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Autore: Ikki_the_crow    22/02/2022    0 recensioni
Nel folto dei boschi di Neverwinter, una carovana mercantile trova un uomo svenuto. Non ricorda nulla, non sa nemmeno come si chiama. L'unica cosa che ricorda è un nome. Elisa.
Quanto in là siete disposti a spingervi per la persona che amate?
[Serie collegata alla storia "RS-F-1073-11-11-902" e alla serie "Lathander take the wheel" di NPC_stories e Dira_]
Genere: Drammatico, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 3
 
Il primo incontro tra padre Laetonius e il dottor Christopher Blackwood avvenne circa una settimana dopo l’arrivo di quest’ultimo alla clinica di Luskan.
 Era una giornata piena, perché un gruppetto di mercenari era appena tornato da una spedizione portando ferite bizzarre. Sembravano essere stati attaccati da una bestia di qualche tipo, che aveva squarciato loro le carni senza intaccare le armature. Le ferite erano orribili, sembrava che qualcosa avesse strappato brani di carne con una grattugia affilata, e piene di uno strano liquido nerastro che sarebbe potuta essere saliva. La bestia in questione era fuggita, lasciandosi dietro tre uomini morti e una mezza dozzina di feriti, che erano riusciti a malapena a trascinarsi in città.
Christopher era intento a ripulire uno di quegli squarci, osservando al tempo stesso con aria affascinata i minuscoli solchi scavati nella carne da – qualsiasi cosa avesse causato quelle ferite. Ad un tratto, sentì come una presenza accanto a sé, sufficiente a strapparlo dalla sua concentrazione e a spingerlo a voltarsi.
Si ritrovò di fianco un ometto dai capelli castani tagliati corti, che indossava una toga argentea con ricamati sopra due occhi femminili circondati da sette stelle. Il dottore riconobbe immediatamente quel simbolo come quello del culto di Selûne. L’ometto stava osservando con aria contrita il mercenario da sopra il suo naso adunco, e mormorava qualcosa tra sé e sé.
“Mi scusi, questa è un’area riservata. Non può stare qui,” gli disse Christopher, leggermente seccato. Come aveva fatto quel tipo ad eludere la sorveglianza di Ming? La guaritrice halfling si avventava come un falco su chiunque varcasse la soglia della clinica, era impossibile che non avesse notato un chierico in paramenti da cerimonia.
Il chierico non parve sentirlo. Sempre mormorando qualcosa, tese una mano avvolta da una lieve lucentezza argentata e la passò sopra una delle ferite ancora aperte dell’uomo. La carne si richiuse all’istante, come se non fosse mai stata disturbata. L’uomo sul lettino fece un sospiro di sollievo, mentre Christopher rabbrividì. Per qualche motivo, quell’immagine di una ferita che guariva in un attimo lo aveva turbato. Quella e il formicolio che aveva sentito nelle ossa quando la luce argentea gli aveva sfiorato il braccio.
Il chierico fece un lieve inchino e fece per superare il lettino e passare al successivo, quando Christopher lo fermò.
“Un momento, per favore.”
L’uomo si voltò verso di lui con aria sorpresa, come se fino a quel momento non si fosse neppure accorto della figura avvolta in un mantello nero che gli stava accanto.
“Che la luce di Selûne vegli sul suo cammino,” lo salutò. “Cosa posso fare per lei?”
“Per me nulla.” Il dottor Blackwood indicò l’uomo sul lettino, ancora in preda a dolori atroci e coperto di ferite da capo a piedi. Un paio di quelle non ancora pulite avevano iniziato a spurgare una sostanza biancastra dall’odore disgustoso. “Ma quest’uomo sta soffrendo. Non può usare il potere donatole dalla sua divinità per aiutarlo?”
“Ma l’ho appena fatto.” Il chierico parve confuso.
“Intendo, aiutarlo davvero. Farlo stare bene.”
Il chierico piegò la testa, poi indicò con un gesto il resto della sala.
“E loro?” domandò.
“Anche loro. Se può farlo, li aiuti tutti. Sicuramente Selûne ha questo potere.”
L’altro scosse la testa. “Per la somma Selûne, questo sarebbe indubbiamente un gioco da ragazzi, niente più di un pensiero e tutti questi uomini starebbero bene. Ma purtroppo io non sono lei, non ho che un briciolo del suo potere.”
Questa volta fu il turno di Christopher di non capire.
“Ma lei agisce in suo nome. Parlare con un Chierico non è come parlare con il suo dio?” Quasi senza accorgersene, aveva ricominciato a pulire le ferite dell’uomo sul lettino. La sua attenzione, però, era ancora rivolta verso il Chierico.
Quello scosse tristemente la testa. “Non è così semplice, purtroppo. Io non sono altro che un seplice inviato. Faccio ciò che posso per aiutare, come lei e gli altri dottori qui.”
“Noi però non abbiamo il favore degli Dei,” borbottò Christopher.
“Sciocchezze,” ribatté l’altro. “Tutti hanno il favore degli Dei!”
 
 
“Che significa che non può aiutarla? Lei è un sacerdote! Ha il potere di una dannata divinità dalla sua!”
L’uomo avvolto in paramenti sacri aveva fatto un gesto come di scongiuro.
“Capisco che lei sia sconvolto, dottore. Ma non è una buona ragione per mancare di rispetto agli Dei.”
“Avrò rispetto per gli Dei quando gli Dei se lo meriteranno! Non gli è bastato far ammalare Elisa? Cos’altro vogliono da lei?”
Aveva indicato la figura sdraiata nel letto, profondamente addormentata. Merito dei farmaci: ultimamente i dolori erano diventati così forti da non lasciarla neppure dormire, nonostante la stanchezza infinta che la attanagliava di continuo.
“Ha pensato che magari è per colpa di questo suo atteggiamento irrispettoso se gli Dei non l’hanno aiutata?”
Una risata. “Se gli Dei ce l’hanno con me possono venire a dirmelo di persona. Accetterò con gioia qualsiasi punizione, se servirà ad aiutare Elisa! Ma cosa c’entra mia moglie? Lei non ha mai fatto male ad una mosca!”
“Non sta a noi giudicare l’operato degli Dei, dottore.”
“Io non giudico –” Un gemito nell’altra stanza lo spinse ad abbassare la voce. “Io non giudico proprio niente. Dico solo ciò che vedo. E ciò che vedo è una persona dolce e gentile, che in tutta la sua vita non ha mai, dico mai, avuto un singolo pensiero malvagio, soffrire ogni giorno dolori indicibili per nessun motivo chiaro. E quando anche gli emissari di divinità a loro dire buone, giuste e amorevoli mi dicono che il loro Dio non sta dando loro il potere di fare nulla, mi perdoni se mi viene qualche dubbio su questi cosiddetti poteri divini!”
“Lei è sconvolto, e non sa quello che dice.”
“Io so benissimo quello che dico!”
“Allora lasci che le spieghi una cosa, dottor Blackwood. Gli Dei ci mettono alla prova per un motivo. Invece di prendersela con loro, cerchi di capire per qualche motivo hanno mandato questa prova a lei e a sua moglie. Cerchi di comprendere il loro disegno, e vedrà che la ricompensa sarà lì ad attenderla.”
“Ricompensa?” Il tono del dottore si era fatto talmente tagliente che il sacerdote aveva fatto istintivamente un passo indietro. “Cosa vogliono gli Dei da noi? Non me ne frega niente di cosa vogliono! Dopo quel che ci hanno fatto, possono infilarselo su per il culo, qualsiasi cosa sia, assieme alla ricompensa! Ed ora fuori da casa nostra!”
 
“Dottore?”
Per un attimo, lo sguardo del dottor Blackwood si era riempito di tanta rabbia che il Chierico aveva pensato che gli sarebbe saltato addosso in quel preciso momento. Ma poi il suono della sua voce parve riscuotere l’altro, e la furia scomparve.
“Mi perdoni. Un ricordo non molto piacevole. Ogni tanto mi capita,” si scusò l’altro.
“Non si preoccupi, dottore. Le auguro di venire a patti con il proprio passato.” Con un misto di sollievo e preoccupazione, padre Laetonius si accinse a continuare il proprio giro. Ma la voce del dottor Blackwood lo costrinse a fermarsi di nuovo.
“Un’ultima domanda, se mi è concesso.”
“Mi dica, dottore. Cosa desidera sapere?”
“Secondo lei, esiste un limite a ciò che un mortale può fare grazie al potere degli Dei?”
“Oh, assolutamente no.” Il Chierico aveva sorriso. “Se qualcuno dona il suo corpo e il suo spirito alla causa, senza riserve e senza rimpianti, non c’è nulla che il potere divino non possa fare. Ogni suo desiderio sarà esaudito, e la sorte gli arriderà.”
Christopher ricambiò il sorriso. “Sembra meraviglioso, padre.”
“Lo è, dottore. Lo è.”
Il Chierico gli voltò le spalle per continuare il suo giro tra i malati. Così facendo non si accorse del rapido movimento che Christopher Blackwood aveva compiuto con la mano destra. Mentre il sangue dall’arteria brachiale dell’uomo sulla branda, recisa da un preciso colpo di lama, iniziava a raccogliersi nella ferita e a mischiarsi con il liquido nero che già la riempiva, il dottor Blackwood raccolse con tutta calma una serie di piccoli contenitori di vetro ed iniziò a raccogliere campioni delle varie sostanze. Non aveva mai sentito parlare di una creatura come quella che aveva attaccato quei soldati, e non avrebbe perso l’occasione per saperne di più.
E poi, quell’uomo era già spacciato. L’infezione gli avrebbe mangiato i polmoni prima che Christopher o chiunque altro potesse fare qualcosa. E gli Dei gli avevano appena voltato letteralmente le spalle.
“Mi dispiace,” mormorò. “A quanto pare, non era volontà divina che tu sopravvivessi.”
 
31-12-1370
Di tutti i mercenari che hanno affrontato quella creatura misteriosa, solo due sono sopravvissuti. E uno di loro ha perduto entrambe le gambe: abbiamo dovuto amputarle, prima che l’infezione di quel veleno sconosciuto entrasse in circolo e arrivasse al cuore. Una volta lì, non ci sarebbe stato più scampo. Come altri poveri sventurati hanno potuto constatare di persona.
Quel Chierico di Selûne, padre Laetonius mi hanno detto che si chiamava, è stato poco più che inutile. Con la sua magia è riuscito a richiudere alcune ferite, ma a quel punto il veleno era già entrato in circolo. Quando gli abbiamo chiesto se non potesse rimuoverlo dal corpo dei malati con un incantesimo, ha risposto che la sua Dea non gli aveva donato quel potere con preghiere di quella mattina. Questo gli spezzava il cuore, ma chiaramente non spettava a lui intervenire al riguardo. Una comoda scusa, come sempre.
 
Il dottor Blackwood si interruppe per afferrare una fialetta di vetro tra le dita e tenerla sollevata contro la fiamma della lanterna che aveva acceso per non destare sospetti. Controluce, il veleno di quella creatura misteriosa sembrava semplice inchiostro: se non avesse visto di persona i suoi effetti, la cancrena che si spandeva con un fungo nella carne delle sue vittime, Christopher Blackwood non avrebbe mai creduto ai suoi effetti. Chissà come funzionava, e quali effetti una quantità così ridotta potesse avere su un corpo.
Sarebbe stato necessario indagare.
 
Quando aveva aperto gli occhi, come sempre per un attimo aveva creduto che fosse stato solo un orribile incubo. Ma era stato sufficiente un istante per disilluderlo.
Si era addormentato seduto al tavolo della cucina, la sera prima, e nessuno aveva disturbato il suo sonno. Doveva essere piena notte. La casa era buia e silenziosa.
Elisa era morta.
Per un attimo gli era sembrato ancora di vederla in piedi di fronte al forno, che canticchiava mentre preparava qualcosa. Elisa adorava cucinare, e nelle giornate buone – sempre meno, ogni anno che passava – spendeva ore impastando, mescolando, assaggiando e aggiungendo pizzichi di erbe secondo ricette che solo lei conosceva.
La disperazione l’aveva assalito di nuovo. Come poteva pensare di affrontare ogni giorno del resto della sua vita con quel dolore nel petto? Forse sarebbe stato meglio se fosse morto anche lui. Almeno avrebbe raggiunto la sua amata, dovunque ella fosse. Sapeva come fare, aveva a disposizione abbastanza medicinali per annebbiare la mente e cancellare il dolore da poter preparare un infuso implacabile. Si sarebbe addormentato in pace, sognando sua moglie, e non si sarebbe mai più svegliato. Una morte dolce. Attraente.
“No,” aveva ringhiato. Non l’avrebbe data vinta agli Dei in quel modo.
Loro avevano impedito a sua moglie di avere una vita felice su questa terra. Avevano trasformato ogni suo giorno da quando aveva compiuto undici anni in un inferno di dolore e sofferenza. Una persona così allegra, così dolce, così gentile, avrebbe potuto avere tutto quello che desiderava. Sotto lo sguardo impotente o disinteressato degli Dei, la malattia le aveva portato via tutto: il talento, la felicità, e alla fine anche la vita.
E allora sarebbe toccato a lui. Lui gliel’avrebbe donata.
L’avrebbe riportata indietro, le avrebbe dato un corpo che non dovesse temere le malattie, le ferite, neppure lo scorrere del tempo. La morte non l’avrebbe mai più toccata, ed Elisa avrebbe potuto finalmente godersi tutto ciò che le era stato sottratto. E lui sarebbe stato al suo fianco, come sempre.
Sarebbero stati felici. Per sempre.
 
Rigirandosi la fialetta piena di liquido nero tra le dita, il dottore ripensò alle parole di quel Chierico, padre Laetonus. Avvolto nel manto della sua fede incrollabile, aveva guardato quegli uomini morire sicuro che quella fosse la volontà degli Dei. Non era stato lui a dover dire alle famiglie che non avrebbero più rivisto loro figlio, loro marito, loro padre. Lui era convinto che le anime dei defunti ora fossero in pace, e per quanto addolorati i loro familiari avrebbero anche dovuto rallegrarsi al pensiero che i loro cari fossero in pace al cospetto delle divinità, dove avrebbero vegliato su di loro fino al momento in cui si sarebbero ricongiunti.
Che gran mucchio di sterco.
Il dottor Blackwood non sapeva cosa ci fosse dopo la morte – per quanto il pensiero gli desse una strana sensazione, come di bruciore e formicolio alla pelle – ma era sicuro che agli Dei non sarebbe importato un accidente di quelle anime, esattamente come non era importato loro un accidente quando erano in vita.
Ma il potere degli Dei era innegabile. Lui stesso aveva visto quell’uomo, padre Laetonius, mentre risanava una ferita con un gesto e senza la minima preparazione medica. Christopher aveva studiato per anni la medicina tradizionale, e a un certo punto si era anche avvicinato alla magia arcana – niente di che, era in grado di lanciare giusto qualche semplicissimo incantesimo. Se li era annotati sulle ultime pagine del diario – ma tutti i suoi studi non lo avevano reso in grado di fare ciò che quell’ometto aveva compiuto con un gesto e un briciolo di potere da qualche divinità.
Forse dovrei rivolgermi anch’io a qualche dio.
Rigettò quell’idea con sdegno. Non avrebbe pregato nessuna entità perché gli concedesse i suoi favori. Aveva finito di avere debiti con chicchessia. Ma forse, forse, sarebbe stato possibile utilizzare lo stesso quel potere. In fondo, esistevano chierici e paladini dediti ad un ideale, più che a una specifica divinità. Loro servivano uno scopo, e attraverso la loro fede ottenevano abilità soprannaturali.
E che scopo servo io?
La risposta arrivò da sola, immediatamente.
Io inseguo la vita oltre la vita. La sconfitta finale della morte.
Forse quella era la strada giusta. Una rigorosa mente scientifica, unita ad una fede incrollabile nel suo scopo, avrebbe piegato le leggi della natura al suo volere. Avrebbe sconfitto la morte e avrebbe strappato dalle sue grinfie coloro che erano stati ghermiti.
Prima Elisa, ovviamente.
Poi tutti gli altri.
Sorrise tra sé. L’idea gli piaceva. Lo ispirava.
Ovviamente non sarebbe stato un cammino facile. Nessuno fino a quel momento c’era mai riuscito. Ma questo non lo spaventava per niente.
C’è una prima volta per tutto.
Forse coloro che lo avevano preceduto erano stati poco accorti, o poco saggi. Forse la loro fede aveva vacillato, forse non avevano compreso appieno quello che stavano facendo.
A lui non sarebbe capitato. Lui non lo faceva per sé.
Con uno scatto, il medaglione si aprì tra le sue dita, e il viso di Elisa gli restituì pace e serenità. Non era già quello un miracolo? Un miracolo per cui valeva la pena mettere tutto in gioco, inclusa la propria vita?
Strinse il medaglione tra le dita e si alzò in piedi con solennità. I suoi occhi color del mogano ardevano, lanciando bagliori di un’eccitazione che rasentava la follia.
“Oggi, sul finire dell’anno, io lancio la mia sfida a te, Morte. Da oggi io, Christopher Blackwood, sono il tuo peggior nemico. E tu sei la mia.”
In quel momento, con tempismo perfetto, le campane della città batterono la mezzanotte.
La partita era iniziata. E la prima mossa era scontata.
Come dicono i saggi, conosci il tuo nemico.


[Serie collegata alla storia "RS-F-1073-11-11-902" e alla serie "Lathander take the wheel di NPC_stories e di Dira_]
   
 
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