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Autore: marani    30/12/2021    0 recensioni
Questa è una storia 'tosta'. Quelle che ho pubblicato precedentemente sono schizzi, appunti, embrioni di trama in confronto. Ed è una storia tipicamente mia. Gli elementi ci sono tutti: dei legami, una perdita, la ricerca della serenità, le 'catene' del dolore, il passato. E naturalmente, immancabile, il 'tocco di magia'. Sarà un lungo viaggio, per chi deciderà di incamminarcisi, ma credo che alla fine vorrete bene anche voi ai personaggi della storia. Solo due precisazioni tecniche: la numerazione dei capitoli del sito non coincide con quelli della storia. Ma non è un problema. E 'Faliva', nel mio dialetto, curiosamente connota sia i fiocchi di neve che le scintille che si liberano dalla legna del camino. Curiosamente? Uhm, forse no. Forse sono solo due lati dello stesso aspetto. Della vita. Buon viaggio.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CaP. 3 - 24 dicembre, vigilia di Natale


Teresa aprì gli occhi, facendo scivolare le braccia fuori dalle coperte, per concedersi una pigra stiracchiata. Non c’era un gran contrasto di temperatura, tra il tepore del pesante piumino e la stanza circostante, il timer di accensione del riscaldamento si era attivato puntuale (il wwwufff della caldaia che iniziava il suo prezioso lavoro le era giunto soffocato, in un dormiveglia leggero) e uscir fuori da quel confortevole nido notturno non era affatto uno shock. Non quanto il paio di alzate notturne che aveva dovuto effettuare a causa dell’eccessiva ingestione di liquidi (liquidi alcolici) della sera precedente, una intorno alle due e trenta, e la successiva ad un’ora non ben definita, visto che i suoi occhi assonnati non avevano avuto la forza di decifrare le cifre rossastre che ballavano nell’oscurità. In contrasto, e a sollievo, di queste indesiderate levatacce c’era ovviamente il delizioso piacere di potersi riinfilare sotto le coperte calde, una sensazione che a lei piaceva moltissimo, e che in non
tutti i periodi dell’anno era possibile apprezzare (nelle afose notti estive, ad esempio, era molto più affascinante farsi due passi a piedi nudi sulle piastrelle fresche che non rituffarsi in un letto appiccicaticcio di sudore). Restò immobile, con gli occhi fissi sul fioco chiarore che la minuscola finestrella del bagno irradiava nella stanza scura, filtrando dalla porta accostata. I mobili e le cose di camera sua le apparivano come sagome grigiastre, conosciute, e l’ingombrante profilo del pc sopra la scrivania le
riportò alla mente spiacevoli consapevolezze. Tese l’orecchio per verificare se il libro prigioniero aveva intenzione di riprendere a lanciare i suoi subdoli richiami, ma non udì (né le parve di udire) nulla, evidentemente i richiami di un oggetto inanimato funzionavano solo durante la notte, soprattutto se stimolati dal massiccio uso di Bonarda Oltrepò rosso (le risuonò assurdamente nella testa uno sketch-tormentone di uno sconosciuto duo comico di un’altrettanto oscura tv locale, in cui un paio di avventori redarguivano un invisibile barista al grido di “dacci due dosi, qui… ma no bì-anco, no bì-anco… ròsso, ròsso… o nero, ma no bì-anco!”) Perplessa su quali misteriosi meccanismi cerebrali regolassero il fiorire di pensieri e riferimenti assolutamente illogici e privi di senso, cercò in quel modo di evitare il più possibile l’incontro con
un quesito che aveva preso a ronzarle nella testa.
Dovrei darci un’occhiata?, si chiese titubante, sperando che qualcosa o qualcuno l’aiutasse nel risolvere quel dubbio amletico. E se poi ne trovo un’altra?, continuò rimuginando dentro sé stessa.
E’ impossibile che ne trovi un’altra, le rispose una voce assennata che altri non era che la sua componente più razionale, e lo sai, senza tanto farsi prendere da timori e superstizioni da donnicciole
Al massimo, ma proprio al limite al limite, potresti trovare un’invisibile segnetto in un angolo della pagina, dato che nonostante la tua buona volontà è ben difficile cancellare completamente la piega della carta…
- Oppure potrei lasciare perdere… - mormorò Teresa mettendosi a sedere - sottoscrivere in pieno questa ipotesi, darmi una bella lavata, vestirmi e scendere giù per un tazza di caffè, che è la cosa che più desidero in questo momento… -
Soddisfatta di quella labile presa di posizione, fece ciondolare le gambe dal bordo del letto, dando una controllata alla radiosveglia: le otto e un quarto. Mmh, un orario perfetto, per affrontare nel modo giusto una giornata che, al di là del piacere di organizzarla, si sarebbe rivelata campale. Il pranzo non rappresentava un grosso problema, la tradizione voleva che fosse composto dai classici (e deliziosi) “bìgoi co à sardèa” come primo, e poi qualche piatto a base di pesce, “sarde in saòr”,
capitone, pescetti marinati, tutti rigorosamente acquistati nella rosticceria del paese più vicino. L’unico sforzo organizzativo sarebbe stato quello di mettere a bollire l’acqua per la pasta, lavare e condire una capiente insalatiera di germoglietti freschi, e poi un buon caffè come chiusura. Le cose serie arrivavano col cenone della sera, che avrebbe dovuto essere solenne e articolato quanto bastava, al fine di arrivare all’ambito traguardo dell’apertura dei regali nel modo più festoso possibile.
Considerando l’ampia pubblicità che era stata fatta la sera precedente riguardo al mercatino di Lonigo, era prevedibile ipotizzare che avrebbe dovuto pensare a quasi tutto lei (ringraziando il cielo per l’indispensabile supporto di Ina), visto che le ragazze sarebbero rientrate solo a giochi ormai fatti. Oltre ad una raffica di antipasti, Teresa aveva ben chiara la visione di una deliziosa pentola in coccio ricolma di minestrone, come primo piatto, mentre per il proseguo stava ancora svolgendo elaborate selezioni mentali. Transitò accanto al computer, diretta verso il bagno, chiedendosi se era il caso di accenderlo e dare un’occhiata alla posta in arrivo, ma poi decise di tirar dritto, valutando troppo rischiosa l’area d’influenza del cassetto chiuso a chiave, a portata di mano della sua fragile forza di volontà. Accese la luce sopra il lavandino, sbirciandosi con un’occhio e mezzo nel grande specchio e non trovandosi, con sommo stupore, per niente malaccio, nonostante il primo esame estetico del mattino sia sempre il più impietoso. La cosa contribuì ad aumentare il suo buonumore, e a seppellire ulteriormente l’idea di andare a ficcare il naso nelle pagine di un libro, alla morbosa ricerca di una pieghetta fatta da lei in un momento di distrazione
Ma se avevi giurato che
FATTA DA ME in un momento di distrazione!!!
Ma
BASTA!!!
Si lavò e si pettinò, non facendo un grosso sforzo per attribuire il suo stato d’animo a quella straordinaria medicina dell’anima che era rappresentata dall’affetto e l’allegria dei suoi amici. Non aveva idea di quanto si fossero trattenuti, per via di quella specie di bizzarro pudore che non fa svelare i propri progetti all’inizio di un periodo da passare assieme, quasisi temesse di offendere o ferire chi ci offre ospitalità. Tutti erano rimasti un po’ sul vago, ma le pareva di aver capito che Renato e Lucia erano in parola con qualcuno per il Capodanno, e anche Guido e Diamante dovevano rientrare a Milano. Nel dubbio, fa conto che le cose bel le finiscono subito e le rogne mai, le venne in soccorso la filosofia pessimista di una sua ex-collega di lavoro la quale, calpestando il “think positive” tanto in voga, sosteneva in quel modo di esser sempre pronta a pararsi il culo contro le imprevedibilità del destino. Beh, intanto a Natale e Santo Stefano si sarebbero trattenuti di sicuro, e forse per qualche giorno in più…. Magari non tutti, e in ogni caso, come si dice… chi s’accontenta…
(Non resteranno in eterno)
Quel pensiero vigliacco la colse all’improvviso, raggelandole la pelle in maniera così realistica che lei si voltò a verificare se, per caso, la finestrella del bagno si fosse in qualche misterioso modo socchiusa. Il vetro era perfettamente sigillato, naturalmente, e lo spiffero freddo che sentiva proveniva solo dalle crepe del suo cuore. Ritornò in camera, spalancando i balconi delle finestre: il cielo fuori era monotonamente grigiastro, una specie di scodella rovesciata, e la temperatura umida e quasi tiepida le confermò che neanche per quel giorno dovevano a spettarsi un suggestivo White Christmas.
Si vestì in fretta, scivolando fuori dalla camera dopo una sommaria sistemata alle coperte del letto. Il corridoio era deserto, e nessun rumore di attività umana proveniva dalle porte chiuse dei suoi amici. Non appena imboccate le scale, udì una specie di parlottìo provenire dal piano inferiore, e ci impiegò un secondo a decifrare che si trattava della televisione. Beh, per fortuna stamattina niente volumi da concerto rock, meditò con un leggero brivido, mentre girava l’angolo della scala diretta alla saletta tv, certa di trovarvi suo padre. Invece, comodamente spaparanzata sulla poltrona che sembrava enorme, la piccola Emma, vestita di tutto punto (ma aveva avuto l’insospettabile accortezza di lasciare gli scarponcini infangati fuori dalla sala, e i calzettoni chiassosamente colorati di verde a cido puntavano dritti verso lo schermo), assorta nella visione di quello che sembrava un telefilm poliziesco.
- Buongiorno Emmina, già qui? - la salutò Teresa con un sorriso.
- Mmh mmh - confermò la bimba, senza distogliere gli occhi dalla tivu - mi sono svegliata presto, e ho lasciato là Amedeo e Vanessa… sai com’è… - fece un gesto circolare con la mano, come a dire che lei la sapeva lunga.
La vicenda narrata sullo schermo prevedeva in quel momento una furiosa (e realistica) sparatoria tra i cattivi e un temerario tutore dell’ordine, nascosto nell’ombra di un capannone in dustriale:
- Una volta mi pareva che a quest’ora trasmettessero dei cartoni animati - commentò la donna, perplessa sul tipo di spettacolo a cui stava assistendo la piccola, che non le sembrava per niente adatto - oggi niente? -
- Sì, sì, li stanno facendo, su un altro canale - spiegò Emma seriosa - solo che per il momento sono cartoni per i più piccoli… -
Teresa si chiese divertita quali potevano essere, questi fantomatici cartoni animati per i più piccoli, dato che Emma non aveva ancora sei anni e stravedeva per i Teletubbies, che non le sembravano certo creati per i maggiorenni. Uno dei banditi nel telefilm, colpito a morte, precipitò urlando in un canale di scolo.
- Non ti sembra che sia uno spettacolo poco adatto alla tua età? - le chiese apprensiva la donna, che non sapeva bene quali fossero le eventuali limitazioni messe in atto dalla madre della piccola in fatto di televisione. Emma scrollò le minuscole spalle:
- Per qualche pistolata? Dovresti vedere le cose che si guarda Amedeo… - ribattè sicura, come a dire che il fratello sì, che era un efferato malato di mente, altro che lei.
- Oggi niente meditazione sotto l’albero? - insistette Teresa cercando un modo per farle cambiare programma senza dar troppo l’impressione di volersi imporre.
- Uh uh… non è ancora il momento giusto… - sentenziò appoggiando il mento sulle manine unite - e poi la trama è molto emozionante… c’è un signore che fa finta di essere un altro signore, uno che vende i panini e anche un dottore o uno che fa le corse sopra il cavallo, se vuole, e i cattivi non sanno che è lui…, peccato che tra un po’ la puntata finisce… -
Teresa, riassalita all’improvviso dall’irresistibile voglia di una tazza di caffè, decise che la bimba sarebbe probabilmente sopravvissuta a quell’iniezione di violenza catodica, che purtroppo non sarebbe stata nè la prima né l’ultima della sua giovane vita, e fece per dirigersi in cucina:
- Caffelatte? - chiese prima di congedarsi.
- Mmh… sì sì! - rispose pronta la bimba.
- Magari con una fetta di qualche cosa? -
- Magari con una fetta di qualche cosa… Teresa? -
- Sì? -
- Quanto manca che partiamo per il mercatino? -
La donna nascose un sorriso divertito:
- Oddìo - rispose rimuginandoci su - bisogna aspettare che venga pomeriggio… adesso è ancora mattina
(mattina presto, tesoro)
fa conto che prima dobbiamo mangiare la pastasciutta tutti assieme… -
La piccola parve pensarci su un secondo, le minuscole sopracciglia bionde aggrottate, poi il faccino le si illuminò:
- E se mangiassimo la pastasciutta adesso, quando scendono tutti? - propose con un candore irresistibile.
- Mmh, buona idea - sbottò Teresa, ridendo di gusto mentre si allontanava - metteremo la cosa ai voti… -
Passò accanto all’albero di Natale, assediato da decine di pacchi scintillanti, azionando l’interruttore computerizzato delle minilucciole. Dopo un attimo di “riscaldamento” le lucine tra i rami e gli addobbi presero ad eseguire tutte le loro imprevedibili sequenze luminose. Era possibile anche inserire l’accompagnamento di ben otto melodie natalizie, che sembravano eseguite dalla suoneria di un cellulare, e che avevano tutte il medesimo potere di istigare istinti omicidi e sanguinari dopo un quarto d’ora di ascolto. Teresa passò nella cucina, tirando fuori dagli armadietti tutto l’occorrente per la colazione, ancora divertita dalle buffe e imprevedibili risposte della bimba. Allungò un braccio per afferrare la zuccheriera su una mensolina quando dalla tivu, dopo una sparatoria più furibonda delle altre, arrivò la classica risata collettiva che indicava che il telefilm era agli sgoccioli
(chissa perché nei telefilm americani alla fine devono ridere tutti come idioti…, si chiese divertita la donna)
E poi partì la sigla finale.
La zuccheriera, in delicata porcellana adornata da tenui fiorellini azzurri dipinti a mano, le sfuggì dalle dita improvvisamente gelide ed insensibili, precipitando verso il ripiano della cucina. Teresa si riparò istintivamente gli occhi, mentre il minuscolo contenitore piombava con violenza sulla tazzina in attesa sul bancone, scheggiandola e proseguendo la sua corsa in mille frantumi sul pavimento. Il cucchiaino d’argento ruotò più volte nell’aria, mandando fiochi bagliori metallici, poi cadde sotto il secchiaio, continuando a tintinnare per un tempo che a Teresa parve infinito. Immobile al centro del locale, col cuore che le si arrampicava furibondo nel petto, non udì per niente la vocina preoccupata di Emma che le chiedeva se andava tutto bene. Le sue orecchie, tese come quelle di un predatore notturno, cercavano di carpire le note della sigla che aveva udito (come capita spesso nel forsennato palinsesto delle reti televisive, impazienti di propinare al fedele telespettatore una bella mitragliata di consigli per gli acquisti, i titoli di coda del telefilm, e relativa colonna sonora, vennero impietosamente tagliati) per sincerarsi, con uno strano gusto metallico in gola, se corrispondevano a quelle che temeva di ricordare. Il televisore, insensibile al suo lacerante dissidio in terno, prese a latrare qualcosa riguardo ad un’anatra wc che faceva fuori i
nemici dell’igiene
, mentre grosse gocce di sudore rotolavano sulla fronte della donna.
Hai sentito cos’era, vero?
- I-io… i-o… f-forse era una c-cosa che le ass-somigliava s-s-olo… - quelle parole, sussurrate alla ricerca di una rassicurante certezza di realtà, le inciamparono nei denti tremanti. Sapeva bene a cosa si riferiva quell’allegra marcetta in perfetto stile film d’azione americano. L’aveva ascoltata per mesi
(se veramente era quella…)
sera dopo sera, canticchiandola dalla cucina del loro appartamento di città, mentre era impegnata a preparare una buona cenetta per suo marito, il quale spaparanzato sul divano, ancora con la cravatta al collo, si godeva il suo telefilm preferito… le avventure di…
(le mirabolanti avventure di … mica avrai dimenticato quel buffo aggettivo, creato in esclusiva da Carlo, vero?)
E come potrei dimenticarmene? Credo di aver assistito… anzi, meglio, ascoltato… decine di puntate di Jarod il Camaleonte, sei giorni su sette, comprese le repliche estive di episodi già trasmessi, che lui aveva già visto ma che si rigodeva con immutata soddisfazione.
La programmazione di quel telefilm è stata sospesa da almeno sei mesi, si disse chinata sul pavimento mentre tamponava l’inondazione di zucchero con una spugnetta bagnata, e poi andava in onda prima di cena, mica alle otto del mattino
(conosci qualcosa di più imprevedibile e anarchico di un palinsesto tv?, le chiese una vocina nella testa per rassicurarla un po’)
Con la coda dell’occhio scorse un lieve movimento alla sua destra, sulla soglia, voltando la testa in quella direzione: la piccola Emma, una compunta espressione preoccupata sul viso, la osservava dondolandosi sui calzini verdi.
- Emma… scusa… - biascicò Teresa alla ricerca delle parole adatte - quel film che stavi guardando alla tv, poco fa… -
(c’è un signore che fa finta di essere un altro si gno re, uno che vende i panini e anche un dottore o uno che fa le corse sopra il cavallo, se vuole, e i cattivi non sanno che è lui…)
- Sì? - chiese lei, con un filo di voce.
- Ti ricordi… se si chiamava… -
(Non glielo suggerire… non imbeccarla, i bambini sono capaci di ripetere qualsiasi cosa, convinti che sia farina del loro sacco, soprattutto di fronte a richieste incomprensibili e inquietanti come questa…)
- Aveva un nome un po’ difficile… - si giustificò la piccola, un po’ sulla difensiva. Teresa soffocò un malsano impulso di aggredirla, per affrettare quello stillicidio psicologico:
- Dillo come ti viene - la rassicurò con un sorriso stiracchiato - fa conto che sia una specie di gioco, ti do una doppia fetta di panettone, se indovini… -
Emma pestolò sul pavimento, un po’ imbarazzata:
- Sì… i suoi colleghi e la sua fidanzata mi pare che lo chiamassero… un nome mai sentito… Gero… - 
Teresa deglutì a vuoto, rumorosamente:
- J-Jarod, forse? -
- Sì, sì, Gero… Gero il cammamellone, mi pare… -
I cocci della zuccheriera (un altro ricordo comune del suo ex-matrimonio che se ne andava, come se una maledizione le facesse andare in pezzi a poco a poco tutta la sua esistenza) le sfuggirono dalle dita tremanti, riprendendo a tintinnare sull pavimento a scacchi marroni e beige. La donna dovette mordersi l’interno del labbro per non esplodere in urla esasperate e folli:
- Lascia stare, tesoro, che ti tagli - disse con voce incolore alla bimba che si era prodigata per aiutarla in quel compito di ripulitura che evidentemente a lei non riusciva affatto bene - a desso prendiamo una scopa che si va meglio… -
Si tirò su dal pavimento, ciabattando alcuni passi incerti (che fecero “scrocchiare” sgradevolmente lo zucchero sparso tutto intorno) fino a raggiungere e superare Emma immobile appena dentro la cucina, diretta verso la sala tivu.
Su, lascia perdere, è stato solo una sgradevole coincidenza, cercò di confortarla la solita parte razionale, non riuscendo troppo bene in quel suo lodevole intento, lo sai bene, in televisione oggigiorno non sanno più cosa fare, e in attesa di sparare i grossi titoli natalizi, hanno riempito un buco con una vecchia puntata di Jarod
Ah ah, che casualità, si rispose acida e infastidita mentre recuperava il telecomando dal bracciolo della poltrona, di tutte le cose che potevano mandare in onda, un film di Lino Banfi, un documentario sui delfini, che diavolo ne so, un vecchia comica di Stanlio e Ollio… ti vanno a scegliere il telefilm preferito dal mio Carlo…
Oh bè, ma che significa, magari da qualche parte nel mondo c’è qualcuno che prova le tue stesse sensazioni con un film di Lino Banfi, ma questa è solo una casualit
OH PIANTALA!
Armeggiò col telecomando, che rischiava di schizzarle via dalle mani sudaticcie e malferme, accendendo l’apparecchio. Si collegò con le pagine di Televideo, sui programmi tv della giornata, sbuffando impaziente nell’attendere che la pagina selezionata saltasse fuori, con tutta l’esasperante macchinosità di quel primitivo sistema informativo. alle sue spalle intuiva la silenziosa presenza di Emma, impalata sulla soglia, ma tenne lo sguardo fisso davanti a sé, per non dover fornire spiegazioni
razionali ad un’azione illogica, che avrebbero certo demolito la sua malata testardaggine.
“Ah ha!!!”, avrebbe voluto esclamare mentre prendeva atto che, secondo quello che le rozze letterine elettroniche sullo schermo le stavano dicendo, nell’arco di tempo che andava dalle 6 al le 10 (per tenersi larghi, dato che non erano suonate le nove) le principali reti tv prevedevano di tutto e di più, per parafrasare uno slogan pertinente, tranne che un’avventura di Jarod il camaleonte.
Mirabolante o no che fosse.
Toc toc, pronto? C’è nessuno in casa?, continuò la vocina saggia che non aveva nessuna intenzione, per quant’era in suo potere, di lasciarla affondare in un abisso di paranoia e insensatezza, ricordi quando poco fa ti ho chiesto se conoscevi qualcosa di meno affidabile di un palinsesto tv? Beh, dimentica tutto, l’abbiamo trovato: un inaffidabilissimo Televideo
“Giusto, giusto”, convenne, spegnendo la tivu e sfilando accanto ad un’immobile Emma. Le scompigliò i capelli con un gesto distratto, e la piccola rimase in silenzio, ritenendo quello che stava succedendo a zia Terry troppo importante per ricordarle la promessa di una tazza di latte e relativa fetta di panettone. La donna riprese la scala in direzione del piano superiore, catapultandosi nella propria stanza con un’idea ben precisa nella testa confusa.
“Televideo potrà anche essere inaffidabile, e allora verifichiamo…”
Non capisco cosa tu voglia dimostrare…, le chiese la sua coscienza, ben sapendo in realtà dove lei volesse andare a parare, e scoprendosi molto preoccupata per questo.
Teresa entrò nel bagno, sedendosi senza tante cerimonie sul coperchio del water, e sfilando il Telepiù dal suo confortevole nido, tra il termosifone e la mensola in marmo.
- Un’omissione è casualità, due cominciano ad essere indizio di qualcosa… - borbottò come avrebbe fatto Poirot in qualche sua indagine. Sfogliò il giornalino agitata, aprendolo alla data del giorno in corso… e lanciandolo lontano subito dopo, come se fosse affetta da un’assurda allergia alla carta stampata. Con occhi sbarrati e il sangue che le si ghiacciava nelle vene, mentre il battito del cuore ritornava a scuoterla con violenza, osservò le pagine multicolori del librettino volare via, con un
frullìo cartaceo, per poi giacere sul tappetino del bagno.
ANCHE questa l’hai fatta tu, soprappensiero?, sibilò una voce nella sua testa, molto più crudele e spaventosa di quella della sua assennata coscienza, che pareva in quel momento essere andata a farsi un giro. Tremando così violentemente da rischiare di cader giù da quel suo improvvisato sedile, aveva la netta sensazione che il suo cervello stesse annaspando nel tentativo, in quell’istante assolutamente vano, di dare un senso a quello che le sue terminazione visive gli stavano comunicando. Che poi non era altro che una minuscola “orecchia” in corrispondenza della pagina relativa al 24 dicembre.
Distolse per un attimo lo sguardo febbricitante dal giornalino tv, precipitandosi a sciaquarsi il viso arroventato sotto il getto gelido dell’acqua.
A parte tutto, riprese la solita, conosciuta vocina, ora di nuovo con la sua inflessione pacifica, se in corrispondenza della giornata di oggi qualcuno ha fatt
SI E’ FORMATA, SI E’ FORMATA!!!
SCUSA… SCUSA!, esclamò la sua coscienza per tentare di fermare il ringhìo inquietante che la gola di Teresa stava emettendo, scusami… se si è formata quella piega, for se vorrà dire qualcosa di importante
- io quella cosa NON LA TOCCO! -
Ma non volevamo verificare se Televideo diceva il falso o meno, riguardo a
Boccheggiando per cercare di fare entrare preziosa aria nei polmoni rinsecchiti dalla paura, Teresa si piegò verso il basso, recuperando il giornalino. Se lo pose in grembo con cautela, evitando di fissare le abnormi bolle di pelle d’oca che le ricoprivano gli avambracci, e prese a scartabellare con irruenza le due pagine dedicate alle reti più importanti (sperava di poter escludere che il telefilm fosse stato trasmesso da qualche remota televisioncina locale). Dopo alcuni frenetici minuti, in cui scorse
infinite volte, con maniacale minuziosità, la fitta lista di proposte tv, dovette arrendersi all’evidenza che il collega elettronico di Telepiù non parlava con lingua biforcuta. Per quella giornata in corso, dall’inizio delle trasmissioni fino alla messa di mezzanotte officiata dal Pontefice in persona, non c’era traccia di un telefilm di un detective che aveva la soprannaturale capacità di saper eseguire qualsiasi mestiere o professione… Ovvio, no? Se no, che razza di camaleonte
(o camamellone, se preferite)
sarebbe?
Che diavolo significava?
Né più né meno che hanno mandato in onda una puntata così, all’improvviso, perché magari il nastro del programma previsto si è inceppato
Che qualcosa ha organizzato un’esclusiva proiezione privata per me e la piccola Emma…
Che cosa?!?
Che qualcosa, o qualcuno, si diverte a far suonare sonaglini di conchiglie
(era un sogno)
a piegare gli angoli delle pagine dei libri
(l’hai fatta tu, soprappensiero, ne eri così convinta)
qualcuno che vuole dirmi qualcosa… entrare in contatto con me…
Teresa, fiondati a svegliare Renato e fatti prescrivere qualcosa. Qualcosa di FORTE
Ancora scossa da qualche brivido gelido, si tirò su a fatica dal suo estemporaneo sedile, dirigendosi con passo malfermo verso la camera. Si sentiva impacciata e malferma, con tutte le articolazioni paralizzate, come se fosse reduce da una grave malattia debilitante, o come se fosse di colpo invecchiata di cinquant’anni. Appoggiandosi alle pareti e allo stipite della por ta, riuscì ad arrivare ondeggiando nei pressi della scrivania
Lascia perdere… dimentica tutto… sei esaurita, e i tuoi amici ti stanno aspettando di sotto… sono stati solo brutti scherzi della tua mente esausta… diciamocelo chiaro, tra te e me, non ne sei ancora venuta fuori del tutto, ed è stato troppo traumatico passare dalla solitudine a… tutta quest’esplosione di calore e amicizia
(e molto probabilmente il danno più devastante deve ancora arrivare, considerò il suo subcosciente ad un livello ancora più profondo, così che la donna non ne restasse influenzata più di tanto)
Teresa non badò a nessuno di quegli assennati consigli mentali, inginocchiandosi con titubante cautela accanto alla scrivania. Con gli occhi incollati sul cassetto che conteneva il giallo, cercò sul ripiano di legno la chiavetta, a tentoni come una non-vedente, recuperandola tra il mouse e la tastiera del pc. Il tremore alle mani cercò di impedirle la sua risoluta decisione di liberare il libro prigioniero. La donna, con un mozzicone di lingua che spuntava dal ghigno dipinto sul volto, fu costretta a infilare
la chiave con entrambe le mani, per evitare che le schizzasse via.
  
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