Ah-ah.”

Rose e Scorpius li guardano senza capire. Così Victoire fa un bel sospiro. “Volevamo chiedervi una cosa.”

“Okay…?” Risponde Scorpius. 

“Vorreste essere il padrino e la madrina dei gemelli?” Butta lì tutto d’un fiato, i denti a mordicchiare le unghie della mano destra, improvvisamente nervosa. 

Rose spalanca gli occhi e apre la bocca in una “o”, mentre Scorpius sorride come uno scemo. “Scherzi?”

Vic scuote la testa. “Certo che no.”

“E Dom? Non dovresti chiederlo a lei? Non si offenderà?”

“Ma scherzi? Dom è la zia figa che porta i nipoti in luoghi esotici e li vizia e li fa fumare per la prima volta,” ride Victoire alzando gli occhi al cielo. “Non avrebbe mai accettato.”

“Forse si sarebbe pure offesa,” ridacchia Teddy.

Victoire scrolla le spalle. “Probabile.”

“Be’,” comincia Scorpius, una mano dietro la nuca. “Ne sarei onorato, ma Jamie?” 

“Avete finito?” 

Rose si porta una mano alla bocca. “Lo facciamo.” 

Victoire solleva le sopracciglia. “Lo fate?”

L’altra annuisce. “È un onore, Vic.” 

Tutto finisce in un abbraccio di gruppo, rumoroso e felice. Poi è proprio il caso di andare. Vic sente già la voce di sua nonna che si chiede dove siano finiti, e sicuramente i parenti francesi di mamma saranno già lì, appena arrivati da Parigi, e lei non vede l’ora di riabbracciare le cugine Camille e Adèle4 e la zia Gabrielle e lo zio Gaspard4. Non li vede da un’eternità. 

“Dom e Roland4 saranno arrivati?” Chiede Rose mentre raggiungono la macchina di Teddy, stretti nei loro cappotti, il fiato condensato nella rigida aria invernale.  

“Dom ha detto che sarebbero tornati via Metropolvere oggi pomeriggio, spero sia andato tutto bene,” risponde Victoire, che cammina al braccio della cugina lungo il marciapiede dove ancora qualche residuo di neve è ormai diventato ghiaccio. 

“Invece Louis è rimasto in Irlanda1, così ho saputo da Lily…” 

“Sì, non poteva lasciare il ritiro con la squadra, purtroppo. L’allenatore li ha messi sotto dopo l’ultima sconfitta contro i Falcons. Gli permettono però di avere un persona lì per Natale e so che Lynn4 è partita ieri per raggiungerlo.”

“Almeno non sarà da solo…”

Arrivati alla macchina, Rose e Scorpius siedono dietro per lasciare il sedile anteriore, più spazioso e comodo, a Victoire. Teddy siede ovviamente al posto del guidatore. 

“Bene, siete pronti?” Chiede, accendendo il motore con uno strattone.

Victoire si gira verso i cugini. “Buon Natale ancora, nel caso non dovessimo arrivare interi alla Tana, sapete.” Ride.

“Donna di poca fede. Dovresti appoggiarmi, sei mia moglie.”

“Non voglio responsabilità.” 

“Be’,” dice Rose sporgendosi in mezzo ai sedili. “Almeno ci avete nominati padrini prima.”

Teddy le assesta una pacca sul ginocchio e lei torna a sedersi ridacchiando. 

“Io mi fido di te, Teddy,” commenta Scorpius. “Sono sicuro che arriveremo interi.”

“Lecca culo,” bofonchia Victoire. 

“Possiamo andare?” Urla Teddy battendo le mani sul volante. 

“Andiamo, andiamo. Buon Natale, cugini!”

“Buon Natale, Vic!”

“Buon Natale, ragazzi.” 

Dopo qualche metro, Victoire rompe il silenzio.

“Teddy…” 

“Dimmi, amore?”

“Credo che mi si siano rotte le acque.” 

“Cosa cazzo… Per Tosca, Vic!”

“Vic, Vic, sei sicura?”

“Portiamola al San Mungo subito!”

“Si sono rotte, ragazzi, è inutile girarci intorno.” 

“Nella mia auto, Vic. Cazzo, nella mia auto.”

“Vuoi che i tuoi figli nascano qui? Muoviti e gira la macchina verso il San Mungo. Ora.” 

“Teddy, fa’ come ti dice Vic.”

“Tu da che parte stai, Scorpius?”

“Cazzo!” esclama Rose, una mano alla bocca. “Nonna Molly ci ucciderà davvero.” 

 

🎄

 

⭐︎ Ministero della Magia, Natale 2024 ;

 

“Eccoti qui.”

“Oh, ciao, Harry.”

“Ti sei nascosta?” 

“Scusa, cercavo un angolo tranquillo, e mi è venuto in mente che nessuno mi avrebbe mai cercata dietro l’albero di Natale.”

“Astuta.”

Hermione ridacchia, sorseggiando il suo tè. “Con gli anni si impara qualsiasi tattica.” 

Harry le si siede accanto, e poi si ricorda di non averle neanche chiesto il permesso. “Scusa, potevo…?”

Hermione annuisce. “Ma certo che puoi. Tu puoi.”

Harry stringe tra le mani un bicchiere di caffè. La giornata è quasi finita ma ha ancora alcune cose da sbrigare in ufficio, prima di godersi le vacanze come si deve. “La caffetteria1 nell’Atrium è la pensata più sensata che tu abbia mai avuto, Hermione. Ha salvato numerose vite.”

“La più sensata? Be’, grazie, a saperlo ci avrei pensato molto prima.” 

Harry ride. “Okay, magari non la più sensata, effettivamente, ma una delle tante, diciamo così.”

“Ecco, forse è meglio.”

Bevono in silenzio per un attimo, seduti a terra dietro il grande albero di Natale montato nell’Atrium del Ministero, proprio accanto alle ascensori. C’è un piccolo spazio tra l’albero e il muro nascosto ad occhi indiscreti, ma Harry sapeva dove cercare Hermione, una volta l’ha vista sgattaiolare là dietro senza che lei se ne accorgesse. 

“Sei pronta per la grande festa di Natale? Quest’anno ci sono anche i parenti francesi di Bill e Fleur.” 

Hermione alza gli occhi al cielo. “Fortunatamente Gabrielle mi piace.”

“Certo, finite sempre a parlare di politica per delle ore.” 

“Scusa se quando trovo qualcuno con cui condividere i miei interessi perdo ogni dignità.” 

“Non hai torto, eh. Gabrielle è una donna molto intelligente.” 

“Sento dell’ironia.”

Harry alza le sopracciglia. “Ma figurati. Mi piace quello che sta facendo per i diritti civili in Francia1.” 

Hermione annuisce, bevendo dell’altro tè. “Anche a me. Penso che possa ambire al ruolo di Ministro, alle prossime elezioni. Stasera le chiedo se ha intenzione di candidarsi.” 

“Chissà che stanno combinando Ron e Ginny… Alla Tana, ad aiutare Molly a cucinare… Ho paura.” 

Hermione ride. “Sinceramente penso che Ginny potrebbe aver ucciso sia tua madre sia Ronald. Ti toccherà arrestarla e mandarla ad Azkaban. Il giorno di Natale.” 

Harry si passa una mano sul viso. “Non farmici pensare. Spero li abbia solo affatturati, a questo punto.” 

“Lo spero anche io. Per quanto a volte voglia ucciderlo, non voglio perdere mio marito.” 

Harry le sorride. “Ci conviene finire le ultime cose e correre a casa, allora, prima che sia troppo tardi.” Si alza in piedi e tende una mano all’amica di una vita. Lei la prende, sorridendogli. 

Nel momento in cui sbucano da dietro l’albero, un trafelato Connor Finnigan4 li scorge. Si sta passando una mano tra i corti capelli castani e ha gli occhi fuori dalle orbite. Connor lavora come segretario della Ministra Granger da quando Roland Zabini, che prima ricopriva l’incarico, è volato negli Stati Uniti per lavorare per il MACUSA. 

“Connor?” Esclama Hermione. “Tutto bene?”

“Vi cercavo,” inizia lui. “È appena arrivato un gufo espresso dalla Tana. Teddy ha portato Vic al San Mungo. I gemelli stanno per nascere.”

“Per Godric!” Esclama Harry. 

“Scherzi?” Esclama Hermione insieme a lui.

Connor scuote la testa. “Stanno andando tutti al San Mungo in questo momento, hanno detto di raggiungerli lì appena potete.”

Harry si volta a guardare Hermione. “Io direi che posso sistemare quei documenti anche tra qualche giorno.”

“Assolutamente sì. Connor, andiamo,” risponde Hermione, rivolgendosi poi al suo assistente. 

Connor li precede negli ascensori, professionale come sempre. 

“Ci rivediamo davanti all’albero tra dieci minuti? Ti bastano?” Chiede Hermione a Harry. 

Lui annuisce. Basteranno di sicuro. 

“Connor, vieni con noi, no?” Chiede Harry prima di uscire dall’ascensore. 

Connor annuisce. “Ho detto a Fred1 che ci saremmo visti alla Tana, ma penso sia andato al San Mungo anche lui…”

“Penso di sì, sì.”

“Allora vengo con voi.”

“Hermione, a tra poco.”

“C’è sempre qualche imprevisto con la nostra pazza famiglia, vero?” aggiunge lei all’ultimo secondo. 

Harry scuote la testa, divertito, tenendo aperte le porte dell’ascensore. “Un altro buonissimo Natale, direi.” 

Si sorridono. 

“Già. Un altro buonissimo Natale.” 

 


 

❨ Note ❩

1. Tutti i dettagli segnati in corrispondenza di tale nota rientrano nel mio personale headcanon sulla saga, quindi:

  • James Potter e la sua timidezza come forma di auto-protezione
  • Casa di Sirius ad Hammersmith (ne avete letto qui: capitolo X 'in the name of the Black')
  • Casa di Orion e Druella Black nel Buckinghamshire
  • Teddy e Vic si sposano nel gennaio del 2024 e a dicembre di questo stesso anno nascono i loro figli, i gemelli Andromeda e Arthur (ne avete letto qui: capitolo XXX 'in the name of the Black')
  • Victoire e Scorpius lavorano entrambi al San Mungo dopo Hogwarts
  • Teddy possiede un’automobile regalo di Harry
  • Rose lavora alla Gazzetta del Profeta dopo Hogwarts
  • Louis gioca nei Ballycastle Bats (squadra dell’Irlanda del Nord) dopo Hogwarts, ed è fidanzato con Lynn Collins (personaggio di mia invenzione), figlia di Cho Chang
  •  La caffetteria nell’Atrium del Ministero è di mia invenzione (la ricorda chi ha letto ‘Death in the Night’, LINK)
  • Gabrielle Delacour e il suo ruolo presso il Ministero della Magia francese, così come la sua famiglia
  • Fred Weasley Jr. fidanzato con Connor Finnigan (personaggio di mia invenzione), figlio di Seamus Finnigan

2. Riferimento a questo capitolo della mia raccolta sui Black, LINK

3. Riferimento a questo capitolo della mia raccolta sui Black, LINK

4. I personaggi segnati in corrispondenza di tale nota sono tutti di mia invenzione:

  • Gaspard, marito di Gabrielle Delacour, e le figlie Camille e Adèle
  • Roland Zabini, figlio di Blaise
  • Lynn Collins (che ho citato sopra), figlia di Cho Chang
  • Connor Finnigan (che ho citato sopra), figlio di Seamus 
5. Da ‘Snow Flower’ di V, LINK
 


Concludo queste note lunghe (e noiose) augurandovi un buon Natale, spero che questo piccolo pensiero vi sia piaciuto ✨
   
 
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