Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Nina Ninetta    24/01/2022    4 recensioni
[Prima classificata e vincitrice del premio "Scontro Entusiasmante" al contest “La Dama del vento” indetto da Spettro94 sul forum di EFP”]
Dama del vento, presagio di morte, braccia ansiose di afferrare un’anima innocente e strapparla alla vita, è una maledizione che infesta ogni reame del Continente Abitato. La regina Deme ha convocato un potente mago dell’accademia affinché epuri questa minaccia una volta per tutte, assieme a una guarnigione scelta di guerrieri provenienti da ogni angolo del mondo. L'Arcimago Volkàn ha scelto il suo prediletto, ma qualcosa va storto e un altro mago prenderà il comando della missione, perlomeno all'inizio di questa avventura...
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


IV.
(prima parte)


 
 
Da qualche parte nel Continente Abitato

Beanka galoppava qualche metro indietro rispetto a Edgemas.
Avevano lasciato la capitale del Regno Magico da un giorno o poco più e si erano fermati davvero solo qualche minuto per far riposare i cavalli. L’amazzone aveva cercato di dormire il più possibile durante quelle brevi soste, ma aveva scoperto che assopendosi non aveva avuto il tempo di mangiare. Adesso sentiva la testa leggera, come vuota, mentre la vista le si appannava man mano. Aveva bisogno di rifocillarsi, mettere qualcosa sotto i denti, magari riposare per almeno due ore di fila, eppure il mago pareva allontanarsi da sé, diventando un puntino nero all’orizzonte. Inoltre, l’aria pesante del sottobosco che stavano attraversando non l’aiutava affatto. Edgemas era stato chiaro: aveva una missione da portare a termine e non voleva intralci. Si sarebbero percorse le strade che diceva lui e non sarebbero stati sentieri ospitali o facili: boschi, foreste, terre desolate. Qualunque cosa pur di evitare intoppi, come demoni da combattere o bestie affamate. Dovevano muoversi nell’ombra, senza destare sospetti o richiamare l’attenzione di chicchessia, dal momento che era raro vedere un’amazzone e un mago muoversi insieme.
Lui era un uomo con un forte temperamento, evidentemente abituato a dormire all’addiaccio e a mangiare il necessario per tenersi attivo, ma Beanka no. Era una ragazza di appena ventuno anni, il suo fisico era addestrato al combattimento e ad allenamenti duri e sfiancanti, è vero, ma dopo prove difficili o lunghe missioni, sapeva che ogni sera avrebbe trovato un pasto caldo e un letto dove riprendere le forze.
L’ultimo pensiero, prima di svenire, fu rivolto alla sua regina: iniziava a comprendere il motivo per cui l’aveva esclusa dalla missione principale. Non era pronta.
 
Sebbene avesse ancora gli occhi chiusi, sentì un bel caldo invaderle il corpo, i muscoli, tesi fino a qualche momento prima, si erano distesi. Un buon odore di carne arrostita le fece dolere lo stomaco vuoto, mentre udiva distintamente lo scoppiettare della legna che ardeva. Sollevò piano le palpebre, inizialmente vide tutto offuscato, poi gli occhi si abituarono alla luce, puntellandosi su un gomito si voltò indietro, la coperta di lana le scivolò dalle spalle. Edgemas era seduto dall’altra parte del piccolo falò che aveva acceso, forse con l’ausilio della magia.
«Così richiamerai le bestie e chissà cos’altro» disse Beanka, la voce tremolante. Non le piaceva essere debole, lo detestava. Sapeva che aveva messo a rischio entrambi e temeva che ora il mago le dicesse che quella missione non faceva per lei, che sarebbe dovuta tornare indietro.
«Forse», rispose lui allungandole un pezzo di carne cotta. «Mangia.»
L’amazzone non se lo fece ripetere due volte. Afferrò la coscia arrostita che le veniva offerta e l’addentò senza troppi complimenti.
Edgemas l’osservò in silenzio, attraverso le fiamme tremule. Sapeva di aver chiesto troppo da quella ragazza. Era un’amazzone, ma ancora giovane e inesperta per pretendere che potesse affrontare un viaggio come quello che lui si era prefissato. Quando aveva udito il tonfo e si era voltato indietro, aveva temuto che una bestia l’avesse attaccata. Tuttavia, rendendosi conto che Beanka era svenuta per la stanchezza e il digiuno prolungato, un po’ si era sentito in colpa. Quelle poche volte che si erano fermati, non si era mai preoccupato di chiederle come stesse, o se avesse bisogno di più riposo, se avesse fame. In realtà, non le aveva mai chiesto nulla. Soppesò l’idea di fare una deviazione e accompagnarla al villaggio più vicino, dirle di tornare a casa, di diventare più forte. Di crescere.
Ma quella ragazza gli stava simpatica, sembrava genuina e desiderosa di mettersi alla prova. Di apprendere. Ciò nonostante, sapeva che l’avrebbe rallentato, che avrebbe dovuto badare anche a lei, oltre che a sé. Si chiese cosa avesse più a cuore: la sua incolumità, la riuscita della missione o la sua vendetta personale nei confronti di Seth? Avrebbe potuto stilare una sorta di classifica delle priorità e il risultato finale lo avrebbe fatto vergognare.
Seth.
La cosa più importante per Edgemas era trovare Seth e fargliela pagare. Il resto, poteva aspettare. Non gli piaceva quella soluzione. Quei pensieri lo infastidivano perché lo facevano sentire una carogna, non da meno di quell’occultista impostore. Poi Beanka parlò e lo riportò con la mente al presente.
«Mi dispiace…»
«Beanka, ascolta…»
«Non mi lasciare!» Esclamò la ragazza con le lacrime agli occhi. Occhi scuri e lucidi, sinceri, nei quali si riflettevano le lingue di fuoco.
«Non ti lascerò, ma devi promettermi che quando sei al limite, quando senti che il tuo corpo e il tuo spirito hanno bisogno di riposo, devi dirmelo. Senza paura né vergogna.»
«Te lo prometto.»
«Dormi adesso, starò io di guardia. Ci muoveremo alle prime luci dell’alba.»
Beanka tornò a stendersi, questa volta con il volto verso il calore rassicurante del fuoco. Pochi minuti dopo era già caduta nel mondo dei sogni.
 
 

 
 
Quando l’amazzone fu ridestata dall’elementalista, non avrebbe saputo dire per quanto tempo avesse dormito, di sicuro si sentiva più riposata e rinvigorita. Il mago stava spegnendo gli ultimi scampoli di tizzoni ardenti con un piede, le disse di prepararsi senza fare troppo rumore, non erano più al sicuro lì, dovevano rimettersi in viaggio e lasciare il sottobosco prima possibile.
Beanka udì in lontananza gli ululati dei lupi, molto probabilmente un branco era stato attirato dal fumo e dall’odore di carne arrostita. Alla svelta si rimise in piedi e fu sollevata di provare di nuovo quella sensazione di stabilità sulle gambe che nelle ultime ore era andata scemando. Imitò Edgemas e si issò sul cavallo che aveva rubato a un mercante di Osihria, il quale aveva urlato richiamando l’attenzione delle guardie, ma l’amazzone era riuscita a fuggire senza essere inseguita. Il mago che l’attendeva fuori dalle mura della capitale le aveva chiesto dove avesse scovato un destriero tanto bello e forte in così poco tempo, si sarebbe aspettato di vederla arrivare su una specie di ronzino vecchio e decrepito, invece l’aveva stupito in maniera positiva. Lei aveva riso, rispondendogli che era meglio non sapere.
Si rimisero in viaggio nel buio più totale, nelle ore fredde e spaventose che precedono l’alba, le peggiori per camminare, ma non avevano scelta.
All’improvviso fauci spalancate si fiondarono contro le gambe del cavallo di Edgemas, il quale perse il controllo dell’animale e capitolò lungo disteso. Alle spalle del lupo ne comparvero altri: cinque o forse sei. Beanka non si preoccupò di contarli, mentre li vedeva azzannare la bella giumenta del mago, il quale afferrò la mano che l’amazzone gli porgeva e si tirò su, accomodandosi alle sue spalle. La ragazza spronò il proprio cavallo a correre più svelto, sperando che le bestie affamate si dedicassero completamente a spolpare l’animale dell’elementalista. Quest’ultimo si voltò indietro, oramai per il suo cavallo non c’era più niente da fare, ma come era prevedibile il branco si precipitò al loro inseguimento. Passò un braccio intorno alla vita della ragazza per tenersi ben saldo, mentre nell’altra mano stringeva il proprio bastone. La pietra rossa sulla sommità si illuminò, lanciando lingue infuocate e creando una lunga striscia di fuoco: i lupi guairono dinnanzi al confine creato dalla magia, ma non osarono oltrepassarlo.
Edgemas si accertò che davvero non li seguissero, poi tornò a guardare la strada davanti a sé, ormai si poteva scorgere l’uscita del bosco, erano salvi. Forse.
«Peccato, era un buon cavallo» disse.
«Già» rispose semplicemente Beanka, rallentando l’andatura del suo destriero per evitare che si stancasse troppo. Adesso avrebbe dovuto trasportare due corpi invece di uno.
Finalmente fuori dal sottobosco, li accolse una pioggerellina fine e insistente, così fredda da insinuarsi fin dentro le ossa, oltre i mantelli calati sul capo. In lontananza si scorgevano luci fioche e tremolanti: Kratøos, la capitale del Regno di Metallo.
Le luci provenivano dai fuochi accesi lungo le quattro torri che univano le mura di cinta della città. Avvicinandosi si scorgevano le sentinelle di guardia, le quali brandivano una lancia e uno scudo, percorrendo a intervalli regolari l’intero perimetro della muraglia. Il ponte levatoio per entrare nella capitale era abbassato, ma il portone di ferro sprangato. A guardia di quest’ultimo quattro guerrieri armati.
«Non possiamo continuare l’intero viaggio con un solo animale» sospirò Edgemas. «Tra l’altro tutti i viveri sono rimasti nel bosco, legati alla sella del mio cavallo.»
«Cosa facciamo allora?»
«Dobbiamo entrare a Kratøos e chiedere udienza al re. Hai detto che anche lui sa della missione».
«Sì, ci sono ben tre guerrieri del Regno di Metallo nella compagnia e il re stesso è stato convocato a Osihria nei giorni precedenti.» Beanka rallentò fin quasi a fermarsi, non sarebbe stato facile entrare in città, la gente era diventata molto più cauta e sospettosa negli ultimi tempi.
Edgemas alle sue spalle tirò le redini del cavallo facendolo arrestare del tutto, le disse di non muoversi, poi con un balzò scese dalla sella e si incamminò in direzione delle sentinelle che immediatamente sguainarono la spada e innalzarono lo scudo.
«Chi sei? Non avanzare oltre!» Gli intimarono.
Il mago sollevò entrambi i palmi.
«Vengo in pace, miei prodi guerrieri. Io sono Edgemas, il Mago Vikingo. Lei invece è una giovane amazzone di nome Beanka. Non abbiamo intenzioni ostili, chiediamo solo di incontrare il vostro venerato re».
Le guardie si lanciarono occhiate interrogative. Avevano sentito parlare del Mago Vikingo, era noto in tutto il Continente Abitato, ma addirittura trovarselo dinnanzi dopo l’attacco della Dama del Vento alla Roccaforte Inespugnabile, chiedendo di vedere Namor, sembrava un insolito scherzo del destino. Inoltre, viaggiava con un’amazzone, una coppia alquanto insolita dal momento che, era risaputo, i due schieramenti – maghi e amazzoni – non andavano proprio d’amore e d’accordo.
«Come facciamo a sapere che non è un agguato il tuo?»
«Ho bisogno di un cavallo e di viveri per proseguire il viaggio. Dobbiamo unirci alla compagnia per uccidere la Morte di Bianco Vestita, ma siamo appena stati attaccati da un branco di lupi. Adesso penso stiano banchettando con il mio destriero e bevendo Ratafià». Ironizzò Edgemas.
«Mi dispiace, dovete allontanarvi. Il re non concede udienza al primo che passa.»
«Ditegli che siamo qui» intervenne Beanka, avvicinandosi in groppa al cavallo.
«Non fare un altro passo, donna!». Una delle guardie le puntò la spada contro, sfiorandole la gola, dalla quale iniziò a sgorgare un rivolo di sangue.
Edgemas gli afferrò il polso e lo tirò indietro.
«La signora, qui con me, è stata molto gentile, non è il modo più consono di reagire questo», gli torse la mano e l’uomo urlò di dolore, allentando la presa sull’impugnatura della spada, la quale cadde sul terreno alzando una piccola nube di polvere. Immediatamente gli altri tre li circondarono, le armi puntate contro di loro.
«Scendi da cavallo, ragazzina!» Ringhiò quello più grosso, afferrando Beanka per una caviglia e tirandola giù di peso. La ragazza ruzzolò con un tonfo sul terreno, rimase ginocchioni per qualche secondo, il tempo di riordinare le idee; mentre il mago al suo fianco mostrava ancora una volta i palmi in segno di resa, lei si scaraventò contro l’omone di pocanzi e con tutto il peso del corpo lo atterrò. A cavalcioni sopra di lui gli assestò un paio di pugni sul naso, rompendoglielo, poi sguainò le due daghe dalla cintola che teneva intorno alla vita e gliele puntò entrambe alla gola. Gli altri due guerrieri di Kratøos fecero per attaccarla, ma lei urlò:
«Indietro o gli taglio la gola!» I due non si mossero e lei ribadì. «Indietro, ho detto!»
Questa volta le guardie indietreggiarono. «Giù le armi! Gettatele a terra». Di nuovo obbedirono. «Bene. E adesso portateci da Namor.»
Le labbra di Edgemas si incresparono in un sorriso tronfio, fece spallucce e disse:
«Donne, sempre imprevedibili».
 

 
Cascate Genitrici, Regno di Metallo ₭

Il Fiume scorreva a pochi metri dall’accampamento che avevano allestito per cenare e trascorrere la notte.
Drew si era premurato di fare da mangiare per tutti, lo stufato di carne e verdura era terminato dopo qualche minuto e gli altri avevano dovuto dargli atto: quel brodo caldo e denso aveva donato loro nuova linfa vitale e conciliato il recupero delle forze.
L’arciere stava discutendo con i gemelli Jey e Joy la prossima strada da intraprendere per oltrepassare le Montagne Ululanti. Non che ci fosse ampia scelta, a dire il vero, infatti le opzioni erano due: o attraversare la galleria scavata nel cuore del massiccio montuoso, oppure scalare il sentiero che si dipanava lungo i fianchi rocciosi e quindi circuire la montagna. Entrambi mostravano pericoli: nel cuore della montagna avrebbero potuto incontrare mostri e demoni di ogni tipo, come colonie di goblin, troll o peggio ancora orchi grossi tre metri. Scalare il sentiero avrebbe voluto dire esporsi a pericoli legati alla natura inospitale delle Montagne Ululanti.
Non riuscendo a trovare una soluzione che mettesse tutti d’accordo, il cavaliere gentiluomo optò per metterla ai voti.
«Chi è d’accordo ad attraversa la galleria alzi la mano» disse e lui fu il primo a portare su il palmo, lo stesso fecero Shayna e Rhia.
«Due goblin non hanno mai fatto paura a nessuno», affermò l’amazzone con i capelli scuri.
«Sì, esatto!» Le fece eco Jey, deridendo poi Da’miàn al suo fianco. «Di cosa hai timore, principino? Puoi sempre farti difendere dalle donne, qui!»
«Ehi, non mi piace il tuo tono quando ti riferisci a noi!» Rhia gli mostrò il pugno duro, ma il nipote del re di Kratøos scosse il capo.
«Non volevo offendere nessuno» sghignazzò con il fratello gemello.
«Voi due cosa preferite?» Drew si rivolse a Seth e Becky, ognuno perso nei propri pensieri. Il primo sdraiato sul sacco a pelo, le braccia incrociate dietro la testa e gli occhi socchiusi; la seconda intenta ad affilare la lama del proprio stocco. Infine quest’ultima si issò, ammirando il lavoro che aveva appena compiuto rinfoderò l’arma e si ravvivò i lunghi capelli amaranti con le dita. Seth sollevò una sola palpebra per osservarla.
«Per me è uguale. Se dovrò vedermela con un gruppo di orchi li affetterò, se invece dovrò scalare la montagna, la scalerò. In ogni caso, dovrebbe essere il nostro leader a decidere e noi dovremmo semplicemente seguirlo. Senza una guida, nessun esercito è in grado di raggiungere lo scopo prefissato. Qualsiasi cosa decidiate di fare, fatelo in fretta e preparatevi a trascorrere la notte, o domani mattina non avremo forze sufficienti». Poi guardò le due amazzoni e aggiunse: «Il primo turno di guardia lo farò io, voi riposate», quindi si allontanò diretta al fiume.
Seth si mise seduto, per l’occasione indossava un abito dal taglio classico di colore rosa e una camicia rosso fuoco. Afferrò il bastone che teneva al suo fianco e usandolo come leva si mise in piedi.
«Io dico di…», attese qualche secondo, «attraversare la galleria».
Coloro che erano propensi a quell’opzione esultarono, solo l’arciere scosse il capo, arrotolando la mappa geografica che aveva dispiegato in modo da mostrare la strada agli altri.
«Sarà un massacro» disse solo.
«Mmm no, se ci sono io con voi». Seth scoppiò a ridere, una risata sguaiata e forzata, come al solito. «Adesso dormite, da bravi, sto io di guardia». Così dicendo ravvivò il fuoco gettandovi altra legna, attese che tutti fossero pronti per la notte, poi raggiunse l’amazzone in riva al fiume.
Drew lo seguì senza fare rumore, acquattandosi qualche metro più indietro. Il mago continuava a non ispirargli fiducia.
 
Seth la trovò seduta sull’erba umida, le ginocchia raccolte contro il seno e lo sguardo all’insù, rivolto alle Cascate Genitrici. Le si accomodò di fianco, accompagnando ogni gesto con sbuffi plateali, ma Becky non si curò di lui.
«Dovrebbero ragionare tutti come te» le disse. «Sai riconoscere il valore di una persona e rispetti le gerarchie.»
«Sono solo abituata alla vita militare» gli rispose stizzita. «Non sei un gran capo, sei rumoroso e vigliacco. Lasci che siano gli altri a prendere decisioni importanti che sono di tua responsabilità, ma è più facile se lo fanno al posto tuo. Non hai a cuore la salute dei compagni. Se non fosse stato per Drew, a quest’ora staremmo tutti morendo di fame e freddo. E non ho ancora ben capito che razza di mago sei: un occultista, va bene, ma cosa fai esattamente? Come pensi di sconfiggere la più potente maga di tutti i tempi?». Becky tacque fissandolo negli occhi per qualche secondo, un’attesa snervante per entrambi, ma la risposta non giunse mai. «Come immaginavo. Ci porterai alla morte, o forse ti salverai il culo da solo.»
«IO sono stato scelto dall’Arcimago in persona per questa missione!» Si alterò lui.
«Un Arcimago che non si è degnato neanche di presentarsi al palazzo reale, dinnanzi a tutti i re dei Regni Alleati». L’amazzone tornò a guardare le cascate, la potenza dell’acqua che si riversava nel fiume era tale da alzare spruzzi e rimbombare tutt’intorno.
«Sei nervosa da quando abbiamo messo piede nel regno di Namor. Sei seccata e infastidita. Qualcosa ti turba.»
Becky si voltò a guardarlo di nuovo, non si sarebbe aspettata una tale sensibilità da parte di quel mago strambo ed egocentrico, o semplicemente la sua inquietudine era tanto evidente?
Seth notò i suoi occhi lucidi, erano di un castano-verde molto raro, poi la vide tornare a spostare l’attenzione sulle Cascate Genitrici.
«Sono originaria di Kratøos. Avevo un fratello gemello, si chiamava Leo. Eravamo inseparabili. Lui non era portato per la guerra, ero io il maschiaccio fra i due. Leo amava aiutare la mamma a preparare il pane e i dolci, mentre io prendevo lezioni di scherma da mio padre. E non era un problema per la mia famiglia.» Becky arrestò il racconto per cacciare indietro lacrime di rabbia, quindi riprese. «Gli altri bambini lo prendevano in giro e io ero sempre pronta a difenderlo. Poi compimmo dieci anni…».
Seth chinò il capo.
«L’usanza delle cascate. Non è sopravvissuto?»
L’amazzone scosse il capo, stringendo i pugni: dopo tutto quel tempo provava ancora rancore per ciò che gli era accaduto, era evidente.
«Avevo chiesto a mio padre che fossi io a essere lanciata dal dirupo, sarei sopravvissuta. Ma lui fu irremovibile. “Il gioco è bello quando dura poco” mi disse e allora compresi che non aveva davvero accettato il carattere mite di Leo, credeva solo che fosse un momento passeggero, che suo figlio – come tutti gli altri bambini – sarebbe diventato un grande guerriero.»
«Per questo sei entrata nelle Amazzoni?»
«Non c’è posto per le donne nelle fila dei cavalieri di Kratøos. Leo non c’era più e io non avevo alcun motivo per restare a casa, senza nessuno da proteggere».
Trascorsero alcuni minuti, durante i quali nessuno dei due parlò, poi l’amazzone si girò a guardare il mago ancora seduto al suo fianco e, con un sorriso di circostanza, gli chiese quale fosse invece la sua storia triste.
Seth la fissò, scuotendo il capo e arricciando le labbra in un sorrisetto.
«Nessuna storia triste. Nessuna madre morta o sorella torturata. Sono solo un mago, nato e cresciuto a Osihria. In effetti, ho avuto un’infanzia alquanto noio-».
Il volto dell’occultista sfigurò in una smorfia di incredulità, poi di terrore, mentre teneva lo sguardo puntato alle spalle della donna, gli occhi si spalancarono un attimo prima che lei gli chiedesse cosa avesse. Seth d’istinto afferrò il bastone che giaceva al suo fianco e tirandosi su lo batté tre volte sul terreno morbido del lungofiume. Becky lo imitò scattando sull’attenti, quindi si voltò indietro, verso le cascate e… non le trovò.
«Co-cosa diamine?!»
«È opera della Dama, corri più veloce che-»
Le parole di Seth rimasero sospese nell’aria, un’aria che di nuovo – come la notte precedente – pareva essersi fermata, non si udiva un minimo suono, tutto era immobile. La figura esile ed eterea della Morte di Bianco Vestita si stagliava dall’altra parte della riva, muovendo le braccia come se stesse danzando, in maniera lenta, oscillante. Le acque del fiume seguivano i medesimi movimenti e un attimo dopo si ritirarono completamente, rivelando un letto fatto di massi, detriti, pesci agonizzanti e corpi di bambini.
Becky si portò entrambe le mani alla bocca, soffocando un gemito, gli occhi le si riempirono di lacrime e terrore. La Dama tenne un palmo fermo, rivolto in direzione delle Cascate Genitrici, probabilmente per trattenerne l’acqua, ma con quella libera mosse le dita come se stesse manovrando fili invisibili. Pochi secondi dopo, i corpi ammucchiati e sparsi dei piccoli cadaveri si mossero, dannatamente simili a marionette fatte di carne putrescente e bulbi oculari vuoti. Questi esseri attaccarono il mago e l’amazzone ancora fermi lungo la riva del fiume, ma vennero sbalzati lontano dallo scudo magico che Seth aveva eretto appena si era reso conto che qualcosa non andava.
I bambini di Kratøos però non si arresero e continuarono ad avventarsi contro i due, fin quando lo scudo non resse più e si frantumò. Uno di loro saltò addosso a Becky, tentando di azzannarla alla gola e di cavarle gli occhi con dita livide e gonfie. La donna lo tenne lontano mettendo fra sé e il cadavere la propria arma. Seth gli assestò un colpo con la punta del bastone, porgendo una mano all’amazzone per aiutarla a rimettersi in piedi.
«Non posso affrontarli» disse lei, con voce piagnucolosa.
«Dovrai farlo, invece!». Il mago ne colpì altri tre, disegnando nell’aria una runa con l’Ametista incastonata nella propria arma. Trappole esplosive comparvero tutt’intorno, un morto la sfiorò di sfuggita, scoppiando.
Un bambino violaceo, senza più occhi, né un braccio – forse mangiucchiato dai pesci – addentò una caviglia di Becky facendola urlare di spavento e meraviglia, più che di dolore. Seth la sentì, ma anche lui era circondato da quegli esserini abominevoli, non poteva aiutarla. Poi la testa del cadavere ai piedi dell’amazzone venne tagliata di netto: era stato Drew. Imbracciava uno spadone imponente quanto la sua persona.
«La testa, dovete recidergliela!».
Alle sue spalle accorsero i gemelli di Kratøos che ne abbatterono altri due combattendo in sintonia, muovendosi all’unisono, con mosse l’una lo specchio dell’altra. Anche Shayna ne neutralizzò uno, assestandogli prima un colpo allo stomaco e, appena l’esserino si chinò in due, gli tenne la testa sotto il piede, quindi gli saltò sopra spiaccicandola sul terreno fangoso. Alle sue spalle Rhia brandiva la propria arma, un falcione dalla lama affilata e il manico di legno, trapassando da parte a parte uno di loro, ma l’essere tornò all’attacco dopo un momento di smarrimento, beccandosi una freccia in piena fronte. Quindi l’amazzone gli tagliò la testa, voltandosi poi verso l’arciere che aveva scoccato il dardo:
«Sarei riuscita a farlo fuori anche senza il tuo aiuto!»
«Dici? Mi sembravi in difficoltà», la prese in giro Da’miàn abbattendone altri due.
Nel frattempo, Drew raggiunse Seth, combattendo schiena contro schiena per un po'.
«Che razza di magia è questa?» Chiese il guerriero.
«Magia nera. È bandita ai maghi comuni, solo i grandi maestri magi possono apprenderla.»
«E quando ci hanno mandato al macello non si sono chiesti che, forse, anche noi avremmo avuto bisogno di uno che, quanto meno, riuscisse a neutralizzarla?»
«Non si può fermare, solo combattere».
Seth sollevò la punta del bastone verso l’alto, la pietra viola brillò più intensamente.
«Drew, bada a Becky, non è in grado di combattere».
Il corazziere falciò la testa alla base del collo di due cadaveri bambini, quindi cercò il generale amazzone con gli occhi e la trovò rannicchiata ai piedi di un tronco, lo sguardo perso e le dita tra i capelli, in procinto di strapparseli.
«È per il fratello, vero?»
«Conosci la sua storia?» Gli domandò Seth, facendo volteggiare il bastone, senza perdere la concentrazione.
«No, ho solo origliato.» Così dicendo, Drew si allontanò a grandi falcate, senza notare il sorriso ironico di Seth.
Quest’ultimo chiuse gli occhi, pronunciando formule magiche a fior di labbra, quindi fermò il movimento delle braccia, la pietra quasi esplose di luce violetta, intensa, e ai piedi della Dama del Vento si aprì una voragine. La maga ritirò le braccia e balzò all’indietro, senza posare i piedi sul terreno rimase in lievitazione, corrucciata e infastidita per essere stata distratta e costretta a interrompere il suo incantesimo. I bambini cadavere caddero al suolo come sacchi, privi di ogni forma apparente di vita, i bulbi vuoti rivolti al nulla dell’eternità.
La Dama urlò e un forte vento scosse la chioma folta degli alberi, costringendo la compagnia a farsi scudo con le braccia. In lontananza si udiva il boato dell’acqua del fiume che stava tornando, simile a un ciclone. La Morte di Bianco Vestita si elevò oltre le fronde degli alberi, lanciando un colpo secco all’entrata della galleria a pochi metri da tutti loro. Rocce enormi quanto case si staccarono dalla parete delle Montagne Ululanti, ostruendone il passaggio.
«Adesso la montagna sarà la vostra prova e la mia alleata». Disse, poi sparì in un sbuffo di fumo.
Il fragore del fiume si stava avvicinando, simile al ringhio di una bestia enorme e spaventosa. Sapevano che se avessero voluto guadare il fiume, quello sarebbe stato il momento migliore: senza acqua, non avrebbero dovuto fare il giro lungo, recuperando diverse ore di viaggio, evitando di incontrare nemici. Inoltre, restare lì per quella notte non avrebbe avuto senso, considerando il fatto che l’acqua del fiume, tornando a valle, avrebbe potuto causare una specie di tsunami, travolgendoli.
«Presto! Dobbiamo attraversare il fiume!» Urlò Seth, accompagnando l’ordine con un ampio gesto del braccio.
«Attraversare il fiume? Adesso? E i cavalli? Il cibo?» Shayna indicò l’accampamento qualche metro indietro.
«L’acqua li sbaraglierà comunque», rispose Seth, intanto Jey e Joy avevano già raggiunto l’altra riva, invitando il resto della compagnia a fare altrettanto.
Lo scrosciare dell’acqua avanzava inesorabile. Seth vide anche Rhia e Da’miàn muoversi velocemente, seguiti a ruota da Shayna, ancora non convinta di quella scelta.
«Saliamo lungo il sentiero!» Gridò l’arciere dall’altra parte, con le mani ai lati della bocca. L’occultista annuì, poi raggiunse Drew e Becky, quest’ultima ancora scossa.
«C’era mio fratello» bisbigliò. «L’ho visto, era lui…».
«Becky dobbiamo andare» Seth tentò di issarla prendendola per un braccio, ma lei si accasciò contro il tronco dell’albero a cui era poggiata.
«Drew» disse Seth e il guerriero capì. Afferrò l’amazzone per la vita e se la mise sopra una spalla, poi insieme si accinsero a guadare il letto fangoso del fiume.
Quando però giunsero quasi a metà strada, un ammasso d’acqua si affacciò oltre il dirupo e con una forza devastante si riversò giù.
Il mago di nuovo batté il proprio bastone sul terreno melmoso, ordinando a Drew di non fermarsi. Appena prima che l’impeto dell’acqua li travolgesse, un muro di roccia si stagliò a protezione, facendo straripare il fiume oltre l’argine.
Seth corse verso i suoi compagni, ma la potenza dell’acqua era così vigorosa che sgretolò la parete magica e travolse il mago. Quest’ultimo sentì mani che lo afferravano per i polsi, per la collottola del vestito, per una coscia, e lo tiravano su. Rotolò sul terreno bagnato, respirando affannosamente con la pancia verso l’alto. Alla sua destra giaceva Becky, anche lei con il respiro ansante, ma finalmente sembrava essersi ripresa dallo choc; alla sua sinistra c’era invece Drew, seduto con le ginocchia piegate: tra i tre, sembrava quello meno trafelato.
A fatica si misero in piedi, il rombo delle cascate si faceva sempre più incessante, tra qualche minuto l’intera zona sarebbe stata allagata. Corsero verso il sentiero delle Montagne Ululanti, i loro compagni si erano già messi al riparo, sebbene la sfida che li attendeva non sarebbe stata meno pericolosa di quella alla quale erano appena scampati.
 
 

Kratøos, Capitale del Regno di Metallo ₭

Namor venne svegliato da uno dei due cavalieri che stava di guardia alle stanze reali. Il re strinse con energia il manico del coltello che teneva sotto al cuscino. Era un’arma antica, tramandata dai discendenti della corona, donata al primo monarca di Kratøos da un re elfico. La guardia rimase immobile sulla porta, le braccia tese lungo il corpo e il mento rivolto verso l’alto. Si annunciò e aspettò in silenzio che il suo sovrano gli desse il permesso di aprir bocca.
«Altezza, due forestieri chiedono di parlare con voi», annunciò compito.
«A quest’ora della notte? Non possono attendere l’alba?»
«Hanno attaccato i nostri guerrieri di guardia al portone, minacciandoli di tagliare loro la gola se non avessimo concesso loro di incontrarvi. Dicono sia urgente, mio Signore.»
«Tutti quelli che vogliono incontrarmi hanno qualcosa di urgente da espormi.»
«Certo, maestà!».
Namor sbuffò, allentando la presa sul manico intarsiato del coltello. Con una lentezza estrema si mise seduto sul bordo del letto, lanciando uno sguardo fugace alla donna che giaceva nuda e addormentata al suo fianco. Per quella notte ne aveva scelta una a caso dal suo harem, senza neanche badare chi fosse, non gli interessava, in fondo erano tutte uguali: belle, in salute, giovani, credulone.
Il re di Kratøos si infilò i pantaloni scuri, abbandonati sul pavimento, e si coprì il torso nudo con una tunica chiara, dai bordi ricamati d’oro, che quasi sfiorava il pavimento. Tenne i lunghi e scuri capelli sciolti, ravviandoseli con le mani, quindi seguì la sua guardia fino alla sala del re.
«Chi sono queste persone?» Domandò, più per non farsi trovare impreparato che per mera curiosità.
«Un mago e un’amazzone», rispose il guerriero.
Improvvisamente però, tutta l’attenzione di Namor si concentrò su quell’incontro, lo stordimento dovuto al sonno si dileguò. Quando entrò nella sala non si sedette sul proprio trono, ma con tutta calma raggiunse i suoi ospiti, riconoscendo la ragazza che la regina Charlotte aveva escluso dalla missione.
«Svegliare un re nel cuore della notte può significare solo due cose: o l’argomento è terribilmente importante, o è così grave da non esserci soluzione alcuna.»
«Re Namor, vi ringraziamo per averci dato udienza. In realtà non è così grave, non per voi o il vostro fiero popolo, ma lo è per noi. Beanka…» Edgemas indicò l’amazzone al suo fianco, «mi ha garantito che avete sposato la causa della Dama del Vento e quindi sicuramente ci sareste venuti incontro.»
«Beanka…» ripeté il re guerriero, «mi ricordo di te», aggiunse guardando la ragazza dall’alto in basso. Lei chinò lo sguardo, Namor era un bell’uomo, la sua voce calda e paziente pareva cullare chiunque l’ascoltasse, inoltre la vestaglia bianca gli lasciava scoperto il petto muscoloso e attraversato da alcune cicatrici. Lei era solo una giovane che, fin da quando aveva memoria, era sempre vissuta nel Regno di Scizia, fra una moltitudine di donne, dove la presenza degli uomini era bandita.
«Non abbassare lo sguardo, giovane donna, non sono quel genere di imperatore» continuò lui, alzandole il capo con un dito posato sotto al mento. «La tua regina ti aveva escluso dalla missione, adesso perché sei qui, in compagnia di un mago?».
Beanka gli raccontò ogni cosa, compreso l’incarico che le aveva affidato Charlotte. Edgemas si limitò ad annuire quando il re volgeva lo sguardo dentro il suo, per avere conferma forse, o semplicemente per tenerlo d’occhio. Aveva sentito parlare del Mago Vikingo, era una specie di idolo nei territori sotto il suo dominio, poiché era solito aiutare i piccoli villaggi sparsi intorno alla capitale. Lo osservò con un senso di curiosità: i capelli color miele erano lunghi e scompigliati fin oltre la nuca, unendosi come fossero un tutt’uno con la barba incolta. Indossava un vecchio mantello grigio, sotto il quale non avrebbe saputo dire cosa ci fosse. La punta del bastone, con una pietra rossa incastonatavi, spuntava oltre la spalla sinistra. Riconobbe quella pietra, giacché il suo regno ne era il primo e unico esportatore.
«Quello è un Rubino» disse, interrompendo il racconto di Beanka, il quale era giunto al momento in cui erano stati attaccati dai lupi.
«Sì», rispose Edgemas.
«Racchiude in sé la potenza del Sole, del fuoco che arde. Simbolo di forza vitale, di passione e di prosperità. Porta con sé il calore in ogni sua forma e concezione.» Namor tornò a guardare l’amazzone, sorridendole. «Fin quando resterai al suo fianco, non avrai nulla da temere.» Cominciava a comprendere la scelta di Volkàn di affidare a quel mago la guida della missione, adesso però era realmente preoccupato per i suoi nipoti, la cui vita sembrava nelle mani di un pagliaccio che si era spacciato per il mago più potente di tutti i tempi: Seth.
Diede le spalle a entrambi, invitandoli a seguirlo. Per quella notte sarebbero stati suoi ospiti, ma Edgemas rifiutò con garbo e fermezza. Accennò un inchino con la testa, affermando che avrebbero preferito partire subito. La squadra era lontana giorni di viaggio e, a causa di quel contrattempo, la distanza era aumentata ulteriormente.
Il re di Kratøos annuì, comprendeva, poi si rivolse a Beanka, chiedendole se fosse anche il suo volere.
«Sì», rispose la ragazza con tono fiero. «Lo è!». Si sentiva finalmente parte di quell’avventura, di qualcosa di enorme, alla pari di un mago potente e un re importante.
«Bene. Vi fornirò tutto ciò di cui avete bisogno», concluse il sovrano Namor, l’ultimo della sua stirpe.
 
 
Montagne Ululanti, Regno del Vento

Il vento gelido sferzava i loro volti, con un braccio cercavano di farsi da scudo, l’altra mano invece tastava la parete rocciosa della montagna. Erano quasi giunti nel punto di svolta ormai, oltrepassato quello la discesa lungo il versante opposto sarebbe stata più semplice. Il sentiero che si inerpicava ai loro piedi era dissestato, ogni tanto qualche sassolino cadeva dall’alto, rimbalzava e poi proseguiva lungo il burrone, di cui non si scorgeva la fine. Non c’erano animali lì intorno, solo qualche aquila osava volare nelle vicinanze del proprio nido. Sopra le loro teste andavano addensandosi nuvole scure, portatrici di tempesta.
«Dobbiamo accelerare», gridò Da’miàn per farsi udire oltre il sibilo del vento. «O rischiamo di finire nel pieno della bufera».
Nessuno gli rispose, forse quelli in fondo alla fila non riuscirono neanche a sentirlo.
Rhia improvvisamente si accasciò sulle ginocchia, una mano premuta contro l’addome. Becky era dietro di lei, si chinò per chiederle cosa avesse e l’espressione sul suo viso non le piacque. La giovane amazzone, infatti, aveva un colorito cereo, gocce di sudore le imperlavano la fronte, le labbra iniziavano a diventare esangui. Il generale amazzone le scostò il palmo con il quale si teneva la pancia ed entrambe videro le dita macchiate di sangue.
Rhia abbozzò un sorriso tirato:
«Uno di quegli esserini mi ha morso», i suoi respiri erano rantoli, «ha continuato a farlo come una sanguisuga. Mi dispiace…». Calò le palpebre, la mano scivolò via, inerme lungo il corpo.
Becky urlò il suo nome, richiamando l’attenzione anche di chi le era davanti. L’arciere accorse, ancor prima di Shayna, tastando il polso dell’amazzone ferita:
«Non è morta, solo svenuta. Deve aver perso molto sangue. Dobbiamo tornare a valle prima possibile, in queste condizioni non saremo in grado di aiutarla». Si rimise in piedi e cercò Drew con lo sguardo. «Pensi di riuscire a trasportarla?».
Il cavaliere gentiluomo era sicuramente il guerriero con il fisico più possente, in condizioni normali non avrebbe avuto problemi a caricarsi addosso Rhia, ma l’arciere si rendeva conto che non erano affatto in una situazione semplice. Ciò nonostante, il combattente di Kratøos non si tirò indietro e con l’aiuto di Da’miàn si caricò l’amazzone sulla schiena, proseguendo lentamente lungo il sentiero in salita. Di conseguenza l’andamento rallentò, e Seth non perse tempo a farlo notare.
«Cosa proponi allora, mago? Di lasciare Rhia a morire?» Tuonò Shayna, avvicinandosi con aria minacciosa all’occultista alle sue spalle.
«Smettetela voi due!» Intervenne Da’miàn dall’alto della fila, seguito a ruota da Drew con addosso Rhia, i gemelli Jey e Joy e Becky. «Nessuno abbandona nessuno!».
Shayna tornò a guardare davanti a sé, ma non si rese conto che una parte di sentiero era crollato, quindi il suo piede trovò il vuoto, facendole perdere l’equilibrio. Scivolò lungo la parete di un paio di metri, d’istinto Becky si allungò e l’afferrò per il polso, incitandola a non mollare. Anche i gemelli del Regno di Metallo tentarono di calarsi per tirare su l’amazzone, questa si diede una leggera spinta, cercando un appiglio dove poter incastrare i piedi, ma la parete della montagna risultò liscia come la pelle di un bambino. Agitandosi peggiorò ulteriormente la situazione, cedendo qualche altro centimetro. Inoltre, la furia del vento sembrava incalzare maggiormente, Da’miàn guardò il cielo sopra le loro teste, ormai completamente grigio. Le nuvole si erano mosse troppo velocemente, iniziava a sospettare che ci fosse lo zampino della Morte di Bianco Vestita.
«Shayna, non mollare la presa, hai capito? Ti tengo io…» Becky aveva il volto rigato di lacrime e non se ne era accorta, il braccio con il quale teneva la sua compagna cominciava a dolerle, ma non importava. «Non abbiamo una corda? Non abbiamo NIENTE?».
Tutti tacquero, ogni supporto era andato perduto nello scontro di poco prima.
«E tu, mago da strapazzo, non puoi fare niente? Una magia, un incantesimo… SEI TOTALMENTE INUTILE!»
Il generale amazzone sentì la presa intorno al polso dell’amica allentarsi sempre di più, non sarebbe resistita ancora per molto e non aveva la forza di issarla. I due fratelli avevano tentato di afferrarla per il bacino e tirarle insieme, ma la stretta era troppo debole e avrebbero rischiato comunque di farla precipitare.
«Shayna ci sono io, stai tranquilla, non ti lascio, hai capito?»
«Il cuore» biascicò Shayna, «Il cuore, portalo alla regina.»
«Il cuore? Quale cuore, Shayna?» Le chiese il generale amazzone, poi il polso letteralmente le sfilò da mano, provò a riacciuffarlo, ma trovò solo aria. L’espressione sul volto di Shayna era quello di un cucciolo abbandonato, colmo di orrore, i suoi occhi sgranati e terrorizzati furono l’ultima cosa che Becky vide di lei – e anche l’ultima cosa che avrebbe ricordato per sempre, senza mai più dimenticarlo –, mentre cadeva nel vuoto delle Montagne Ululanti, inghiottita dall’oscurità. Non urlò Shayna intanto che precipitava, non si dimenò, semplicemente cadde, accettando il suo destino da guerriera amazzone qual era. 
Becky si sporse maggiormente in avanti, il terreno sdruccioloso cedette, Jey fu scaltro ad afferrarla prima che potesse seguire il destino della compagna. La tirò indietro per la vita ed entrambi caddero con le spalle contro il muro, intanto che l’eco delle grida di dispiacere dell’amazzone riecheggiavano nel silenzio profondo delle Montagne Ululanti.
 
 

 
 
Proprio come aveva previsto Da’miàn di Delundel, la discesa lungo il versante opposto della montagna fu meno difficoltosa. Il vento era ormai alle spalle e le nuvole scure che continuavano ad addensarsi, nascondendo le cime innevate, non erano più un pericolo. Iniziava a notarsi il fondo valle e più in là le luci gialle e tremolanti della capitale del Regno del Vento: Eos. L’arciere sostò per qualche secondo a rimirarle, in particolare soffermò il suo sguardo sulla torre bianca del palazzo reale: una struttura dai lineamenti tondeggianti, di marmo bianco e candido. Pensò ai suo fratelli ancora addormentati; a suo padre magari impegnato a risolvere i problemi del regno; a sua madre, che forse fingeva di dormire al canto di suo marito.
Drew lo invitò a proseguire, Rhia aveva bisogno di riposo.
Discesero velocemente gli ultimi tratti del sentiero, poi silenziosi come pantere raggiunsero la pianura e si fermarono sotto i rami di un salice piangente. Il guerriero di Kratøos adagiò l’amazzone ferita con le spalle contro il tronco dell’albero sempreverde, aiutato dai gemelli. Rhia aveva ormai perso i sensi, i suoi respiri erano sempre meno frequenti e talvolta le fuoriuscivano simili a rantoli rochi. Becky si chinò al suo fianco, anche quest’ultima non aveva una bella cera, gli avvenimenti di quella notte l’avevano scossa visibilmente.
«Abbiamo bisogno di una medicea» disse, poi sollevò lo sguardo su Da’miàn. «Nella tua città potremmo trovare…»
«No» rispose secco lui.
«No?» Becky scattò in piedi, fronteggiandolo faccia a faccia, era più bassa di lui di almeno venti centimetri. «No? Sta morendo e io non permetterò che accada. Ho già perso una compagna, non ne perderò una seconda.»
«Becky, calmati, nessuno permetterà che Rhia muoia.» Drew la tirò indietro con un braccio, delicato ma fermo. «Da’miàn, guardala, è Rhia! Ha bisogno di cure che noi non possiamo darle, e abbiamo bisogno di una pausa, tutti quanti. La strada per Vanesia è ancora lunga e non sappiamo cosa ci aspetta. Abbiamo perso tutti i viveri, in queste condizioni non andremo lontani».
L’arciere distolse lo sguardo da quello di Drew, evitando di fissarlo sulla ragazza ai piedi del salice. È Rhia, aveva detto il corazziere, perché sapeva che in quei giorni i due avevano stretto un bel rapporto, come Da’miàn non era riuscito a fare con nessun altro all’interno della squadra. Rhia, che a volte sembrava la versione femminile di sé; Rhia, che quando i loro sguardi si incrociavano gli faceva una linguaccia, strappando un sorriso al suo volto sempre così serioso, corrucciato.
«Ehi, arciere, non abbiamo tutto il tempo del mondo, che vuoi fare?» Seth irruppe con la sua voce, infastidito da quell’attesa.
«A est della torre bianca ci sono i campi dei contadini, lì c’è una casupola abbandonata. Raggiungetela, è l’unica casa nei paraggi, non potete sbagliarvi».
Jey a Joy aiutarono Drew a caricarsi nuovamente l’amazzone sulle spalle, mentre Da’miàn s’incamminò svelto, diretto alla città di Eos.
«Dove stai andando, arciere d’infamia?» Lo richiamò Becky.
«A chiamare una medicea».



 
₰ ₭ ẟ Ỽ ʮ


 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Nina Ninetta