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Autore: Mary P_Stark    06/03/2022    1 recensioni
Bradford - 2010
Lorainne Simmons e Kennard Palmer sono entrambi volontari presso il Centro Diurno Rainbow, che si occupa di bambini e di famiglie in difficoltà. La loro amicizia si sviluppa entro le mura del Centro, oltre che fuori, e il suono di un pianoforte accompagna le loro giornate, pur se un'oscura minaccia sembra avvicinarsi per tentare di incrinare il loro neonato rapporto.
Riusciranno i due a fare fronte comune contro questo pericolo, o le loro differenze li divideranno per sempre?
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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7.
 
 
 
L'acqua calda della doccia gli sembrò la cosa più bella del mondo.

Dopo Lorainne che lo insaponava, ovviamente.

Alla fine, aveva mantenuto la parola. Non solo lei non aveva mostrato alcun segno di cedimento o stanchezza, ma ogni volta aveva saputo far rifiorire il suo desiderio finché, davvero stremato, non era crollato a dormire lungo riverso sul letto.

Verso le quattro della mattina.

Solo molte ore dopo, e con il sole ben alto nel cielo, era riuscito a tornare dal mondo di Morfeo e unicamente per trovare Lorainne già sveglia e con un vassoio colmo di leccornie poggiato tra loro due.

"Servizio in camera" aveva detto con un sorriso e lui, per un istante, si era domandato se fosse andata alla porta senza nulla addosso.

Nel vedere un accappatoio gettato con negligenza su una vicina poltrona, si era però tranquillizzato e, scusandosi con lei, era andato al bagno per riprendersi dalla lunga maratona notturna.

Lei l'aveva seguito poco tempo dopo e ora, in piedi nel box doccia assieme a Lorainne, stava assaporando un nuovo genere di piacere.

"Trovo tutto questo bellissimo, Lore... ma non abbiamo più parlato del nostro problemino. E non possiamo di certo bivaccare qui dentro in eterno. Pur se sarebbe davvero piacevole" mormorò lui, insaponandole i capelli.

"Pensi che i tuoi potrebbero avere un travaso di bile, se mi presentassi da loro e accennassimo anche a loro il nostro problemino?"

Kennard si bloccò all'istante, la squadrò negli occhi più che mai seri e borbottò: "Dici sul serio?"

Aprendo su di loro il getto del sifone, Lorainne replicò: "Segui il mio discorso, Ken, e dimmi se sbaglio. E' assodato che c'è qualcosa di serio, tra di noi, o nessuno dei due sarebbe passato sopra ai nostri evidenti ...dissapori reciproci? Vogliamo chiamarli così?"

"Niente da dire... non me ne è fregato un accidenti, lo ammetto. E non può essere soltanto perché sei una bella donna e sei brava a letto" asserì lui, vedendola sorridere divertita per un istante.

"Grazie. E' reciproco, comunque. Tolto il discorso puramente fisico che c'è tra noi, abbiamo appena ammesso che esiste un legame emotivo che ci unisce e, se è sopravvissuto alla verità, dubito possa subire scivoloni improvvisi."

"Credo anch'io. Quindi?"

"Non so dove ci porterà questo legame, ma so cosa potrà succedere a te. Sei un Percepente, quindi una minaccia per i licantropi e una golosissima arma per qualsiasi Cacciatore da qui alla fine del mondo. Se per disgrazia si sapesse che tu hai questo potere, saresti in pericolo su entrambi i fronti.”

"Ma, se tu non parli, chi potrebbe mai saperlo, dei miei?"

Sospirando, Lorainne mormorò: "Se restiamo insieme, dovrò gioco forza presentarti al mio Fenrir, e poi al branco. Ma, a tua volta dovrai presentarmi ai tuoi, e prima o poi noteranno qualcosa che non va in me."

"Merda, merda, merda" ringhiò lui, dando dei leggeri colpi con il capo alla parete della doccia. 

"Pensi che i tuoi genitori potrebbero ascoltarmi senza snudare prima le armi?"

"Onestamente? Non lo so" ammise lui, sospirando e chinandosi per poggiare la fronte contro quella di Lorainne. "Potrei cercare di difenderti, ma non so se riuscirei a levare la mano su di loro."

"Neppure lo vorrei. E' la tua famiglia... ma non possiamo mentire loro."

"Ma possiamo farlo coi tuoi?" replicò leggermente piccato Kennard.

"Non mi pare che tu sia morto... eppure William sa di te" sottolineò per contro Lorainne. "Credimi... a quest'ora, non soltanto il mio Fenrir sa che ero con te, ieri sera, ma penso persino che sappia che non sono tornata a casa, stanotte. Quindi, o mi dà per morta... o per qualcos'altro."

"Si incazzerebbe, se sapesse che abbiamo fatto sesso?" borbottò leggermente preoccupato Kennard.

"Se mi vedesse appagata, neanche tanto. Magari ti strapazzerebbe un po' perché sei un Cacciatore ma, alla fine, ti lascerebbe in vita, visto che mi hai regalato un sorriso."

Ciò detto, ne sfoderò uno tutto fossette, che però non fece sentire Kennard più tranquillo.

"Così... come se nulla fosse" gracchiò lui, per nulla convinto.

"Siamo piuttosto diretti e molto poco machiavellici. Su certe cose amiamo il bianco e il nero, lo ammetto ma, se io garantisco per te, sei più o meno a posto."

"E' il 'più o meno' che mi preoccupa un po'" sottolineò lui.

"Sorriderei molto" ci tenne a precisare Lorainne.

Kennard allora le sorrise, le carezzò il viso bagnato e, dopo averle dato un bacio leggero, mormorò: "Ti amo. Che, alla fin fine, avrebbe dovuto essere la prima cosa da dire, prima di saltarti addosso... ma non abbiamo fatto le cose in maniera molto ortodossa."

"C'è ben poco di ortodosso, in quello che stiamo facendo, ma mi fa piacere che tu me lo abbia detto, visto che lo penso anch'io, di te" replicò lei, avvolgendogli le braccia intorno al collo per aderire completamente a lui. "Mi sono innamorata di un Cacciatore. Quando il mio Fenrir lo saprà, o riderà fino a disarticolarsi la mandibola, o mi urlerà dietro delle cose innominabili, prima di calmarsi."

"Poteva andarci peggio, no?"

"In che senso, scusa? Pensi ci siano situazioni più complicate delle nostre?" esalò Lorainne, sgranando perplessa gli occhi.

"Se mi ci fai pensare, sono sicuro che troverò qualcosa di peggio, ma ora vorrei uscire da qui. Comincio a lessare" ironizzò lui, sollevando una mano dove erano ormai evidenti diverse piegoline sulla carne.

Lorainne rise divertita, annuì e chiuse l'acqua, sospingendolo poi fuori dal box.

Lì, gli gettò un salviettone e Kennard, curioso, le domandò: "Non ne hai bisogno anche tu?"

"No" ammiccò lei, iniziando a far evaporare l'acqua sul proprio corpo con il semplice utilizzo dell'aura.

Kennard sorrise un po' scioccamente e, nel frizionarsi col salviettone, esalò: "Questo sì che è fico."

"Aiuta" ammise lei, uscendo dal bagno per raggiungere in fretta il cellulare e chiamare Alec.

Era più che sicura che, ormai, William avesse già fatto rapporto e, vista l'ora, il suo Fenrir poteva aver già sguinzagliato qualche sentinella al solo scopo di cercarla. Non voleva per nessun motivo che piombassero lì a far fuori Kennard prima di aver chiarito tutto.

Richiamato perciò il numero breve di Alec, attese impaziente di sentire la sua voce burbera rivoltarla come un calzino ma, quando il suo Fenrir accettò la chiamata al secondo squillo, si sorprese nel sentirlo sì turbato, ma per nulla infuriato.

La sua voce era ansiosa e velata da qualcosa di simile alla paura, cosa per Lorainne del tutto nuova. Che si fosse preoccupato così tanto? O William aveva esagerato con il suo resoconto?

"Ehm, ciao, Alec. Come va?" esordì con tono neutro.

"Io. Come va" borbottò per contro l'uomo, tornando al suo solito tono burbero. "Da quel che Will mi ha raccontato la notte scorsa, temevo di trovarti legata e imbavagliata in un covo di Cacciatori... ma non mi sembra tu stia male."

Sbuffando, Lorainne borbottò: "Il solito esagerato... anche quanto, era un solo Cacciatore, e avrei potuto sistemarlo senza problemi, anche senza l'intervento in stile 'Jason Statham' di William. Comunque, la faccenda è un tantino più complicata di me che incontro un nemico."

"Ehi, Lore, con chi parli?" domandò dietro di lei Kennard, sopraggiungendo dal bagno, il salviettone stretto attorno ai fianchi.

Lorainne sospirò a quella vista e Alec, insospettendosi, domandò: "Hai inscenato 'A letto con il nemico', Lorainne?"

"Neanche sapevo che avessi mai visto questo film, capo" esalò scioccata la donna. "Comunque, non sono saltata da una barca in mezzo a una tempesta, per la cronaca. Il letto, però, c'entra."

Uno sbuffo, un'imprecazione tra i denti e il silenzio.

Lorainne non seppe come interpretare quei messaggi subliminali da parte di Alec ma quando, tre secondi dopo, le giunse la bordata delle sue urla, seppe che il suo Fenrir non era svenuto.

"CHE DIAVOLO TI E' SALTATO IN MENTE?! SE AVEVI COSI' TANTA VOGLIA DI FARTI UN UOMO, AVEVI LA FILA ALLA PORTA!" sbraitò Alec mentre, a poca distanza, la voce di Erin cercava di portarlo a più miti consigli.

Lorainne allontanò in tutta fretta il cellulare dall'orecchio, comunque martoriato da quell'urlo titanico e Kennard, che non si era perso una sola parola di quella reprimenda, fissò curioso la donna, che si limitò a scrollare le spalle.

"Nessun tabù sessuale, in linea di massima..." si limitò a dire lei, sorridendo tesa prima di ricevere la seconda stoccata.

"COSA FAI?! ANCHE LE LEZIONI DI GUIDA AL TUO CUCCIOLO SENZA PELO?! DOVRESTI SBUDELLARLO, INVECE DI SPIEGARGLI CON CHI ANDIAMO A LETTO!"

Kennard rabbrividì leggermente, di fronte a quella minaccia per nulla velata e Lorainne, con un sospiro, asserì: "Guarda che ti sente."

"COSA VUOI CHE ME NE FREGHI, DI UN SENZA PELO CHE VUOLE ACCOPPARMI?!" sbraitò Alec.

"Lo voglio, Fenrir" mormorò a quel punto Lorainne.

Alec si azzittì subito, a quelle parole e, nuovamente calmo - ma con un tono di voce che lasciava trapelare tutta la sua preoccupazione - replicò: "Dio, Lorainne... e lui che dice?"

"Ha detto di amarmi. Ma il punto è un altro. E' un Percepente."

"Cristo! Niente di meno! Ma un amante più semplice non potevi trovartelo, Lo-Lo?"

Lorainne scoppiò a ridere, nonostante tutto, quando sentì usare ad Alec lo sciocco nomignolo che Penny le aveva dato all'inizio della loro amicizia. Era ben raro che Alec si piegasse a simili giochi ma, se era arrivato al punto di usarlo, doveva essere davvero in ansia per lei.

Addolcendo perciò il suo tono, asserì: "Tutta la mia vita è stata un percorso in salita, Fenrir. Niente di strano se, anche in questo ambito, continua a esserlo."

"Ed essendo un Percepente, ti è facile capire se mente, visto che è una cosa a doppio senso" brontolò Alec, pur mantenendo un tono di voce abbastanza controllato.

"Già" assentì Lorainne, sorprendendo non poco Kennard, che si indicò con aria confusa. "Che devo fare, Fenrir?"

"Non può semplicemente sbattersene della famiglia e rimanere con te. Non è una situazione come le altre" sospirò a quel punto Alec. "Il tuo uomo che ne pensa?"

"Gli ho proposto di andare a parlare coi suoi genitori, ma non mi sembra molto d'accordo" gli espose lei, scrollando le spalle.

"Perché dimostra un minimo di assennatezza. Il punto è che, purtroppo, temo sia l'unico sistema di saltarci fuori. Se anche voi cambiaste città, lui dovrebbe spiegargliene i motivi e, prima o poi, dovrebbe presentare loro la sua donna... il che ti porterebbe in ogni caso tra le loro braccia" mormorò pensieroso Alec. 

"La proteggerei" si permise di intervenire Kennard, avvicinando il viso al cellulare di Lorainne.

"Sei in vivavoce, ragazza?" sbottò Alec, ma con tono divertito.

"Ho dovuto farlo. Sbraitavi così tanto che ho dovuto allontanare il cellulare dal mio orecchio" sottolineò Lorainne.

"Sentimi bene, senza pelo. Questa ragazza ne ha passate anche troppe e, pur se mi piange il cuore al pensiero che abbia voluto donare il proprio cuore a un Cacciatore, non posso frappormi tra te e lei. Al cuor non si comanda, e l'ho imparato a mie spese. Ti credo, se dici che la difenderai, ma bada... se le verrà torto un capello, non esisterà luogo, sulla Terra, in cui tu potrai nasconderti. Troverò il tuo culo e lo farò a strisce, poi ti mangerò. Anche se mi fate schifo."

Alec parlò con tono misurato, come se stesse parlando del tempo atmosferico, ma Kennard non dubitò un solo attimo che lui stesse dicendo sul serio. Ancora una volta, gli tornarono alla mente quegli occhi colmi di morte, quell'espressione seria e vuota che tante volte aveva visto a scuola, e rabbrividì.

Ora, però, era certo che il suo sguardo fosse incendiato di furia, al solo pensiero che una sua protetta fosse in pericolo. Aveva parlato d'amore, perciò era piuttosto certo che fosse così innamorato della sua donna da poterne parlare senza sentirsi in imbarazzo.

Pur intimorito dalla minaccia, Kennard riuscì comunque a dire: "Davvero facciamo così schifo?"

"Non posso neppure dire quanto. La carne umana è insapore, dura e nervosa. In pratica, fa schifo" brontolò Alec. "Chi ti dice il contrario - e penso che i tuoi te l'abbiano detto spesso - allora non ha mai morso il culo di un umano per farlo scappare a gambe levate."

"So di uomini divorati vivi, però" sottolineò per contro Kennard.

"Ehi, sbaglio o anche tra voi umani esiste il cannibalismo?" replicò sarcastico Alec.

"Vero" ammise suo malgrado Kennard. "Quindi, se proteggo Lore, non mi mangerai?"

"Andata" acconsentì Alec. "Visto che Lorainne si fida di te, non ti chiederò chi sei. Aspetterò che sia lei a presentarci."

Kennard, però, disse: "Mi conosci. Andavamo alla stessa scuola. Eri di un anno più grande di me. Ero presente, quando successe... beh, quando uccidesti tuo padre."

"Conoscevo un sacco di ragazzini, in quella scuola. Sii più specifico" borbottò Alec.

"Kennard Palmer. Ti è più chiaro?"

"Palmer. Tuo padre faceva parte del collegio di avvocati della difesa, giusto?" mormorò pensieroso Alec.

"Esatto. Rimase inorridito da ciò che vi fece vostro padre, per la cronaca e, credo, lo sarebbe comunque, anche se sapesse la verità su di te."

"Non è il caso di aprirsi così tanto" sottolineò per contro Alec.

"Non lo avrei fatto in ogni caso. Era solo per dirti che uomo è" precisò Kennard, annuendo.

"So che uomo è. Regalò un giocattolo sia a me che a mia sorella Patricia, alla fine del processo" asserì laconico Alec. "Ho una buona memoria e, visto che fu gentile con noi, non me la prenderò troppo, sapendo che è anche un Cacciatore."

Kennard non seppe esattamente cosa dire, di fronte a quell'esternazione, perciò si limitò a mormorare: "Ti faremo sapere."

"Me lo auguro" borbottò Alec prima di aggiungere: "Chiama anche Will, dopo. Era preoccupato per te."

"Lo immaginavo" asserì Lorainne, sorridendo. "Ci sentiamo, Alec."

Ciò detto, chiuse la chiamata e, guardando Kennard, mormorò: "Hai rischiato, dicendo il tuo nome al mio capoclan. Hai messo volutamente a rischio la tua famiglia."

"Da qualche parte dovremo pure cominciare a fidarci l'un l'altro, no? Altrimenti, non ne arriveremo mai a capo" si limitò a dire lui, scrollando le spalle.

Lei assentì suo malgrado e, nell'osservare i loro abiti gettati a terra negligentemente, sospirò e disse: "Saranno tutti stazzonati, ma ci possiamo fare ben poco."

"Vuoi passare da casa a cambiarti?"

"Ti spiace?"

"Affatto. Così, vedrò il covo di un lupo mannaro" ironizzò lui, mimando grandi artigli e zanne.
 
***

Il 'covo' di Lorainne si rivelò essere un comunissimo appartamento nei pressi del Citypark in cui lui aveva tentato di aggredirla - cosa per cui Kennard, ora, si sentiva tremendamente in colpa.

Al suo ingresso, avvertì un debole sentore di pachouli, oltre a un famigliare aroma di limone, che Kennard associò a detersivo per i pavimenti.

Il mobilio era moderno, senza fronzoli e, su diverse pareti, poster di concerti e stampe di vecchi gruppi si intervallavano ad alcune chitarre elettriche di mirabile pregio.

Evidentemente, il negozio di musica non era solo un lavoro, ma anche una passione.

Su una credenza, l'uomo vide le foto di alcuni dei bambini del Centro Diurno e, a sorpresa, anche una sua assieme a Lorainne, probabilmente scattata il dicembre precedente, durante le festività natalizie.

Appariva splendida, nel suo bianco cappotto bordato di morbido pile, la sciarpa attorno al collo e la cuffia sui corti capelli. A quel punto, conoscendo ormai la verità su di lei, si chiese se le fosse davvero servito, quel vestiario, o se lo avesse indossato solo per conformarsi agli altri.

Lei lo raggiunse dopo essersi cambiata - aveva indossato comodi jeans, un maglioncino di viscosa color cielo e stivaletti alla caviglia - e, nel vedere quella foto in particolare, sorrise e ammise: "Mi piace vestirmi così, ma stavo morendo di caldo."

"L'avevo sospettato" ammise Kennard, prendendole le mani per stringerle tra le proprie. "Sei sicura di volerlo fare?"

"Non vedo grandi alternative. Sei orfano come me?"

"No."

"Allora abbiamo già detto tutto" si limitò a dire lei, avviandosi assieme a lui per uscire dall'appartamento.

In effetti, non c'era molto altro da dire.
 
***

La casa dei Palmer era la classica abitazione in mattoni rossi tipica del middle england, circondata da basse mura perimetrali e un'alta siepe di bosso.

Il giardino interno, in quel momento sfiorito a causa dell'inverno, appariva comunque in ordine, mentre un cespuglio di agrifoglio, nei pressi di una piccola fontana dalla forma ottagonale, dava un tocco di colore a una natura altrimenti a riposo.

Una modesta veranda proteggeva la porta d'ingresso e lì Kennard, bloccandosi al pari di Lorainne, prese un gran respiro e domandò: "Pronta?"

"Ora o mai più."

Ciò detto, lo osservò aprire la porta d'entrata con le chiavi e, assieme a Kennard, penetrò nella casa di un Cacciatore per la prima volta in vita sua.

La mano stretta a quella dell'uomo, Lorainne si guardò intorno con aria preoccupata ma, un po' a sorpresa, trovò soltanto un comune ingresso abbellito da un paio di credenze in legno chiaro. Un lampadario a gocce pendeva dal soffitto a botte mentre, dinanzi a lei, un lungo tappeto percorreva il corridoio illuminato da applique a forma di foglia.

Da una porta sbucò all'improvviso Eve, i capelli stretti in una coda disordinata e gli abiti abbinati a caso. Vedendo Kennard, quindi, esclamò: "Beh, allora sei ancora vivo! Potevi anche chiamare, ieri sera!"

Vedendo poi Lorainne dietro di lui, leggermente intimidita e guardinga, si bloccò subito, sorrise maliziosa e aggiunse: "Oh... ma forse eri impegnato..."

Kennard sbuffò all'indirizzo della sorella e borbottò: "Ricordi mia sorella Evelin, vero?"

"Sì. Ciao" mormorò Lorainne, rimanendo saldamente al fianco di Kennard.

"Le hai detto cose orribili su di noi? Mi sembra terrorizzata" esalò preoccupata Evelin, avanzando con una mano protesa e su cui spiccava un bellissimo anello... in argento. "Non preoccuparti. Non mordiamo."

Lorainne fissò quella mano con espressione turbata e Kennard, nell'avvedersi del motivo, si spostò preventivamente dinanzi alla donna e disse: "Eve, dai, lasciala in pace."

"Che c'è? Non vuoi presentare finalmente alla famiglia la tua donna? Perché l'hai portata qui, allora?" replicò la sorella, sbuffando all'indirizzo del fratello.

Delle voci dal piano superiore avvertirono Kennard che, non solo i genitori erano a casa, ma era presente anche suo zio. Imprecando sottilmente tra i denti, l'uomo avvolse le spalle di Lorainne per tirarla indietro e, nervoso, disse: "E' stata una pessima idea. Andiamo via."

"Oh, ma dai, piantala di fare il fifone, Ken!" lo prese allora in giro Eve, mentre il resto della famiglia li raggiungeva, scendendo con calma le scale.

Eve, nel frattempo, si allungò per afferrare la mano di Lorainne ma lei, allontanandosi di scatto, si scusò con lo sguardo e aggiunse contrita: "Scusa. Sono allergica."

Quelle semplici parole scatenarono la giovane cacciatrice che, fissandola con occhi che sapevano di dubbio e risentimento, indietreggiò di colpo, afferrò una piccola ciotola dalla vicina credenza e, apertala, vi soffiò sopra con forza prima di gridare: "Mannara!"

L'aconito in polvere contenuto nella ciotola si levò come una nuvola attorno al trio nell'atrio e, mentre Lorainne si copriva in tutta fretta con il cappuccio del Barbour che indossava,  Kennard esplose in un grido rabbioso contro la sorella.

Dalle scale, pietrificati da quella scena del tutto assurda, i membri senior di casa Palmer rimasero impalati per pochi secondi prima di passare all'attacco e dare man forte a Evelin.

Mentre Lorainne tentava di togliersi l'aconito dalle mani - gettando nel frattempo il Barbour a terra - Kennard le si pose innanzi e, con un urlo disumano, ringhiò: "FERMATEVI! TUTTI QUANTI!"

"Perché mai dovremmo farlo!?" sbraitò per contro Eve, aprendo uno stipetto della credenza per estrarre uno stiletto argentato che fece sibilare Lorainne per diretta conseguenza. "Hai idea di chi ci hai appena portato in casa, fratello?!"

"Certo che ce l'ho! E' la donna che amo! Ecco chi è!" le sputò addosso, schiaffeggiandola a una mano per farle cadere lo stiletto e, al tempo stesso, schiacciare Lorainne contro il muro per farle da scudo umano.

Quella bomba raggelò completamente qualsiasi replica - sia fisica che verbale - e Kennard, un tantino più controllato, aggiunse: "Ora che vi siete azzittiti, provate a pensare a questo; credete davvero che avrei portato in casa un'assassina? Credete davvero che non vi voglia più bene, per fare una cosa simile?"

In un sussurro, poi, domandò a Lorainne: "Come vanno le mani?"

"Addormentate. Ne avrò per almeno un'oretta" si lagnò lei, scrollando le dita nel vano tentativo di far riprendere sensibilità ai muscoli e ai nervi.

La schiena premuta contro i seni di Lorainne, Kennard percepì senza sforzo il battito frenetico del suo cuore, il suo leggero tremore e, irritandosi leggermente, ringhiò: "Avete il cervello foderato di melassa, per non capire che non farei mai nulla contro di voi?"

"Kennard, calmati... cosa vuoi che pensino, ora come ora?" replicò Lorainne, poggiando il capo contro la spalla di lui prima di sbadigliare sonoramente.

"Merda! Ne hai respirato un po'?" esalò Kennard, voltandosi a mezzo per prenderla in braccio.

Lei crollò contro di lui, assentì fiacca e disse: "Tua sorella è stata molto veloce."

"Kennard" esordì Cassian, zio del giovane e Tribuno della Centuria di Bradford. 

Il nipote si volse a mezzo, con Lorainne ancora tra le braccia e, fissando ombroso lo zio, disse: "Desideriamo parlarti. E' sorto un problemino non da poco... e non riguarda soltanto quello che vi ho detto prima."

Accigliandosi leggermente, Cassian lanciò un'occhiata al fratello e alla cognata dopodiché, scrutata in viso Eve - che ancora li osservava guardinga e ferita - disse: "Evelin, spranga le finestre di casa, poi vieni in salotto con noi."

Lei assentì rapida, raccolse in fretta lo stiletto per infilarselo nella cintola ma suo zio Cassian glielo requisì subito, sistemandolo per contro nel primo cassetto utile dopodiché, indicato a Kennard di seguirlo, si avviò verso il salone delle cene.

Forse, non il luogo più adatto in cui incontrare un nemico – lì, le armi di certo non abbondavano – ma, visto che tutta quella situazione era assurda, anche un tavolo in stile chippendale poteva andare bene per parlare.

Se mai quella visita ai limiti dell’inverosimile fosse rimasta civile, ovviamente.



 



N.d.A.: Che dite, Evelin si calmerà o combinerà qualche altro guaio?
  
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