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Autore: Star_Rover    09/02/2022    5 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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36. Epilogo
 


Germany calling, Germany calling!
Si è concluso con successo l’attacco aereo alle basi della RAF a Lough Erne, in Irlanda del Nord. Questa è la prima vittoria che permetterà di espandere il nostro dominio alla conquista dell’Atlantico. Il Führer ha espresso il suo orgoglio per un'altra eroica impresa che ha dimostrato la superiorità della Wehrmacht. I valorosi piloti della Luftwaffe hanno affrontato con coraggio questa missione…

 
«Dannazione! Spenga quella radio, ho sentito abbastanza!»
Il dottor Hales girò la manopola mettendo a tacere la voce nasale e gracchiante di Lord Haw-Haw.
«Avremmo potuto evitarlo» commentò James con amarezza.
«Crede che queste informazioni siano state fornite ai tedeschi dall’IRA?»
«Ne sono certo»
Il crittografo assunse un’espressione preoccupata: «ritiene possibile che esistano ancora rapporti tra l’IRA e la Germania?»
Donnelly annuì: «questo conferma il fatto che i militanti stiano continuando a ricevere armi dai tedeschi in cambio di informazioni»
«Esiste dunque la possibilità di un accordo militare?»
James s’irrigidì: «non sono autorizzato a parlare di certe questioni con un civile»
Il professore insistette: «direi di essere ormai coinvolto del tutto negli affari del G2»
Donnelly gli rivolse un’occhiata diffidente.
«Voglio solo sapere se l’invasione rappresenta un pericolo per l’Irlanda» precisò.
James decise di essere sincero nei suoi confronti: «non ufficialmente, ma esiste un piano di emergenza per questa eventualità»
Hales capì che la situazione era ancora incerta, la fine di quella guerra appariva ancora lontana.
Donnelly scrutò con attenzione il suo interlocutore: «posso farle una domanda?»
Egli annuì.
«Per quale motivo ha scelto di continuare a collaborare con l’Inghilterra?»
Il professore sospirò: «questa guerra non ci ha lasciato molte alternative»
«Lei è un unionista?»
L’uomo scosse la testa: «sono soltanto realista. Questa Nazione non può sopravvivere senza compromessi»
«Suppongo di doverla ringraziare per quel che sta facendo»
«Ad ognuno il suo dovere. Non è così tenente Donnelly?»
James sussultò nel sentirsi chiamare in quel modo. Il tenente Donnelly era sempre stato suo padre, doveva ancora abituarsi a questo cambiamento. Nella sua mente ricordò la conversazione avuta con il tenente Hart, egli era l’unico che aveva realmente analizzato a fondo quel delicato e complesso rapporto. L’inglese era riuscito a provare profonda empatia nei suoi confronti, comprendendo che per lui quell’eredità era un peso e una condanna.
Tu non disprezzi tuo padre, rimpiangi solo il fatto di non aver avuto l’occasione di conoscerlo veramente. In fondo quando indossi questa divisa hai modo di condividere i suoi ideali e combattere per la sua stessa causa.
Se prima aveva tentato di non dare troppa importanza a quella sentenza adesso non poteva fare altro che accertarne la veridicità. Aveva finalmente compreso il valore di quelle scelte, non provava più odio o disprezzo per un uomo che aveva rinunciato ai propri ideali per proteggere le persone che amava. Si era confrontato con ideali differenti, aveva scoperto realtà ben più complesse.
Si era avvicinato alla figura del padre, ma questo non significava che fosse rassegnato a diventare come lui.
Anche in questo l’agente Hart era riuscito a leggere nella sua anima.
Sei un buon agente e questo dipende soltanto dalla tua volontà. Hai le capacità per dimostrare chi sei realmente senza doverti preoccupare di quel che gli altri si aspettano da te.
«Va tutto bene?» chiese il crittografo notando lo sguardo vacuo e assente dell’ufficiale.
Egli si riprese tornando in sé.
«Mi scusi, è che…questa promozione è stata inaspettata»
«Da quel che mi ha riferito il capitano Kerney è stato un avanzamento di carriera meritato»
Il giovane rimase in silenzio.
«Le sue indagini hanno portato a buoni risultati» continuò il professore.
«Purtroppo non siamo ancora riusciti a catturare il capitano Maguire»
«Sono certo che sia solo una questione di tempo»
«Lei ha molta fiducia nelle mie capacità» dedusse il tenente.
«Perché non dovrei? Ha dato prova di essere un agente determinato e competente sul campo»
«So che conosce la verità su di me, dovrebbe considerarmi un vile traditore»
Hales guardò il giovane negli occhi: «so che è un ufficiale del G2 assegnato alla sezione britannica. So che collabora con l’Intelligence e che è un agente sotto copertura tra le fila dell’IRA. Sta svolgendo il suo dovere, non mi importa di quel che è stato in passato, adesso stiamo dalla stessa parte»
Donnelly parve rassicurarsi.
«Ho sempre cercato di fare la cosa giusta, anche se questo non è mai stato abbastanza»
«Ha imparato dagli errori commessi, dimostrando di meritare una seconda possibilità. Il tenente Hart sarebbe orgoglioso di lei»
James si commosse nel sentire quelle parole: «lo crede davvero?»
Il crittografo confermò con convinzione, era certo che l’ufficiale britannico avesse sempre avuto a cuore il destino del suo giovane compagno. Non stentava a credere che fosse stato lui a garantire in suo favore prima della sua tragica scomparsa.
Alla fine il suo piano aveva funzionato, salvare la vita di James era stata la sua ultima missione compiuta con successo.
Il tenente Donnelly tornò a rivolgere la sua attenzione alle carte disposte sul tavolo.
«È riuscito a decriptare gli ultimi messaggi?»
«Purtroppo temo di aver bisogno di ancora un po’ di tempo. Come le ho detto altre volte i codici sono sempre più complessi»
L’ufficiale abbassò il capo con rassegnazione. Aveva portato a termine il suo compito consegnando quei messaggi all’Intelligence, non c’era altro che potesse fare.
 
Anche quella sera Donnelly si rinchiuse nel suo ufficio al Castello. Aveva bisogno di tempo per riflettere, quale sarebbe stata la sua prossima mossa? In quel gioco di forze doveva cercare il giusto equilibrio. Sarebbe stato possibile avvantaggiare l’Inghilterra senza danneggiare l’Irlanda? Forse sì, se l’Intelligence avesse mantenuto la sua parola. Purtroppo non tutti gli inglesi si erano rivelati onesti e leali come il tenente Hart.
Allo stesso tempo doveva rispettare il suo ruolo di ufficiale del G2 e mantenere la sua credibilità nei confronti dell’IRA per non destare sospetti.
A volte Donnelly si preoccupava per la facilità con cui riusciva a mentire e tradire, ma gli era sufficiente ricordare il motivo per cui stava facendo tutto ciò per rassicurarsi.
Era ancora perso in queste considerazioni quando l’agente McKenna entrò nella stanza per recuperare alcuni documenti. Il nuovo arrivato si stupì per la presenza del suo superiore.                «Signor tenente, come mai è ancora qui?»
«Dovevo terminare di scrivere un rapporto» rispose prontamente.
Il suo collega notò il suo volto stravolto dalla stanchezza.
«Dovrebbe tornare a casa e riposare un po’»
James si prese la testa tra le mani: «probabilmente ha ragione»
L’agente osservò l’orologio: «è tardi, sua moglie sarà in pensiero»
Il tenente sospirò: «già…in ogni caso non potrei essere d’aiuto in queste condizioni»
McKenna si avvicinò manifestando un’insolita cortesia: «a proposito, non ho ancora avuto occasione di porgerle le mie congratulazioni»
James esitò, doveva rassegnarsi al fatto che tra quelle mura le voci girassero in fretta.
«Questa mattina mi hanno riferito la lieta notizia» rivelò il suo compagno.
«Oh, certo. La ringrazio, probabilmente presto avrò bisogno di qualche suo consiglio» disse pensando che in quel particolare ambito il suo collega avesse ben più esperienza.
«Be’, essere padre è un mestiere che non si può insegnare. Non sarà semplice, ma posso assicurarle che quando stringerà suo figlio tra le braccia per la prima volta avvertirà soltanto il desiderio di amare e proteggere quella creatura»
Donnelly sorrise, fino a poco tempo prima non credeva possibile che sarebbe tornato a provare gioia nel cuore.
 
Sulla strada di casa James rifletté ancora una volta sulla sua posizione. Aveva accettato ogni compromesso riponendo tutte le sue speranze di salvezza in quell’alleanza. Aiutare l’Inghilterra a vincere quella guerra era l’unico modo per preservare la Pace.
Sopportare tutto ciò non era affatto semplice, ma ogni sera riusciva ad avere conforto al pensiero che avrebbe trovato Julia ad attenderlo. Ogni volta che tornava tra le sue braccia sentiva di poter abbandonare quel mondo di inganni e menzogne per essere soltanto se stesso. Il suo amore puro e innocente restava il suo più grande conforto. L’imminente arrivo di un figlio aveva rafforzato ancor di più quel legame, una nuova vita era una speranza per il futuro.
Per questo non aveva rimpianti a riguardo della sua decisione, era disposto a tutto per proteggere chi amava.
 
***

L’agente Hadel osservò l’Hauptmann Seidel mentre richiudeva in un cassetto i documenti riguardanti l’Operazione Grün.
«Dunque i piani sono cambiati?» azzardò.
L’ufficiale non si sentì in dovere di giustificare la decisione dei suoi superiori.
«L’Irlanda non è più una nostra priorità» fu la vaga risposta.
Hadel guardò il capitano dritto negli occhi.
«Lei ha sempre saputo che questa operazione non avrebbe mai potuto avere successo, vero?»
Seidel sostenne il suo sguardo e rispose freddamente: «l’Abwehr aveva bisogno di conferme»
L’agente segreto non si sorprese, anche questo faceva parte del gioco dello spionaggio. Mettere alla prova la fedeltà e l’affidabilità dell’IRA era un compito rischioso e pericoloso, ma l’Aquila era riuscita a portare a termine la sua missione, rivelando che la situazione era ben più complessa del previsto. Era ovvio che l’Abwehr non avrebbe rinunciato del tutto a quella alleanza tanto preziosa quanto fragile, probabilmente continuando a stringere accordi con i ribelli. Sul versante militare però l’IRA era un’organizzazione troppo debole e frammentata per poter essere di supporto. Inoltre un’eventuale invasione avrebbe richiesto un consistente impiego di forze belliche che la Germania non poteva permettersi a quel punto della guerra.
Hadel immaginò che fossero queste le ragioni per cui i suoi superiori avevano abbandonato il piano originale, senza però troncare ogni rapporto con i repubblicani. Restava utile il fatto che gli inglesi potessero continuare a temere una possibile invasione.
Al termine di quelle considerazioni Hadel pensò alla sorte del giovane che aveva coinvolto.
«Ho saputo che il tenente Schneider è tornato al servizio della Luftwaffe»
«La sua unica richiesta è stata quella di poter essere riassegnato alla sua unità» spiegò Seidel.
«È un peccato che abbia rinunciato al suo incarico, era un agente molto promettente» disse l’altro esternando la sua delusione. 
«Era l’uomo di cui avevamo bisogno per portare a termine la missione in Irlanda, questi erano gli accordi. Come sa i piloti sono arguti e coraggiosi, ma spesso si rivelano imprevedibili»
Hadel sospirò, in fondo era sempre stato consapevole che non avrebbe potuto tenere a lungo un aviatore lontano dalle nuvole. Schneider si era rivelato un alleato prezioso per l’Abwehr, ma il destino dell’Aquila era tornare a volare.
 
***

Le montagne di Wicklow sorgevano in lontananza oltre a un sottile strato di nebbia, le cime rocciose erano ancora coperte da uno strato di ghiaccio e neve. Declan ammirò quel paesaggio ormai familiare con una piacevole percezione di pace e tranquillità. Il tempo sembrò fermarsi, il giovane restò immobile avvertendo i tiepidi raggi di sole sulla pelle e il vento tra i capelli.
Era ancora abbandonato a queste sensazioni quando ad un tratto udì dei rumori sospetti, qualcuno si stava avvicinando. Istintivamente portò la mano alla pistola, ma lasciò l’arma appena riconobbe la staffetta dell’IRA. Il nuovo arrivato percorse il sentiero in sella al suo cavallo dal mantello grigio. Non ebbe bisogno di confermare l’identità del soldato, conosceva bene i volti familiari dei ribelli che avevano trovato rifugio in quelle alture.
Il giovane smontò dalla groppa dell’animale e rapidamente corse a consegnare la preziosa lettera che teneva al sicuro nella giacca.
«Un messaggio da Dublino» annunciò con il respiro affannato.
Declan prese il foglio tra le mani, lesse attentamente il contenuto senza lasciar trasparire alcuna emozione. Si trattava di nuovi ordini, presto la sua squadra sarebbe tornata in azione.
«Devo portare una risposta?» chiese il messaggero.
L’altro scosse la testa: «no, non è necessario. Puoi andare»
Il giovane esitò, poi prese coraggio: «a dire il vero pensavo di restare»
O’ Riley gli rivolse un’occhiata indagatrice.
«Voglio unirmi ai ribelli»
Declan non fu particolarmente colpito da quella rivelazione, nonostante i tempi difficili erano sempre più numerosi coloro che decidevano di schierarsi dalla parte dei militanti. D’altronde l’IRA era sempre stato l’esercito del popolo.
«Perché sei venuto da me?» chiese con curiosità.
«Perché desidero far parte della sua squadra e combattere al suo fianco. Tutti sanno che i suoi uomini sono i più forti e valorosi!»
«Davvero?» domandò piacevolmente sorpreso.
«Dicono che lei abbia partecipato all’imboscata a Enniskerry e all’incursione alle caserme di Wicklow»
O’ Riley rispose con un sorriso inequivocabile, entrambe le notizie corrispondevano alla realtà.
«Dovresti rivolgerti a un ufficiale, non spetta a me una simile decisione»
Il giovane tentò di protestare, mostrando sempre più insistenza.
Dopo un po’ Declan si arrese alla sua ostinazione: «se vuoi puoi restare al rifugio per questa notte, domani mattina penserò ad avvertire il tenente O’Connor»
Lo sguardo del ragazzo si illuminò: «farebbe questo per me?»
Egli annuì, poi lo congedò indicandogli la strada da seguire per raggiungere i suoi compagni.
Quando il giovane si fu allontanato oltre la boscaglia Declan rimase nuovamente solo con i suoi pensieri. Quell’incontro aveva riempito il suo cuore di orgoglio e speranza. L’IRA aveva bisogno di nuove reclute, era rassicurante sapere che il desiderio della rivolta non aveva mai abbandonato l’animo degli irlandesi.
La lotta per l’Indipendenza era lontana dal giungere alla fine, ma l’importante era resistere.
Declan tornò a contemplare il profilo delle montagne, nel silenzio udì un acuto strido. Proprio in quel momento un rapace si innalzò sopra la sua testa per poi planare sulla vallata. Iniziò a volteggiare in cerchio, seguendo le correnti d’aria con le enormi ali spiegate. Declan restò ammaliato ad ammirare il volo veleggiato dell’aquila. La sagoma del volatile si stagliava all’orizzonte in tutta la sua maestosità ed eleganza.  
Sul volto del giovane comparve un malinconico sorriso. Ripensò all’Aquila tedesca, nella sua mente il suo ricordo era più vivido che mai. Non avrebbe mai potuto dimenticare ciò che Hans era stato per lui, avevano condiviso ideali, segreti e infine anche sentimenti. Quel rapporto, così intimo e coinvolgente aveva cambiato la sua vita per sempre.
Il giovane si asciugò una furtiva lacrima, ancora una volta si era lasciato sopraffare dalle emozioni pensando ad Hans. Pur non avendo più avuto sue notizie dentro di sé sapeva che egli era ancora vivo ed era certo che avesse mantenuto la sua parola.
Con questa consapevolezza Declan si incamminò nuovamente sul sentiero, determinato a fare la sua parte per rispettare quella promessa.
 
***

Il tenente Schneider era stato avvertito con il minimo preavviso per quell’appuntamento. Nel mezzo dell’avanzata verso Leningrado le truppe dello Heer richiedevano il costante supporto aereo, i campi d’aviazione sul fronte orientale erano in continuo fermento. La sua unità non faceva eccezione.
L’ultimo pensiero nella mente di Hans era sprecare tempo prezioso in questioni di propaganda, ma quella volta non aveva potuto evitarlo. Per qualche ragione un reporter con buone conoscenze aveva insistito per incontrarlo e il suo comandante con orgoglio gli aveva concesso questa possibilità. Hans dovette ricorrere a ciò che aveva imparato nella sua esperienza nell’Abwehr per fingere accondiscendenza. Non era la prima volta che si interfacciava con la stampa, il suo nome iniziava ad essere riconosciuto al fronte come in Patria, soprattutto dopo la sua decorazione. Per quanto una parte di sé provasse soddisfazione non era quel genere di attenzioni che gradiva, tutto ciò che desiderava conquistare era il rispetto dei suoi compagni e dei suoi superiori.
In ogni caso non aveva avuto scelta. Hans prese un profondo respiro, poi si decise ad entrare nell’ufficio del suo comandante. Ad accoglierlo trovò due uomini in abiti civili, il primo armato di penna e taccuino, l’altro di macchina fotografica.
«Tenente Schneider, è un onore conoscerla» esclamò il giornalista con evidente emozione.
L’ufficiale rispose alla stretta di mano.
«Temo di non avere molto tempo da dedicarle»
«Le prometto che non le ruberò un secondo in più del necessario, come ho garantito al suo comandante. In Patria c’è gran richiesta di notizie dal fronte. Giovani ardimentosi come lei sono l’orgoglio del popolo tedesco. Saranno anche queste storie a darci la forza di vincere la guerra!»
Hans non parve apprezzare particolarmente quelle adulazioni, avrebbe voluto tornare al più presto dai suoi compagni, poter mettere qualcosa sotto ai denti e riposare prima della prossima missione, ma in fondo era consapevole che anche ciò faceva parte del suo dovere. Si sforzò così di sorridere quando il fotografo l’accecò con il suo apparecchio. L’espressione sul suo volto non riuscì a mascherare del tutto il nervosismo e la stanchezza.
Il giornalista però non parve notare il suo disagio e cominciò con impazienza ed insistenza la sua intervista.
«Perché non inizia a narrarci di come ha conquistato la Croce di Ferro?» domandò riferendosi all’onorificenza appuntata al suo petto.
Schneider sospirò, non amava elogiare pubblicamente le sue imprese, soprattutto perché quell’uomo si aspettava un racconto avvincente di eroismo e patriottismo, non avrebbe trovato in alcun modo interessanti questioni puramente tattiche di volo o strategie militari. In quel caso avrebbe dovuto limitarsi a riportare l’accaduto, senza soffermarsi troppo sui particolari per non annoiare il suo interlocutore.
«Questa medaglia mi è stata assegnata a seguito di una missione di salvataggio avvenuta con successo. Ho pilotato il mio aereo oltre le linee sovietiche per soccorrere un aviatore che era stato abbattuto in territorio nemico. È stata un’operazione rischiosa, quella zona abbondava di paludi, non era facile individuare un’area sicura per l’atterraggio. Inoltre non avevo molto tempo a disposizione, i sovietici avevano individuato il sito dello schianto, eravamo bersagli esposti e vulnerabili. Il mio compagno, il tenente Reinhardt, era ferito. Per portarlo al riparo ho dovuto trasportarlo di peso nell’abitacolo. Non è stato semplice far ripartire il motore in quelle condizioni, ormai eravamo circondati dal nemico, la nostra unica speranza era volare via prima che fosse troppo tardi. Fortunatamente sono riuscito a decollare, non ricordo molto di quei momenti, se non i lampi dei proiettili. Ma nemmeno il cielo era sicuro, uno Šturmovik ci ha inseguiti tentando di abbatterci sul confine, con qualche acrobazia e una manovra piuttosto azzardata sono riuscito a distaccarlo. Sono tornato al campo con il velivolo in pessime condizioni, ma io e il tenente Reinhardt eravamo ancora tutti interi»
«La sua decisione di mettere a rischio la propria vita per salvare un commilitone è davvero ammirevole»
«Non avrei mai potuto abbandonare un compagno in difficoltà»
«Ho avuto modo di constatare che il valore del cameratismo è sacro per i piloti della Luftwaffe»
«Deve sapere che quando si è lassù è tutta una questione di sintonia e complicità, non si può volare con qualcuno a cui non si potrebbe affidare la propria vita»
«Già, in effetti il vostro è un compito ancor più rischioso e pericoloso in questa guerra»
Schneider distolse lo sguardo, recentemente aveva appreso che il tenente Ziegler e l’Oberleutnant Farnbacher erano caduti in battaglia. Pur rattristandosi per la loro perdita non si era lasciato sopraffare dal dolore. Aveva brindato alla loro memoria, con l’unico conforto che entrambi avessero incontrato una fine dignitosa e valorosa. La morte nei cieli era la più onorevole per un pilota.
«Tenente…»
Hans tornò alla realtà rivolgendo nuovamente la sua attenzione al giornalista. Le seguenti domande non furono particolarmente entusiasmanti poiché nessuna gli lasciava molta libertà nel rispondere. Per Schneider fu solo una questione di pazienza.
«Un’ultima domanda. Ormai tutti riconoscono il suo aereo grazie alla rosa nera dipinta sulla fusoliera. Qual è il suo significato?»
Hans avvertì un nodo alla gola. Ripensò a quando Declan gli aveva rivelato che cosa significasse l’emblematica Róisín Dubh per i militanti dell’IRA.  
«Riguarda una vecchia poesia, la rosa nera è il simbolo di una promessa»
Il giornalista si incuriosì: «che genere di promessa?»
«Principalmente di fedeltà alla Patria, ma anche agli ideali e ai compagni di combattimento»
«La rosa è un simbolo molto romantico, non crede? C’è forse anche una motivazione più personale?»
A quella domanda Schneider manifestò la sua insofferenza: «credevo che fosse qui per avere notizie della guerra!»
«Sì, ma…in generale il mio intento è riportare storie dal fronte. E, ecco…a dire il vero sono stati altri piloti a suggerirmi questa ipotesi. Insomma, i suoi compagni pensano che quel simbolo sia dedicato a qualcuno di speciale per lei»
«Può lasciare che ognuno pensi quello che vuole a riguardo» replicò il tenente con indifferenza.
«Oh, certo! Un po’ di mistero potrebbe rendere la sua figura ancora più interessante»
Schneider riconobbe l’ironia della situazione, quell’uomo non aveva idea di star conversando con una spia dell’Abwehr che aveva affrontato una pericolosa missione in un’isola straniera per recuperare preziose informazioni militari. L’unico segreto a cui sembrava interessato era uno stupido pettegolezzo.
Doveva però ammettere che un fondo di verità era stato intuito dai suoi compagni. Quel simbolo era qualcosa di più per lui. Gli ricordava la promessa che aveva fatto a Declan. Era stato il suo modo per sentirlo ancora vicino, era questo a donargli forza e speranza durante ogni missione.
Era conscio del fatto che l’irlandese gli avesse salvato la vita, era stato lui a permettergli di realizzare il suo sogno di aviatore. Per questo riteneva di non poter dedicare a nessun altro ogni sua vittoria.
 
Hans attraversò il campo con aria pensierosa, quell’intervista l’aveva scosso più del dovuto. Durante quella passeggiata si concesse qualche istante per abbandonarsi ai ricordi. Il tempo trascorso insieme a Declan era stato breve, ma estremamente prezioso. Aveva riconosciuto in quel giovane idealista e sognatore uno spirito affine e complementare, lui era l’unico che era riuscito a mettere alla luce i suoi sentimenti più profondi e sinceri. In Declan aveva trovato molto più di un alleato. Doveva ammettere di avvertire la sua mancanza. A volte gli sembrava di rivederlo negli occhi verdi di Kurt, il suo fidato mitragliere.
Hans tentò di reprimere le sensazioni scaturite da quel senso di vuoto e sconforto, pian piano tornò in sé riconquistando lucidità e compostezza. La sua unica certezza restava quella promessa. A donargli conforto restava la consapevolezza che entrambi fossero uniti dal senso del dovere.
Il tenente tornò alla realtà udendo un familiare ronzio. Immediatamente sollevò lo sguardo, per un breve istante il cielo sopra alla sua testa fu oscurato dalle ombre proiettate da una squadriglia di Stuka in formazione.
Hans restò ad osservare con orgoglio e ammirazione i suoi compagni in volo. I bombardieri dominarono dall’alto la desolata steppa. Le sagome dei velivoli si stagliarono contro la luce rossastra del tramonto per poi scomparire all’orizzonte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
Ringraziamenti
Grazie di cuore a tutti coloro che hanno voluto accompagnarmi in questa avventura, seguendo le vicende di questi personaggi dall’inizio alla fine.
Grazie a chi è stato così gentile da lasciare un suo parere a questa storia.
Un ringraziamento speciale ad alessandroago_94, Enchalott, Old Fashioned, paige95 e Streganocciola per il costante supporto^^
   
 
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