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Autore: MrsShepherd    16/03/2022    1 recensioni
Santana e Brittany hanno 35 anni. Santana vive a New York, con Rachel, Kurt e Blaine. Brittany vive in Ohio e ha aperto una scuola di danza con alcuni ex compagni del Glee club. A tenerle unite è la loro figlia Riley, che in questa storia sarà il filo conduttore che porterà le due donne a riavvicinarsi inevitabilmente e a chiarire ciò che dodici anni prima era rimasto sospeso.
Ogni capitolo porterà il titolo di una canzone eseguita dai protagonisti della serie tv. Il testo di ogni canzone rispecchierà il contenuto del capitolo.
Spero che questa fanfiction incentrata su Brittana possa appassionarvi quanto ha appassionato (e sta appassionando) me mentre la scrivo.
Un pensiero va' inevitabilmente a Naya Rivera, che ovunque si trovi, mi ha ispirato a scrivere questa storia.
Buona lettura!
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Brittany Pierce, Nuovo personaggio, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 10: I’ll stand by you
Santana era ferma sul ciglio della strada. Cercava di muovere le gambe, ma le sentiva pesanti come macigni. Era nervosa perché non sapeva come avrebbe potuto reagire quando la sua abuela avesse aperto la porta di casa, ammesso che volesse farlo. Sarebbe stato un incontro breve o lungo? Probabilmente avrebbero continuato l’accesa discussione iniziata una dozzina di anni prima, avente come oggetto la sua inguaribile malattia che l’aveva portata non solo a provare attrazione per persone del suo stesso sesso, ma addirittura a sposarne una. Alma Lopez non aveva mai visto Riley, il frutto dell’amore di lei e Brittany perché dopo quella sera, dopo il “presunto esorcismo”, Santana aveva definitivamente rotto i rapporti. Nemmeno sua madre le era stata molto vicina; aveva sempre compreso le sue scelte, l’aveva sempre sostenuta economicamente, prendendosi cura della nipotina, ma negli ultimi anni si era parecchio allontanata. Fino a quando non aveva deciso un paio di anni fa di lasciare Lima e di trasferirsi a Miami con il suo nuovo compagno. Anima gemella a quanto pare. Almeno era ricco e non avrebbe dovuto rinunciare alla messa in piega per arrivare a fine mese.
Né lei né Brittany erano così legate ai propri genitori: loro erano famiglia l’una per l’altra e questo le era sempre bastato. Quando poi si erano lasciate, lei si era creata una nuova famiglia a New York, strana, poco tradizionale, ma fatta di persone speciali in grado di accettarla, con tutti i suoi innumerevoli difetti. Decise di muovere ancora qualche passo e pochi metri più avanti si trovò di fronte al porticato di cemento, l’ingresso della casa della nonna. Si fece coraggio ed entrò. Il complesso di case dove risiedeva Alma Lopez era uno dei primi insediamenti di Lima, lo si poteva notare dalla struttura delle fondamenta e dei serramenti, che sembrava risalissero direttamente dagli anni ’60. Il cortile era di cemento chiaro, liscio e levigato, ma chiuso dalle case, che lo lasciavano in ombra per tutto il giorno. I bambini che ci giocavano ora erano cresciuti e lo spiazzo centrale, che Santana amava usare per esercitarsi in ruote e rondate, era stato adibito a parcheggio per auto. Alzò lo sguardo verso i balconi del piano superiore. Erano perlopiù chiusi, con le persiane sbarrate, segno che i proprietari erano morti, se ne erano andati o avevano venduto la casa. Su uno di questi un uomo sulla sessantina, che la donna non conosceva, magro e impalato, dall’aria sporca e sudaticcia la fissava sospettoso.
<< Sono venuta per trovare Alma Lopez.>> si giustificò la donna.
L’uomo si riempì i polmoni ispirando un’ingente quantità di fumo dal suo drum fatto a mano e indicò la porta d’ingresso della casa dell’anziana signora. Santana lo ringraziò con un cenno del capo. Sapeva dove abitasse sua nonna, ma aveva preferito chiederlo, per non sembrare una sconosciuta con cattive intenzioni. Prese la scala sulla destra e incespicando salì fino a raggiungere la porta blindata di legno scuro. Pensò che quello sarebbe stato un momento buono per abbandonare quella folle impresa, ma poi si ricordò della promessa fatta a Brittany e della delusione che sarebbe comparsa sul suo volto se avesse desistito senza nemmeno provarci.
Suonò il campanello senza pensarci troppo e sbirciò dalla finestra per capire se in casa ci fosse qualcuno. Una donna tarchiata decisamente non somigliante a sua nonna si avvicinò alla porta. Quando la aprì Santana se la trovò davanti. La guardò interdetta, anche perché non sapeva cosa dire. Stando ai racconti di Maribel, sua madre, Alma soffriva ancora di diverticolite acuta e altri fastidi vari; perciò, la donna aveva assunto per lei una donna di servizio, che si occupava della casa l’aiutava a sbrigare le faccende, evitandole sforzi inutili.
<< Ci conosciamo?>> disse la donna con un evidente cadenza spagnola.
<< Io…>> Santana aveva perso del tutto la salivazione: << No…io sono Santana Lopez.>>
La donna alla porta si illuminò: << Santana! Alma parla sempre di lei!>>
<< Solo cose belle spero…>> disse con finta spavalderia, temendo che non fosse così.
<< Certo, vuoi entrare?>>
Santana annuì e varcò titubante la soglia. La casa era esattamente come si ricordava, piccola, poco illuminata. Il pavimento cerato color terra da Siena, la tappezzeria a fiori, i mobili scuri, gli accessori tradizionali. Soltanto l’odore era cambiato: l’odore di torta di mele e cannella era stato sostituito da un aroma di cibo messicano che le faceva storcere il naso. Si chiese se la diverticolite di Alma Lopez potesse sposarsi bene con una dieta decisamente troppo piccante.
<< Vi lascio parlare da sole.>> disse la latina accompagnando Santana in salotto: << Se c’è bisogno sono in cucina.>>
La signora Lopez era seduta al tavolo del salotto, intenta a sorseggiare una bevanda scura che sembrava tè. Il tempo non era stato clemente con lei: i capelli un tempo castani e lucenti ora erano bianco zucchero filato e gli occhi vispi color nocciola sembravano intrappolati in un’intricata ragnatela di rughe. Quando la vide si illuminarono e sul viso comparve un sorriso raggrinzito, ma sincero, che si riflesse in quello non scontato della mora.
<< Tesoro!>> fece per alzarsi, ma la mora la bloccò.
<< Resta seduta per favore.>> le disse Santana rimanendo sulla porta. La donna anziana la invitò a sedersi e lei titubante accettò.
<< Togliti pure la giacca, fa caldo qui!>>
<< Sono a posto così grazie.>> le rispose freddamente Santana. Sapeva cosa pensasse la nonna di lei e il suo sorriso buonista non la incantava. Avrebbe fatto un minimo di conversazione per poter dire a Brittany di averci parlato. E basta. << Come…come va la diverticolite?>>
<< Oh, certi giorni va bene altri va male…>>
<< Ma cosa senti?>>
<< Dolori alla pancia e dappertutto. Non ti vuoi togliere la giacca cara? Davvero?>>
Santana accennò un sorriso: << Va bene così, non rimango molto.>>
<< Capisco. La bambina ti impegna molto.>> disse la donna dolcemente.
<< Non sai quanto…>> rispose senza pensarci Santana, ma poi si ricordò delle opinioni estremiste della donna: << Me la cavo comunque.>>
<< Cresce bene?>> le chiese soffiando dentro la tazza fumante. << Posso offrirti un tè?>>
<< No ti ringrazio. La bambina sta diventando grande. Cresce impertinente come la sua mamma temo.>>
Alma Lopez rise: << Non direi impertinenza cara. Determinazione tesoro. Noi donne latine abbiamo una forza dentro che si trasmette di generazione in generazione.>>
Santana la fissò a lungo e sorrise, le erano mancate le massime di sua nonna. Quando Santana si sentiva giù per qualcosa si affidava ad Alma Lopez, maestra nell’alzare l’autostima e sua fidata sostenitrice. Tutto questo prima di conoscere Brittany. Essere una lesbica latina, cresciuta in una famiglia conservatrice di stampo cristiano, non era stato facile, ma quella era la sua vita. E per la prima volta oggi sembrava che la nonna l’avesse accettata, o quantomeno in questa occasione aveva evitato i commenti su quanto fosse meglio avere un marito forte e sprizzante di testosterone, che porta il pane a casa. << Lo spero.>> disse accennando un mezzo sorriso.
<< Può venire da me quando vuole. Lo spazio per giocare c’è.>>
La giovane donna sgranò gli occhi incredula: << Dici sul serio?>>
<< Certo cara farei di tutto per la mia nipotina.>> rispose sorridendo la nonna.
Santana era interdetta, non capiva se fosse una sorpresa di Brittany o tutta una farsa. Forse era in difficoltà economiche e questo era il suo bizzarro modo di chiedere aiuto.
<< Ma va tutto bene? Hai bisogno di una mano, soldi, qualcos’altro…?>> chiese preoccupata.
Alma la guardò mortificata: << Oh, no tesoro! Non devi preoccuparti per me, non sono io ad essere in difficoltà. Ora dobbiamo occuparci della nostra famiglia. E io farò tutto il possibile perché la nostra bambina cresca forte e amata.>> le prese le mani e le strinse. Anche Santana ricambiò la stretta. << Grazie.>> le si inumidirono gli occhi e ci pensò molto prima di aprire bocca: << Se vuoi te la posso portare. Io riparto per New York la prossima settimana, però…>>
<< New York?>>
<< Oh sì, è la nostra casa.>>
<< Che assurdità!>> disse Alma scuotendo il capo: << La mia nipotina non può vivere in una città del genere così lontano…>>
<< Tranquilla>> la rassicurò Santana: << Ora starà a Lima per qualche tempo. Possiamo vederci nei prossimi giorni se vuoi!>> le disse concitata avvicinandosi alla nonna: << E quando sarò a New York potrò chiedere a Brittany di portarla da te tutte le settimane se ti va.>>
<< Brittany?>> domandò la strana donna confusa.
Santana si irrigidì, ricordando l’infelice giorno in cui la bionda era quasi venuta alle mani con la nonna. Rabbrividì al pensiero che si potesse ripetere una situazione del genere. << Sì, Brittany.>> disse con fare sbrigativo: << So che i vostri rapporti non sono buoni, ma non devi per forza vederla. Brit può accompagnarla con l’auto e lasciarla giù all’ingresso.>>
<< Ma cosa stai dicendo?! Non capisco di chi tu stia parlando...>>
Santana si ammutolì e la guardò profondamente delusa. Aveva davvero sperato che la donna fosse tornata sui suoi passi. Aveva sperato che si sarebbe scusata per le sue azioni e invece…Alma Lopez era proprio come tutte le donne della sua famiglia. Determinata. Determinata a non ammettere di avere torto. La voglia di gridare le si fermò in gola e strinse le mani, che le prudevano calde desiderose di rompere qualcosa. Avrebbe fatto una scenata.
<< Complimenti.>> sputò amareggiata: << C’ero quasi cascata. La pantomima della nonna premurosa… “togli la giacca tesoro…vuoi un tè”, il tuo interesse improvviso. Credevo ti importasse davvero di me. Credevo fossi cambiata. Non ti avrei mai chiesto di perdonare Brittany, ma far finta di non sapere nemmeno chi sia…è troppo.>>
Alma Lopez le rispose sgranando gli occhi: << Non dire sciocchezze! So benissimo chi è Brittany.>> rivelò facendo alzare gli occhi al cielo alla mora: << Solo che non capisco come una bambina di 10 anni possa portarne un’altra in macchina!>>
Santana rimase letteralmente con la bocca spalancata, non sapeva che pensare, se non che la donna fosse completamente uscita di senno. Delirava? Scattò verso la tazzina di tè per annusarne il contenuto, il gesto repentino spaventò la donna anziana che sussultò sulla sedia, facendo tremare il tavolino di fronte a lei. La porta della cucina si spalancò e la signora di prima cacciò fuori la testa preoccupata: << Va tutto bene?>> chiese a Santana che si sentiva come se un enorme braccio meccanico l’avesse trasportata su un palcoscenico nel bel mezzo di un’opera teatrale dalla trama intricata e macchinosa.
<< Io…stavo solo…>> improvvisamente capì tutto. La ragazza alla porta…la diverticolite…la conversazione appena avuta…tutto ebbe un senso. Grosse lacrime le riempirono gli occhi appannandole la vista. Santana si girò per non mostrare alla nonna il suo immenso dolore e soffocò il pianto con la mano. Con quella libera afferrò la zip del suo piumino foderato in pelle e la abbassò lentamente. Proprio sul suo petto c’era la verità: quella buffa maglietta bianca, con il suo nome scritto sopra…
<< Tutto ok?>> chiese Alma Lopez notando che la mora le dava le spalle in lacrime: << Maribel! Maribel! Perché piangi?>>.
Il nome di sua madre la trafisse come un pugnale. Santana sentiva come se una mandria di bufali le avesse galoppato sopra il petto. Fece un respiro, senza catturare aria: << Niente Alma. Sono solo felice di vederti, tutto qui.>>
<< Oh, anche io tesoro. Siediti e togli la giacca, vuoi una tazza di tè?>>
<< No. Me ne stavo andando in realtà.>> concluse riallacciandosi la giacca. << La piccola Sanny mi aspetta a casa.>>
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Brittany parcheggiò la macchina rapidamente. E si addentrò nel rumoroso pub, sgomitando tra uomini dalle giacche in cuoio e le palle larghe. Accasciata sul bancone di marmo scuro c’era aggrappata una Santana molto poco presente a se stessa. Accanto a lei il suo amico Puck, tornato dall’aviazione per le vacanze natalizie cercava di reggerla in piedi.
<< Meno male che sei qui.>> disse sollevato vedendola: << è messa piuttosto male.>>
<< Quanto ha bevuto?>> chiese la bionda seria.
<< Meglio che non te lo dica.>> rispose lui. << Non so se ha preso qualcos’altro…>> sollevò la donna dal bancone tenendola salda per le spalle.
<< Ma sei scemo!? Non prendo quella roba, sono una madre.>> gracchiò Santana ondeggiando pericolosamente.
<< è pulita.>> disse la bionda a Puck: << Non farebbe mai una cosa del genere a Riley…>>
<< Hey…>> la salutò la mora accorgendosi della sua presenza: << Hey gente!>> urlò attirando l’attenzione dei presenti: << Ci sono qua i miei unici amori! I miei veri amori stasera! Uno è un pilota è l’altra…insomma… “She drives me crazy!” …non so se mi intendete…Sono una donna fortunata!>>
Puck cercò di tenerla il quanto più possibile su due gambe, ma la donna continuava a perdere l’equilibrio, rendendo l’impresa dell’uomo estremamente complicata.
<< Ma al liceo non aveva la sbronza triste? Così è anche peggio…>>
<< Già. Da adesso me ne occupo io…>> mormorò Brittany e cercando di non suscitare troppo trambusto, la prese per la vita e se la portò attaccata al suo petto.
<< Hey>> sorrise Santana pericolosamente vicina alla sua bocca. La bionda allontanò il viso disgustata dall’odore dolciastro dell’alcool che trasudava dal corpo della mora.
<< Posso fare ancora qualcosa?>> chiese Puck estremamente a disagio.
Brittany annuì, porgendogli dalla tasca interna dei jeans le sue chiavi di casa: << Prendi Riley e portala dal signor Pibody. Digli che sei un amico di mamma del liceo e che è un’emergenza, capirà. Lascia le chiavi sotto lo zerbino.>>
L’uomo annuì e si precipitò verso l’uscita, ma la bionda lo trattenne per un braccio: << Non parlare a Quinn di questa storia né a nessun altro. C’è una ragione perché si comporta così e se venisse a sapere che anche voi…insomma non lo sopporterebbe.>>
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Brittany si richiuse la porta alle spalle pregando che Riley non avesse visto quella patetica scena dalla finestra del piccolo appartamento di Arthur. Santana era ancora ubriaca fradicia nonostante fossero rimaste un’ora in più in macchina perché si riprendesse. Avevano fatto le scale una accanto all’altra ondeggiando come abeti in tempo di tempesta. Le mani della mora l’avevano toccata ovunque, anche nelle parti più intime, ma lei aveva sempre respinto i suoi gesti molesti, perché sapeva che erano unicamente dovuti all’alcol. Santana era sempre perfetta e controllata in tutto, o almeno cercava di mostrarsi tale. Per chi non la conosceva la prima impressione era di una donna sicura di sé, determinata e di forte integrità. Ma la sua Sanny era molto di più. Santana era ambiziosa, perseverante, intuitiva ed estremamente empatica. Riusciva a prevedere le cose ancora prima che accadessero. Aveva previsto la loro rottura settimane prima e Brit l’aveva capito perché la donna aveva smesso di parlarle e si era preventivamente allontanata. Il guaio però era quando il famoso “terzo occhio” della donna non funzionava a dovere. Quando capitava qualcosa di inaspettato e fuori dal suo controllo la donna perdeva completamente la voglia di vivere e tutto diventava improvvisamente nero. Perché Santana era così: il mondo per lei era bianco o nero, veloce o lento, giusto o sbagliato. Il grigio non era contemplato.
La vide avventarsi come una furia sugli armadietti, in cerca di un’altra bottiglia con la quale annegare i suoi pensieri. Brittany la trascinò via malamente. Era capitato solo una volta di vederla in quello stato, ma in quella determinata circostanza uno dei suoi migliori amici era morto all’improvviso. << Datti un contegno San o ti sentiranno anche Riley e Arthur.>>
<< Perché…non ti piace se mi lascio andare?>> disse la mora arpionandosi al suo collo. Si avvicinò al suo orecchio: << Una volta ti piaceva.>> le morse un lobo, facendola sobbalzare.
Brittany la allontanò bruscamente: << Non sai quello che dici, sei ubriaca San.>>
<< Sì lo sono…>> rispose lei ridendo: << Ma sono anche tremendamente eccitata.>> le prese il viso tra le mani e la baciò famelica. La bionda evitò di rispondere a quel bacio, si staccò da lei e si pulì il viso nella manica della giacca. << Andiamo in bagno!>> gridò arrabbiata afferrandola per il colletto della giacca. Appena varcarono la porta Santana la fece sbattere sulla pesante parete di marmo e si avventò sul suo collo, stava per marchiarlo con la sua bocca, quando la bionda le appoggiò un ginocchio sullo stomaco e la allontanò facendo pressione.
<< Brittany, facciamolo ora, qui, in questo bagno. Non lo saprà nessuno.>> ansimò Santana
<< Lo saprò io. E lo saprai anche tu. E non vorrai più guardarti in faccia.>> rispose lei.
<< Scopriamolo.>> scattò verso la bionda che però aveva i riflessi più rapidi. Ribaltò le posizioni e la trattenne con le spalle al muro. << Non approfitterei mai di te. Non così.>> aveva gli occhi umidi e Santana, nonostante la sua poca lucidità, se ne accorse e allentò la presa sui suoi polsi.
<< Non ti ho mai dimenticata…>> sussurrò senza forze.
<< Ed è così che vuoi ricordarmi?>>
Santana si tirò la bionda a sé, ma non per baciarla. Questa volta si chiuse portando le mani al suo petto e pianse, come non aveva mai fatto prima d’ora. Un pianto incontrollato, di rabbia, di delusione, di tristezza, di aria.
Brittany la strinse forte e si sedette a terra accompagnandola nella discesa. Pianse anche lei, senza che la mora lo notasse, poi le prese delicatamente il volto e raccolse i suoi capelli corvini in una coda di cavallo. Le asciugò le lacrime sul viso e la guardò fissa.
<< Non voglio stare qui.>> le disse la mora.
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Avevano trascorso le prime ore della giornata in bagno. Brittany era rimasta accanto a Santana, massaggiandole la schiena, mentre lei si infilava sapientemente due dita in gola e rigettava tutto il contenuto del suo stomaco nel gabinetto. Alla fine, la mora si sentiva esausta e svuotata. Ebbe appena la forza di raggiungere il letto che Brittany aveva riesumato dalla camera dei suoi genitori, ormai inutilizzata. Era un po’ polveroso, ma ancora in buono stato e di certo in quel momento Santana non aveva le forze per contestare la sua conservazione non proprio impeccabile. Stava per sdraiarvisi sopra, ma Brittany la guidò verso il suo letto, che aveva decisamente un profumo migliore. La adagiò delicatamente, immergendola in un piumino d’oca caldo e vaporoso. Rimase accanto a lei assicurandosi che continuasse a respirare, intanto con la mano le accarezzava il volto sbattuto.
<< Da quanto è così…>> chiese Santana strizzando gli occhi imperlati ancora di lacrime.
<< Un paio d’anni, ma sicuramente da molto di più. Maribel non voleva dirtelo, ma era giusto che sapessi…mi dispiace se io…>>
<< Hai fatto bene.>> le rispose la mora: << Fai sempre la cosa giusta.>>
<< Non è vero. Se fosse così dodici anni fa sarei rimasta.>>
<< Brit, posso chiederti una cosa senza che tu pensi male?>> chiese Santana alzando un po’ la testa verso di lei. Brittany annuì. << Ti sdraieresti qui accanto a me solo per stanotte?>> aveva ancora calde lacrime che le scendevano dagli occhi: << Ti prego. Questa sera ho tanto bisogno che qualcuno mi abbracci.>>
Brittany non se lo fece ripetere due volte: si adagiò dolcemente dietro al corpo della mora e le cinse la vita da dietro, piegando leggermente le gambe e appoggiando il volto sull’incavo del suo collo. Sentiva Santana singhiozzare e la strinse ancora più forte.
<< Per dodici anni ho riversato tutto il mio odio su quella donna. Dodici anni a pensare che lei fosse il male e che andare a New York fosse la scelta giusta. Poi torno qui e…lei nemmeno sa chi sono. Perché è tutto così maledettamente diverso?>>
<< Mi dispiace tantissimo San.>> le rispose Brittany posandole un bacio sul collo morbido.
<< Come fai tu?>>
<< Cosa?>>
<< Come fai ad essere così serena. A non essere arrabbiata con lei…con me. Dopo quello che ti ho fatto…>>
Brittany sospirò soffiando aria calda sul volto della mora, che rimase immobile in attesa di una sua risposta.
<< Ho messo da parte il mio orgoglio. E ho perdonato.>>
Santana le prese una mano e la portò al petto. Stringendola forte.
<< Brittany…non dimenticarmi.>>
<< MAI.>>.
   
 
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