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Autore: _Layel_    27/12/2021    2 recensioni
Aveva imparato che esistevano le anime gemelle guardando le soap opere che davano in TV. Sapeva che ogni tanto, a seconda di quanto vicini si fosse, si ricevevano delle visioni che mostravano la vita della propria anima gemella. Per ora gli era successo solo tre volte. La prima volta era stata quando la sua anima gemella aveva manifestato il suo Quirk. Keigo aveva solo visto una forte luce e i sorrisi di quelli che dovevano essere i suoi genitori. Le visioni successive erano state meno allegre.
[Soulmates!AU | DabiHawks]
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dabi, Hawks
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Otto: Telefonata


Servizio di segreteria telefonica: al momento l'utente chiamato non è raggiungibile. Si prega di lasciare un messaggio dopo il segnale acustico. 


Keigo chiuse il cellulare e lo sbatté sul tavolo. Dabi non rispondeva mai quando era Keigo a chiamarlo. Lo faceva attendere ore prima di degnarsi di contattarlo da una cabina telefonica. Anche se Keigo sapeva che era per una questione di sicurezza rimaneva frustrante sentire sempre la robotica cantilena della segreteria telefonica. Specialmente considerando l'importanza di quello che doveva riferirgli.


Le sue chiamate non erano sempre state di lavoro: dopo un mese dal diploma si era appollaiato sul tetto con il cellulare stretto tra le dita e si era illuso che avrebbero potuto mantenere i contatti. Le prime due telefonate andarono a vuoto, così come quelle dei giorni successivi. Keigo si era illuso che Dabi aveva ancora bisogno di spazio e che quando se la sarebbe sentita lo avrebbe chiamato lui. Il che successe, tre anni dopo. Guardando indietro Keigo realizzava che la sua speranza di una riunione amichevole era semplicemente ingenua. Dabi aveva chiamato per avere informazioni su un villain che voleva 'punire'. Keigo gliele aveva date, senza condizioni. Da allora Dabi gli aveva chiesto aggiornamenti sulle indagini della polizia, orari di pattuglia degli eroi nella loro prefettura e qualsiasi cosa gli potesse far comodo. Occasionalmente Keigo lo avvertiva di appostamenti, esche e qualsiasi altro artefatto che la polizia stesse mettendo in piedi per catturarlo. Come in questo caso.


Girò sulla sedia fino a trovarsi davanti la grande vetrata che occupava un'intera parete del suo ufficio. Una foresta di tetti si estendeva fino a scomparire all'orizzonte. Le finestre a specchio riflettevano i raggi del sole, i balconi e le tende dei negozi nascondevano la vista dei marciapiedi. Auto nere e grigie affollavano le strade come tanti scintillanti insetti che si affrettavano per ritornare nelle loro tane. 


Dabi era in una di quelle auto, con occhiali scuri e cappuccio per non farsi riconoscere dall'autista? O stava guardando i passanti, disgustato dalle loro vite indolenti e fondate su un ideale fasullo? Dormiva in una delle case di cui si vedevano solo le sagome dall'agenzia di Hawks? 


Fece un altro mezzo giro sulla sedia e fissò truce il telefono. Tamburellò con gli artigli sulla scrivania. Prese il suo cellulare ufficiale, l'ultimo modello di smartphone, e aprì l'applicazione di JNews, scrollando distrattamente tra i titoli. Cliccò su un articolo di cronaca che attirò la sua attenzione.


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STAIN LO STERMINA EROI, TORNATO IN ATTIVITÀ?

Avvistato nei pressi di Hosu da un civile, ecco le scioccanti immagini.

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Keigo sbuffò una risata. Negli ultimi tempi JNews era diventato sempre meno affidabile come sito di informazione. Avrebbe dovuto farlo presente, ma leggere di cospirazioni e cure miracolose gli risollevava l'umore. Prese di nuovo il telefono che gli era stato regalato quasi quattro anni prima e inviò un breve messaggio:


Urgente, chiama subito.


+


La vibrazione scosse talmente il telefono che finí per cadere sulla moquette sudicia del motel. Dabi sbuffò ma non si alzò dal letto. Sapeva chi era e non aveva alcuna intenzione di rispondere. Avrebbe chiamato l'eroe apprensivo più tardi. 


Un forte bussare fece tremare la porta della camera. Spense in fretta la sigaretta, raccolse le due paia di pantaloni che possedeva e spalancò la finestra. Era già con una gamba dall'altra parte del davanzale quando il cellulare suonò di nuovo. Imprecò e rientrò nella stanza. 


"Apri la porta o chiamo la polizia!" Il bussare si era interrotto e ora si sentiva un concitato tintinnare di chiavi. 


Dabi afferrò il telefono e uscì dalla finestra proprio mentre la proprietaria stava aprendo la porta. Iniziò a correre tra i vicoli della città, gli urli della donna lo inseguivano tra le strette pareti degli edifici. Dabi voleva quasi tornare indietro per vedere la sua espressione. Visto bambini, pensó, ecco perché si scelgono sempre le camere al piano terra.


Il telefono ora era muto, un blocco di plastica pesante e immobile nella sua tasca. Hawks lasciava messaggi solo quando aveva qualcosa di veramente importante da riferirgli. Aprì il cellulare, la luce fredda dello schermo era tanto forte che dovette socchiudere gli occhi per vedere qualcosa.


[1 nuovo messaggio]


Il dito di Dabi si fermò per un lungo istante sul pulsante verde. Sollevò il dito lentamente e chiuse il telefono. Avrebbe prima cercato una cabina telefonica, era sempre meglio non rischiare con i perfezionisti della Commissione.


Il telefono tornò al sicuro dentro la sua tasca e Dabi si incamminò per le vie della città. Seguí i vicoli che come un labirinto si estendevano attorno al centro città. Sporadicamente incrociava delle persone, tutte troppo prese dalla propria vita per fare caso a lui, così come Dabi era troppo concentrato sul non pensare a niente per badare a loro. Alla fine del quartiere c'era un posto perfetto per telefonare ma non aveva alcun motivo di affrettarsi, Hawks avrebbe comunque risposto al secondo squillo.


Appoggiava uno stivale davanti all'altro sull'asfalto, ogni tanto dava un calcio a un sasso che rotolava sulla strada fino a fermarsi e aspettare che qualcun altro lo calciasse di nuovo. 


Un lampo illuminò a giorno la strada, scomparendo subito tra le nuvole grigie che appesantivano il cielo. Dabi fece quattro passi prima che un tuono gli rimbombasse nelle orecchie. I vetri delle case tremarono e lui alzò lo sguardo verso il cielo. L'aria sapeva di pioggia.


Un secondo lampo si rifletté sui suoi piercing, accecandolo come il flash mal regolato di una macchina fotografica. Il tuono seguì a distanza ridotta rispetto al primo e leggere gocce di pioggia gli caddero sul naso. Presto l'acqua si fece insistente, infilandosi sotto il colletto del suo cappotto e scivolando gelata sulle chiazze di pelle che ancora riuscivano a sentire il freddo. Continuò a camminare, gli stivali che schizzavano nelle pozzanghere formate da poco e una mano in tasca. 


Dabi svoltò l'angolo e si trovò di fronte alle vetrine illuminate di un konbini. Il negozio sembrava quasi deserto e non dovette pensarci troppo prima di entrare. L'interno era caldo e il suo stomaco brontolò alla vista dei prodotti alimentari allineati sugli scaffali. Già che c'era poteva anche cercarsi da mangiare. 


Gironzolò tra le strette corsie, lasciandosi dietro una scia di goccioline e impronte fangose. Alla fine scelse un tramezzino alle uova e andò alla cassa.


Il cassiere lo guardò corrucciato mentre scansionava il suo unico prodotto. Sicuramente voleva chiedere qualcosa sulle sue cicatrici ma non riusciva a trovare un modo educato per iniziare quella conversazione, quindi continuò a fissarlo.


Dabi non gli stava prestando attenzione. Fuori dalla vetrina un uomo in giacca a cravatta si affrettava sotto la pioggia. Il temporale doveva averlo colto alla sprovvista visto che si copriva la testa con la ventiquattrore. La sua camicia era inzuppata e l'uomo ansimava dalla fatica, non abituato a muoversi tanto rapidamente. Nonostante la pioggia e la scarsa illuminazione Dabi lo riconobbe all'istante. La sua postura e il suo modo di fare gli si erano impressi nella mente a forza di pedinarlo.


L'uomo era Baiko Ishikawa di sessantaquattro anni e con un quirk mimetico. Inoltre era proprietario dell'orfanotrofio Shiroi Hato. Aveva una moglie e due barboncini. Uomo di tutto rispetto, se non fosse che gestiva il principale traffico di bambini nel sud-est del Giappone. 


Dabi abbandonò alla cassa il suo tramezzino, uscì sotto la pioggia e iniziò a seguire Ishikawa da una distanza di sicurezza. Dabi, in quanto civile, poteva disporre delle informazioni che aveva ricavato su Ishikawa in vario modo. Poteva avvertire la polizia, un eroe, poteva addirittura ricattarlo. Dabi, in quanto vigilante, si sarebbe fatto giudice, giuria e carnefice liberando il mondo da quel bastardo. 


La strada era deserta. In lontananza un clacson suonò ripetutamente e un corvo rispose gracchiando. Dabi era silenzioso, gli era stata insegnato a muoversi senza emettere il più piccolo rumore, ma l'uomo, spinto dalla paranoia, si guardò alle spalle una volta di troppo. Attivò immediatamente il suo quirk assumendo il colore dei muri che lo circondavano e scomparendo efficacemente alla vista.


Dabi si guardò pigramente intorno mentre aumentava la temperatura nella mano destra. Un dolore familiare si diffuse sotto le chiazze di pelle sana, crescendo in modo costante allo stesso ritmo del suo fuoco. Un sassolino rimbalzò sull'asfalto, fermandosi in mezzo alla strada. 


Mosse il braccio e il vicolo venne inondato dal fuoco. Un grido di agonia si levò alla sua sinistra: una figura si stava contorcendo in una pozzanghera con i vestiti e la pelle in fiamme. Dabi gli afferrò la camicia e lo sollevò da terra. Ishikava gridò ancora mentre gli graffiava le braccia tentando di fuggire. Grosse lacrime caddero sulla mano di Dabi, evaporando all'istante. Strinse la presa e gli afferrò la faccia con la mano incandescente. Ishikawa spalancò la bocca per gridare ma non uscì alcun suono. Le sue mani tremarono un'ultima volta prima di accasciarsi sui fianchi. Dabi lo lasciò cadere e si pulì le mani sul cappotto.


Quell'ammasso carbonizzato di carne e ossa non era più un suo problema. Frugò nelle tasche del cadavere in cerca del suo portafoglio. Gettò la carta d'identità e la patente vicino al corpo e intascò le banconote. Almeno la polizia non avrebbe perso tempo ad identificare il corpo.


Tornò al konbini e riprese il suo tramezzino sotto lo sguardo sempre più preoccupato del cassiere. Dalla vetrina non si vedeva cosa fosse successo a Ishikawa ma l'odore di carne bruciata avrebbe reso sospettoso chiunque. O disgustato. Dabi gli fece un cenno e lo lasciò col dubbio: chiamare o no la polizia?


Fortunatamente la cabina telefonica di quel quartiere era protetta da una tettoia. Dabi iniziò a mangiare e compose il numero che ormai sapeva a memoria. Rispose al secondo squillo.


"Che vuoi?" Chiese Dabi a bocca piena.


"Cosa stavi facendo?" Nel tono di Hawks la preoccupazione e l'irritazione erano miscelate in parti uguali. "Quando scrivo urgente significa che è urgente."


"Affari miei. Che vuoi?" 


"Oh, certo. Altri atti da misterioso vigilante. Chi hai consegnato alla giustizia quest'oggi?" 


"Non so di cosa parli."


"Dabi devi essere più cauto. La polizia è a tanto così dal trovarti e la Commissione mi sta col fiato sul collo. Non so per quanto potrò sviare le indagini." 


"E mentre io sono cauto quanti bambini quel bastardo avrebbe potuto vendere?"


Un grande sospiro, Dabi poté quasi vederlo massaggiarsi le tempie. "Ti prego, dimmi che non è chi penso che sia." 


"Era."


"Ascolta, lo so. La giustizia è lenta, il sistema fallace, eccetera, eccetera. Uccidere i villain non cambierà le cose, ne creerà solo di nuovi. Perché non proviamo a lavorare insieme?"


"Hai altro da dirmi?" Dabi prese un altro pezzo del suo tramezzino per mascherare l'amaro che sentiva in bocca.


"La polizia ha scoperto almeno quattro dei tuoi nascondigli. Hai una mezza dozzina di agenti e due eroi che ti aspettano dietro la porta di casa. La CEPS ha idee molto chiare su chi possa essere 'Blueflame': manca poco prima che ti prendano."


"Merda," rispose tra i denti, "devo cambiare prefettura. Anzi, devo cambiare regione."


"Più ti allontani e meno riuscirò ad aiutarti."


"E cosa dovrei fare? Offrirmi come volontario per la manutenzione dei templi e dormire sugli scalini?"


"Ti ci vedo proprio. No, ho una proposta. Suonerà un po', no, decisamente folle, ma se ce la giochiamo bene potrebbe essere una sistemazione perfetta per entrambi." 


"Spara."


"Vieni a stare da me. Il mio appartamento ha una camera libera, nessuna telecamera e una jacuzzi. Una soluzione migliore del tempio. No?" La risata finale era troppo nervosa per dissipare la tensione che si andava creando.


Il cuore di Dabi perse un battito e lui decise di ignorarlo per il momento. Più importante era la proposta assurda che Hawks gli aveva appena fatto.


"Mi stai proponendo di dormire sotto il naso della Commissione?"


"In teoria è la mia agenzia, non la loro."


"Stessa differenza. Tu cosa ci ricavi?"


"Il piacere della tua compagnia?" Questa volta la risata fu genuina, "Per prima cosa non dovremmo più preoccuparci che le telefonate vengano intercettate e se stai buono per un po' avrò molto meno domande a cui rispondere. Poi, immaginare la faccia della Presidente se lo sapesse mi migliorerebbe infinitamente la giornata."


"Sei un idota. Cristo, se lo scoprissero sarebbe un viaggio diretto verso Tartarus."


"Ma se non lo scoprissero…"


Dabi sospirò anche se uno stupido sorriso minacciava di rovinare tutto il suo personaggio. "Me ne pentirò, ma accetto."







   
 
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