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Autore: Mary P_Stark    26/02/2022    1 recensioni
Bradford - 2010
Lorainne Simmons e Kennard Palmer sono entrambi volontari presso il Centro Diurno Rainbow, che si occupa di bambini e di famiglie in difficoltà. La loro amicizia si sviluppa entro le mura del Centro, oltre che fuori, e il suono di un pianoforte accompagna le loro giornate, pur se un'oscura minaccia sembra avvicinarsi per tentare di incrinare il loro neonato rapporto.
Riusciranno i due a fare fronte comune contro questo pericolo, o le loro differenze li divideranno per sempre?
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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6.
 
 
 
 
Appoggiandosi a una delle pareti dell'ascensore mentre le porte si chiudevano dinanzi a loro, Lorainne squadrò arcigna Kennard, rigido e serio mentre, guardingo, se ne stava sul lato opposto dello spazio ristretto in cui si trovavano, quindi ringhiò: "Sono proprio un'idiota. E dire che avevo sentito l'odore dell'argento, su di te. Stupida a essermi fidata della tua buona fede."

"Buona. Fede?" gracchiò per contro lui, strabuzzando gli occhi. "Sbaglio o sei tu che divori le persone?"

"E' questo che vi dicono? Che siamo delle bestie dissennate e assetate di sangue?" esalò a quel punto lei, scoppiando subito dopo a ridere beffarda. "Andiamo bene!"
Offeso, Kennard si trincerò dietro un mutismo regale che, però, Lorainne liquidò con un secco 'bambinone'

Non appena le porte si aprirono, consentendo loro di imboccare l'elegante corridoio ricoperto di moquette color cioccolato, la coppia uscì quasi a passo di carica.

Raggiunta che ebbero la porta della loro stanza, quindi, entrarono senza esitazione e, dopo averla chiusa a chiave, Lorainne si lasciò cadere su una poltroncina di pelle.

Accavallate le gambe, attese qualche attimo per riordinare le idee ma, non sapendo bene quale direzione far prendere ai propri pensieri, sbottò: "Bene. Sentiamo quante idiozie riuscirai a dire nella prossima mezz'ora."

"Idiozie? Cosa ci sarebbe, di idiota, nel dire che sei una licantropa? Cosa ci sarebbe, di idiota, nel dire che siete predatori assetati di sangue? Su, spiegamelo!" sbottò allora lui, cominciando a passeggiare nervosamente per la stanza.

"Vale la prima, ma la seconda è una scemenza, se pensi che siamo tutti così. Diresti che il genere umano è universalmente predatore e assetato di sangue?" replicò piccata lei.

"Certo che no, è ovvio!" sbottò lui, scuotendo le braccia con fare nervoso.

"Idem per noi. O realmente credete che in noi prevalga solo il richiamo della guerra e della carne?" domandò cupa la donna, fissandolo bieca.

"Beh, magari non in te..." brontolò controvoglia Kennard. "... ma forse, perché hai avuto dei bravi genitori che ti hanno insegnato fin da piccola che uccidere le persone inermi non andava fatto."

"Ken... non ci sono nata, lupa" sottolineò lei, sorprendendolo oltremodo.

Bloccandosi a metà di un passo, lui la squadrò da capo a piedi senza comprendere pienamente le sue parole e Lorainne, con un sospiro, si chetò a forza e, più calma, aggiunse: "Sono sei anni che sono una lupa. Mi hanno trasformata."

"Cioè... hai accettato coscientemente di diventare un mostro?" replicò sconvolto lui, passandosi le mani tra i folti capelli.

Com'era possibile che quella splendida creatura avesse deciso in piena coscienza di entrare a far parte di un mondo così cupo e violento?

Sospirando, Lorainne scosse il capo e, mostrando la mano destra, mise in evidenza una vecchia ferita biancastra quindi disse: "Paul, il mio ex, mi parlò di quanto fosse bello vivere come un licantropo, di come il branco fosse coeso, una vera e propria famiglia. Io avevo appena perso i genitori, e questa cosa mi piacque molto. Inoltre, pensavo di amare veramente Paul, e il pensiero che lui si fosse aperto con me, mi avesse rivelato ogni cosa pur di non farmi sentire sola, mi fece cedere."

"Ergo, ha approfittato di un tuo momento di debolezza per portarti dalla loro parte" dichiarò sprezzante Kennard. "E tu mi dici che non sono dei mostri?"

"Non pensare mai, mai, che siamo tutti così" sibilò per contro Lorainne, accigliandosi paurosamente. "Credo che tu sia tardo, se non vuoi capire che esistono persone buone e cattive in ambo le razze, non soltanto nella tua. Inoltre, per il suo gesto è stato degnamente punito."

Dopo aver replicato al suo attacco verbale, Lorainne lo invitò a ribattere, a dire la sua una volta per tutte. Accavallò quindi le gambe e, disperata, attese.

Attese di sentire le parole che mai avrebbe desiderato udire, ma che sapeva benissimo sarebbero scaturite da quelle labbra che era arrivata a sognare anche di notte.

Ma era mai possibile che lei si innamorasse sempre degli uomini sbagliati? Non avrebbe potuto innamorarsi di William, invece di trovarlo solo un brillante e simpatico amico e compagno di bevute, ma niente di più?

"Cosa intendevi dire, prima, riguardo al fatto che il tuo ex ti ha trasformata?" domandò a sorpresa Kennard, lasciando fuoriuscire la sua voce roca e calda.

Lorainne ebbe il consueto brivido, nell'udirla, ma cercò di non farci caso e sollevò una mano per mostrargli il segno bianco e lineare che aveva poco sopra al pollice destro.

Sospirando pesantemente, poi, disse: "E' il punto in cui il mio ex mi ferì con il suo artiglio, mutandomi per sempre in lupa. Fui così sciocca da credere alle sue vanesie promesse, all'amore che credevo ci fosse tra noi, e lo seguii nel suo mondo, accettando ogni cosa, ogni regola. Fu solo allora, a mutazione compiuta, che lui mi lasciò."

Kennard si accigliò immediatamente, a quelle parole, trovando quel racconto per nulla dissimile da uno stupro e, sputando un'imprecazione tra i denti, sibilò: "E tu vieni a dirmi che non sono tutti così, i licantropi?"

Il volto di Lorainne si trasfigurò, divenendo pallido come alabastro, mentre gli occhi - sempre stati di un profondo grigio Fumo di Londra - divennero di un cupo verde giada.

Quel cambiamento repentino sgomentò non poco Kennard, che sobbalzò sul letto su cui si era assiso e, roco, gorgogliò: "I... i tuoi occhi... allora, non mi ero sbagliato!"

Lei se ne sorprese per un istante, prima di ringhiare: "Te l’ho detto! Non osare mai pensare che tutti i licantropi siano così!"

L’istante successivo, prese un gran respiro per chetarsi e borbottò: "Quanto agli occhi, mutano perché ho perso la pazienza. Sono i miei occhi di lupo, se vuoi saperlo."

Ciò detto, sbuffò sonoramente, si fece aria con le mani e, pian piano, gli occhi tornarono a essere del consueto color fumo.

Strabiliato da quell'inatteso sviluppo, di cui era già stato testimone, ma che continuava a stupirlo enormemente, Kennard si schiarì la voce per riprendere un po' di contegno.

Riprendendo quindi da dove si erano interrotti, domandò più cautamente: "Quindi, lui ha tradito la tua fiducia."

"Sì. E, per azioni come queste, sono previste pene molto severe. Esiste un iter specifico da seguire, se si vuole mutare un umano in lupo, poiché il cambio di razza non è il semplice mutamento interspecie, ma l'adeguamento a un nuovo e totalitario regime di vita" gli spiegò atona Lorainne, chiedendosi cosa stesse passando nella mente di Kennard.

Appariva guardingo e attento - come avrebbe dovuto essere qualsiasi Cacciatore in presenza di un lupo, immaginò - ma non era propriamente spaventato, solo avido di risposte. Questo, per lo meno, era quello che immaginava lei.

O forse lo sperava. Desiderava con tutta se stessa che lui non la odiasse, che comprendesse quanto, in fondo, anche lei fosse una creatura che provava sentimenti, che poteva gioire o piangere, arrabbiarsi o ridere,... esattamente come lui.

"Iter... specifico? Una sorta di esame?"

"Anche. Ma io e Paul saltammo qualsiasi passaggio, ci lasciammo guidare dagli impulsi del momento - almeno io, con il senno di poi - e così, in barba alle regole, lui mi mutò senza il permesso di Fenrir. Divenni lupa senza sapere veramente cosa sarebbe successo, e lui ottenne ciò che voleva. Tradire la fiducia di una sciocca umana" sospirò Lorainne, facendo spallucce.

"Fenrir, quindi, è colui che decide per tutti" chiosò Kennard, annuendo pensieroso. "Ne avevamo il sospetto ma, come immaginerai, non abbiamo mai potuto chiedere conferma a nessuno."

Ciò detto, arrossì suo malgrado e Lorainne, con un leggero sorriso, replicò: "Non andiamo in giro ad affiggere manifesti, in effetti. Quando il mio Fenrir lo seppe, non soltanto si infuriò con Paul, ma lo punì con il bando dal branco e la menomazione a vita di un arto."

Kennard sgranò gli occhi, di fronte a quella notizia e, lappandosi nervosamente le labbra, esalò: "Menomazione... a vita?"

"Se una ferita ad argento lede organi, o nervi, la condizione è definitiva. Ugualmente, se la ferita viene inflitta da artigli o zanne. Il nostro Geri - il sicario umano del branco - fendette il tendine d'Achille a Paul su ordine del mio Fenrir, dopodiché venne scacciato, e Freki si assicurò che se ne andasse il più lontano possibile da qui. Da quel che sappiamo, un paio di anni fa si trovava nel Galles, come lupo errante."

"Geri e Freki, eh? Hai parlato di un sicario umano, ma mi sembra strano pensare che vi siano membri umani in un branco mannaro" replicò cauto Kennard.

Il sorriso di Lorainne, a quel punto, si accentuò e, con tono dolente, asserì: "Gli incroci tra famiglie hanno creato dei geni recessivi e, sempre più spesso, il gene mannaro salta una generazione, facendo nascere bimbi del tutto umani, o neutri, che cioè non potranno essere mutati neppure dopo lo sviluppo sessuale, quando di solito avviene la mutazione spontanea. Questi bimbi, per noi, sono più preziosi dell'oro e vengono doppiamente protetti e amati da tutto il branco. Essi sono i depositari del nostro futuro al pari degli altri, ma hanno più bisogno di noi perché non possono difendersi come i fratelli mannari."

Kennard sbatté le palpebre confuso per alcuni istanti prima di domandare: "Tra i bambini del Centro, per caso..."

"No, non ve ne sono. Ma li amo ugualmente, come se appartenessero al branco" scosse il capo Lorainne. "Amo essere un licantropo, nonostante il modo brutale in cui sono diventata tale. Tra loro trovai una famiglia - sono cresciuta tra mille famiglie affidatarie, per la cronaca, per questo mi occupo dei bambini più deboli - e, grazie al mio Fenrir, mi sentii protetta."

"Il tuo Fenrir è... è il vichingo biondo che mi ha quasi staccato un braccio?" domandò Kennard, sollevando un poco la manica della felpa per controllare l'avambraccio. Un bel segno violaceo stava emergendo, pulsante, sulla sua pelle ambrata.

"No, non è lui. Tu conosci il mio Fenrir" replicò lei, sorridendo sorniona.

Kennard  storse appena la bocca prima di imprecare sonoramente ed esalare: "Alec? Alec Dawson, vero?!"

"Chi altri, sennò?" scrollò le spalle lei. "Chi, se non colui che difese la propria famiglia dai soprusi di un padre violento, avrebbe potuto farmi sentire protetta come io mi sento?"

L'uomo si passò le mani sul volto e tornò a quegli anni in cui si era svolto il processo, alla cicatrice sul viso di quel ragazzino gracile ma che, nel breve decorrere di pochi mesi, si era sviluppato fino a diventare un Marcantonio degno di tale nome.

La stampa ci aveva navigato per mesi, denigrando Roland Dawson con i peggiori epiteti possibili e arrivando addirittura a chiedere una medaglia al valore civile per il piccolo Alec. Persino i giudici avevano voluto sbrigare alla svelta la faccenda.

Suo padre, che aveva seguito il caso e gliene aveva parlato in casa con toni disgustati, era arrivato a dire che sì, il ragazzo aveva fatto bene a difendere la madre a quel modo.

La stampa aveva ovviamente usato toni blandi, in merito ai due figli dell'uomo morto, ma lui aveva poi saputo tutto da suo padre, venendo a sapere ciò che nessun ragazzo vorrebbe mai sentire.

Stupri reiterati all'interno della casa, sia ai danni della figlia che del figlio, oltre alle botte e alle ferite da arma da taglio inferte alla moglie, di cui si era parlato molto di più, alla televisione.

No, Alec non era davvero cresciuto in un bell'ambiente... e Lorainne diceva che, da lui, si sentiva protetta? Che un simile passato, quindi, non avesse avuto nessun riflesso negativo sull'uomo che era diventato?

"Alec, quindi... è una sorta di angelo sceso in Terra, per te?"

La sola idea lo fece rabbrividire. Non gli andava affatto che la donna che lo interessava vedesse a quel modo un uomo che non fosse lui ma, d'altro canto, lui aveva appena cercato di ferirla, perciò non aveva molte frecce al suo arco per apparirle come un angelo.

Lorainne, comunque, rise divertita, scosse il capo e asserì: "I primi anni di governo di Alec furono un autentico campo di battaglia. Fece divenire mantra ogni regola del branco, e chi sgarrava veniva punito severamente, pur senza sfociare mai nella crudeltà. Tutti sapevano che, con lui, non si poteva fare i furbi. Alec e i suoi amici ne avevano avuto abbastanza del padre e delle sue angherie, per volere un governo senza regole, perciò finirono con il seguirle fin troppo alla lettera."

"Tu ne fosti testimone?"

"Non proprio. All'epoca dei fatti, Alec si era già ammorbidito un po', rispetto agli inizi ma, il vero cambiamento, avvenne con l'arrivo di Erin e di sua figlia Penny. Hai conosciuto anche loro... al negozio."

"Però... non è la sua vera figlia" esalò sorpreso Kennard.

"Non dirlo a lui. Per Alec, Penny è sua figlia al cento percento. Ha un'autentica adorazione per quella discoletta, e tutti nel branco siamo estremamente protettivi con lei" sorrise Lorainne.

Kennard si lasciò andare sul letto, tramortito da quella marea di informazioni e Lorainne, con un sospiro, domandò: "Ci pensavi dei mostri pronti unicamente a divorare la gente?"

Nell'udire il dolore insito in quelle parole, l'uomo si raddrizzò subito e, fissandola leggermente stizzito, replicò: "So benissimo che tu non sei così, ma hai idea di quello che ci viene insegnato, fin da quando abbiamo abbastanza sale in zucca per capire?!"

"Non ho mai avuto il piacere di parlare con un Cacciatore, in effetti" ribatté lei, ammiccando con leggera perfidia.

Lui si accigliò un poco e ammise: "Beh, sì, è scontato che tu non lo sappia. Era un modo di dire. Comunque, ci insegnano che sì, siete dei mostri pronti unicamente a divorare la gente, che il vostro sangue è demoniaco e via discorrendo."

Lorainne accusò leggermente il colpo, si morse il labbro inferiore e mormorò: "Sangue... demoniaco?"

"Sì, beh, è per via delle leggende che vi credono figli di Fenrir, ma so bene che non è così" scosse una mano Kennard come per liquidare quell'ultima, infelice uscita.

"Non è così?" ripeté sibillina Lorainne, mettendolo immediatamente in allarme.

"Ora non scherzare. Già la situazione è assurda, ma se poi cerchi di fare dell'ironia quando non è necessaria..." borbottò Kennard, passandosi nervosamente una mano sulla nuca, quasi questa sfrigolasse a causa di una corrente a basso voltaggio.

"Uhm... sei percettivo, a quanto pare..." mormorò ancora Lorainne, alzandosi dalla sedia per avvicinarsi a lui con lentezza esasperante.

A Kennard parve di vedere un puma avvicinarsi alla preda, anche se il pensiero gli parve immediatamente paradossale. Lei non era un gatto troppo cresciuto!

Impossibilitato a muoversi, Kennard rimase imbrigliato a quegli occhi magnetici, ora tornati verdi come gli smeraldi più puri mentre la voce, morbida come velluto e roca come la carezza di un'amante, mormorava: "Sei avvolto dal mio potere, dalla mia aura, dal mio sangue divino, e ogni più piccola parte di te lo avverte. Forse in te c'è qualcosa di latente che neppure tu conosci o forse, per tua fortuna - o sfortuna, vedi tu - sei un Percepente e avverti che c'è qualcosa di diverso, in me."

"Che vai dicendo?" gracchiò Kennard, sobbalzando quando la sua mano rovente sfiorò il suo volto.

Un'onda di piena lo avviluppò, riscaldandolo e portandolo a guardarla pieno di meraviglia e sì, di paura. Lorainne, allora, rilasciò l'ondata di energia e allontanò la mano, asserendo con tono più normale: "Ti sembra il tocco di un demone?"

"Eri... eri veramente tu?" esalò a quel punto Kennard, sbattendo confuso le palpebre.

"Sì." 

Disse solo questo. Dopodiché crollò a sorpresa in ginocchio e scoppiò in lacrime. Tutto aspettandosi tranne questo, Kennard rimase basito e immobile per diversi istanti, prima di riuscire a recuperare un minimo di lucidità mentale.

Accucciandosi accanto a lei, accennò quindi a sfiorarle le spalle, solo per ricordarsi che, forse, se lo avesse fatto, lei avrebbe potuto mandarlo al Creatore con un pugno.

L'attimo seguente, però, ricordò la sua dolcezza con i bambini, il modo in cui lo aveva guardato quando aveva consolato la piccola Meg, e lanciò alle ortiche qualsiasi precauzione.

La avvolse tra le braccia, sentendola irrigidirsi per alcuni istanti, e disse: "Non devi piangere. Davvero. So che non sei un demone."

"Ma lo pensi degli altri, e questo non posso accettarlo" replicò lei, puntando i pugni contro il suo torace, pur non spingendo per liberarsi dalla sua stretta.

Avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento, perché Kennard sapeva che era molto più forte di lui, ma non lo fece. Rimase lì, accanto a lui, nel cerchio del suo abbraccio e, con calma, smise di piangere.

Nel frattempo, lui le carezzò la corta chioma bionda e liscia, assaporò il profumo di sapone e di donna che veniva da lei e, con un sospiro tremulo, mormorò: "E' assurdo, ma voglio baciarti. Lo desidero anche adesso che so chi sei, che so cosa potresti farmi... al tempo stesso, però, non voglio farlo perché sarebbe da bastardi baciare una donna che ha appena..."

Kennard non terminò mai la frase.

Lorainne lo afferrò per il colletto della felpa e tirò. Schiacciò le sue morbide labbra contro quelle di lui e, muovendosi sinuosa, lo invogliò ad accettarla, ad accettare ciò che lei gli stava donando spontaneamente.

Quella sorta di aggressione finì col farli crollare a terra. Ansimanti entrambi e con gli occhi sgranati per la passione e l'ansia accumulate, si guardarono vicendevolmente in silenzio, i corpi che vibravano in risonanza a ciò che volevano a tutti i costi portare a galla.

Come guidato da fili invisibili, Kennard le avvolse la vita per sospingerla contro il proprio corpo eccitato e, a quel tocco, Lorainne gorgogliò un ringhio basso, gutturale che, per poco, non lo mandò al Creatore.

Era così eccitato che avrebbe potuto perdere il controllo da un momento all'altro e il corpo febbricitante di Lorainne, premuto contro il suo, lo stava mandando al manicomio.

Eppure, non voleva altro che questo e, a giudicare dal respiro affannoso di lei, neppure Lorainne sembrava contraria.

Il punto era un altro. Anzi, erano mille altri. 

Era attratto da una licantropa, e lei era attratta da lui. Desiderava quella donna, nonostante sapesse cosa nascondesse dietro quei bellissimi occhi color giada, quella bocca dolce e al sapor di pesca, quegli splendidi capelli color del miele.

"Ti voglio" mormorò lei, gorgogliando quella richiesta contro la sua gola.

Per Kennard fu troppo.

La sollevò da terra come se ne andasse della propria vita e, senza attendere un solo istante, la sospinse sul morbido letto e la guardò con occhi bramosi, del tutto privi di autocontrollo.

Lorainne, allora, si stiracchiò al pari di un gatto, sorrise e, sollevatasi a sedere, lo afferrò per il bordo dei jeans e lo attirò a sé con un leggero strattone.

Lui le crollò sopra e, l'istante seguente, le sue labbra già cercavano quelle della donna, mentre le mani sollevavano freneticamente il bordo del suo maglione per trovare la sua pelle bollente e morbida come velluto.

"Stai... andando... a fuoco..." riuscì a dire in qualche modo Kennard, mentre Lorainne gli strappava quasi di dosso i pantaloni.

"E' la temperatura della nostra pelle. E'... normale" sussurrò lei roca, cercando frenetica il suo membro. 

Fosse stata anche l'ultima azione della sua vita, ma voleva Kennard. In seguito, se ne sarebbe sicuramente pentita, ma ora lo voleva con tutta se stessa, e con una frenesia che non riusciva a contenere.

Non le importava nulla se era un Cacciatore, se aveva tentato di accoltellarla, se lui era il suo nemico naturale.

Si era innamorata dell'uomo che si nascondeva dietro la sua corazza di avversario primigenio, e non poteva farci un accidente di niente.

Per una volta, voleva essere lei a guidare il gioco, e non farsi guidare da esso.

Quando perciò lo sentì affondare in lei, gorgogliò di piacere e si lasciò andare a quell'antica danza assieme a lui, prendendo e dando in egual maniera, ma senza mai trascendere da se stessa.

Non voleva ferirlo per errore, pur se era sempre più difficile contenere la lupa dentro di lei, che agognava ad accoppiarsi completamente, totalmente con quell'uomo.

Kennard, al tempo stesso, non pensò mai un attimo ai morsi che lei gli stava dando, o alle unghie che stavano segnando la sua schiena o le natiche contratte dallo sforzo.

Il suo unico pensiero era lei, era darle ciò che tanto sembrava volere... e ciò che lui stesso aveva desiderato per tutto il tempo, e che neppure la scoperta della verità aveva fatto scemare.

Che fosse dannato, ma lui voleva quella donna nella sua vita.

E al diavolo il fatto che fosse anche una licantropa.

Ora non gli interessava un accidente di niente. Né gli sarebbe interessato in seguito.

Ormai lo sapeva.

Quando infine crollò su di lei, stremato e appagato al tempo stesso, Kennard scivolò subito dopo su un fianco, le sfiorò le labbra con un bacio e mormorò: "Stai ancora facendo quella cosa coi tuoi poteri, vero?"

"Sì. L'amplesso è più piacevole, se l'aura sfiora il proprio compagno" assentì lei, poggiandosi su un gomito per poi guardarlo dolente. "Scusa se ti ho spinto a cedere... ma volevo almeno questo ricordo, prima di chiudere la questione con te."

Sobbalzando, Kennard ne imitò la postura e borbottò contrariato: "Chiudere in che senso?!"

Ora sinceramente sorpresa, Lorainne esalò: "Beh... pensavo che avresti preferito dimenticare ogni cosa."

"Che?!" esclamò lui, facendo tanto d'occhi. "D'accordo, non ti ho dato l'idea di avere un autocontrollo ferreo, visto che ti sono bastate due paroline sussurrate per farmi capitolare, ma lo volevo anch'io!"

Lorainne a quel punto si passò le mani sul viso, lo guardò al colmo della costernazione e gracchiò: "Ricordi chi sono? Ne sei ben consapevole?"

"Me ne sono fatto un'idea abbastanza chiara e, in merito a questo..." replicò lui, indicandosi una spalla, dove balzava evidente allo sguardo il segno di un morso. "... devo cominciare a preoccuparmi?"

"No. Non ho usato né zanne né artigli, perciò non corri rischi. Neanche se mi avessi morso un labbro, avresti rischiato. Il sangue corrompe - per così dire - solo se siamo in forma animale" gli spiegò lei, non sapendo esattamente come sentirsi.

Kennard le aveva veramente detto che la desiderava?

"Merda..." bofonchiò lui, strappandola a quel pensiero. "... il fatto di sentirti parlare della tua controparte..."

"...ti ha turbato?" ipotizzò lei prima di notare il sorriso beffardo di Kennard.

Controllando quindi un punto preciso del suo corpo nudo, scoppiò a ridere - una vera, calda risata – ed esalò: "Oh... direi di no."

"Mi hai fatto una fattura?" domandò l'uomo con un mezzo sorriso.

"Non siamo capaci, mi spiace" scrollò le spalle lei, sentendosi stranamente leggera, nonostante si trovasse in una situazione potenzialmente mortale.

"Beh, allora dovrai sistemare le cose. Me lo devi" la provocò lui, sospingendola nuovamente verso le lenzuola stazzonate.

Lei, però, scosse il capo, assottigliò le palpebre e, ribaltando la situazione, lo fece distendere sotto di essa e, solleticando la sua carne con le unghie, discese fino a incontrare il suo membro.

A quel punto, Kennard perse del tutto ogni contatto con il mondo e solo molto tempo dopo riuscì a emettere una frase di senso compiuto... o che non sembrasse qualche idiozia disarticolata e grottesca.

Soddisfatta e sogghignante come un gatto che stesse leccandosi i baffi, Lorainne scese dal letto con un balzo, raggiunse in fretta il bagno per recuperare una salvietta, la inumidì e, dopo essere tornata a letto, la gettò su di lui e mormorò: "Ripulisciti. Sei un disastro, e dobbiamo ancora parlare seriamente, noi due."

Fissando accigliato l'asciugamano deplorevolmente freddo - lo aveva fatto apposta a non usare l'acqua calda? - Kennard fece come richiestogli dopodiché, avvoltosi con un lenzuolo, la osservò mentre lei si sistemava candidamente su una poltrona, a gambe accavallate.

"Tu non ti rivesti?"

"Non abbiamo tabù sessuali, tra noi" si limitò a dire lei, come se nulla fosse.

Kennard strabuzzò gli occhi, gracchiando: "Cioè... vuoi dirmi che hai visto nudi tutti i membri maschili del tuo branco? Scusa il gioco di parole..."

Lei sorrise appena, assentì e disse: "Sei nella media, non temere. Comunque sì, come loro hanno visto tutte noi senza nulla addosso. Quando mutiamo, è meglio farlo da nudi, se non vuoi far esplodere gli abiti. Niente sparizioni magiche... esplodono e basta."

Lui, però, non la stava affatto ascoltando, limitandosi a guardarsi con espressione torva.

A quel punto, Lorainne lo guardò dubbiosa e domandò: "Cosa c'è? Ti ho per caso ferito senza accorgermene?"

"Non in senso letterale" sottolineò lui. "Che intendi... nella media?!"

Lorainne esplose in una calda risata, nel sentirlo così irritato al pensiero di non avere un fisico particolarmente eccezionale, o fuori dagli standard. Era così tipicamente e squisitamente maschile!

Tornando da lui, gattonò sul letto, gli si inginocchiò dinanzi e aggiunse: "Kennard, tu per primo mi hai detto che tendete a tenere sott'occhio gli uomini troppo alti e robusti, no?"

"Sì, beh, ma..." tentennò lui, sentendosi un emerito idiota al solo pensiero di stare facendo i capricci come un bambino.

Lei, allora, addolcì lo sguardo, gli carezzò una guancia e mormorò: "Se può consolarti, tolto Paul, non sono più stata a letto con nessun altro, da quando mi sono trasformata. Ero troppo demoralizzata e triste, per farlo."

"Neanche con..."

"William ti è proprio rimasto impresso" ironizzò a quel punto Lorainne, scuotendo il capo con ironia. "No. Ci siamo baciati una volta, per dovere di cronaca ma, quando è parso a entrambi di baciare un fratello - o una sorella -, abbiamo convenuto che fosse preferibile rimanere amici. E così è tutt'ora."

Kennard a quel punto assentì, sospirò nel reclinare il capo e mormorò: "Che abbiamo combinato, Lore?"

Quel nomignolo. Lei sorrise nel sentirglielo usare. Lo aveva sempre fatto, da quando erano diventati amici, durante le loro lunghe domeniche al Centro Diurno. Il fatto che fosse tornato a usarlo proprio in quel momento le fece sperare, per un folle istante, che tutto potesse andare a posto.

Ma il fatto che lui fosse una Sentinella Cacciatrice, e lei un licantropo, non era affatto cambiato.

"A quanto pare, nel nostro caso, l'istinto di sopravvivenza funziona al contrario. Tu sei un Percepente, ormai ne sono sicura, e quindi puoi avvertire attorno a te i licantropi, se non hanno l'aura azzerata. Potresti essere un pericolo per tutti noi ma, al tempo stesso, potresti essere tu stesso in pericolo, perché altri gruppi di Cacciatori potrebbero volerti per i tuoi poteri." 

"Ci chiamate davvero cacciatori?"

"In mancanza di un termine migliore..." scrollò le spalle lei. "Voi come vi definite?"

"Nel nostro caso, Centuria. Neanche troppo difficile capire il perché. Siamo un centinaio, e prendiamo i nomi dall'esercito romano."

Sollevando un sopracciglio con interesse, Lorainne domandò: "Motivo? Dopotutto, Fryc è antecedente all'arrivo dei Romani."

"Il nome mutò da beadurinc, termine anglosassone che identificava i guerrieri, a titoli e acquartieramenti romani dal momento in cui i nostri avi parteciparono alla guerra tra Romani e Pitti."

"Oh, giusto. Noi parteggiammo per i Pitti, e voi per i Romani. Noi fondemmo il nostro sangue con l'antico popolo anglosassone, e voi con l'invasore del sud" chiosò Lorainne, ammiccando al suo indirizzo per stemperare il tono di quell'appunto.

"Tant'è. Il punto focale, comunque, non sono i nostri nomi, o i titoli altisonanti, ma il fatto che io e te abbiamo un problemino un tantino più pratico" soggiunse lui, indicando entrambi prima di sfiorare con un dito il segno di morso che Lorainne aveva sulla spalla destra. "Paul?"

"Ah, no... una lupa del branco. Si combatte al primo sangue, per scalare la gerarchia sociale, e lei mi lasciò una bella cicatrice. Io, però, le tirai la coda e vinsi" si limitò a dire lei, vedendolo sobbalzare in risposta.

"Le tirasti... la coda?"

"Coi denti. Rischiai di staccargliela, ma lei si dichiarò vinta prima che portassi a termine i miei propositi, così passai di categoria. Ormai sono più di due anni che non combatto più" scrollò le spalle Lorainne.

Kennard si passò le mani sul viso per schiarirsi le idee, cercò di concretizzare nella mente il pensiero di due lupe che si azzannano in una sorta di torneo ma, non riuscendovi, le domandò costernato: "Ma davvero dovete farlo?"

"Siamo una società piramidale e, più sei in alto, più hai privilegi. Nel caso specifico, ci serve più che altro per rimanere attivi e allenati, non tanto per ottenere favori da Fenrir, visto che lui ci tratta pariteticamente. Tendiamo a diventare nervosi, se non snudiamo le zanne, per così dire, così ogni tanto sfidiamo o veniamo sfidati. Più sei alto in grado, però, più è difficile essere sfidati, perché nessuno desidera veramente prenderle di santa ragione."

"Quindi, tu sei molto forte?"

"Come donna, sì. Ho messo sotto anche diversi uomini, ma posso davvero contarli sulla punta delle dita di una mano. Con alcuni, poi, non ci proverei neppure" ironizzò lei, scrollando una mano con fare negligente prima di tornare seria, sospirare e domandargli: "Sei spaventato?"

"Se mi togliessi il lenzuolo, vedresti quanto sono spaventato" celiò lui, portandola a fare proprio questo. "Questo fa di me un folle?"

"Forse, solo un Cacciatore che non ha più paura del licantropo che ha innanzi" mormorò lei, sfiorandogli con un dito la vena giugulare, ben evidente sul suo collo. "Vorrei morderti, leccare il tuo sangue e farti mio in ogni senso. Mutarti in lupo e sfruttare tutta la mia forza per darti il massimo piacere possibile, ma sarebbe la cosa più sbagliata e ingiusta possibile."

Lui ansimò in risposta, si passò una mano sul viso e gorgogliò roco: "Parla ancora con quel tono e ti butterò sul letto di nuovo... e stavolta non ribalterai la situazione."

"Non ti è piaciuto quello che ti ho fatto?"

"Tutt'altro!" esclamò lui, facendo tanto d'occhi. "Ma voglio marchiarti come mia... e so che è da trogloditi, del tutto inutile e anche un tantino maschilista. Ma quando parli della tua parte animale, fai uscire la mia."

"I lupi marchiano le proprie lupe... e viceversa" sottolineò lei, assottigliando le palpebre e leccandosi bramosa le labbra.

A Kennard non servirono altri stimoli. Prima di riprendere da dove si erano interrotti, però, le domandò: "Toglimi una curiosità... qual è la vostra resistenza?"

Lei rise sommessamente, lo accolse dentro di sé e mormorò roca: "Ti stancherai prima tu, te lo assicuro. Ma io saprò risvegliarti ogni volta."

"Cazzo... mi sa che stanotte ci rimarrò secco" sbottò lui.

Ma non gliene importò nulla. Se non era un bel modo di andarsene quello...





N.d.A.: è chiaro che la situazione è ancora ben lontana dall'essere risolta visto che, in pratica, non hanno sviscerato il "piccolo" problema che li divide... comunque, per lo meno, non è finita a coltellate. ^_^
Ora resta da capire come la prenderà Alec, e come reagiranno i familiari di Ken...
  
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