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Autore: Nina Ninetta    23/02/2022    2 recensioni
Raccolta di flashfic e/o one shot dedicata al mondo di Final Fantasy. La challenge prevede di scrivere una storia per ogni mese dell'anno, e io ho pensato di dedicarla ai titoli di Final Fantasy a cui ho giocato, seguendo l'ordine cronologico di uscita.
[Storia Partecipante alla Challenge "To Be Writing 2022" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce più la penna]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Torneo delle Case
[seconda parte]




 
***
 
Erano passati diversi giorni da quando avevano ricevuto il primo indizio per risolvere l’enigma della seconda prova. Tutto ciò che avevano capito era il fatto di doversi recare alla Stramberga Strillante, la cui entrata era tuttavia nascosta sotto le radici del Platano Picchiatore. Era un albero pericoloso, chiunque si avvicinasse rischiava di essere colpito dai sui rami.
Solo una notte durante il dì non picchierà né qui e né lì”
Quistis rilesse per l’ennesima volta il verso. Era quello il passaggio sul quale sapeva di doversi focalizzare. Si alzò dal letto per avvicinarsi alla finestra, osservando il panorama montano che si estendeva a perdita d’occhio. Il cielo era puntellato di stelle, una notte meravigliosa quanto fredda. La luna tonda si specchiava nel lago, il riflesso increspato dalla superficie dell’acqua.
Solo una notte durante il dì non picchierà né qui e né lì”
All’improvviso quelle parole sembrarono chiare come la luce: aveva a che fare con Astronomia, ne era certa!
“… una notte durante il dì”
E se si stesse riferendo a un’eclissi solare?
Afferrò al volo il mantello scuro, si calò il cappuccio sul capo e uscì dal dormitorio.
A quell’ora della notte i corridoi erano deserti, perfino i fantasmi e i signori dei quadri dormivano, doveva solo sperare di non incontrare il custode. Si muoveva con passi felpati sui freddi pavimenti di cemento, qualcuno in un quadro le disse che era vietato uscire durante il coprifuoco, ma lei lo ignorò.
Salì a passi veloci le scale che portavano alla Torre di Astronomia e quando finalmente giunse in cima si arrestò, il cuore fece un salto in gola e continuò a battere come un pazzo nel petto.
Squall era lì, seduto sul pavimento, un libro aperto sulle gambe, ma non era solo. Al suo fianco – molto, molto vicino – c’era Rinoa Heartilly, la figlia dell’Auror Caraway. Entrambi tenevano lo sguardo sulle pagine di un libro, lei in particolare stava indicando qualcosa. Quando Quistis fece capolino dalle scale la osservarono, zittendosi.
«Ah, mi dispiace, non sapevo… non volevo…» balbettò e si detestò.
Lei, due volte prefetta di Corvonero, imbarazzata di fronte a un paio di studenti rintanati nella Torre di Astronomia?!
Certo, non erano due studenti qualsiasi, c’era Squall lì, con Rinoa. Come se vederli insieme l’avesse meravigliata, come se non sapesse che quei due si piacevano e presto o tardi…
«Dispiaciuta di cosa?» la voce di Rinoa la riportò con i pensieri sulla terraferma. La vide alzarsi, era davvero una bella ragazza, se fosse stato un uomo forse si sarebbe infatuata di lei. Non era alta quanto Quistis, ma neanche bassina come Selphie, era proporzionata. Teneva i capelli neri lunghi e lisci oltre le spalle, scalati sul davanti, con qualche ciocca più chiara sul ciuffo. Gli occhi erano vispi, scuri, intelligenti e gentili.
La corvonero non rispose, ma spostò l’attenzione su Squall che la fissava dal basso, il libro ancora aperto, e un’espressione indecifrabile sul volto.
Li aveva interrotti? Con quello sguardo le stava forse comunicando di andarsene?
«Vado via, torno un’altra sera» Quistis fece per tornare sui suoi passi, quando Selphie sbucò da dietro il telescopio.
«Credo di aver capito quando poter andare alla Stramberga Strillante!» esclamò.
Quistis la guardò sgranando gli occhi: allora Rinoa e Squall non erano da soli. Un senso di sollievo le pervase le membra, si rilassò e sorrise.
«Eclissi solare» disse prima di tutti.
«Eeesatto!» Selphie Tilmitt alzò una mano e Quistis le batté il cinque.
«Ora dobbiamo solo capire quando ci sarà» intervenne Squall, mettendosi in piedi e porgendo il libro di Astronomia alla prefetta. «Io non ci ho mai capito molto di queste cose.»
Il sorriso di Quistis Trepe si allargò, mentre prendeva il pesante volume che lo studente di Grifondoro le stava tendendo, perlomeno il capitolo era quello giusto: Eclissi e Congiunzioni Astrali.
 


 
***

Scoprirono che l’eclissi solare ci sarebbe stata due giorni dopo, a mezzogiorno in punto. Attesero che il sole si oscurasse completamente, osservando a debita distanza come, in effetti, il Platano fosse del tutto rapito da quel fenomeno da non accorgersi di quando i tre maghi si infilarono nella botola alle sue radici.
Recuperare il secondo indizio fu davvero molto facile: trovarono ciò che cercavano su un vecchio mobile all’entrata del rudere, la parte complicata era stata la precedente, ossia decifrare la filastrocca e leggere le stelle.
Quando tornarono in superficie, il Platano era ancora rivolto con l’attenzione verso il sole nero e di nuovo Squall, Quistis e Selphie poterono allontanarsi senza problemi.
 


 
***
 
La biblioteca era deserta e poco illuminata.
La luce soffusa delle lanterne creava ombre sinuose sulle pareti; le tende di pesante velluto color carminio erano chiuse; tavoli e sedie ben sistemati e tirati a lucido; i libri ordinati ciascuno nella propria sezione di appartenenza.
Quistis conosceva quel luogo come casa sua, non aveva alcun problema a muoversi seppur in penombra, i corridoi deserti tra gli scaffali non la spaventavano, neanche gli scricchiolii che ogni tanto udiva le incutevano timore.
Con la punta della bacchetta illuminata bisbigliò Accio e un tomo grosso e pesante si librò nell’aria, ondeggiando fino a lei, la copertina citava: “Metodo semplificato per la lettura delle Rune Antiche”.
Con un sospiro si accomodò sul pavimento, la schiena adagiata allo scaffale di legno di quercia e le gambe incrociate. Iniziò a sfogliare le pagine inspessite dal tempo, tenendo la bacchetta tra i denti in modo che potesse illuminarle, estraendo dalla tasca della gonna il foglietto che aveva trovato nella Stramberga Strillante qualche giorno prima. C’era un unico indizio al centro di quel piccolo foglio di carta, ed era un 6 scritto a mano.
Quistis Trepe ci aveva ragionato su per due notti e tre giorni, valutando diverse ipotesi e scartandone altre. Si era consultata con Selphie, ma anche lei sembrava in alto mare, inoltre, aveva detto, era alle prese con il Comitato Organizzativo per la il Ballo di Halloween, quindi aveva avuto davvero poco tempo da dedicare alla soluzione di quel nuovo indovinello.
«Hai chiesto a Squall?» Le aveva domandato e Quistis aveva risposto di sì, ma neppure lui sapeva da dove cominciare. La ragazza di Tassorosso aveva annuito, poi, con la sua solita aria smaliziata, aveva aggiunto:
«E Almasy?»
Seifer?
Quistis non era neanche sicura che si fosse recato alla Stramberga Strillante, nessuno gli aveva comunicato del loro appuntamento durante l’eclissi solare. Ma, riflettendoci su, la ragazza ricordò che nella vecchia casa ai piedi del Platano Picchiatore, le buste, contenenti gli indizi per la quarta e ultima prova, erano state solo tre…
La prefetta di Corvonero continuò a sfogliare il libro. Aveva seguito il corso di Rune Antiche un po’ di tempo fa e le sue nozioni erano alquanto arrugginite, ma se non avesse trovato la risposta quella sera, davvero non sapeva più dove sbattere la testa. Aveva già consultato il manuale sull’Aritmanzia e il numero 6 l’aveva portata a virare sulle antiche Rune magiche.
Reggendo il pesante tomo sulle cosce, una penna sospesa a mezz’aria cominciò a prendere appunti su ciò che lei leggeva biascicando, giacché teneva ancora la bacchetta fra le labbra. Tuttavia, la biro si arrestò di colpo e cadde al suolo, seguita dal quadernino, rotolando ai piedi dello studente che era appena arrivato: Seifer Almasy.
Quest’ultimo si chinò a raccogliere la penna, mentre Quistis seguiva i suoi movimenti con gli occhi, meravigliata di trovarselo dinnanzi.
«Quistis Trepe, prefetta di Tassorosso, che elude il coprifuoco…». Seifer increspò gli angoli della bocca in una sorta di sorriso.
La ragazza si tolse la bacchetta dalle labbra e abbassò lo sguardo, sistemandosi gli occhiali sul naso:
«Che vuoi, Seifer?»
«Beh, immagino che siamo qui per lo stesso motivo. Tanto vale collaborare» lo studente di Serpeverde si sistemò dall’altra parte del corridoio, le spalle contro le mensole e le lunghe gambe distese, quasi a sfiorare l’altra.
«Collaborare? Con te?» Lei accennò una risatina ironica. «Neanche morta!»
«E dai, che ti costa?» Seifer si sporse in avanti, lei lo osservò di sottecchi. «Questa è la prova di conoscenza, è chiaro. Io poi ti aiuterò in quella di astuzia» le fece l’occhiolino.
Quistis lo scrutò alla luce tenue della sua bacchetta: aveva gli occhi chiari, i capelli biondi, le spalle larghe e lineamenti delicati che stonavano con il suo pessimo carattere. Quando era nelle vicinanze, la maga provava una sorta di disagio, come se tutti i sensi fossero allerta, sensazione che di certo non avvertiva con Zell o Irvine.
E neanche con Squall, a dirla tutta.
«Pensi che non sia abbastanza furba?»
Lui si fece indietro, intrecciando le dita alla base della nuca.
«Non ho detto questo, ma se tu aiuti me io dovrò pur sdebitarmi in qualche modo. Ci sarà qualcosa che voi di Tassorosso non sapete fare, no?»
«L’indizio ce l’hai?» gli chiese Quistis e lo vide frugare nella tasca anteriore del pantalone di tessuto scuro, dalla quale ne tirò fuori un foglietto spiegazzato che le porse. Al centro c’era un numero 6. Quindi, alla fine, si era recato alla Stramberga Strillante, ma quando? Loro avevano fatto appena in tempo a entrare e uscire prima che l’eclissi si esaurisse, lui come…?
«Sei andato da solo?»
«Sì…» voltò il viso verso sinistra, mostrando un lieve livido che correva lungo lo zigomo. «Piccolo ricordo del Platano. A proposito, grazie per avermi invitato a venire con voi.»
Quistis provò un lieve tuffo al cuore. Selphie le aveva proposto di dirlo anche a Seifer, ma lei si era opposta categoricamente: se volevano vincere non potevano contare di essere gentili con lui.
«Allora, hai trovato qualcosa?» Il ragazzo indicò con un cenno del capo il volume che teneva aperto sulle gambe. Quistis sospirò, togliendosi gli occhiali che cominciavano a pesarle sul naso, poi abbassò le palpebre e si rilassò con la testa contro i libri.
Il serpeverde ne approfittò per osservarla meglio: quella sera aveva lasciato i capelli sciolti, cosa più unica che rara poiché era solita legarli con un fermaglio dietro al capo. Non pensava fossero così lunghi. Le cadevano lisci e dorati ai lati del viso, perfettamente divisi a metà alla radice. La pelle era bianchissima, senza imperfezioni alcune, le labbra leggermente rosate e gli occhi di un blu intenso, più scuri dei suoi che invece scemavano nel verde.
«Il numero 6, nelle Rune Antiche, corrisponde alla salamandra» disse la prefetta all’improvviso, dopo aver analizzato i pro e i contro di rivelargli le sue scoperte. «Quindi, l’ultima prova, potrebbe consistere nell’affrontarne un esemplare, o creare una pozione con la sua saliva, o non so.» Riaprì gli occhi e lo fissò attentamente. «Si accettano idee.»
Seifer ricambiò lo sguardo, annuendo con il capo, come se stesse riflettendo su quello che aveva appena detto la maga, invece se ne uscì con tutt’altra proposta:
«Vieni al ballo di Halloween con me, Trepe.»
Lei sgranò gli occhi.
«Non credo di aver capito bene.»
«Vieni al ballo con me. Cazzo, ci sarà qualcosa che voi di Corvonero non sapete fare?! Scommetto che non sapete ballare, sempre presi dai libri e dallo studio, vieni al ballo con me e ti insegnerò io. È il mio modo di sdebitarmi per avermi aiutato con la terza prova».
«Tu sei pazzo!» Quistis si alzò, ma Seifer la imitò e la fermò per un polso, era molto più alto di lei – neppure Squall aveva una fisicità tanto imponente – e una presa salda.
«Facciamo una scommessa: se perderai il torneo verrai al ballo con me. Tanto lo sai che Squall non ti inviterà mai, è preso da quella nuova, la figlia del Colonnello. Ti vede solo come una sorella, dovrai fartene una ragione, prima o poi».
Quelle parole la ferirono come mille spuntoni nel petto. Con un moto di stizza si liberò dalla presa, il libro sulle Rune antiche cadde ai loro piedi con un tonfo sordo, chiuse le mani a pugno e distese le braccia lungo il corpo, alzandosi appena sulle punte per parlargli a una spanna dal viso:
«Il torneo lo vincerò io!»
«Perfetto, allora accetta. Che problema c’è?!».



 
***
 
Quistis Trepe controllò l’ora sull’orologio che teneva al polso, mentre si dirigeva nell’aula dove il professor Loire li aveva convocati il giorno prima. Era in anticipo di qualche minuto, ma non importava: ne avrebbe approfittato per ripassare la lezione di Incantesimi a cui era appena stata.
Tuttavia, da quando aveva avuto quell’incontro nella biblioteca con Seifer, appena due notti prima, non riusciva a pensare ad altro che non fosse la loro conversazione.
Lo studente di Serpeverde l’aveva sfidata ad andare al ballo di Halloween con lui. Chiusa nel suo mutismo, aveva accettato l’invito, perché in fondo Squall non l’avrebbe mai invitata, lo sapeva. Avrebbe preferito ballare con una sconosciuta, piuttosto che con lei, ma sentirselo dire senza mezzi termini da Seifer l’aveva ferita. Ciò che la infastidiva più di tutto era però l’evidenza della cotta che aveva per Leonhart.
Stava camminando a passo spedito per i corridoi della scuola, la mente altrove, quando notò la figura di Almasy con le spalle contro il muro e le mani nascoste nelle tasche della divisa verde/argento. D’istinto rallentò, ma quando il mago la vide fu lui a muoversi nella sua direzione, raggiungendola. Il ragazzo biondo tirò via la mano destra dalla tasca e le mostrò il palmo rivolto verso l’alto, al centro del quale c’era una boccetta di vetro scuro.
«Che cos’è?» gli chiese.
«Il debito che avevo con te» rispose Seifer.
Quistis ripensò all’indizio che gli aveva rivelato nella biblioteca, ossia il fatto che il numero 6, nelle Rune Antiche, simboleggiava la salamandra.
«Prendila, ti servirà.»
La ragazza esitò, titubante. Poteva davvero fidarsi di lui?
«Tranquilla, Trepe, non voglio avvelenarti.»
Lei ancora non si mosse, neanche quando il professor Laguna Loire li oltrepassò, invitandoli a seguirlo, gioviale come sempre.
Il serpeverde alzò gli occhi al cielo, e in un moto di sdegno afferrò una mano di Quistis e vi adagiò al suo interno la bottiglietta, quindi raggiunse l’insegnante.
La prefetta di Corvonero rimase qualche secondo ancora a fissare quella boccetta scura, avvertiva il suo peso maggiore di quello che non fosse. Non sapeva bene come comportarsi, se credergli, se fidarsi, poi Selphie la salutò e lei in automatico nascose quella specie di regalo nella tasca della divisa di Hogwarts.
 
Laguna Loire iniziò il discorso complimentandosi con i quattro maghi. Disse che non aveva dubbi sulla riuscita del torneo, aveva scelto i quattro studenti più in gamba. Avevano risolto le prove proprio come si sarebbe aspettato, ma la parte difficile arrivava adesso.
L’ultima prova consisteva nel rubare un uovo a un essere speciale – non specificò di quale animale fantastico si trattasse, poiché il prepararsi ad affrontare quella battaglia era proprio ciò che si richiedeva alla fine della terza prova –, perciò, nel giardino antistante l’ingresso principale, lui e Kiros avevano preparato una Passaporta – con il nulla osta del preside Kramer, ovvio – che li avrebbe teletrasportati nell’habitat della creatura in questione.
L’uovo da prendere a quest’ultima sarebbe stato uno soltanto e di conseguenza avrebbe vinto il Torneo delle Case chi di loro fosse riuscito nell’impresa.
Lo aveva già specificato all’inizio di quella gara, ma ci tenne a ribadirlo: non era una missione suicida.
Insieme raggiunsero il professor Kiros Seagul, il quale li attendeva vicino a una vecchia scopa, abbandonata ai suoi piedi, mentre reggeva quattro cappotti di un marrone scuro, con il cappuccio bordato di pelliccia. Li distribuì a ciascuno di loro, invitandoli a indossarli.
«Perché?» Chiese Seifer, un sopracciglio alzato in forma di protesta.
«Sono bruttissimi!» Fece notare Selphie, intanto che Squall e Quistis li mettevano sulle spalle.
«Tanto non dobbiamo fare una sfilata di moda» aggiunse proprio lo studente di Grifondoro.
«Questa è una Passaporta» spiegò Kiros, indicando la scopa ai suoi piedi. «Appena la toccherete verrete trasportati nella Caverna di Fuoco a nord del ghiacciaio Vatnaiökull, nelle isole islandesi. Si tratta di una caldara minore del vulcano Askja, ai cui piedi si estende il lago Viti. Sapete cosa significa Viti in islandese?» domandò alla fine.
«Inferno» rispose Quistis.
«Esatto» concluse il professore di pozioni, sperando in cuor suo di non doversi pentire di aver appoggiato l’amico Laguna in quell’assurda iniziativa.
«Brava, maestrina» la canzonò Seifer.
Ignorandolo, i quattro studenti si chinarono sulle ginocchia, pronti a sfiorare il manico della scopa in contemporanea.
«Ci siete?» chiese Squall.
«(Ricordati della scommessa)» sussurrò Seifer all’orecchio di Quistis, facendola irrigidire.
«Al mio tre…» continuò il mago di Grifondoro.
«(Tanto non vincerai, Almasy).»
«Uno…»
«(Dici?)»
«… due …»
«Che vinca il migliore!» cinguettò Selphie.
«Aspettate! Ho dimenticato di dirvi che…» Laguna accompagnò le parole con un gesto della mano. «L’uovo è la Passaporta per tornare indie-»
«… tre!»
Gli studenti afferrarono la scopa e un attimo dopo erano spariti, lasciando un grande senso di irrequietudine nell’animo di Kiros.
«Non gli avevi detto che l’uovo è la chiave per tornare a Hogwarts?» Laguna Loire sollevò le spalle e allargò le braccia, respirando a pieni polmoni l’aria pulita che soffiava dalle montagne.
«Lo capiranno, sono svegli» sbadigliò. «Burrobirra ai Tre manici di scopa
Kiros scosse il capo, tornando all’interno del castello.



 
***
 
Ad accoglierli dall’altra parte della Passaporta trovarono un vento gelido e un’immensa distesa di ghiaccio.
«Dannazione, si gela!» Seifer si portò le mani alla bocca e vi soffiò all’interno, sperando di riscaldarle.
«Qualcuno di voi ha capito cosa ci stava dicendo il professor Loire?» Chiese Quistis, aveva un’aria preoccupata.
«Io no» rispose Selphie.
«Nulla d’importante, sicuramente. Come tutto ciò che dice» concluse invece Squall, il quale si guardava intorno con attenzione. Poi, ai piedi del lago Viti, notò l’apertura naturale di una grotta e consigliò a tutti di raggiungerla, prima di morire congelati.
La Caverna di Fuoco era un luogo caldo, dalle pareti di roccia vulcanica e secolare. Si addentrarono con le bacchette puntate davanti a sé e i sensi allerta, sebbene per il momento non si udisse nulla che non fossero i propri passi e le lamentele di Seifer.
«La smetti?!» Gli ringhiò contro Quistis, snervata dai monologhi del mago di Serpeverde. «Se non vuoi proseguire, sei libero di tornare indietro.»
«E rischiare di perdere la mia scommessa con te? Ma neanche morto!» sorrise lui.
«Quale scommessa?» Chiese Selphie ai due ragazzi che la seguivano.
«Oh, lo vedrai Tilmitt. Lo vedrai con i tuoi occhi» sghignazzò ancora Seifer.
Squall, in prima fila, disse loro di fare silenzio, gli sembrava di vedere qualcosa alla fine del tunnel che stavano percorrendo. In cuor suo, però, si chiese che tipo di scommessa avessero mai potuto stringere quei due. Ora, tuttavia, non era il momento di lasciarsi distrarre da quelle cose: aveva un uovo da portare indietro, così da poter finalmente lasciare la Scuola di Magia e Stregoneria.
In effetti, lo studente di Grifondoro aveva avuto ragione: la galleria terminava in uno spazio più ampio, di forma circolare, dove alcuni fiumi di lava scendevano dalle pareti in fondo, per poi sfociare in una sorta di fiume incandescente che scivolata in un’apertura laterale. Al centro della stanza, una salamandra di colore rosso sonnecchiava beatamente, con le palpebre abbassate e la testa adagiata sulle zampe anteriori, le quali trattenevano un oggetto giallastro, dalla forma ovale: l’uovo.
A guardarla, la creatura pareva innocua, ma avvicinarsi e disturbarla per prenderle l’uovo, che sembrava serbare con tanto amore, non allettava nessuno dei maghi di Hogwarts.
Tranne uno.
«Bene, cominciamo!» Esclamò Seifer, prendendo una boccetta di vetro dalla tasca dei pantaloni – identica a quella che aveva dato a Quistis – e bevendone il contenuto, senza pensarci troppo su. Poi stuzzicò l’animale con una magia, svegliandolo.
«Almasy, sei impazzito!» Squall tentò di fermarlo, ma l’altro gli strinse una spalla con una mano.
«Che c’è, Leonhart, non vuoi divertirti un po’? Non deludermi, almeno tu!» Gli strizzò l’occhio, prima di avanzare.
La salamandra urlò tutto il suo dissenso con un verso stridulo e profondo. Lentamente si mosse, mettendo una zampa davanti all’altra, quindi spalancò le fauci e scagliò un getto infuocato.
«Seifer!» Quistis fece per muovere la propria bacchetta e proteggere il serpeverde, ma restò di stucco quando lo vide ricevere in pieno il colpo della salamandra, senza tuttavia bruciare.
«Pozione per attraversare le fiamme» si vantò.
Gli altri tre rimasero a bocca aperta. Dovevano ammettere che Almasy era stato davvero furbo a preparare quella pozione per affrontare la creatura fantastica.
Quistis Trepe fu colei che si meravigliò maggiormente, forse perché era l’unica ad aver avuto una conversazione segreta con lui nella biblioteca, o forse perché rivelargli la soluzione dell’indizio numero tre si era rivelato una mossa giusta, alla fine.
Guardò Selphie alla sua sinistra e Squall a destra. Si domandò come si fossero preparati loro per quell’incontro, se si fossero preparati, ovviamente. Si portò una mano sulla tasca della gonna, sentendo la durezza della bottiglietta che Seifer le aveva lasciato poco prima, indecisa se bere la pozione a sua volta oppure no.
Mettiamo caso l’avesse ingannata e non ci fosse la stessa pozione al suo interno, cosa sarebbe successo?
Vide Squall scattare in avanti, la bacchetta protesa mentre invocava una magia d’acqua che colpì la salamandra facendola irritare.
L’animale si mosse con una velocità inaudita, cercando di travolgere lo stesso Squall che tuttavia fu lesto a evitarla.
L’animale spalancò la bocca e una lingua di fuoco attraversò l’intera area.
Eccetto Seifer Almasy, gli altri tre studenti di Hogwarts invocarono uno scudo magico per proteggersi dalle fiamme.
«Di solito non sono così aggressive!» Disse Selphie, riferendosi ovviamente alla salamandra. «Qualcuno deve averle fatto un incantesimo di aggressività.»
Quistis Trepe era d’accordo con l’amica, il problema però restava il muro di fuoco che ardeva dinnanzi a loro, ostruendo il passaggio verso l’uovo, senza contare la creatura fantastica che non sembrava avere intenzione di farli passare.
La prefetta di Corvonero la vide proprio mentre caricava puntando Seifer: il mago di Serpeverde avrebbe potuto evitare le fiamme, ma non la carica della salamandra. Il ragazzo alzò la bacchetta, pronto a colpirla, ma Selphie lo disarmò, inaspettatamente.
«Stupida di una portaordini, che cazzo fai?!»
La bestia dalla pelle ricoperta di scaglie lo travolse, spingendolo contro le pareti rocciose della caverna.
«Non possiamo farle del male!» spiegò Selphie Tilmitt.
Quistis e Squall la fissavano con gli occhi sbarrati.
«Non è cattiva, vuole solo proteggere l’uovo. È il compito che le hanno affidato, non è colpa sua.» Si voltò a cercare consenso nello sguardo della prefetta. «Non possiamo farle del male» aggiunse.
Quistis la osservò: così piccola eppure così determinata, come lei non sarebbe mai stata. Si tastò ancora una volta la boccetta di vetro nella tasca della gonna, mentre si guardava intorno. Seifer si stava rialzando a fatica, la pozione che aveva creato l’aveva protetto dalle fiamme, ma non dagli attacchi fisici e sembrava più arrabbiato che mai nei confronti della maga di Tassorosso. Quando si sarebbe rimesso in piedi, forse il suo obiettivo non sarebbe più stato la salamandra o l’uovo, bensì proprio Selphie. E uno scontro con lui era proprio ciò che dovevano evitare. L’aveva chiamata portaordini, un soprannome di scherno che le aveva affibbiato durante i primi anni di scuola, quando Selphie faceva avanti e indietro per il castello a consegnare messaggi tra un professore e l’altro, o tra insegnanti e studenti. La portaordini, appunto.
Guardò Squall, che pareva sul punto di buttarsi nelle fiamme pur di arrivare all’uovo e vincere quello stupido torneo. Quanto doveva essere grande la sua forza di volontà?
Quistis strinse il braccio di Selphie, che ancora la fissava in attesa di una risposta:
«Hai ragione, non possiamo ferirla, ma noi dobbiamo andarcene da qua.» Lanciò un’occhiata alla salamandra che adesso si muoveva piano in direzione di Squall, quello più vicino all’uovo, anche se a separarlo da quest’ultimo c’era una parete incandescente. «Devi tenerla impegnata, devi coprirci le spalle. Pensi di riuscirci?» Aggiunse infine, tornando con l’attenzione su Selphie, la quale parve illuminarsi.
«Certo, conta pure su di me!»
«Bene.» Sistemato quello, la prefetta di Corvonero si mosse verso Seifer, raccogliendo per strada la bacchetta che gli era sfuggita a causa dell’incantesimo di disarmo invocato da Tilmitt. Gliela consegnò, chinandosi al suo fianco. Il ragazzo si teneva la spalla, il colpo era stato violento.
«Quella portaordini… aspetta che mi rimetta in piedi!»
«No, Seifer, non è Selphie che devi attaccare. Guardami…» disse Quistis, mentre lui teneva lo sguardo puntato sulla maga di Tassorosso. Gli torse il viso con garbo e fermezza, adagiandovi un palmo sulla guancia,.
«Guardami, Seifer!»
Finalmente lui la guardò.
«Questa pozione è la stessa che hai preso tu?» Quistis gli mostrò la bottiglietta che le aveva dato quella mattina.
«Sì, certo.»
«Sei sicuro? Non mi stai mentendo?»
«Accidenti, Trepe! Ti ho detto che mi sarei sdebitato con te e l’ho fatto. Adesso non è compito mio convincerti!».
Si fissarono per qualche secondo ancora negli occhi, nessuno li abbassò, infine la ragazza tornò in posizione eretta e continuando a guardarlo dall’alto disse:
«Prega per te che tu non mi abbia mentito, Almasy!»
Quindi gli diede le spalle e si allontanò di qualche passo, rivolgendosi a Squall, il cui cappotto era ormai bruciato in più punti.
«Ehi, Squall!» Lo chiamò e quando lui si voltò a guardarla gli lanciò la boccetta di vetro. «Prendi questa, ti aiuterà ad attraversare le fiamme!».
Lo studente di Grifondoro afferrò al volo la bottiglietta, la osservò per pochi secondi, poi tirò via il tappo e ne bevve il contenuto. Si fidava di Quistis, era sua amica da tanti anni, anzi, il loro era un rapporto più profondo dell’amicizia.
Saltò nelle fiamme, incolume, prese l’uovo e tornò dall’altra parte. La salamandra guaì, quasi ruggendo.
«Andiamo, usciamo da qui!» Esclamò Leonhart, muovendosi verso l’uscita e trascinando Selphie con sé.
Quistis intanto stava aiutando Seifer a rialzarsi, poi insieme seguirono gli altri due compagni. La salamandra, invece, rimase ferma al centro della stanza, continuando a emettere versi che sapevano di sconfitta.
«Ehi, Trepe…» fece il serpeverde, camminando a passi lenti e tenendosi ancora la spalla con una mano. «Hai perso la scommessa, è Squall il vincitore.»
La maga lo guardò di sottecchi. Doveva ammettere che le sue pozioni si erano rivelate un ottimo supporto, difficilmente avrebbero potuto recuperare l’uovo senza farsi del male o ferire la salamandra.
Inoltre, la festa di Halloween sarebbe stata solo tra una settimana. Gli sorrise e lui ricambiò.
 
Quando finalmente uscirono dalla Caverna di Fuoco, un freddo pungente li accolse senza troppi complimenti. Tra l’altro, aveva cominciato a nevicare e il vento creava piccoli mulinelli bianchi; mentre i loro respiri si trasformavano in nuvole di vapore.
«Come torniamo indietro?» Chiese Seifer, gli altri lo guardarono.
Già, perché nessuno aveva pensato a quell’eventualità?
«Il professor Loire ha detto qualcosa su una Passaporta e sull’uovo…» intervenne Selphie.
Squall guardò l’oggetto ovale che teneva in mano. Era leggero, come se all’interno fosse vuoto, quindi non poteva essere un vero uovo di salamandra. Lo posò sul terreno soffice e candido ricoperto di neve, prese la bacchetta e urlò:
«Dissendio!»
L’uovo si spaccò in due parti, rivelando al suo interno un foglietto e un piccolo peluche a forma di salamandra. Quistis si chinò a leggere cosa ci fosse scritto sul foglio, ancora una volta la grafia era quella di Loire:
«“Insieme!”».
 
 
 
 
Epilogo
 

Selphie Tilmitt aveva fatto davvero un ottimo lavoro. Il Comitato Organizzativo per il Ballo di Halloween aveva dato i suoi frutti e adesso si potevano ammirare in tutto il loro splendore nella Sala Grande.
Zucche arancioni dai volti spaventosi galleggiavano a mezz’aria, gli occhi e la bocca emettevano una luce fioca, da brividi. Candele e candelabri erano accesi tutt’intorno, mentre le immense finestre erano state coperte da tendaggi strappati in diversi punti e schizzati di rosso qua e là. Dagli angoli della stanza, scendevano fitte ragnatele, alle quali erano aggrappati ragni grossi quanto una mano e – si sperava – di gomma. Lunghi tavoli erano imbanditi di ogni cibo e leccornia, dalle forme più spaventose e stravaganti. 
Rinoa Heartilly batté le mani, emozionata: non era mai stata a una festa del genere. Afferrò il suo accompagnatore per un braccio e lo tirò, affermando di voler assaggiare tutto quello che c’era, anche se non sapeva bene cosa fosse. Lo strattonò più volte, ma Squall non si mosse di una virgola, sembrava imbambolato a guardare qualcosa, o meglio qualcuno. La ragazza bruna seguì il suo sguardo e anche lei rimase affascinata dalla maga che stava scendendo le scale, bellissima nel suo elegante abito nero e il cappello da strega.
Ad attenderla, ai piedi della rampa, c’era Seifer Almasy, anche lui tirato a lucido per l’occasione: smoking scuro, i capelli biondi acconciati all’indietro e un’aria spavalda dipinta sul viso. Le allungò il braccio per aiutarla con gli ultimi gradini e la maga lo accettò volentieri. Si sorrisero.
«Quistis…» biascicò Squall.
«Ciao Squall. Ciao Rinoa. Divertitevi». La prefetta li salutò allegra, poi si allontanò con Seifer.
 
La festa stava ormai giungendo al termine, molti degli studenti erano tornati nei dormitori, ma altri si attardavano nella Sala Grande, ballando un lento e mangiando ciò che ne restava.
Quistis si affacciò alla balaustra del terrazzo, alzando gli occhi al cielo. Amava il panorama notturno: le stelle, la luna, il lago argentato ai piedi dei monti sembrava risplendere di mistero e bellezza.
Tirò un lungo sospiro, socchiudendo gli occhi, ma quando sentì dei passi dietro di lei non si voltò a vedere chi fosse, sebbene si stupì di sentire la voce di Squall.
«Balli con un serpeverde, non ti va di stare con noi?»
Quistis si girò a guardarlo in viso. Era sempre bellissimo, sebbene gli fosse rimasta una leggera cicatrice tra gli occhi, ricordo dello scontro con Seifer a Hogsmead.
«No, scusa. So che Seifer non è ben visto da voi, quindi preferisco stare da sola con lui.»
Squall non replicò, ma l’affiancò puntellandosi alla balconata per studiare il paesaggio che si estendeva a perdita d’occhio.
«All’inizio credevo di amarti» cominciò la prefetta, senza sapere bene dove sarebbe andato a parare il suo discorso, ma sentiva che doveva dirglielo, prima che lui fosse andato via da Hogwarts. «Poi è arrivata Rinoa e mi sono fatta da parte. Non avrei potuto competere con lei. Ma, nella Caverna di Fuoco, ho capito che i sentimenti che provo nei tuoi confronti sono semplicemente fraterni. Ho temuto per la tua vita, come ho temuto per quella di Selphie e anche di Seifer. Sentivo che avrei dovuto fare tutto il possibile per salvarvi, per riportarvi indietro incolumi. Avrei sacrificato me stessa, per tutti voi, in egual misura.»
«Come una sorella maggiore» specificò Squall Leonhart.
«Come una sorella maggiore» ripeté Quistis, sollevata di aver compreso finalmente i suoi sentimenti e di averglieli confessati. Infine, gli sorrise con dolcezza. «Andrai via?»
«No, attenderò la fine dell’anno scolastico» rispose Squall. «E tu?»
«Anche io.»
«Ci si vede in giro, allora!» Il mago di Grifondoro si congedò dall’amica con un cenno del capo e si allontanò, le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni scuri. Tornando verso l’interno della sala, si scontrò con Seifer. I due si guardarono, senza proferir parola.
Il serpeverde raggiunse Quistis, e insieme passeggiarono per tornare ai dormitori. Era stata una bella serata, piacevole e divertente. Nonostante i pregiudizi che lei aveva nei suoi confronti, Seifer si era dimostrato un ottimo cavaliere e buon compagno.
Si fermarono ancora qualche minuto sui gradini che la maga aveva sceso un paio di ore prima, raggiunta la cima della rampa si sarebbero dovuti dividere per tornare ognuno nei propri alloggi.
 
Quando erano tornati ad Hogwarts, dopo aver recuperato l’uovo e fermato la salamandra, si erano ritrovati nell’ufficio del preside Cid Kramer, dove ad attenderli c’erano stati anche la moglie Edea e il professor Laguna. Il preside era stato il primo a prendere la parola, dicendo loro che era molto soddisfatto del lavoro compiuto, poiché l’obiettivo del Torneo delle Case era appunto quello di risvegliare il vero spirito delle Casate, ossia la collaborazione. E loro, per tornare indietro, avevano unito le forze. Poi Edea, l’insegnante di Incantesimi, era intervenuta dicendo che non c’era un unico vincitore in quella gara, ma potevano considerarsi tutti e quattro sul podio e, di conseguenza, superato l’esame finale dell’ultimo anno.
Quistis ripensò in quel momento alle parole di Edea Kramer e, accomodandosi al canto di Seifer, gli chiese che intenzioni avesse: sarebbe andato via da Hogwarts come desiderava?
«Ti ho mai parlato del mio sogno romantico?»
La prefetta scosse il capo.
«Un giorno diventerò Cavaliere della Strega!» La guardò di sottecchi e increspò le labbra all’insù. «La professoressa di Divinazione, Ellione, mi ha predetto che in futuro sarò il cagnolino di Edea».
«Edea Kramer, la moglie del preside?» Quistis corrugò la fronte, non capiva.
«Esatto. La Strega. Così l’ha chiamata. Ci incontreremo di nuovo, io e te, ma da nemici.»
Seifer Almasy si protese in avanti, sfiorandole la bocca con la sua. Quistis non si tirò indietro, semplicemente abbassò le palpebre e si concesse quel tocco delicato, intimo e inaspettato.
«Fino ad allora vagherò per il mondo, allenandomi alla battaglia finale.»
«Io, invece, resterò qui e studierò un modo per poterti sconfiggere.»
«Come desideri, maestrina.»


 
fine
 
  
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