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Autore: Musical    31/01/2022    1 recensioni
Un demone millenario con così tante domande in testa, così curioso, così desideroso di soddisfare la sua sete di conoscenza, ma senza qualcuno che possa rispondere ai suoi mille quesiti, perché un demone non può chiedersi come sia fatto Dio, o perché il mondo sia così, o come ci si senta ad essere amato... Un demone non può ribellarsi.
Un prete con così tanti desideri, così tanta voglia di ribellarsi ad un mondo che gli è stretto, dover sottostare agli ordini delle schiere celesti, eppure non può far nulla... Imprigionato in quella gabbia di vetro, Aziraphale deve stare in silenzio e sopportare, perché è questo che un umano fa, è questo quello che Gabriel e gli altri s'aspettano da lui, e lui non può ribellarsi.
~
Inferno e Paradiso sono in guerra da millenni, ma è proprio nei momenti peggiori che può nascere l'inaspettato. E tu, per cosa sei disposto a combattere?
[demon/priest AU, Crowley cambierà sesso di tanto in tanto]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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Crowley apre gli occhi, la luce del sole si fa intravedere appena dalle oscure tende appese alla finestra. Fa un leggero stretching per sentirsi meglio col suo corpo umano, che ancora non s’è adattato a dormire sul soffitto.

Quando è pronto per scendere, il demone avverte un forte dolore alla testa, come se qualcuno lo stesse pugnalando ripetutamente con numerosi pugnali. Il dolore comincia a farsi insopportabile, tanto che Crowley teme che la testa gli scoppi da un momento all’altro. La stanza comincia a gira.

Quel briciolo della sua mente, che non è intento ad urlare dal dolore, riesce a decifrare il significato di quell’improvviso dolore. L’Inferno lo sta chiamando e, viste le fitte di dolore, dev’essere alquanto urgente.

Crowley prova a scendere dal soffitto, tuttavia una fitta più forte delle altre lo fa cadere rovinosamente sul pavimento, smorzandogli il fiato. Se non fosse per la forte pressione alla quale la sua testa viene sottoposta, l’orgoglio di Crowley risentirebbe molto della caduta di stile; millenni ad esercitarsi e ancora non riesce a mantenersi saldo alla superficie in determinate circostanze.

“Dannazione!” sibila, rimettendosi le mani tra i capelli. “Fatelo smettere!”

Il dolore se ne va, ma la stanza comincia a girare. Crowley rimane lì, rannicchiato nella sua coperta, mentre la stanza smette per pochi istanti la sua folle rotazione. Tuttavia il dolore alla testa ricomincia senza sosta.

Come se non bastasse, il demone avverte una forte pressione che lo spinge contro il pavimento. Come una palla di ferro, qualcosa gli preme sul petto, comincia a sentire le ossa della gabbia toracica incrinarsi, mentre la testa viene compressa in quella tremenda, brutale, crudele, cruenta, atroce morsa.

L’Inferno ti sta chiamando, Crawly. Ubbidisci!

La voce che Crowley avverte nella sua testa non fa altro che amplificare il dolore che sta provando per tutto il corpo. Il suo corpo umano non riesce a sopportare tutta questa sofferenza e tutta questa tensione mista a terrore, così comincia ad andare in iperventilazione.

Sei così patetico, per essere un demone!

Crowley odia questo trattamento. Mal sopporta il metodo con cui i demoni vengono chiamati e questi devono presentarsi sprofondando nel terreno. Fosse dipeso da lui, si sarebbe presentato usando una delle tante porte dell’Inferno poste sulla Terra. Eppure, una simile agevolazione non l’aveva mai ricevuta e ogni volta che di Sotto lo chiamano, è un muto pianto quello che esce dagli occhi del demone; una richiesta d’aiuto che nessuno può sentire; lacrime invisibili che nessuno avrebbe asciugato.

“Va bene… Arrivo…”

La presa s’allenta lentamente, mentre la temperatura corporea del demone sale rapidamente, e il demone viene inghiottito nelle profondità terrene. Crowley sa che il suo corpo umano, non potendo sopportare simili pressioni e temperature, può implodere da un momento all’altro. Tuttavia, non vuole cambiare forma, il demone ha troppa paura di non ricordarsi più come assumere un aspetto umano.

“Bentornato, Crawly!” l’accoglie la voce di Dagon.

Crowley prova a muoversi, ma la forza di prima avvolge nuovamente il suo corpo, impedendogli di muoversi.

“Cosa vuoi, Dagon?”

“Io? Niente di particolare. Dimmi piuttosto perché sei qui.”

Crowley prova ancora una volta a divincolarsi dalla presa, ma le sue carni vengono lacerate ad ogni suo movimento brusco, come se fossero avvolte da fili di ferro.

“Non saprei, magari qualcosa come la lotta che ho avuto con l’Arcangelo Uriel ieri sera?”

Dagon mostra i suoi denti affilati come rasoi, imitando in maniera penosa un sorriso.

“Qualcosa del genere, sì. Belzebù è venuto a sapere della tua lotta e, soprattutto, che hai tentato di scappare. Dimmi, Crawly, è accettabile?”

Crowley non risponde, ben sapendo che qualsiasi risposta avrebbe comportato ulteriore dolore.
Peccato che il silenzio viene considerato peggio di una risposta.

“È accettabile?” il ringhio di Dagon è seguito da diverse fitte di dolore che si diramavano per il corpo del demone.

“Attendo una risposta”, Dagon sembra bearsi dei gemiti di Crowley.

La pelle di Crowley comincia a bruciare, si ricopre di scaglie nere e rosse, poi semplicemente si sfalda, facendo fuoriuscire gocce di sangue, il colore è talmente scuro da sembrare nero.

“N... ... No…”

Odia questi trattamenti, non li sopporta, non vuole continuare a subire certi trattamenti. Gli occhi cominciano a lacrimare per il dolore, il respiro diventa sempre più affannato, la bocca aperta cerca disperatamente di prendere quanto più ossigeno può.

“Credo di non aver capito, Crawly. È accettabile?”

La lieve risata di Dagon innesca una rabbia nel cuore di Crowley che lo fa reagire.
Il demone si volta di scatto, le pupille diventano due strette fessure, mentre un respiro infernale comincia a prendere forma all’interno della sua gola. La pelle si squaglia come se fosse cera, dandogli la possibilità di spalancare come un rettile le fauci, dalle quali comincia ad uscire del fumo.

“Ho detto di no!”

Poi, come per miracolo, la pressione cessa, dandogli la possibilità di riprendere fiato, e di tornare in sé. C’era mancato poco che perdeva il controllo e tornava ad avere le sembianze demoniache, simili a quelle degli altri abitanti infernali.

“Vedo che riesci ad opporti. Come mai non ti sei opposto all’Arcangelo, allora?”

Il dolore al petto ritorna, insieme ad una dolorosa sensazione d’essere trafitto da una lancia, l’arma preferita di Dagon.

“E non mancarmi di rispetto questa volta.”

Dagon serra la presa sulla lancia per far andare più in profondità la lama, lacerando le carni di Crowley. Quest’ultimo stringe i denti, non volendo dare soddisfazione alcuna nel far sentire che sta soffrendo.

“Q-qualcuno...” mormora agognante. “Ci… Ci ha ferma-ato...”

Dagon poggia un piede sulla ferita appena aperta sul petto di Crowley, esercitando quanta più pressione possibile finché non sente un lamento da parte di Crowley, adesso può ritenersi soddisfatto.

“Tutto qui?”

“S-sssss-sì…”

Il volto di Dagon s’apre in una smorfia divertita, strappando la lancia dal corpo di Crowley, beandosi del suo urlo di dolore.

“A Belzebù verrà fatto rapporto di quanto hai detto. Sai cosa ti succederebbe se non dovesse essere vero quanto da te affermato.”

La mente di Crowley riesce a concepire un pensiero. Se l’Inferno è un luogo pieno di bugiardi, perché si è così attenti e precisi nel sapere la verità?
La domanda non riceve risposta, in parte perché Crowley si nega il lusso di porre domande dalla prima frustrata subìta, e in parte perché se la sua mente riesce a concepire simili ragionamenti, allora è segno che sta bene. Deduce, quindi, che è meglio non sfidare la sorte facendo notare quel piccolo dettaglio.

“Hastur ti sta aspettando.”

Il dolore smette, lasciandolo respirare per qualche secondo, prima che la lancia venga rimossa in malo modo dal corpo di Crowley.

“È stato bello, Crawly.” Dagon posa la lancia sulla spalla, non curandosi dello stato in cui ha lasciato l’altro demone. “Non vedo l’ora che arrivi la prossima volta.”

Detto ciò, Dagon scompare. Crowley ha giusto pochi istanti per chiudere gli occhi prima che un altro demone compare, Hastur. Crowley prende un grosso respiro e cerca d’alzarsi, le membra gli fanno male, ma non gli è permesso mostrare dolore.

“Ah, sei ancora vivo. Non pensavo che avresti superato lo scontro con l’Arcangelo. Non credevo neanche che avresti resistito contro Dagon.”

A Crowley esce uno sbuffo divertito, non riesce a trattenersi, non con Hastur, col quale non va affatto d’accordo.

“Ligur ed io avevamo scommesso. Lui era convinto che avresti espirato dieci minuti dopo l’arrivo di Dagon. Io invece dicevo che non saresti sopravvissuto neanche alla nostra chiamata. È un vero peccato che nessuno dei due abbia vinto.”

Il petto sanguinante di Crowley vibra per una risata. “Desolato d’avervi deluso”, piano piano s’alza da terra, sa che con Hastur non deve abbassare troppo la guardia.

“Oh, ma non preoccuparti. C’è un compito che devi eseguire.”

“Quale sarebbe? Consegnare l’Anticristo a qualche sciagurata famiglia?”

“No, Crawly, quello è un compito che spetta a qualcuno di veramente competente.”

Crowley fa una smorfia scontenta, non gli piace quando gli altri demoni tengono a precisare la sua mancata voglia di voler creare piccoli demoni con le donne umane. Tuttavia, tira su col naso e se lo gratta, fingendo che la cosa non lo tocchi minimamente. “Quindi?”

“Dimmi, quante anime hai preso?”

Il suo corpo si sta rigenerando, nota con piacere, tanto che non fa fatica a rispondere. “Sessanta seimila duecento cinquantasei.”

“Davvero un ottimo numero, per uno che ama solo fare contratti. Ed è per questo che sei qui.”

Crowley si rimette in piedi, mentre Hastur continua a parlare.

“C’è una chiesa, nella città in cui operi, che è un agglomerato di anime perdute che ritrovano la retta via! Quei pochi che non sono stati conquistati dall’Altra Fazione, affermano che c’è un prete che li aiuta.”

“E cosa dovrei fare? Farlo bruciare tra le Fiamme?”

“Sarebbe una buona idea. Usala solo in caso di necessità. Serve che tu vada lì, e circuisci quel prete fino a farlo passare dalla nostra parte.”

Crowley si ferma a fissare l’altro demone, incredulo per quello che ha sentito.

“Cos…”

“C’è qualche problema?” domanda Hastur alzando un sopracciglio.

E Crowley vorrebbe dire che non ci sono problemi, che è ben felice di farlo, ma c’è qualcosa che lo frena.

“Io... Sai perfettamente che non è così che lavoro. I tempi sono cambiati e non è più conveniente concentrarsi su una sola persona. Andiamo, ci potete pensare voi, siete dei maestri in questo... Perché mandate me?!”

“Perché tu sei il più bravo a fare contratti.”

Crowley si volta e vede Ligur alle sue spalle, gli occhi gialli incutono una voglia irrefrenabile di non obiettare oltre. Crowley è ben consapevole che se Hastur, tra i due, è quello più votato a dare sfogo ai propri istinti, Ligur è quello più freddo, calcolatore e, anche se la differenza è minima, più spietato.

“Tutti Quaggiù vorrebbero arrivare a fare il tuo esorbitante numero di contratti”, Hastur termina la frase di Ligur con un sorriso di scherno a deformargli il viso. “Ligur darebbe via un braccio per raggiungere il tuo livello.”

“Il braccio di qualcun altro, ovviamente.”

“S-sentite, ragazzi, sapete come sono, non è nel mio stile —”

“Il tuo stile è obbedire!”

Appena Ligur, i cui occhi sono diventati arancioni, termina la frase, una forza schiaccia Crowley a terra. Il demone non riesce a rimettersi in piedi, i suoi tentativi vengono ridicolizzati dalle risate di Hastur.

“Rag… Azzi…”

“Sai cosa vogliamo sentire, Crawly.”

Crowley riesce a malapena alzare lo sguardo, per vedere Hastur con un sorriso che gli deforma il volto e Ligur che continua a fissarlo.

“Dillo.”

“Io... Lo farò…”

La stessa forza che prima lo schiacciava a terra adesso lo scaraventa contro una parete sudicia. Secondo i calcoli di Crowley, poteva andare peggio, in questo caso deve solo liberarsi dei vestiti che si stanno ammuffendo con una velocità al di fuori del normale.

Il demone volge lo sguardo verso gli altri suoi simili, uno sembra deluso, l’altro continua a fissarlo con due occhi grigi.

“Credo sia ora che tu vada a lavorare, Crawly.”

L’ultima frase di Ligur gli arriva come un’eco, poiché tutto l’Inferno scompare e Crowley si ritrova nel suo appartamento umano, disteso a terra proprio dove prima era stato chiamato.

Cerca di riprendere fiato, tastando piano i punti in cui è stato colpito. Non avverte alcun dolore, constata con un sospiro di sollievo. I demoni non sono molto attenti sul mantenere e conservare un corpo umano, difatti la fila per richiederne uno nuovo è lunga. Crowley fin dall’inizio aveva imparato a prendersi cura del suo corpo, e l’idea di dover fare una fila lunghissima per un nuovo corpo non l’ha mai entusiasmato.

Appena si alza, però, una voce interrompe i suoi pensieri.

“Era ora, sono ore che aspetto.”

Crowley chiude gli occhi per qualche secondo, desidererebbe essere lasciato solo, per amor di Qualcuno!

“Anche tu?”

“Uh huh, ti ho aspettato per tantissimo tempo.”

“Sai com’è Giù, no? Sono stato torturato fino a pochi minuti fa.”

“Beh, non è stato divertente?”

“Sono serio, Erick.”

“Lo so. Anch’io. È stato divertente.”

Crowley volge lo sguardo al soffitto, domandandosi se sia possibile per lui chiedere aiuto all’altro Boss.

“Cosa vuoi?”

Il demone batte le mani una volta, sorridente, pronto per svolgere il suo compito.

“Sono qui per mostrarti il volto del prete, così saprai chi devi tentare.”

Detto ciò, posa il palmo della mano sulla fronte di Crowley.

“Se ti rilassi, sarà facile”, gli suggerisce, sbattendo un paio di volte le palpebre allungate con il mascara.

Tuttavia, Crowley non è in grado di rilassarsi e il potere di Erick lo sopprime, spingendo con forza l’immagine del prete nella sua mente. La vista comincia ad annebbiarsi e in testa inizia a sentire la voce.

“Andrà tutto bene, Madame Tracy”, afferma.

Quella voce gli suona familiare, ma non riesce a ricordare dove l’ha già sentita.

“Lo spero tanto, Aziraphale”, risponde una voce femminile.

“E se non dovesse andare bene, beh… Troveremo un’altra soluzione.”

La visione del sacerdote diventa abbastanza nitida, da permettere a Crowley di vedere un uomo con i capelli biondi e gli occhi azzurri, troppo luminosi per essere umani.

Ed è con un respiro morto in gola che lo riconosce. È lo stesso prete che l’ha salvato. La visione scompare e vede di nuovo Erick.

“È lui?”

L’altro demone finisce di guardarsi le unghie smaltate di nero.

“In persona. Direi che è ora che tu vada.”

Provando a non far trapelare il nervoso che, come un essere immondo, si aggrappa a lui per portarlo giù con sé, Crowley fa un piccolo cenno con la testa e si dirige verso la porta dell’appartamento, deve trovare un posto sicuro per pensare.

“Stai attento”, lo ferma Erick, “Sei il più divertente tra tutti gli altri demoni. Sarebbe un peccato se ti uccidessero.”

Crowley rimane fermo, immobile, non sapendo come comportarsi; ma è proprio quando sta per voltarsi, per chiedere spiegazioni, che avverte l’aria surriscaldarsi per pochi istanti. Erick non è più dietro di lui.


È trascorsa una settimana da quando Madame Tracy ha avuto l’idea di andargli a fare visita. È amico di vecchia data con quella donna, tanto da poterla considerare come una zia. Il motivo di quella visita non è stato dei più rosei. Buon Dio, cosa ha dovuto sentire… Nonostante i suoi tanti anni di sacerdozio, certe storie gli fanno ancora stringere il cuore.

Madame Tracy gli ha raccontato di una ragazza che, dopo una terribile esperienza, era rimasta incinta; la famiglia l’aveva cacciata di casa, lei era rimasta sola e senza soldi, con una gravidanza che gli dava problemi.

Aziraphale ha aiutato tante persone con problemi gravi, ma molte erano state le ragazze che si trovavano nella stessa situazione. Una strana coincidenza, vista la piccola città in cui abita, ma se ci sono persone capaci di dissotterrare i morti e disturbare il loro sonno eterno, teoricamente non dovrebbe stupirsi più di tanto.

Aziraphale sta per prendere un sorso di cioccolata calda, quando qualcuno bussa alla porta. Davvero un ottimo tempismo, gli viene da pensare con una punta d’astio: non apprezza essere disturbato in questi momenti di tranquillità in cui pensa a come aiutare delle anime innocenti. Il prete rimane immobile, trattenendo il fiato. Se non fa alcun rumore, il disturbatore penserà che non c’è nessuno in casa.

Il bussare alla porta, però, gli fa capire che non è la tattica giusta.

“Chi è?” domanda.

Non riceve alcuna risposta, se non un altro paio di colpi alla porta.

Aziraphale, convinto ormai che non può godersi la cioccolata, posa la tazza sul tavolino e s’alza, pregando in cuor suo che sia una questione della massima urgenza che non può attendere.

“Mi dispiace,” comincia a dire mentre sta aprendo la porta, “ma le confessioni avvengono solo — tu?”

Un sorriso diabolico contornato da folti capelli rossi e un nuovo paio d’occhiali da sole lo saluta.

“Muoio dalla voglia d’esser confessato da lei, prete.”

   
 
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