Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: ice_chikay    11/02/2022    5 recensioni
MikasaxLevi
A due anni dalla fine della guerra, Mikasa e Levi si ritrovano insieme ad affrontare le cicatrici e le ferite che la guerra ed i giganti hanno lasciato nelle loro vite. Mentre l'inverno è alle porte, il loro rapporto cambia per sempre... In un mondo popolato di memorie di amici caduti, riusciranno a guarire insieme?
Una storia introspettiva sui miei due personaggi preferiti, ideata e in larga parte scritta prima dell'uscita del capitolo 131, quindi ormai in parte off canon.
Contiene spoiler per chi segue solo l'anime.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti!
Ebbene sì, sono ancora viva e questa storia anche! 
Diciamo che avere un piccolo essere che dipende completamente da me e che ha orari completamente random non è la cosa più comoda per poter scrivere tranquillamente...per cui ho dovuto accantonare il pc, ma non l'immaginazione...infatti in lunghe ore passate a fare da culla umana, la storia l'ho ben definita ed in realtà sto già pensando alla prossima! 
Questo dovrebbe essere il terzultimo capitolo...ma il prossimo potrebbe essere molto lungo e quindi finire tagliato in due, vedremo!
Non ho avuto molto tempo di rifinire e rileggere nel mio solito modo maniacale, quindi perdonatemi se la scrittura vi sembra meno sistemata...in effetti è così!
Spero vi piaccia e che stiate tutti bene :) 
Altre note in fondo

Chikay

 






XVIII
 
«Era per questo che volevi tanto fare una pausa?»
 
Levi si appoggiò con le mani sulla balaustra del portico. Una brezza leggera gli accarezzò il viso. Finalmente la primavera sembrava ufficialmente arrivata ed il sole splendeva in cielo da tutta la giornata. Mikasa gli dava le spalle, accucciata sul prato vicino al pozzo. Portava i capelli legati con un nastro di raso azzurro ed indossava una camicia leggera che lasciava trasparire la forma definita delle sue scapole.
 
Levi inspirò profondamente e gli sembrò quasi di poter percepire il suo profumo. Mikasa si voltò verso di lui, lasciando che un paio di ciocche di capelli sfuggissero al loro laccio. Alzò un braccio per ripararsi gli occhi dal sole.
 
«Chi si vede! Cominciavo a credere che fossi un vampiro…» lo canzonò. Lo sguardo di lui si fermò involontariamente sulla sua mano sporca di terra davanti alla sua fronte. Mikasa lo notò immediatamente e sogghignò. «Ti sembrerà incredibile che qualcuno possa davvero apprezzare lo sporcarsi le mani, eh?»
 
Levi si strinse nelle spalle. La pelle candida di Mikasa sembrava quasi traslucida in quella luce del primo pomeriggio.
 
«Cosa stai facendo?»
 
Lei sorrise appena, poi usò la stessa mano che le copriva gli occhi per indicare intorno a sé. «Spero che ti piacciano i mughetti e le violette»
 
Levi rimase per un attimo in silenzio, sorprendendosi di quanto quell’accoppiata di fiori gli sembrasse perfetta per lei. «Perché lo fai?»
 
Mikasa sbuffò, quasi spazientita. A Levi ricordò una donna rassegnata davanti alle continue domande ovvie di suo figlio. Quell’idea gli fece corrugare appena la fronte.
 
«Perché sono belli. E profumati. Ci sono altre ragioni per piantare dei fiori?»
 
Levi strinse di nuovo le labbra mentre qualcosa di viscido gli scivolava giù per la gola. Perché lo fai anche se sai che tra poco andremo via per sempre? Abbassò lo sguardo sulle proprie mani ancora poggiate sulla balaustra.
 
La voce di lei lo richiamò al presente: «Perché non mi fai compagnia? Si sta bene al sole»
 
Lui esitò qualche istante, riempiendosi gli occhi con quella immagine così pacifica. Non sapeva se preferisse rimirarla da lontano, affaccendata in quel compito insolito. Poi alla fine scese gli scalini e si appoggiò al muro del pozzo con la schiena ed i gomiti. Lei gli lanciò un sorriso distratto prima di riprendere a ricoprire i semi e i bulbi con la terra. «Tranquillo, non mi ci vorrà ancora molto»
 
«L’uomo che pianta la ghianda non è colui che starà all’ombra della quercia» si ritrovò a mormorare sovrappensiero.
 
«Come dici?»
 
Levi lasciò che lo sguardo vagasse in direzione della casa e del bosco: «Era una cosa che diceva Erwin»
 
Mikasa annuì riprendendo il suo lavorio: «Sì, sembra una cosa che avrebbe potuto dire». Levi non disse nulla, si limitò a inspirare la brezza primaverile ancora un poco pungente.
«Mi piace l’idea di questo posto pieno di fiori» riprese la ragazza «Anche se non sarò qui a vederli, potrò sempre immaginarmelo e sapere che corrisponde al vero»
 
Levi pensò che se la frase di prima si addiceva ad Erwin, questa era proprio da lei. Le labbra gli si distesero per un istante in un sorriso involontario. «Tsk, sei proprio una mocciosa sentimentale»
 
Mikasa volse il viso verso di lui, lasciando che il sole investisse il suo sorriso, ora più evidente. «Già, forse hai ragione»
 
«Sempre che i tuoi fiorellini non secchino…» la punzecchiò.
 
«Scommetto che tu nella storia eri l’uomo che non avrebbe neanche creduto che la ghianda potesse germogliare»
 
Levi distese un angolo delle labbra nel suo sorriso sghembo, mentre si stiracchiava, avvolto nel suo maglione azzurro: «Suppongo di sì»
 
«Forza, abbi un po’ di fede!» lo rimbrottò lei.
 
«Avevo fede in lui» si ritrovò a rispondere, senza pensare. Era una confessione che non credeva avrebbe mai fatto ad alta voce, neppure con Hanji, ma non si sentiva a disagio, c’era qualcosa di ormai familiare nella malinconia che circondava i ricordi che lo legavano a Erwin.
 
«Lo so» rispose lei, guardandolo di nuovo «Direi che facevi bene»
 
Levi si voltò, appoggiando gli avambracci al pozzo e piegando la schiena leggermente in avanti. Davanti a lui spaziavano i campi aperti, ricoperti di nuova erba verde. Qualche nuvola si inseguiva in un cielo azzurro.
 
«Pensi che gli sarebbero piaciuti i miei fiori?»
 
Levi sollevò un sopracciglio, guardandola con aria scettica: «Pensi avessimo tempo di parlare di fiori e di intrecciarci i capelli? Cosa diavolo vuoi che ne sappia!»
 
Mikasa ridacchiò, stringendosi nelle spalle.
 
Levi fece schioccare la lingua, ma dopo qualche secondo di silenzio aggiunse: «Sapeva apprezzare le belle cose, però» Nonostante quello che vedevamo ogni giorno. Forse proprio a causa di ciò che vedevamo.
 
Sentì lo sguardo di Mikasa su di sé, ma rimase a guardare il paesaggio. Si ritrovò a pensare che con Erwin ancora vivo alla fine della guerra, tutto sarebbe stato molto diverso. Sospirò, scacciando quei pensieri inutili dalla testa.
 
«Quando hai finito ci andiamo a fare un bagno alla sorgente» sentenziò.
 
«Non lo vuoi proprio questo fango in casa o vuoi vedermi senza vestiti alla luce del sole?»
 
Levi si ritrovò a pensare che la luce della luna le donava ancora di più, ma non disse niente.
 
«Non ti si può nascondere proprio nulla… Dai, sbrigati»
 
 
 
**



 
Levi stava dormendo. Per essere precisi, dormiva un attimo prima. Un rumore leggero lo aveva riscosso dai suoi sogni scuri e vischiosi, come il Sottosuolo. Socchiuse lentamente le palpebre, lasciando che l’occhio si adattasse alla penombra della camera illuminata fiocamente dalle sole stelle. La luna non era ancora sorta. Ancora intorpidito, non riconobbe subito la fonte di quel rumore, che gli parve una sorta di ritmico e soffuso guaito.
 
L’istante dopo lo riconobbe: lo aveva sentito migliaia di notti passate con la Legione Esplorativa. Era il suono di qualcuno che piangeva tentando di nasconderlo per non farsi sentire dai compagni di bivacco. Era il suono della paura che ti attanaglia le viscere, quando sai che il giorno dopo potresti morire dilaniato tra i denti di un mostro.
 
Ma c’era qualcosa che non andava perché la Legione Esplorativa non esisteva più e la guerra era finita e lui non si trovava in un rifugio di fortuna circondato da commilitoni. Realizzò cosa significava nell’istante successivo.
 
Si voltò lentamente sul fianco sinistro, verso di lei. Allungò la mano destra per sfiorarle la spalla, accorgendosi solo ora che i suoi singhiozzi trattenuti imprimevano un lieve movimento al materasso.
 
«Ehi»
 
Mikasa quasi sobbalzò, ma non fece niente per girarsi verso di lui. Levi vide la coperta muoversi in corrispondenza del suo braccio che si spostava per permettere alla mano di asciugare le lacrime.
 
«Dio, scusa…non volevo svegliarti»
 
«Stai bene?»
 
«Cosa? Sì, certo…non è niente»
 
Levi espirò lentamente tra le narici, continuando a carezzarle lentamente la spalla destra.
 
«Un incubo?» si azzardò a chiedere, ma per tutta risposta ricevette un altro singhiozzo, stavolta persino più forte. Le si avvicinò, ormai il suo petto toccava le scapole di lei. «Mikasa…guardami»
 
Credeva che avrebbe fatto ancora resistenza, invece – seppur con riluttanza – la ragazza si voltò. Il suo volto era completamente rigato dalle lacrime, lacrime che ancora le riempivano gli occhi a mandorla. La vide stringere le labbra, per impedire a un ennesimo singhiozzo di sfuggirle involontariamente.
 
«Levi…»
 
La sua voce rotta gli fece stringere qualcosa nel petto, mozzandogli il fiato.
 
«Ehi…» si ritrovò a bisbigliare, a pochi centimetri dal suo viso «Non mi sembra che non sia niente…» Spostò la mano destra e la poggiò sulla sua guancia, usando il pollice per asciugarle l’occhio.
 
La vide mordersi il labbro inferiore. C’era qualcosa che non voleva dirgli. Una strana preoccupazione, mista a qualcosa di simile alla delusione, gli fece corrugare la fronte. Si trattava di Eren? Si sentì d’improvviso inadeguato. Avrebbe dovuto essere qualcun altro a condividere il suo letto e le sue angosce?
 
«Levi…» ripeté lei, prima di affondare il viso nell’incavo tra il suo collo e la spalla.
 
«Sono qui…» rispose lui, carezzandole ritmicamente la schiena, in attesa che lei trovasse il coraggio di parlargli.
 Restarono in silenzio per qualche secondo, i singhiozzi di Mikasa sembrarono crescere di intensità anziché acquietarsi, poi lei parlò: «Ho paura…»
 
Prima che lui potesse chiederle qualsiasi cosa, Mikasa riprese: «Non posso perdere anche te, ok? Non posso…»
 
Un brivido freddo gli percorse la spina dorsale, mentre la stringeva a sé con più convinzione.
 
«Il solo pensiero che qualcuno ti faccia del male…il solo pensiero di non rivederti più…» un singhiozzo più forte la fece interrompere. Levi le posò un bacio sulla fronte.
 
Non voleva mentirle: sapeva bene che ciò che Mikasa temeva poteva diventare vero da un momento all’altro. E sapeva perfettamente cosa lei provasse: ogni volta che si separavano, anche se per poco, anche se in quella campagna apparentemente pacifica, qualcosa dentro di lui si tendeva. Si accorgeva di controllare l’orologio di continuo, pensieri di pericoli immaginari gli affollavano la mente. Se fosse stata lei a dover andare da sola nella Città Sotterranea, era quasi certo che sarebbe impazzito. Ma sentirla piangere tra le sue braccia gli provocava un dolore quasi fisico ed il bisogno di rassicurarla pulsava dentro di lui come uno slancio improrogabile.
 
«Lo so. Se lo ripeti a qualcuno, Ackermann, giuro che ti faccio fuori…ma succede anche a me, quando non ti tengo d’occhio»
 
Il suo tono – tra il canzonatorio e lo stizzito – riuscì a smettere di farla piangere.
 
«Davvero?» la sua voce flebile gli sembrò quella di una bambina.
 
Levi annuì. «Vogliamo ricordare tutte le volte che ti ho salvato il culo? Sarai anche forte, ma sei sempre stata troppo irruenta»
 
Il tono piccato con cui Mikasa gli rispose, sempre nascosta sulla sua scapola, lo fece sogghignare: «Stavi cercando di consolarmi o di insultarmi?»
 
«Entrambe le cose. Non so perché, ma con voi mocciosi funziona»
 
Mikasa si scostò per lanciargli uno sguardo truce: «Sei incommentabile». Levi le sorrise, spostando le mani dalla sua schiena per andare ad asciugarle le guance arrossate.
 
«Non mi piace quando piangi»
 
Lei abbassò di botto lo sguardo, sfuggendo ai suoi occhi. Lui le prese il mento tra le dita superstiti della mano destra e la costrinse a sollevarsi di nuovo verso di lui.
 
«Lo so che fa paura, ma la vita è un cazzo di rischio e non potremo esserci sempre l’uno per l’altro, ok? Non riesco a mentirti e dire che andrà sempre tutto bene, ma ho fiducia in te ed ho fiducia anche in me.»
 
Mikasa lo fissava con sguardo attento, il suo respiro lieve le sfuggiva dalle labbra e gli riscaldava il volto.
 
«E ti prometto che farò di tutto per non farti piangere. Anche a costo di dovermi divertire un po’ meno in missione, d’accordo?»
 
Lei ridacchiò. A Levi finalmente si sciolse quel groppo in fondo alla gola che gli dava fastidio ad ogni respiro.
 
Mikasa annuì. «Va bene, capitano». Levi distese le labbra in un sorriso appena abbozzato.
 
«Possiamo restare un altro po’ abbracciati?» domandò lei l’istante dopo.
 
Levi per tutta risposta la strinse di nuovo a sé, appoggiando la propria guancia sinistra sulla testa di lei.
 
Rimasero in silenzio, ad ascoltare ciascuno il respiro dell’altro. La radura fuori dalla finestra era completamente avvolta nel silenzio.
 
Stava per riaddormentarsi, quando sentì le mani calde di Mikasa insinuarsi sotto il maglione e la maglia, raggiungendo le cicatrici che gli costellavano la schiena. Emise un verso sommesso, che poteva ricordare le fusa di un gatto, sentendo le sue carezze sulla pelle. Il viso di lei si insinuò sulla sua scapola e le sue labbra gli raggiunsero il collo. Non aprì gli occhi. Mikasa lasciò una scia di baci quasi impercettibili sulla sua pelle. Lui la strinse con più forza. La assecondò quando lei gli sollevò i vestiti e glieli passò sopra la testa, scompigliandogli i capelli.
Le labbra di lei raggiunsero le sue l’istante dopo. La loro morbidezza contrastava con le sue labbra screpolate dal freddo. Il suo sapore dolce lo travolse come tutte le volte. Si era ripromesso di lasciarla fare, ma mandò al diavolo le sue intenzioni un attimo dopo, stringendole i capelli con forza, assaltandole le labbra con foga, ascoltando il lieve gemito che le sfuggì al suo attacco.
 
La sua voce sussurrata gli mandò un brivido elettrico giù su tutta la schiena: «Voglio sentirti»
 
Levi sogghignò, mentre affondava languidamente verso il suo petto, semi scoperto dalle sue dita che le avevano sbottonato in parte la camicia da notte.
 
«Allora tieni gli occhi chiusi» rispose, la voce roca, il desiderio sempre più forte, mentre la imprigionava sotto di sé.
 
 

 
**
 


 
Mikasa allungò le braccia sopra la testa per sgranchirsi la schiena. Accolse il suono della colonna vertebrale che scrocchiava con un mugolio di piacere, prima di chinarsi nuovamente sul foglio davanti a sé per dare una soffiata all’inchiostro fresco che aveva appena finito di depositare sulla pagina sotto forma di lettere e ghirigori.
Era un fresco pomeriggio primaverile, la luce del sole brillava fuori dalla casa ed invadeva la cucina ed il tavolo dove la ragazza era come sempre a lavoro. Levi era uscito in mattinata, diretto verso Ludlow per il solito giro di provviste e per controllare l’arrivo della posta, anche se nessuno dei due lo aveva menzionato esplicitamente. Aveva detto a Mikasa che avrebbe mangiato un boccone da Rufus prima di rimettersi in strada, così la ragazza aveva proseguito il loro lavoro da sola, interrompendosi giusto il tempo per mettere qualcosa sotto ai denti.

La flora e la fauna del bosco tutt’intorno a loro si erano ormai risvegliati, riempiendo l’aria con i loro suoni e colori. Un paio di giorni prima avevano scoperto una radura completamente tappezzata di campanule azzurre, che li aveva lasciati senza fiato. La volpe che aveva accolto Mikasa il giorno ormai lontano del suo arrivo, era tornata ad affacciarsi, spingendosi sempre più vicina alla casa, incoraggiata dai regalini culinari che Mikasa le lasciava, nonostante le proteste accorate di Levi, che non voleva “bestiacce” nei dintorni.
 
Il loro lavoro stava proseguendo senza intoppi e stavano ormai scrivendo della vittoria – per non dire strage – di Shiganshina, intervallando la scrittura con la cura dell’orto, finalmente libero dalla neve e dalla pioggia battente che sembrava aver finalmente lasciato il posto alle belle giornate. Mikasa adorava lavorare la terra, la riportava alla sua infanzia. Dopo tanti anni nell’esercito non se lo sarebbe mai immaginato, ma quella semplice vita campagnola le si addiceva. Aveva cominciato a ricamare un nuovo set di lenzuola di lino, che portava avanti la sera dopo cena, mentre Levi appoggiato alle sue gambe leggeva i suoi libri davanti al camino. Aveva iniziato a provare una nostalgia nuova verso i suoi genitori: non si sentiva più triste per la loro morte, ma avrebbe voluto che avessero potuto conoscere la Mikasa di ora, questa strana creatura silvestre che anche lei a volte riconosceva a stento. Si ritrovava a fantasticare anche su Eren ed Armin, chiedendosi che tipo di persone sarebbero diventate dopo la guerra, anche se le riusciva difficile immaginarli a vivere come persone comuni. Soprattutto Eren.
Le era anche capitato di sognarli, ma non erano stati incubi o ricordi dolorosi. Si era risvegliata quasi rasserenata.
 
Sospirò, appoggiando il mento al palmo della mano sinistra, mentre la mano destra tracciava ghirigori d’inchiostro su un foglio di brutta. Il sole cominciava ad abbassarsi e di Levi non vi era ancora alcuna traccia.

Decise di fare una pausa dalla scrittura preparando una torta di mele.
Prese gli ingredienti dalla dispensa e dispose tutto con cura sul piano della cucina, prima di accendere la stufa sotto al forno. Poi iniziò ad impastare la farina, le uova, il burro per preparare la pasta frolla. Immaginava già l’odore piacevole di mele cotte e cannella avvolgerla e sorrise, immaginando i commenti di Levi, che l’avrebbero certamente sminuita, per evitare di doversi complimentare per avergli preparato la sua torta preferita.
 
Si astrasse completamente, tanto che non si accorse minimamente del suo arrivo. Sentì la porta aprirsi alle sue spalle proprio mentre infornava la torta. Si voltò di scatto ed il sorriso radioso che aveva sul viso si spense all’istante.

Le bastò uno sguardo al capitano per capire che era successo qualcosa. Il qualcosa che aspettavano ormai da giorni e giorni.
 
Levi le lanciò uno sguardo serio e tagliente, prima di voltarsi per togliersi la giacca ed appenderla. Mikasa trasalì, trattenendo il fiato. Un groppo alla gola le impedì di pronunciare parola. Sentì il cuore che prendeva a scalpitarle in petto come un puledro imbizzarrito. Osservò Levi che apriva la borsa, con una lentezza che le sembrò disarmante, e che estraeva una busta. Mikasa riconobbe immediatamente il timbro di cera lacca che l’aveva chiusa.
 
«Allora?» le sfuggì dalle labbra d’improvviso, prima di riuscire a impedirselo. La sua voce ruppe un silenzio così pesante che le sembrò più rumorosa di un tuono.
Levi sospirò, avvicinandosi a lei. Poggiò la busta sul tavolo, premendola con forza con le dita della mano sinistra.
«Giudica tu stessa» rispose, prima voltarsi ed uscire di casa, richiudendosi la porta alle spalle.
 
 
Mikasa prese la busta tra le mani tremanti e fece due lunghi respiri per calmare il ritmo del suo cuore. Poi tirò fuori la lettera di slancio e riconobbe subito la scrittura rotondeggiante di Historia.
L’agitazione era tale che non si prese nemmeno la briga di leggere davvero quanto vi era scritto, scorse rapidamente il foglio con gli occhi, soffermandosi solo sulle parole che le sembrarono essenziali.

 
Caro Capitano…non ero al corrente…ho provveduto a sistemare…impegno meramente di consulenza…hai già servito abbastanza questa corona…gli alti ufficiali ne sono informati…non potresti mai essere un traditore…spero che tu stia bene…con affetto

 
Il sollievo esplose in Mikasa in modo così violento che la ragazza dovette appoggiarsi con la mano sinistra sul ripiano della cucina. Si sentì ansimare, mentre rileggeva la lettera – questa volta con più calma – per essere certa di quanto vi fosse scritto.
Era tutto vero. Levi era libero e non sarebbe dovuto tornare di nuovo nella Città sotterranea. Mikasa si portò la mano che ancora stringeva la lettera davanti alla bocca, quasi nascondendo un accenno di risata che voleva sopraffarla.

Era talmente abituata che le cose andassero per il peggio, che la peggiore delle possibilità si verificasse, che questa svolta l’aveva colta completamente di sorpresa. Fino a due secondi prima era completamente certa che Levi avrebbe dovuto tornare in missione, che si sarebbero dovuti separare ed andare via dalla radura, che lei avrebbe dovuto lottare con le unghie e con i denti per poterlo aiutare, senza sapere davvero se avrebbe potuto farlo. E adesso d’improvviso si ritrovava così: con la certezza che Historia li aveva liberati con una semplice lettera dai suoi più grandi timori.
 
Finalmente, un sorriso radioso che le scoprì persino i denti, si fece strada sul suo viso. Si voltò di scatto verso la porta da cui era uscito Levi, immaginando di trovarselo davanti, felice quanto lei.
Poi, all’istante, si rese conto che c’era qualcosa che stonava in tutto questo: Levi non era sorridente, non sembrava sollevato. Era uscito sbattendosi la porta alle spalle e Mikasa lo poteva vedere dalla finestra, appoggiato con gli avanbracci al parapetto del portico, lo sguardo perso nei campi davanti a sé.
 
Mikasa aggrottò le sopracciglia, incerta. Poi uscì. Rimase alle sue spalle, con la lettera ancora stretta nel pugno. Levi percepì la sua presenza ed incassò ancora di più la testa tra le spalle, mentre con l’unghia del pollice sinistro grattava via un’incrostazione dal legno della balaustra.
 
«Te l’avevo detto che Historia non poteva esserne al corrente» la sua stessa voce le sembrò troppo metallica, troppo fredda, mentre l’unica cosa che avrebbe voluto fare un attimo prima sarebbe stato esultare con lui «Sarà stata un’idea di quell’idiota di Dok. Te l’avevo detto che non poteva essere vero. Sei libero…»
 
«Già. Così pare…»
 
Le rispose senza voltarsi a guardarla. Mikasa lo sentì sospirare a malapena.
 
«E allora perché sembra che ti abbiano appena dato la peggiore delle notizie?»
 
Levi non rispose, si limitò ad ondeggiare impazientemente sulle proprie gambe, interrompendo il lavorio del pollice e raddrizzando la schiena giusto quel tanto che gli permetteva di tornare a guardare verso l’orizzonte. Mikasa lo conosceva troppo bene, le sembrava di sentire nella propria gola quel groppo che gli impediva di parlare. Fece un passo incerto verso di lui.
 
«Levi… non è compito tuo raddrizzare tutte le ingiustizie di questo mondo…»
 
A quelle parole, lui le lanciò uno sguardo, mentre un sorriso amaro balenava sulle sue labbra spezzate. Poi abbassò di nuovo il viso verso le proprie mani.
 
«Ero sicuro di dover andare…» si lasciò sfuggire un attimo dopo, a voce così bassa che se Mikasa non avesse prestato attenzione probabilmente non l’avrebbe nemmeno udito.
 
«Lo so»
 
«Lo sai che sono il migliore per questa missione…»
 
«Ci sarà pur qualcuno abbastanza in gamba tra la Gendarmeria e la Polizia Militare…»
 
Levi sollevò di nuovo il viso verso di lei, con un’espressione mista tra il sarcasmo e la vulnerabilità.
 
«Tsk. Ma fammi il piacere…»
 
Mikasa sorrise a sua volta, eliminando la distanza che si frapponeva ancora tra loro. Lo vide incassare di nuovo il capo tra le spalle, mentre si riappoggiava ai gomiti sul parapetto.
 
«Finiranno per essere feriti…o più probabilmente uccisi. Dovrei essere io ad andare…lo sai anche tu» Si dondolò di nuovo impercettibilmente sul posto. Mikasa abbozzò un sorriso leggero: si era aspettata queste parole dall’istante in cui era uscita sul portico. Sacrificarsi, gettarsi nelle missioni più impossibili per evitarle agli altri…era la natura di Levi, agiva così da quando lei lo conosceva. Quella consapevolezza le fece accelerare in un attimo il cuore. Allungò le braccia ed incorniciò il viso di lui tra le mani, con la lettera pressata sulla sua guancia sinistra, forzandolo a girarsi leggermente verso di lei.
 
«Non puoi saperlo, ok? E comunque me ne infischio. È di te che mi importa»
 
Questo lo fece sorridere davvero, quel suo sorriso sghembo, insolente, che le toglieva il respiro. «Diamine Ackermann, lo sai che sei davvero insensibile?»
 
«Lo so. Sono sempre stata un’egoista»
 
Levi per tutta risposta chiuse gli occhi e sospirò, appoggiando la propria fronte a quella di lei e cingendole la vita con le braccia.
 
«Come ti senti?» sussurrò lei a un centimetro dalle labbra di lui.
 
«Onestamente?» rispose Levi «Sollevato»
 
«E ti senti in colpa per questo?»
 
Levi rimase con gli occhi chiusi, ma abbozzò un sorrisetto laterale. «Un po’»
 
Mikasa si sporse leggermente in avanti e posò un bacio leggero sulle labbra di lui.
 
«Questo perché sei troppo buono. Dovresti essere un po’ più egoista anche tu»
 
Il sorriso di Levi si tramutò in una specie di ghigno: «Questa non me l’aveva mai detta nessuno»
 
«Probabilmente perché se ci avessero provato gli avresti staccato la testa a morsi»
 
Il riuscire a strappargli una risata – una vera risata – la riempì di gioia.
 
«Probabilmente hai ragione…»
 
 
 
 
**
 
 
 

«Dicevi sul serio a proposito degli Ackermann?»
 
Mikasa alzò lo sguardo dalla fetta di torta sbruciacchiata che aveva nel piatto e lo portò su Levi, che le sedeva di fronte, senza capire. Corrugò la fronte a mo’ di risposta.
 
Lui posò la forchetta sul lato del piatto e si strinse nelle spalle.
 
«Il tuo piano di andare a Hizuru. Per scoprire qualcosa di più sugli Ackermann. O era solo una scusa per scappare da qui?»
 
Mikasa rimase ancora in silenzio, questa volta pensando ad una risposta sincera da dargli. In effetti quell’idea era nata così, come scusa per convincerlo ad andarsene evitando la missione nella Città Sotterranea, ma dall’istante in cui l’aveva formulata, si era accorta che c’era qualcosa di più oltre a questo. Prima di riuscire anche solo a proporla a Levi, si era sorpresa ad immaginarsi in viaggio insieme a lui, senza obblighi militari e soprattutto senza guerra. L’idea di una ricerca, di una nuova avventura, insieme in questo modo nuovo e incredibile l’aveva affascinata da subito. Aveva smesso di pensarci quando aveva capito che lui non si sarebbe mai sottratto al volere di Historia, l’idea era stata accantonata in un cantuccio della sua mente dal quale ogni tanto Mikasa la tirava fuori, giusto per confortarsi, per giocare al gioco dei “e se…” nei momenti in cui si sentiva più disperata. Immaginare un mondo diverso nel quale avrebbero potuto andare liberi ovunque avessero voluto era come una pastiglia dolce che le si scioglieva in una bocca riarsa.
 
Mandò giù il boccone e bevve un sorso d’acqua, concentrando lo sguardo sulle proprie dita. Non capiva perché, ma d’improvviso si sentì vulnerabile, come una bambina che proponga un gioco troppo infantile ad un amico ormai cresciuto.
 
«M-hm…sì, dicevo sul serio» rispose infine, prendendo ad arrotolarsi una ciocca di capelli attorno all’indice.
 
«È deciso allora. Una volta finito con i registri.»
 
Mikasa spalancò gli occhi per la sorpresa. «Dici davvero?»
 
Levi si strinse nelle spalle. «Mai stato così serio»
 
 «Credevo non ti importasse di questa roba»
 
Levi si alzò e si diresse verso la credenza, da cui tirò fuori la bottiglia di acquavite di Ludlow e due bicchieri. «Infatti non mi importa molto. Ma mi piace l’idea di viaggiare per un po’.»
 
Mentre tornava al tavolo, la ragazza rifletté sulle sue parole. La consapevolezza di non dover andare nuovamente in missione doveva averlo liberato di un peso enorme. La prospettiva di viaggiare assieme a lui risbocciò nuovamente nella sua mente, riempiendola di immagini rosee ed elettrizzanti. Represse un sorriso che non voleva apparisse troppo entusiasta.
 
«Potremmo andare dovunque, se non ti importa del Clan Ackermann perché vuoi andare proprio ad Hizuru?»
 
«È vero, non me ne importa un accidente della storia degli Ackermann. Se mi sentisse Hanji mi prenderebbe a male parole, curiosa com’è su queste storie di giganti…però importa a te, giusto? Per cui mi sta bene»
 
Questa volta Mikasa sorrise davvero. Levi si bloccò a guardarla, prima di versare l’alcool nei bicchieri. Per vederla sorridere così, nessun viaggio assurdo era un prezzo troppo elevato.
 
Il sorriso di Mikasa si tramutò in un’espressione complice: «Direi che questa decisione necessita un brindisi»
 
«E cosa pensi che avessi preso i bicchieri a fare?» Rispose lui, prima di porgergliene uno e sollevare il proprio: «Ai nuovi progetti»
 
Mikasa lo copiò ed andò a cozzare il bicchiere con il suo: «Alle nuove avventure»
 
Si lanciarono uno sguardo intenso che durò più di quanto entrambi avrebbero pensato. Poi bevvero tutto d’un sorso e sbatterono i bicchieri sul tavolo con forza, sorridendo. Entrambi pensando al sottinteso nascosto in quello sguardo che si erano lanciati prima di bere: che i nuovi progetti e le nuove avventure le avrebbero vissute assieme.


 

Non ve la aspettavate questa svolta, eh?
Ebbene sì, Levi è libero dalla missione nella Città Sotterranea, ma i guai relativi a questa storia non sono ancora del tutto finiti...lo scoprirete nel prossimo capitolo.

Ma visto che non so tra quanto riuscirò a pubblicarlo, ho concluso questo capitolo in modo positivo...così almeno non ho lasciato nesusno con fiato sospeso o con troppa tristezza! 

Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere come sempre che ne pensate!

Ciaaaao!
Chikay

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: ice_chikay