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Autore: eddiefrancesco    01/02/2022    1 recensioni
Odyle Chagny aspirante artista, è costretta a lasciare la Francia per accontentarsi di fare l'istitutrice delle due figlie di Lord Moran.
Dalla sua posizione ai margini del bel mondo, la giovane si rende conto ben presto che in quell' ambiente dove tutto sembra perfetto, in realtà molti nascondono oscuri segreti.
Per esempio, Lord Tristan Brisbane, l'attraente e un po' impacciato gentiluomo la cui timida insicurezza mal si accorda con le voci inquietanti che circolano sul suo conto.
O dell'avvenenente Lady Moran, che pur circondata dal lusso conduce un esistenza triste e solitaria. Scoprendo a proprie spese che nell'Inghilterra puritana di fine Ottocento può bastare un sussurro per distruggere una vita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Non-con
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La sua Odyle era una donna concreta e vitale, che non aveva tempo da perdere in sciocchezze. Avrebbe tanto voluto che lei gli permettesse di entrare nel suo mondo, che gli raccontasse chi era in verità. E chi era Victor? Fissò per qualche istante il punto in cui i capelli di lei si congiungevano al collo, desiderando con ardore di chinarsi su quel punto e rubarle un bacio. Si trattenne e si schiari' la gola, improvvisamente imbarazzato dal brivido di desiderio che gli infiammava i lombi. Odyle lo sentì e si voltò di scatto, trovandosi a pochi centimetri da lui. «Oh!» «Perdonatemi, Odyle...» «Tristan...» Lui si guardò attorno, timoroso che qualcun altro potesse ascoltarli, poi si chino' su di lei. «Ve l'ho già detto, non posso dirvi molto. Ho giurato di mantenere il segreto.» La guardò e intuì che capiva perfettamente. La vide annuire. «Ma c'è una cosa che voglio facciate se doveste rivedere... se mi dovreste rivedere in quello stato.» Era meglio gettare discredito su se stesso piuttosto che farle intuire la verità. «Come...?» Lo guardò, stupita. «Oswald mi ha detto di ieri notte... del vostro incontro per le scale...» «Ah... già... Ma allora...» «Ho già detto che non posso spiegarvi niente» la zitti' lui, «Ma se doveste incontrare nuovamente quel... quell'essere... Odyle, promettetemi che scapperete, che fuggirete il più in fretta possibile da lui, mi avete capito?» Per qualche istante, si limitò a fissarla negli occhi, quindi le diede un buffetto sulla guancia e, per cercare di rassicurarla un poco, abbozzo' un sorriso. Stava per allontanarsi quando lei gli afferrò la mano e lo trattenne. «So che non siete voi, Tristan... Lo so e basta.» Lo lasciò andare e tornò a voltarsi verso la finestra. Tristan chiuse gli occhi. Se lo faceva, riusciva a immaginare che fosse ancora tutto possibile tra loro, che non ci fosse il suo passato a trattenerlo e che non esistesse quel Victor che era appena saltato fuori come un jolly da una manica. «Andiamo.» Paul l'aveva raggiunto e gli aveva messo una mano sulla spalla. «Tra non molto verrà servito il tè e dovremo essere di ritorno» gli sussurro' all'orecchio. Non appena la porta si fu chiusa alle loro spalle, Cecilia sbuffo' sonoramente. «Ah, Miss Odyle, chissà come ci si sente ad avere così tanti spasimanti? Dite un po', ma il vostro Victor non è un tipo geloso? Se vedesse come vi comportate con Lord Brisbane penso che lo sarebbe.» Lady Cartwridge le lanciò un'occhiata preoccupata mentre Lady Montgomery scoppiava in una sonora, ma benevola risata. «Chiudi bene la porta» disse con aria grave Paul, appoggiando la candela sul tavolo e rivolgendosi all'amico che lo seguiva. Nel silenzio, si udì il rumore della chiave che girava nella serratura. «Bene.» Il dottor Oswald appoggiò la valigetta su un tavolino di legno piuttosto malandato e aprì le tende della camera in fondo al corridoio dell'ala occidentale. La stanza era piuttosto spoglia, non c'erano quadri alle pareti, ma solo un tavolo accanto alla finestra e un paio di sedie, poco distante da un'altra piccola porta. Tristan socchiuse gli occhi, infastidito dalla luce. «Non riesco a capire come sia potuto succedere» mormorò tra sé. «Devi aver lasciato la porta aperta. Sei stato davvero incauto, amico mio. Non devi abbassare la guardia, anche se quella ragazza...» «Odyle lasciala fuori, te ne prego.» Paul si zitti' e gli voltò le spalle, nascondendogli la smorfia di disapprovazione che gli si era dipinta sul volto. «Comunque, controlla sempre d'ora in poi, te ne prego.» «Non c'è bisogno che tu me lo dice» ribatte' Tristan con durezza. «Avanti.» Paul aprì la borsa e ne estrasse un astuccio di legno e un flacone di morfina. Sollevò la boccetta e controllo' controluce la purezza del liquido battendoci sopra con un dito, poi preparò la siringa e infilò l'ago nella fiala, aspirando tutto il liquido. «Sono pronto.» Tristan sospirò e percorse stancamente i pochi passi che lo separavano dalla porticina. Sosto' per qualche istante accanto a una delle sedie, quindi si tolse la giacca e la posò sullo schienale. Fissando Paul negli occhi, si slaccio' i polsini della camicia, arrotolandosi le maniche fin sopra i gomiti. Annuì e Paul lo raggiunse. Erano pronti. Tristan gli voltò le spalle e afferrò la maniglia della porta interna che, come sempre, era aperta. Oltre la porta era piuttosto buio, ma Tristan vi entrò con una certa sicurezza. Subito, tuttavia, i suoi piedi inciamparono in qualcosa. «Paul...» mormorò preoccupato. Oswald corse nella stanza attigua e tornò poco dopo con la candela accesa, cercando di rischiarare l'ambiente. La stanza non aveva finestre e, al contrario del piccolo disimpegno che la precedeva, era riccamente arredata con una scrivania, un armadio, una cassapanca, un letto, dei tappeti e dei quadri. C'era persino un camino ma, nonostante il freddo, era spento e non vi era alcuna traccia di brace recente, né degli arnesi che avrebbero potuto servire a ravvivarlo. Ciò che balzava subito all'occhio era l'assoluta mancanza di oggetti. Non c'erano libri, né penna e calamaio, o fogli e qualsiasi altra cosa avrebbe potuto essere presa in mano. Mancava persino il cuscino. Tristan si guardò in giro. Nonostante quelle precauzioni, tutti i quadri erano stati staccati dalle pareti e gettati per terra. Si chino' accanto a una cornice e la sollevò. La tela era stata graffiata rendendo difficile riconoscere il dipinto. Si intuivano dei volti, probabilmente dei ritratti. La famiglia Brisbane. I genitori e due figli. Anche il letto era stato disfatto e lenzuola e coperte erano state gettate a terra, in parte a brandelli. «Tristan...» Tristan sollevò lo sguardo verso Paul, che gli indicò con un cenno l'anta semiaperta dell'armadio. Stancamente, si rialzo' da terra e la raggiunse. Appoggiò una mano lungo il bordo e la tirò verso di sé, strizzando gli occhi nel tentativo di distinguere la forma all'interno dell'armadio. Poi disse: «Bernard... vieni fuori.» «Quello che state per vedere è il mio piccolo gioiello, ne sono molto orgoglioso, quindi dovrete sorridere e mostrarmi un'espressione di ammirato stupore, se non volete offendermi.» la canzono' Tristan infilando una chiave nel grosso lucchetto che chiudeva le porte della rimessa vicino alla casa. Odyle rise, e Tristan pensò che era meraviglioso poterle parlare in quel modo spensierato e constatare che in lei non c'era traccia della tensione che li aveva visti su opposti fronti fino a poco prima. Del resto, Michael era nettamente migliorato e sembrava che lui e Lady Emma si fossero riavvicinati. Si era sbagliato sul conto di Odyle e Michael. Lei era felice di essere testimone del rifiorire di quel rapporto e proprio per questo Tristan - che volesse ammetterlo o no - si sentiva euforico. Sfidando il freddo pungente di quella mattina e le occhiatacce che Oswald gli aveva lanciato durante la colazione, Tristan aveva proposto a Odyle, e a lei soltanto, di fare una passeggiata nei boschi. E lei aveva accettato, nonostante le velenose frecciate che Miss Cecilia Montgomery, come al solito, non le aveva risparmiato. «Oh, volete proprio far morire di gelosia il vostro povero Victor!» aveva esclamato con una risatina chioccia mentre sorseggiava una tazza di tè. Già... Victor. Non poteva certo dire che quella fosse l'unica nuvola nera al suo orizzonte, ma era certo un'assenza ingombrante. Non era ancora riuscito a scoprire nulla su quel fantomatico fidanzato, e si chiedeva se esistesse davvero. Odyle non ne faceva parola, non smentiva, né confermava, lasciando sempre il discorso nel vago. Tristan fece scorrere le due porte che chiudevano il capanno. Dentro era buio e sembrava fare ancora più freddo che all'aria aperta. La invitò a entrare, incoraggiandola con un sorriso. Odyle, timidamente, fece un passo avanti, chiudendosi le braccia intorno al corpo per difendersi dal gelo. Tristan accese la lampada a olio che aveva portato con sé, illuminando lo spazio angusto affollato di oggetti impolverati
   
 
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