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Autore: Mary P_Stark    19/03/2022    1 recensioni
Bradford - 2010
Lorainne Simmons e Kennard Palmer sono entrambi volontari presso il Centro Diurno Rainbow, che si occupa di bambini e di famiglie in difficoltà. La loro amicizia si sviluppa entro le mura del Centro, oltre che fuori, e il suono di un pianoforte accompagna le loro giornate, pur se un'oscura minaccia sembra avvicinarsi per tentare di incrinare il loro neonato rapporto.
Riusciranno i due a fare fronte comune contro questo pericolo, o le loro differenze li divideranno per sempre?
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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9.
 
 
 
Trattandosi di un lunedì, l'officina di cui Alec era proprietario era aperta, perciò Lorainne e Kennard dovettero attendere la sera per recarsi nel suo ufficio e discorrere con lui del problema sorto in seno al branco.

Per quell'incontro del tutto fuori dagli schemi, infatti, Alec aveva preferito incontrare Lorainne e il suo uomo ben lontano da casa, così come dal Vigrond. Neppure Erin doveva ascoltare ciò che si sarebbero detti.

Solo a William aveva concesso di accompagnarlo - essendo suo Hati, e unico testimone della presenza di Kennard nella vita di Lorainne - perciò, quando avvertì la presenza dei loro due ospiti all'esterno della struttura, Alec scrutò il suo sottoposto e domandò: "Sei certo che non gli staccherai la testa a morsi?"

Sbuffando, William replicò caustico: "Sei tu che di solito accogli così la gente. Inoltre, per rispondere a quello che non mi hai chiesto, no, non sono innamorato di Lory, e perciò non staccherò la testa al suo uomo... anche se è un Cacciatore."

"D'accordo... mi avrebbe rotto le palle dover ripulire l'ufficio dal suo sangue. Sai quante me ne direbbe, Glory, se domani trovasse il caos qui dentro?" si lagnò Alec, ascoltando distrattamente i passi sempre più vicini di Lorainne e del suo uomo.

"Non mi dire che ti spaventa quello scricciolo di ragazzina dai capelli ricci" ironizzò William.

"Le sue urla. Sono le sue urla a terrorizzarmi" precisò Alec, estendendo per puro dispetto un'aura gelida e piena di sottintesi terribili.

Persino William rabbrividì istintivamente e, fissando bieco il suo capo, borbottò: "Sei proprio uno stronzo, quando fai così."

"Grazie" ghignò per contro Alec, mentre la porta dell'anticamera dell'ufficio veniva aperta da Lorainne, chiaramente infastidita dalla sua ondata di potere.

Appariva torva in viso e contrariata ma, chi stupì maggiormente Alec, fu il suo uomo. Sembrava essere stato sorpreso all'improvviso da una tormenta di neve in pieno agosto, e tremava come una foglia scrollata dal vento, pallido in viso e con l'aria di chi non riusciva a capire cosa stesse succedendo.

Sbattendo la porta dietro di sé, Lorainne osservò piena di rimprovero il suo Fenrir ma, saggiamente, non disse nulla. Alec, a quel punto, annullò di colpo l'aura ed esordì dicendo: "A quanto pare, è davvero un Percepente. Sembra che abbia visto un fantasma."

"Lo hai quasi congelato" sottolineò atona la donna, stringendo Kennard tra le sue braccia per scaldarlo un poco.

"Oh, sì, mia bella stufetta..." mormorò piacevolmente Kennard prima di domandare: "Eri tu, prima?"

"Esatto, Cacciatore. O dovrei chiamarti Kennard Palmer?" dichiarò Alec, alzandosi dalla poltrona che, di solito, occupava Glory. 

William, ancora silenzioso, rimase impalato a fianco della scrivania, lo sguardo imperscrutabile fisso su Kennard che, nel riconoscerlo, bofonchiò: "Ho un sacco di lividi, per la cronaca."

"Bene" sogghignò allora William.

Alec si avvicinò silenzioso alla coppia, lanciò un'occhiata a Lorainne perché si scostasse da Kennard e infine, faccia a faccia con l'uomo che aveva saputo piegare le ritrosie della sua lupa più giovane, tra le non-nate tali, Fenrir domandò aspro: "Hai idea di quanti e quali problemi tu abbia creato?"

"Abbiamo" precisò subito Lorainne.

"Tu non sarai mai un problema" disse per contro Alec, sorridendole a mezzo prima di tornare a scrutare gli occhi color cannella di Kennard Palmer. "Quanto a te... buon per il tuo culo che tu sia un Percepente, perché altrimenti avrei chiamato qui la mia streghetta preferita e ti avrei fatto aprire il cervello come solo lei sa fare, per scoprire la verità sui tuoi intenti reali."

Kennard lanciò un'occhiata dubbia a Lorainne che, però, non fece che confermare le parole del suo Fenrir.

Assottigliando un poco le palpebre, quindi, Kennard domandò: "Ho un dubbio... è così che avete nascosto le vostre azioni, nel corso degli anni? Grazie a questa... streghetta?"

Accigliandosi in un solo batter di ciglia, Alec replicò gelido: "Solo io posso chiamarla così. Né a te né a nessun altro, è concesso. Per te, sarà sempre e solo Lady Fenrir e ti basti sapere che, in confronto a quello che hai sentito oggi, quel che può fare lei è inimmaginabile."

Ancora uno sguardo a Lorainne, e ancora un assenso. Kennard si fidava di lei e vedere quanto, il solo sentir nominare questa fantomatica Lady Fenrir, le avesse procurato un sincero timore, lo convinse dell'autenticità delle parole di Alec.

Evidentemente, questa Lady Fenrir era una delle armi di cui aveva parlato Lorainne quella stessa mattina, di fronte a zio Cassian. Cosa potesse voler dire, però, Kennard non ne aveva idea e, sul momento, non aveva neppure intenzione di scoprirlo, perché aveva il dubbio che la verità lo avrebbe atterrito.

O reso pazzo.

Deglutendo perciò a fatica, lui ritentò: "Questa... Lady Fenrir è alla base della vostra segretezza, dunque?"

"No. Neanche lontanamente. Alla base della nostra segretezza c'è un addestramento meticoloso che dura tutta la vita, c'è l'impegno di ognuno di noi a salvaguardare l'altro e, coloro che volontariamente mettono a rischio questo equilibrio, vengono puniti" grugnì Alec, accigliandosi non poco.

"Paul" mormorò soltanto Kennard.

"Bene. Vedo che te ne ha parlato. Faciliterà di molto le cose. Sì, Paul fu punito e, se quell'esempio non ti basta, te ne citerò decine di altri. Non ho problemi. Nel mio clan, le regole vanno rispettate per il benessere di tutti, anche se non sono più lontanamente bastardo come in passato, nel far digerire le regole a tutti, il che ti va di culo, senza pelo" gli spiegò Alec, passandosi poi una mano tra i corti capelli tagliati a spazzola.

Spalancando lentamente le palpebre, Kennard cominciò a comprendere cosa vi fosse dietro a quella riunione più che segreta e, fissando spiacente Lorainne, esalò: "Lei... Lore ha trasgredito le regole... a causa mia?"

"Come ho detto, Lorainne non sarà mai un problema" precisò Alec, pur storcendo il naso. "Il dilemma, però, sorge nel momento stesso in cui vado a cozzare contro le mie stesse regole, e non so come eluderle."

Lorainne, a quel punto, sorrise mesta e citò serafica: "L'unica fine, per un Cacciatore, è l'obitorio."

"Avrei dovuto correggerla a tempo debito ma, onestamente, neppure pensavo che a Bradford vi fossero Cacciatori, per cui..." sbuffò contrariato Alec.

Inclinando un poco il capo, Kennard chiosò: "Non puoi cambiare le regole a uso e consumo di Lorainne perché sarebbe abuso di potere. Anche se sei tu che decidi."

"E' più o meno così. Farei dei favoritismi, se la cambiassi proprio ora, e solo dopo spiegassimo perché è stata cambiata" gli spiegò Alec. "Perché, a meno di non essere quel puttaniere schifoso di mio padre, un bravo Fenrir non si limita a cambiare le leggi d'imperio, ma ne spiega anche i motivi."

"Una sorta di dittatura illuminata" convenne Kennard.

"Qualcosa del genere, in effetti" assentì Alec, grattandosi il mento. "Perciò, anche se mi si rivoltano le budella, devo bandire Lorainne dal branco, oppure chiedere asilo per lei in un branco che non sia confinante con il mio."

"Che ne dici dell'Irlanda? Ci hanno garantito che è libera da Cacciatori" intervenne a quel punto Lorainne. “Oppure la Cornovaglia, ma ho già idea che non chiederesti mai un favore a lei.”

Alec rabbrividì al solo pensiero e, scuotendo il capo, borbottò: “Col cazzo che chiederò un favore a quella psicopatica. Piuttosto, secco il tuo uomo qui e ora.”

“Preferirei di no, grazie” sottolineò subito Lorainne, levando le mani in segno di resa totale.

"Bene. Quanto all’informazione di prima, immagino te lo abbiano detto i suoi famigliari" sbottò Alec. "Ti fidi di quel che ti hanno riferito?"

"Sua sorella mi ha appena attaccato il raffreddore, come pegno per questa notiziona" buttò lì Lorainne, facendo scoppiare a ridere per alcuni istanti Alec.

"E' la dichiarazione di pace più assurda che io abbia mai sentito!" gracchiò Fenrir, cercando di contenersi.

"Perché mia sorella è pazza" bofonchiò Kennard, scuotendo esasperato il capo.

Alec, a sorpresa, gli disse: "Me la ricordo... ti scorrazzava sempre intorno, al vostro arrivo a scuola, e tu facevi di tutto per fare finta di non conoscerla."

Colpito da quel ricordo e dalla sua veridicità – Eve era stata un’autentica cozza attaccata allo scoglio, all’epoca –, Kennard assentì lentamente ed esalò: "Sì... è vero. Era una vera piattola. Ma perché te lo ricordi? Non eravamo neppure in classe assieme."

"Perché, ogni qualvolta perdevo la pazienza e l'aura cominciava a sfrigolare - e tu eri nelle vicinanze - sentivo un pizzicore alla nuca, perciò recuperavo subito il controllo di me stesso. Non ho mai collegato direttamente te a questa sensazione, altrimenti avrei capito che eri in qualche modo speciale, ma finii comunque col tenerti d'occhio proprio per i motivi di cui sopra, e così notai anche quella sottospecie di diavoletto incarnato di tua sorella" gli spiegò Alec, con una scrollata di spalle.

"Sì, diavoletto incarnato le si addice. E anche lei è una Percepente, per la cronaca" sottolineò Kennard, sorprendendo entrambi i licantropi leader.

"Merda... ci mancava soltanto un'antenna parabolica in mezzo alla città" brontolò William.

"E' un'Archivista, non una Sentinella, perciò non è mai sul campo e, dopo quello che i miei hanno saputo, si guarderanno bene dal mandarla mai in giro come Sentinella" ci tenne a precisare Kennard. "Si occupa della nostra... beh, della Storia dei miei antenati."

Levando curiosamente un sopracciglio, Alec domandò: "Non te la senti più di sentirti chiamare Cacciatore?"

"Non posso negare di esserlo stato, ma sto cominciando a comprendere che, molto di quello che ci è stato detto, non corrisponde a verità, e questo mi mette un po' in difficoltà."

"Abbassare la guardia non è un bene, ragazzo. Io sono pericoloso. Lo sarò sempre" precisò per contro Alec, adombrandosi. "Ma ho la coscienza di capire quando usare la mia forza, e se usarla. Quello che i tuoi antenati non capirono, di Fenrir, fu innanzitutto questo. Lui non abusò mai del suo potere o, a quest'ora, neanche staremmo parlando."

"Ne parli come se fosse esistito davvero" celiò Kennard, lasciandosi andare a un mezzo sorriso, che però gli morì sulle labbra quando vide quello beffardo di Alec.

"Dio! Quasi quasi farei venire qui la streghetta solo per farti cacare sotto dalla paura" celiò Fenrir, subito squadrato malissimo da Lorainne. "Ma dai, Lory, è divertente!"

"Per niente. Abbiamo avuto una mattinata piuttosto pesante, e non abbiamo bisogno anche dei tuoi discutibili divertimenti serali" sottolineò la donna, sbuffando.

William sorrise divertito e, lanciata un'occhiata ad Alec, chiosò: "Lei avrebbe dovuto nascere lupa, non quell'inetto di Paul."

"E' assodato che abbia più sangue di lupo lei, rispetto a quell’imbecille, o non avrebbe mai avuto il coraggio di baciare un Cacciatore" asserì a quel punto Alec, facendo spallucce prima di ghignare, e aggiungere malizioso: "E ringraziatemi perché non ho detto di peggio."

"Come?" gracchiò a quel punto Kennard, notando solo qualche istante dopo il profuso rossore di Lorainne. "Cosa mi sono perso?"

"Avrete anche fatto una doccia - il profumo del sapone si sente ancora - ma gli aromi del sesso sono inconfondibili e, visto quanto è impregnata la tua pelle dell'odore di lei, ho idea che ci abbiate davvero dato dentro" chiosò William con tono atono.

Kennard non riuscì a parlare. Faticò persino a comprendere fino in fondo ciò che il licantropo biondo gli aveva appena detto. Quando, però, il suo cervello atrofizzato riprese a funzionare correttamente, avvampò in volto ed esclamò: "Ma sono cose da dire davanti a una signora?!"

"E' una lupa" sottolineò per contro Alec. "Sa che non ci andiamo per il sottile, su argomenti come questo. Lory, infatti, non è imbarazzata per sé, ma per te, che non sei abituato a una simile schiettezza."

Ciò detto, gli batté a sorpresa una mano sulla spalla - quasi spezzandogliela - ed esclamò: "E bravo ragazzo! Ci sappiamo fare, a letto, eh? E' difficile soddisfare una lupa, per un senza pelo, sai?"

"Cristo, Alec!" esclamò Lorainne con uno sbuffo.

"Neanche questo è divertente? Ma sei di colpo diventata bacchettona?" brontolò a quel punto Alec.

"Ha la delicatezza di un caterpillar" ci tenne a dire William, rivolto a Kennard.

"Comincio a notarlo" assentì sconvolto Kennard.

"D'accordo, d'accordo... visto che non si può scherzare, con voi, passerò subito alle vie di fatto" sbuffò Alec, tornando alla scrivania per afferrare il telefono.

Dopo aver digitato in fretta un numero, attese impaziente che all'altro capo rispondessero e, quando udì una voce a lui famigliare, disse: "Richard, sei tu? Sono Alec Dawson."

"Fenrir di Bradford. Qual buon vento?"

"Un vento curioso, credimi. Il tuo Fenrir è libero?"

"Te lo chiamo subito. Penso sarà lieto di scappare dalla delegazione di alfa che si è presentata oggi in villa" ironizzò Richard, mettendolo in pausa per alcuni istanti.

Dopo pochi istanti, la voce squillante del giovane Fenrir di Belfast, Kirill O'Reel, fece sorridere istintivamente il più navigato Alec.

Aveva conosciuto quel giovane giusto l'anno precedente e, in diverse occasioni, dopo quel primo incontro, si erano sentiti per telefono o in videochiamata per chiarire alcune cose, o per domande di vario genere.

Alec lo trovava allegro, frizzante e molto ben disposto verso le persone, ma con una spiccata leadership che gli impediva di apparire debole, pur con così tante doti legate alla facezia.

Il fatto che avesse a malapena compiuto diciotto anni glielo rendeva ancor più simpatico, visto soprattutto perché - proprio a causa sua - era dovuto assurgere al ruolo di Fenrir prima del tempo.

Se non si fosse innamorato di Erin - a sua volta riamato - Kirill avrebbe potuto aspettare i ventun anni per assurgere alla vetta del branco ma, essendosi trasferita la capoclan ad interim, il ragazzo aveva dovuto anticipare la sua entrata in scena.

Diciotto anni potevano sembrare pochi ma, per Kirill, gli erano parsi bastare, e il tempo pareva avergli dato ragione. Il suo branco procedeva sulla retta via, a gonfie vele, e i lupi sembravano adorarlo.

Almeno, stando a quello che Richard gli riferiva.

"Che bello risentirti, Alec. Cosa posso fare per te?"

"Avrei un piccolo favore da chiederti. Una mia lupa e il suo compagno umano vorrebbero sapere se possono entrare a far parte del tuo branco. Esigenze di lavoro li hanno portati a trasferirsi in Irlanda, e preferirei che venissero da te, piuttosto che nel branco di Cork, che io conosco meno" gli spiegò a grandi linee Alec.

"Non c'è nessun problema. Posso organizzare tutto io, se vuoi. Se hanno idea di dove voler andare ad abitare, posso anche cercare qualche offerta per una casa indipendente, o un appartamento" si offrì subito Kirill.

Sorridendo, Alec replicò: "Ti ringrazio, ma penso si siano già messi in pista da soli. Hanno lasciato a me solo l'aspetto burocratico legato ai lupi."

"Allora, mi basterà sapere i nomi, e li manderò a prendere da Richard perché dia loro il benvenuto. Un umano, comunque? E' fantastico! Lui sa già tutto?"

Lanciata un'occhiata derisoria all'indirizzo di Kennard, celiò: "Oh, è appena caduto nella Tana del Bianconiglio, ma sembra piuttosto elettrizzato all'idea di scoprire il resto. E' anche un Percepente, per la cronaca."

"Wow. Niente di meno" esalò sorpreso Kirill. "Mi stai mandando due elementi davvero interessanti, quindi."

"La lupa, di sicuro. L'umano... vedremo" ghignò Alec, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Lorainne.

Kirill scoppiò a ridere e disse: "Mi diverto sempre, a parlare con te, Alec. Mandameli pure. Sarò lieto di prenderli in seno al mio branco."

Dopo essersi salutati, Alec mise giù la cornetta e, nell'osservare Kennard, domandò: "Avrai problemi nel cambiare lavoro?"

"I servizi sociali sono ovunque. Mi basterà chiedere trasferimento a Belfast" scrollò le spalle lui.

"Quanto a me, posso aprire un negozio di musica un po' ovunque" asserì Lorainne, prima di sospirare. "Dovremo però abbandonare i nostri ragazzi."

Kennard assentì con un sospiro identico a quello di Lorainne e Alec, nel dare un'altra pacca sulla spalla all'uomo, celiò: "Vi siete proprio trovati, eh?"

Fu molto difficile non tirargli un destro ma, alla fine, Kennard riuscì a trattenersi.

Non seppe mai se per autocontrollo personale, o a causa dell'occhiata letale che William gli lanciò, ma avvenne.

Non gioì mai abbastanza, comunque, quando uscì dall'officina di Alec.
 
***

L’appartamento di Lorainne li accolse con il consueto profumo di pachouli e rose e, quando la donna si chiuse la porta blindata alle spalle, sospirò e vi si appoggiò contro.

Kennard aveva preferito non tornare a casa, per quel giorno.

In ufficio, aveva avvertito che si sarebbe assentato per un paio di giorni a causa di un problema di famiglia, dopodiché era passato un momento nella sua abitazione per preparare una piccola valigia e, infine, se n’era andato con Lorainne.

Ora, a tarda sera e con una stanchezza manifesta a piegargli le spalle, si lasciò cadere sul divano del salottino mentre Lorainne, acceso che ebbe il bollitore, preparò per entrambi delle tisane.

Guardandosi intorno curioso, Kennard notò oggetti comuni a qualsiasi giovane donna ma nulla che potesse rimandare anche solo lontanamente alla sua appartenenza a un branco.

Le tende in organza erano perfettamente stirate e cadevano verso il basso formando morbidi fiocchi di tessuto, a cui erano state applicate piccole perline grigio ghiaccio.

Sul tavolo del salotto, un centro tavola a uncinetto sorreggeva un bel vaso panciuto di stampo orientale, entro il quale erano state sistemate delle rose fresche color sangue.

Poco più in là, nei pressi del televisore a schermo piatto, un bell’impianto home theatre e uno stereo corredato da piatto per dischi si accompagnava a una ragguardevole collezione di vinili.

Sulle pareti accanto alla TV, foto della famiglia di Lorainne si inframmezzavano a scorci di paesaggio montano e a volti che lui non conosceva, ma che immaginò essere molto importanti, nella sua vita.

Seguendone lo sguardo, lei sorrise e mormorò: “Bambini che, come me, erano stati dati in affido. Due di loro, fanno parte del branco. Altri li ho persi di vista ma, con alcuni, sono ancora amica.”

“Non posso immaginare cosa voglia dire essere sballottati da una parte all’altra, senza sapere dove si andrà a finire. Anche per questo, mi impegno tanto perché ai bambini venga offerta tutta l’assistenza possibile, pur se spesso devo scontrarmi con una burocrazia ottusa e miope” ammise lui, allungando gli avambracci sulle cosce, la testa pesante e le braccia ormai deprivate di ogni forza.

I lividi che William gli aveva lasciato ormai dolevano così tanto da renderlo quasi insensibile ma, con tutto ciò che avevano dovuto affrontare quel giorno, non aveva avuto tempo di curare nessuno di essi.

Ora che aveva il tempo di pensarci, si sentiva come se fosse stato calpestato da una schiacciasassi.

Quando vide tornare Lorainne con le tisane e un blister di antidolorifico, le sorrise grato ma, nel vederla prendere la via della zona notte subito dopo avergli consegnato il tutto, si chiese cosa avesse in mente.

Vedendola tornare con una crema all’arnica, rise spontaneamente e Lorainne, sorridendo maliziosa, mormorò roca: “Spogliati, Cacciatore, e asserviti a me.”

Kennard non si fece pregare, pur se le braccia urlarono disperate a ogni suo movimento.

Nel vedere a che punto i lividi si fossero estesi lungo i suoi arti, Ken fu preso dal desiderio di nasconderli perché lei non si preoccupasse ma Lorainne, scuotendo il capo, replicò: “So quali danni può lasciare la presa di un licantropo, non temere. Mi spiace soltanto che tu debba soffrire tanto.”

Ciò detto, sfiorò con dita leggere i segni bluastri che Kennard portava sulla pelle e, lentamente, iniziò a spargere crema lenitiva un po’ ovunque, massaggiando e frizionando perché venisse assorbita.

Nel farlo, estese la propria aura per dare sollievo all’uomo che l’aveva tanto scombussolata e che, ora, l’avrebbe strappata al suo branco. Non gliene faceva una colpa, né la spaventava l’idea di cambiare ancora vita.

C’era abituata.

Si spiaceva soltanto che lui dovesse provare ciò che, per tanti anni, era stata la sua routine.

Impulsiva, lo baciò in corrispondenza di uno dei lividi e Kennard, sospirando, chiuse gli occhi nel lasciarsi andare contro lo schienale del divano per poi mormorare: “Questa è la cura più spettacolare che esista. E’ un peccato che in pochi possano sperimentarla.”

Lei gli sorrise, continuando a massaggiarlo con l’unguento e Ken, sorridendo malizioso, aggiunse: “Sai… credo di avere un livido anche più in basso… ti andrebbe di controllare?”

Lorainne rise e, nel lasciare da parte l’unguento, gli aprì i calzoni per controllare come stessero effettivamente le cose, trovandolo già pronto per lei.

Non vi fu bisogno d’altro.
 
***

Sdraiati scompostamente sul letto di Lorainne, le coltri rilasciate ai loro piedi e i corpi caldi che ancora si sfioravano lascivamente quanto teneramente, i due amanti sembravano restii ad abbandonare la bolla che li avvolgeva.

Le tensioni fin lì accumulate erano svaporate poco alla volta e, quando i loro corpi erano tornati a danzare all’unisono, cose come cacciatori o licantropi erano state dimenticate, cancellate per qualche momento dalle loro vite.

Non sarebbero certamente scomparse, questo lo sapevano entrambi, ma essere riusciti a evitare una lotta per la supremazia tra i loro due clan era già un risultato.

Volgendosi prono per succhiarle con delicatezza un seno, Kennard mormorò tra un bacio e l’altro: “A me puoi dirlo, sai? Non c’è bisogno che tu e Alec diciate che Fenrir è esistito davvero, se non lo è realmente. Non avete bisogno di impressionarmi. Sono sorpreso e meravigliato già così.”

Lei sorrise deliziata e, allungando una mano per stringere tra le dita una natica soda di Ken, replicò roca: “Credimi… non solo è esistito, ma esiste tuttora. Il titolo di Lady Fenrir non è stato dato a caso. La donna che detiene quel titolo, oltre a essere la maga più potente che si conosca, alberga in sé l’anima rediviva del nostro capostipite e… oh, sì, fallo di nuovo, ti prego…”

Kennard ridacchiò divertito, titillando con la lingua il capezzolo fino a farla inarcare verso di lui.

Avvolgendola con un braccio, volse se stesso e lei perché le montasse cavalcioni e, nell’affondare nuovamente nel suo corpo affamato, gorgogliò di piacere e sussurrò: “O-okay… oh, questo è fantastico… e così, c’è un dio… oh, santo cielo…”

Lorainne rise nel notare quanto Kennard cercasse di rimanere sul filo del discorso, ma il piacere gli stesse facendo perdere il controllo su ciò che intendeva chiederle.
Mordicchiandogli il mento mentre, con morbidi movimenti, lo accompagnava al climax, Lorainne sussurrò: “Non un dio, ma quattro divinità camminano tra noi. Altri due, invece, sono stati rispediti al mittente a tempo indeterminato. La tua gente non ha neppure idea di ciò che si è rischiato, e quanto dovete a Fenrir e ai suoi figli, in termini di sicurezza globale.”

“P-perché tu riesci a parlare… coerentemente…” brontolò lui, portandola sotto di sé con un mezzo giro per poi approfondire le spinte.

Lei mugolò di piacere, artigliò il letto per tenere lontane da lui le unghie ormai allungatesi oltre la soglia di sicurezza e, reclinando all’indietro il capo, espanse la sua aura per avvolgerlo pienamente.

Kennard crollò su di lei al colmo del godimento, venne nel suo corpo pronto e caldo e, solo quando riacquistò un minimo di autocontrollo, le domandò: “Perché non mi hai ricordato il preservativo, Lore?”

“Non è un problema” ammiccò lei, sorprendendolo.

“Ma come… già ieri sera…” esalò lui, più che mai sorpreso.

Lorainne assentì e, nel sistemarsi meglio sul letto, ammise: “So esattamente quando posso rimanere incinta o meno e, grazie al mio DNA mutato, non posso più prendere alcun tipo di malattia virale o batterica tranne, purtroppo, il raffreddore.”

Balbettando vistosamente, Kennard fece tanto d’occhi e balbettò: “N-no, a-aspetta. S-sei… in calore? Cioè, le licantrope vanno in calore?”

“Non sono in calore, per questo ti dico che non è un problema. E sì, risentiamo molto della nostra parte animale perciò, l’altra notte, ti ho accolto pienamente perché sapevo che non ti avrei messo nei guai in nessun caso, anche se tu avessi deciso di andartene, in seguito” mormorò lei, carezzandolo sul viso.

Lui baciò il palmo di quella mano, scosse il capo e replicò stordito: “Cioè… sei riuscita a essere abbastanza lucida da pensare a questo?”

“Ma certo. L’amore per te non sarebbe di certo scemato dopo quella notte assieme,  perciò sarebbe stato crudele avere un figlio da te senza poter dire a lui, o a lei, chi fosse suo padre. Per questo, sapendo di non essere in calore, ho potuto unirmi a te senza alcuna paura.”

“Wow… io sono sì e no riuscito a capire come slacciarmi i pantaloni. Davvero segno di grande maturità” scosse il capo lui, facendola ridere spensierata.

“Beh, se non altro non sei dovuto uscire dall’albergo senza pantaloni addosso” asserì lei prima di notare la sua aria seria. “Cosa succede, Ken?”

“Onestamente? A dirti la verità, in questi mesi ho fatto più di un sogno in cui noi due, beh… insomma, ci occupavamo dei nostri figli, perciò… ecco, sentirti parlare di un nostro potenziale figlio insieme, me l’ha fatto tornare in mente.”

Sorridendo sorniona, allora lei gli domandò: “Oh, e quanti erano?”

“Almeno quattro, ma credo che uno potrebbe bastare, per ora” ammise Kennard prima di sorridere speranzoso e domandarle: “Ma allora… sei assolutamente sicura che tu… che noi…”

“Se vorrai, ti dirò esattamente quando. Al novantanove percento, non dovremmo avere problemi. Certo, potrei anche essere sterile, o tu ma, dando per scontato che siamo entrambi sani e senza problemi, per nove mesi non potrò mutare in lupa perché porterò in grembo il nostro cucciolo, quando tu mi dirai che ti senti pronto” annuì lei.

La notizia lo rese assurdamente felice e, nello stringerla in un forte abbraccio, gorgogliò: “E’ tutto maledettamente assurdo, ma non vedo l’ora di stringere il nostro cucciolo tra le braccia. Sempre se vada a te, è ovvio.”

“Non te ne avrei parlato, diversamente” mormorò lei prima di domandargli: “Indipendentemente da chi sarà?”

“Sarà nostro” annuì lui.

A Lorainne non servì sapere altro.






N.d.A.: per quanto Alec si sia dimostrato il solito Alec, non si può dire che si sia un po' ammorbidito. :)
In ogni caso, penso che Kennard possa baciare la terra su cui cammina Erin, visto che ha potuto conoscere questa versione di Fenrir di Bradford, e non quella precedente!
  
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