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Autore: Strega_Mogana    18/02/2022    4 recensioni
Inverno.
Una veranda.
Una riflessione sulla vita.
Una tazza
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Salazar Serpeverde, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Questa storia fa parte dell'universo Eligis tuum iter (Scegli ciò che desideri) .
Dello stessa saga potrete trovare anche le storie Hopeless Hope, Porcospino, Eredità e Esprimi un desiderio, Severus. - In attesa di questo momento .


La strana coppia

Il crac della smaterializzazione risuonò per tutto il villaggio silenzioso; un paio di corvi infastiditi agitarono le ali neri facendo cadere un po’ di neve sulla strada.
La strega perse qualche minuto guardandosi intorno, ammirando Hogsmeade innevata.
Sembrava una cartolina, una di quelle che si trovavano nei negozi per turisti Babbani nel centro di Londra.
Erano iniziate le vacanze di Natale e il paesino era silenzioso e pacifico.
Nonostante fosse nata e cresciuta tra quelle quattro case di legno e negozi, le piaceva sempre perdersi ad ammirare il panorama. Era qualcosa che non si vedeva da nessuna parte.
L'unico villaggio inglese interamente magico.
Si sentiva una privilegiata a poter chiamare quel posto casa.
Perfino gli odori erano diversi, ormai abitava a Londra da diversi anni. Lo smog inquinava persino l'aria di Diagon Alley, ma lì non c'erano gli orridi odori dei gas di scarico, non c'erano illuminazioni al neon, non c'era il chiacchiericcio di migliaia di persone tutte di fretta, tutte perse nel loro piccolo mondo senza guardarsi attorno.
A volte pensava che i Babbani fossero veramente ottusi, così presi dalla loro vita materiale che non si erano accorti di quello che era successo durante la guerra a pochi passi da loro.
E lei, che la guerra l'aveva vissuta solo grazie ai racconti della sua numerosa famiglia allargata, sapeva bene quanto i Babbani facessero di tutto per trovare una spiegazione logica e razionale a tutto quello che vedevano.
Perfino quando vedevano, per sbaglio, la gente sparire attraverso i muri.
Lasciò perdere i pensieri sui Babbani e annusò l'aria che sapeva di neve, pan di zenzero e burrobirra.
La strega sorrise stringendosi meglio nel cappotto pesante. I tetti delle case erano immacolati: doveva aver nevicato tutta la notte. In lontananza, come un fratello maggiore che bada alla sorellina indisciplinata, si vedeva il castello di Hogwarts, con le sue alte guglie, le torri e le finestre allungate.
Amava quel castello. Non c'era nessuno della sua famiglia che non ricordasse il periodo di scuola con affetto. Forse solo suo padre aveva più ricordi dolorosi che piacevoli, ma li raccontava senza più paura di soffrire e loro bevevano quelle parole, ascoltavano attenti e rapiti cogliendo ogni volta una sfumatura diversa e imparando sempre una lezione nuova.
Ancora oggi, ormai donna adulta, non poteva che imparare dai suoi genitori che avevano combattuto per la loro vita e il loro amore. Soprattutto sua madre aveva combattuto per il loro amore.
Erano un esempio per lei ed era orgogliosa di essere la loro figlia.
Anche quando, da ragazzina, le urlavano dietro che suo padre era solo uno schifoso Mangiamorte.
Non aveva mai dubitato di lui, mai, neppure quando aveva saputo chi aveva ucciso nonno Albus, neppure quando aveva scoperto che aveva lasciato soffrire la mamma per anni prima di cedere a quell’amore dirompente che l’aveva salvato.
Il suo papà era il suo eroe.
Non perfetto, ma vero e leale. Non le aveva mai fatto mancare nulla, anche quando era severo.
Sorrise, guardando il sole riflettersi sui vetri della scuola in lontananza; ormai erano passati quindici anni da quando si era diplomata, erano arrivati altri ragazzini a prendere il suo posto, altre generazioni avevano oltrepassato quella soglia e altri ragazzi ancora l’avrebbero fatto.
Un circolo che nulla o nessuno avrebbe mai spezzato.
Si mordicchiò le labbra e si incamminò verso la sua casa.
Camminava sicura con i tacchi alti, incurante della neve, con in testa un capello di lana di uno sbiadito verde. Avrebbe dovuto cambiarlo, ma era il primo regalo che le aveva fatto il suo compagno e non aveva il coraggio di privarsene.
Entrata in casa, il calore del camino la avvolse subito. Sospirò di sollievo e si tolse cappotto e cappello.
- Mamma! Papà! Sono io!
Nessuno le rispose, il salotto era deserto e non si sentivano suoni.
La donna gettò un’occhiata veloce senza trovare nulla fuori posto: libri e fotografie erano dove erano sempre state, la cornice del ritratto di nonno Albus era vuota, ma non se ne stupì, probabilmente era alla Tana a far ridere la nuova generazione di Wesley e Potter che la affollavano.
- Mamma? Papà?
Allungò il collo in cucina, anche lì non c’era nessuno, salvo un pentolino sul fuoco.
L'inconfondibile profumo di cioccolata riempiva la stanza.
- Siete spariti tutti?
Sentì una porta che si chiudeva al piano di sopra, si spostò sulle scale nello stesso momento in cui suo fratello scendeva fischiettando una canzoncina di natale.
Indossava un paio di jeans scoloriti e strappati all’altezza delle ginocchia, uno sgargiante maglione blu con raffigurata il muso di una renna sorridente con naso rosso e cappellino di babbo natale.
- Quel maglione é orribile. – disse lei indicando con una smorfia il capo incriminato.
Il mago sorrise e si guardò il maglione, i capelli erano sempre lunghi e legati con una pezzo di corda, mentre la piuma che usava come orecchino era stata sostituta da un piccolo corno che sembrava bucargli direttamente il lobo.
Un regalo di Charlie.
- L'ha fatto a maglia zia Molly. – sorrise Elija facendole l’occhiolino – Cosa ci fai qui, Hope? Credevo che ci saremmo incontrati tutti alla Tana.
Entrarono in cucina. Hope si sedette su una sedia mentre Elija controllava il pentolino sul fuoco.
- Dove sono mamma e papà?
- Londra. - spiegò il fratello armeggiando con due tazze e spegnendo il fuoco – Devono comprare il regalo per Lily Luna.
La loro famiglia era numerosa, anche se non erano veramente imparentati con i Weasley, ormai si consideravano tutti zii, cugini e fratelli. Ogni anno mettevano i nomi degli adulti in un capello da mago e pescavano a turno un nome a cui fare il regalo.
Tutti ricevevano qualcosa e nessuno spendeva lo stipendio di un anno in un'unica festa.
Tranne zia Molly. Lei ogni anno regalava qualcosa fatto a maglia. I suoi ferri iniziavano a lavorare a Settembre.
Quell’anno a lei e al suo compagno era andata bene, dovevano fare il regalo a Ginny e sapeva che la loro sorpresa sarebbe stata un regalo gradito a tutti.
Quasi tutti.
- A chi tocca fare Babbo Natale quest’anno? – domandò lei tamburellando le dita sul tavolo.
- Zio Harry.
Restarono entrambi in silenzio mentre Elija versava la cioccolata nelle tazze. Entrambi ricordarono l'unico anno in cui loro padre aveva fatto Babbo Natale per tutti i bambini della Tana e le relative imprecazioni mal nascoste dalla barba bianca sintetica.
Nonno Albus lo prendeva in giro ancora adesso.
- Non mi hai detto perché sei qui.
- Volevo parlare con mamma. Ma non importa, posso parlare con lei alla Tana.
- Coso ci aspetta lì?
Hope sbuffò lanciando un'occhiataccia al fratello.
- Io e Al siamo fidanzati da quasi dieci anni e viviamo insieme da cinque. Possibile che tu e papà vi ostiniate a chiamarlo Coso?
Elija rise portando le tazze al tavolo.
Hope prese la tazza, l'avvicinò al volto e ne annusò il contenuto.
Fece un lieve sorriso al fratello poi rimise la tazza sul tavolo e la spostò un poco.
Il mago la fissò molto intensamente.
- Esattamente cosa avevi bisogno di chiedere a mamma?
- Nulla… - rispose lei vaga - cose tra madre e figlia… cose tra donne.
Elija la osservò attraverso il fumo della cioccolata, ne bevve un sorso e sollevò in sopracciglio nero.
- Smettila. - disse lei.
- Non sto facendo nulla.
- Stai usando l'espressione di papà.
Il mago indicò con in dito la tazza abbandonata sul tavolo.
- Non la bevi? È la miscela speciale di Teddy. Solitamente la ingoi ancora bollente.
- No, non mi va. Non ho digerito la colazione.
Elija ridacchiò bevendo un altro sorso di cioccolata.
- Sarà un pranzo indimenticabile. Non vedo l'ora di vedere la faccia di papà.
Hope fece una smorfia, non rispose, fissò la sua tazza pensierosa.
- Ehi… - la chiamò dolcemente lui toccandole un braccio - andrà tutto bene, zucca puzzosa
Lei ridacchiò sentendo il vecchio nomignolo che usava per farla arrabbiare quando erano piccoli.
- Mostriciattolo. - borbottò in risposta fingendosi offesa.
Elija le strinse la mano.
- Sarò il suo padrino, vero? Insomma chi meglio di me?
- C'è una lunghissima lista di persone che sarebbero meglio di te, arrogante. - sorrise la strega - Ma tu sei mio fratello… anche se non so come sia possibile…
- Beh mamma e papà hanno…
- Ti prego Elija, ho già abbastanza nausea.
Il mago finì la cioccolata e si alzò.
- Andiamo alla Tana. Coso si deve nascondere se non vuole finire mutilato in posti scomodi. Ne voglio tanti di nipotini da viziare!

* * * *


Sedeva in veranda.
La Tana era chiassosa. Troppo per i suoi gusti. O, almeno, per i suoi gusti di quella giornata.
Aveva bisogno di un poco di quiete e di aria fresca.
Dentro si sentiva soffocare.
Si era seduto sul dondolo che i bambini usavano come altalena nelle giornate di pioggia primaverili.
Era stato rattoppato in più punti, ma faceva parte della famiglia e nessuno aveva il coraggio di buttarlo.
Non era poi diverso da quel dondolo.
Vecchio e rattoppato, ormai così abituato alla Tana e ai suoi abitanti che lo accoglievano a braccia aperte anche quando era di umore nero come i suoi vestiti.
Sbuffò stringendosi meglio nel cappotto.
Nero e pieno di bottoncini, ovviamente.
Sua moglie lo fissava ogni volta che si allacciava la lunga fila di bottoni della casacca e della tunica, chiedendogli spesso quando si sarebbe stancato di indossare quei vestiti.
Mai, non si sarebbe mai stancato, erano il suo marchio, così come il mantello ingombrante e il sopracciglio alzato.
Un tempo avrebbe menzionato anche i capelli neri, ma era vecchio e i capelli grigi non si perdevano più nella chioma corvina. Erano ben visibili, ma non lo avevano mai fatto sentire vecchio.
Sospirò. L’alito si condensò all’istante.
Ora si sentiva vecchio.
Ripensava ai suoi figli ormai adulti e si chiedeva dove fossero finiti gli anni in cui correvano per casa in pigiama.
Quando i suoi figli erano cresciuti senza che lui se ne accorgesse?
Fino all’altro giorno Hope era una bambina, una graziosa, paffuta testarda bambina che gli ricordava ogni istante quanto la vita fosse stata generosa con lui.
Con lui. Lui che non aveva fatto nulla per meritare l’amore di quella famiglia allargata, chiassosa, calorosa e piena di teste rosse.
Ed ora lei era una donna.
Una futura madre.
E lui un futuro nonno.
Quando erano passati tutti quegli anni?
Gli sembrava ancora di vedere i suoi bambini, piccoli e innocenti, correre per il giardino della Tana, lanciarsi palle di neve, costruire pupazzi; sorrise nel ricordare quel pomeriggio in cui Elija aveva legato ad un ramo uno gnomo da giardino e rincorreva la sorella e Victoria facendole spaventare.
Perché gli anni erano passati così veloci?
Sospirò di nuovo chiudendo gli occhi un istante e passandosi le mani fredde sul volto.
Desiderava una giratempo e rivivere quegli anni.
Le notti in bianco, i pomeriggi seduti per terra a giocare, i capricci, perfino l’adolescenza… gli sembrava di essersi perso qualcosa, ma forse il suo era solo un pensiero egoistico.
I bambini crescono; è normale, è giusto.
Loro sono il futuro, lui il passato.
L’inverno di una storia ormai alle loro spalle.
- Proprio con Coso… - mormorò con un filo di voce osservando la neve che aveva ripreso a scendere in quell’ultima ora.
La porta di legno della Tana scricchiolò quando fu aperta.
Severus sentì qualcuno sedersi accanto a lui, ma lo ignorò.
- E’ stato alienante anche per me la prima volta… - la voce di Potter sembrava arrivare da un altro pianeta – con James. Quando è nato Spencer. – precisò quando non ricevette nessuna risposta – Credo che sarà anche peggio quando toccherà a Lily Luna.
- Perché mi parli, Potter? - usare un torno freddo, distaccato, lo stesso tono usato quando era lo studente odiato con gli occhi di Lily, lo aiutava a restare lucido – In fondo Coso è tuo figlio. Quindi è colpa tua. Perché i miei problemi nascono sempre da un Potter?
Harry rise. Severus aprì gli occhi e si voltò a guardarlo. Era invecchiato, la cicatrice sulla fronte si era sbadita con gli anni e le rughe l’avevano quasi del tutto nascosta, le lenti degli occhiali erano diventate più spesse, ma il sorriso strafottente era ancora su quelle labbra, così come la scintilla malandrina negli occhi verdi.
Harry indossava ancora il vestito da Babbo Natale, ma si era almeno tolto la barba finta.
- Se qualcuno, al primo anno di scuola, mi avesse detto che nel futuro sarei diventato nonno insieme e a Severus Piton sarei scappato a gambe levate.
- Non ho dubbi, Harry.
Avevano iniziato a chiamarsi per nome dopo la nascita di Hope. Avevano troppe cose in comune, sia nel passato che nel presente, per restare semplici conoscenti.
E, comunque, capitava ancora di trattare lui e quel tonto del suo migliore amico come due teste di legno del primo anno.
- Ho pescato il tuo nome dal cappello. – disse Potter porgendogli un pacchetto verde con fiocco argento – Questo è per te.
Con un sospiro Severus prese il pacchetto e lo aprì il pacchetto.
In una scatola c’era una tazza nera.
Si voltò a guardalo con un sopracciglio alzato.
- C’era una scritta,- spiegò Harry prendendo la bacchetta – ma ho pensato che, data la novità, andasse cambiata.
Colpì la tazza con la punta della bacchetta, le lettere scintillanti verdi presero forma sotto i suoi occhi.

Severus e Harry.
Fieri nonni di Cosetto.


Non riuscì a non sorridere leggendo la scritta.
- Se qualcuno al tuo primo anno, mi avesse detto che, nel futuro, mi avresti regato una tazza l’avrei cruciato.
- Non ho dubbi, Severus.


FINE




   
 
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