Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Dorabella27    28/01/2022    14 recensioni
Come sa bene chi mi conosce, non ho mai digerito l'episodio 15 dell'anime: mi sembra insensato, soprattutto per quel che riguarda la storia della finta gravidanza di Maria Antonietta (a dir poco impossibile: i parti reali erano pubblici, proprio per evitare rischi di sostituzione del neonato o altri infingimenti); nel finale dell'episodio, poi, la colpa che viene fatta ricadere su Oscar è sommamente odiosa, e sarebbe talmente grave da rendere pressoché incredibile il fatto che nell'episodio successivo nessuno dia segno di ricordare alcunché. Ho immaginato allora uno switch - possibile? probabile? quanto meno, plausibile, si spera - a partire dal rientro di Oscar a Corte. Il racconto si trasformerà in corso d'opera, e da quasi - feuilleton prenderà le movenze di storia di taglio introspettivo e intimista. Questa volta procederò dando la parola, via via, ai singoli personaggi, che si alterneranno come voci narranti, con capitoli brevi e, spero, ravvicinati. Sperando che apprezzerete questo mio ennesimo esperimento .... buona lettura a tutti!
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Charlotte Di Polignac, Contessa di Polignac, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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V - Lire fortifie notre esprit
 
Avevamo lasciato Oscar a provare e riprovare il suo amatissimo Tartini, giusto? Ed ecco qui il prosieguo....
 
Provo e riprovo, ma Il trillo del Diavolo questa sera è proprio impossibile a eseguirsi. Strano, perché è da quando ho dieci anni che lo conosco - un tempo, anzi, lo eseguivo perfettamente -, e concentrarmi sull’esecuzione di un brano impegnativo, di solito, è un ottimo modo per deporre la tensione alla fine di una lunga giornata alla guida del mio reggimento.
Depongo violino e archetto e vado in biblioteca.
 
 Nell'ampia sala tappezzata di libri, con le loro rilegature in marocchino rosso e verde che spandono un buon odore di cuoio, mi sono sempre sentita a mio agio, e così mi propongo di passare un paio d'ore tranquille, in compagnia dei miei silenziosi amici, per placare il tumulto che sento nascermi dentro.
Sono irrequieta, ma non sono una signorina preda dei suoi umori: non lo sono mai stata, non è così che sono stata educata.
 
Mi siedo nella vasta poltrona dietro la scrivania ; sul ripiano ci sono dei libri: ne sollevo uno: Tibullo.
Chi legge Tibullo?
Mio padre? Non credo proprio.
        Mi viene da ridere: ce lo vedo davvero, mio padre, l'austero Generale Jarjayes, glaciale e severissimo, dopo una giornata chino sulle carte topografiche e militari, intento a ristorare il suo spirito con distici flessuosi che parlano d'amore!
 
         Il sottile segnalibro di raso segna un punto in una delle primissime pagine: Quam iuvat immites ventos audire cubantem/ et dominam tenero continuisse sinu... « Come è bello ascoltare sdraiato nel letto la furia dei venti, /e tenere la propria signora stretta al morbido petto » Lo ricordo bene, questo passo ...[1], ma stasera non sono dell'umore giusto per apprezzarlo.
 
Proprio la lettura  che ci vuole, adesso!, mi dico.
 
Chiudo il libro, spazientita, e afferro l'altro volume che gli sta vicino. Non c'è autore né titolo.
Lo apro, incuriosita, e subito dopo lo richiudo di scatto.
Non è un libro a stampa: i fogli sono ricoperti di una grafia regolare ed elegante che conosco molto bene... È un diario! È ... è ... il diario di André.
 
Mi sento avvampare.
 
André tiene un diario? E da quando? Sfoglio a ritroso le pagine e guardo la data della prima annotazione: 11 maggio 1764, più di dodici anni fa.
La grafia è ancora infantile, tondeggiante, con qualche macchia d'inchiostro. Chi sa se ... scorro le pagine, poi mi fermo. No, non posso. Decisamente, non posso. André deve avere sicuramente dimenticato il suo diario sulla scrivania e non sarebbe felice di sapere che ho curiosato.
 
Non è ... corretto.
 
E poi, io non sono stata educata a nutrire queste curiosità femminili.
 
Ah no, io no, io no.
Non io!
 
Mi alzo.
Mi siedo ancora.
Mi ritorna alla mente l'immagine di André in marsina nera, con il tricorno, il suo scherzoso baciamano prima di lasciare la stanza ...
 
Non posso, non devo ... ma, in fondo: chi potrà mai venirlo a sapere?
 
        Giro la testa, per accertarmi che la porta della biblioteca sia chiusa (chiuderla a chiave, non posso: se qualcuno per disgrazia volesse entrare, a quest’ora poi !, e trovasse la porta chiusa, penserebbe che sto facendo qualcosa di sconveniente... "e avrebbe ragione"; mi dice la vocina nella mia testa, questa volta pericolosamente simile alla voce di André), e poi sfoglio con il fiato sospeso le pagine: da annotazioni estemporanee e molto brevi, ma quasi quotidiane, nei primi anni dell'infanzia, le sue riflessioni si fanno più sporadiche, ma molto più ampie, come se  non sempre André trovasse il tempo di aggiornare il diario, ma quando come se, ogni volta che poteva farlo, volesse arricchire il semplice racconto dei fatti con lunghe analisi.
 
Scorro le pagine con curiosità e trepidazione: chi sa se André ha aggiornato il diario quella sera ... Ed eccola qui, c'è: 26 giugno 1768.
 
RICORDI DA UNA LETTURA  CLANDESTINA
 
        Lo ricorda molto bene lei, quel 26 giugno.
         Era cominciata come una qualsiasi giornata d'estate. La sveglia all'alba, la lezione di scherma con il padre, prima lei, poi André, poi lei e André sotto gli occhi del generale; la lezione di latino, quella di musica per lei mentre André aiutava Jacques a ferrare i cavalli.... una qualsiasi, luminosa, calda giornata di giugno.
        Dopo pranzo, come sempre, si erano eclissati.
Una corsa nel parco, sino a grondare sudore, una breve sosta  sotto la grande quercia per riprendere fiato prima del bagno.
        Si erano anche azzuffati, quel pomeriggio, strattonati e presi a pugni sull'erba, anche più accanitamente del solito, perché Oscar voleva far ammettere ad André che era arrivata lei per prima alla quercia, lei che era stata più veloce e più agile, «perché nella corsa sono insuperabile », gli diceva sempre (Caro André ! Aveva annotato anche questo suo ritornello infantile !).
 
        Ricordava anche che lei, presa dalla stizza perché André non voleva ammettere la sua vittoria, l’aveva strattonato, con una violenza tale che gli aveva strappato una piccola ciocca di capelli: era rimasta di sasso, pensando a che dolore dovesse avergli provocato, ma André l'aveva rassicurata con sorriso: "Via, Oscar! Non mi hai fatto poi così male".
E siccome lei continuava a sentirsi in colpa, lui le aveva detto: "Allora, facciamo così: sono in credito di uno strattone ai tuoi bei capelli biondi, d'accordo? Quando meno te lo aspetterai, ti strattonerò e ti staccherò una ciocca. Va meglio così?". "Molto meglio", aveva detto lei, e l’incidente era stato superato.
 
Poi, una risata e si erano come sempre spogliati per fare il bagno nel lago della tenuta fra scherzi e spruzzi, giocando ad acchiapparsi e a cacciare l'uno all'altra la testa sotto il pelo dell'acqua. Quando ne erano usciti, mentre camminavano sull'erba calda di sole, spintonandosi fra le risate, -e lui cercava di dissimulare il suo sguardo calamitato dall'oro liquido dei capelli di lei - Oscar aveva visto quel sottile rivolo di sangue lungo la coscia.
 
"Oh, no! André, guarda, le sanguisughe!", aveva esclamato, spaventatissima. "Nel lago ci sono le sanguisughe! Chi sa dove si sono attaccate !". Era già successo l’anno prima, che, bagnandosi in uno stagno, fosse riemersa con un poco simpatico animaletto attaccato alla coscia.        Anche se era stata educata a non avere ribrezzo di nulla, quella volta non era riuscita a ostentare indifferenza, ed era stato André a doverle staccare la sanguisuga dalla pelle, dove era rimasto un segno che, a distanza di anni, spiccava ancora sul biancore della coscia.
 
        "Ma no, che dici, Oscar, le sanguisughe vivono solo nell'acqua stagnante", aveva risposto lui, con il suo solito tono calmo e tranquillo; poi aveva abbassato lo sguardo sulla sua coscia, ed era arrossito violentemente. "Non credo che siano le sanguisughe. Oscar, è meglio se ti rivesti ... se ci rivestiamo. Vieni, torniamo a casa".
 
"Ma perché? Ma che cosa è successo?"

"È meglio se ne parli..." e qui André si era interrotto. Con chi doveva parlarne esattamente Oscar? Con la madre, per volontà del Generale, Oscar non aveva nessuna confidenza, non più di un qualsiasi figlio maschio; e poi, la contessa Marguerite era perennemente a Versailles come dama di compagnia di una delle figlie del re; le sorelle erano chi già sposata, chi in convento per educazione in vista del matrimonio, e lui non non arvrebbe avuto certo cuore di abbandonare la sua Oscar a una qualsiasi delle cameriere che magari l’avrebbe trattata con sufficienza, o peggio, derisa sguaiatamente per quella incredibile ignoranza. Ecco: il dottor Lassonne! Certo! Chi meglio di lui? Ma come poteva André farlo chiamare? Sulla base di quale autorità ? Avrebbe dovuto andare dal Generale e dirgli ... dirgli ... che cosa? "Signor Generale, dovreste chiamare il dottor Lassonne perché Oscar...insomma, le deve spiegare...e io come l'ho saputo? Perché nei pomeriggi d’estate con vostra figlia facciamo il bagno insieme nel lago della tenuta".
        No no, meglio morire.
        Anzi, l’imbarazzo era un deterrente persino superiore al timore della punizione del Generale. Accidenti, adesso sta' a vedere che anche queste cose avrebbe dovuto spiegargliele lui! Poi, l'illuminazione: la nonna, ecco! Sì, chi meglio di lei? Come non aveva potuto pensarci prima?
"Forse è meglio se ne parli con Nanny, Oscar. Vieni".
 
        Erano entrati di soppiatto in cucina. La nonna stava per alzare la voce per rimproverarli, vedendoli bagnati fradici, i capelli ancora stillanti acqua, poi, quando i suoi occhi avevano colto lo sguardo imbarazzato di André e gli occhi azzurri sgranati di Oscar, si era zittita subito.
        Per qualche giorno non aveva più rivisto Oscar se non per le lezioni e per le esercitazioni con il fioretto e la sciabola. Durante le lezioni, gli sembrava che evitasse il suo sguardo, imbarazzata e taciturna, concentrata solo sui libri, l’inchiostro e il calamaio.
        Due giorni dopo, passando davanti allo studio del generale, aveva intravisto il dottor Lassonne dare le spalle alla finestra, seduto al posto del suo padrone, e Oscar di schiena, i capelli biondi incendiati dal sole del tramonto.
"E non c'è nessun modo per evitarlo, Dottore?", aveva chiesto, in tono di supplica sconfortata.
Si era appiattito contro il muro, appena a lato della soglia.
"No, Solo in gravidanza, Madamigella".
"Oh. Quindi non potrò più evitarlo. Mai più... E fino a quando....andranno avanti?"
"Non c'è una data precisa, madamigella: in qualche caso sino ai cinquant'anni, e oltre".
 
"Cinquanta??!!!". La voce di Oscar doveva avere un che di sconcertato, anzi, di disperato. "Ma è tutta una vita!":
 
        Oscar ricordava benissimo quelle giornate. Se fino ad allora aveva potuto illudersi di riuscire a vivere come il maschio che aveva creduto di essere sino a quando il confronto con André non l'aveva disillusa in proposito, la sua comprensione di che cosa significasse esattamente appartenere al sesso femminile era stata sempre piuttosto nebulosa, ma quel giorno il tempo e la natura l'avevano messa di prepotenza di fronte alla realtà dei fatti, ineludibile, e così squallida.
 
        Nanny, poi, le aveva solennemente vietato di fare il bagno, da quel momento in poi, con André, e di farlo entrare nella sua stanza. Adesso, però, Oscar scopriva che la cara, affezionata Nanny non era stata meno perentoria con il nipote, che così aveva riportato sul suo diario gli ordini della nonna: "La nonna mi ha severamente vietato di prendere il bagno con te, di spogliarmi in tua presenza, di entrare nella tua stanza. Il Generale, da parte sua, è stato meno esplicito, ma più perentorio e insieme più allusivo e contraddittorio, dicendomi solo: "André, da questo momento in poi ti ordino di avere per mio figlio Oscar lo stesso rispetto e distacco che avresti per una giovane donna che ti fosse stata affidata. Non deludermi ».
 
        Oscar girò pagina: il cuore perse un battito mentre i suoi occhi percorrevano le righe successive:
 
Oh, Oscar, non saprai mai che pena e che tenerezza profonde ho provato per te da quel giorno, tutti i giorni! Già da tutta la primavera, e dall'inverno che l’ha preceduta, ho spiato i tuoi fianchi arrotondarsi impercettibilmente, il tuo seno premere sempre più contro il tessuto delle camicie, le tue gambe farsi più lunghe, le cosce più piene e insieme affusolate; e ho tremato, perché presagivo che non sarebbe stato molto lontano questo giorno, questo giorno che ci ha divisi; perché tu ora sei una donna, e non potrai più avere con me la stessa confidenza di prima, non potrai più raggiungermi sotto le coperte la notte per leggere di nascosto la storia di Sindbad il marinario, non potrai più fare il bagno con me, non potremo più essere solo io e te.
Adesso sei davvero sola, Oscar, sei una donna fra gli uomini, un essere bellissimo che tutti guarderanno con curiosità e forse anche con desiderio e morbosità, una creatura che non potrà avere la confidenza di un'amica o di una madre, e che dovrò tenere a distanza anche io? Oscar, vorrei che tu lo ricordassi, che lo sapessi: per te io ci sarò sempre. Non potrò mai dirtelo con queste parole, ma sarò sempre, comunque, in tutti i modi che potrò, al tuo fianco.
Stanotte ho sostato fuori dalla tua stanza, davanti alla porta: sentivo il tuo pianto, i tuoi singhiozzi soffocati. È stata la prima volta che hai pianto senza che ci fossi io a consolarti con un abbraccio e un bacio sulla guancia. Tenevo la mano aperta sul legno della porta che ci divideva, e pensavo a te, da sola , seduta sul letto, le braccia appoggiate alle ginocchia, la testa fra le mani. Tu non lo sai, Oscar, ma io ero lì, con te.
Tu non sarai mai sola, perché ci sarò io, io che sono stato il tuo compagno di giochi, il tuo servo, il tuo amico devoto, la tua metà perfetta, il solo a conoscerti per quello che davvero sei, mia unica e insostituibile Oscar. Credimi, Oscar: te lo giuro: con me, tu non sarai mai sola.
Leggeva tormentandosi le labbra, e, alle ultime parole, si asciugò una lacrima che scorreva sulla guancia. Caro André: ecco spiegati il suo imbarazzo e la sua titubanza nei giorni successivi.
 
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Ed eccoci qui: dal feuilleton siamo passati a un episodio di taglio più intimista; tema forse non nuovissimo (in particolare, ringrazio per lo spunto Mareggiata); ma, quanto alla sanguisuga, chi ha avuto, come la sottoscritta, il piacere di trovarsene una addosso, di norma non si avventura più per laghi e laghetti: Però, Oscar, lo sappiamo, è differente!
Per il dettaglio della ciocca di capelli... come dimenticare Carlino e la Pisana, la coppia più bella della letteratura italiana, e quella con l'amore più travagliato, dopo Tancredi e Clorinda? Quanto al Casinò.....può aspettare ancora un po'. Ma ci arriveremo, oh se ci arriveremo!
 
[1] Allusione alla mia FF Dopo il lampo arriva il tuono - Parte I.
   
 
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