Cap.10
Nel breve
decorrere di un paio di
settimane, la coppia approntò tutti i necessari cambiamenti
all'interno delle
rispettive vite.
Il bando
– in quel caso, non ufficiale –
da un branco non era cosa da prendersi alla leggera, infatti, anche se
si aveva
Fenrir dalla propria parte.
Proprio
perché Alec aveva sempre fatto
rispettare alla lettera le regole, non poteva chiudere un occhio
perché voleva
bene a Lorainne e capiva la situazione.
Al clan,
molto semplicemente, era stato detto
che Lorainne si sarebbe trasferita per motivi sentimentali, senza
minimamente
parlare di esclusioni dal branco, o altro. Per quanto Alec incutesse
timore,
gli attacchi di follia non si potevano controllare, e la notizia di un
Cacciatore all’interno del branco avrebbe fomentato
l’ira di molti.
Per questo
motivo, una fuga d’amore era
parsa la soluzione meno dolorosa per tutti, e la più facile
da accettare.
Cosa che
tornò utile non solo nel clan
di Alec, ma anche tra la cerchia di Cacciatori di Kennard.
Mentre
Lorainne era impegnata a imballare
le ultime chitarre del padre adottivo - che l'aveva instradata alla
musica -
Kennard si apprestò a salutare i suoi amici per l'ultima
volta.
Era stato strano avvisarli del suo
prossimo
cambiamento di status ma, per non
lasciare nulla al caso, aveva preferito presentare loro Lorainne prima
di
cambiare città.
Una delle regole previste per non
essere più un
Cacciatore, infatti, era formare una famiglia e non porre nel mirino i
propri
famigliari, spesso non informati della seconda vita del partner.
Di comune accordo con Lorainne,
quindi, si era recato
nel bar dove era solito trovarsi con gli amici per scambiare quattro
chiacchiere, così da spiegare loro la sua decisione
così repentina di
trasferirsi.
Ovviamente, non era stato semplice
mentire a persone
che conosceva da anni, ad amici con
cui aveva condiviso la
segreta missione di Sentinella, ma non aveva avuto altra scelta.
Il patto stretto con Alec era
questo; nessuno del
branco avrebbe saputo di lui, e nessuno della Centuria avrebbe saputo
di
Lorainne. Parenti esclusi, ben inteso.
Se, per Lorainne, questo aveva
voluto dire ammettere ogni
cosa con il proprio Fenrir, per lui era stato l'esternare i propri
sentimenti alla
famiglia, presentando loro la donna che aveva imparato ad amare.
Pur con la richiesta di conoscere
la fortunata almeno
prima della loro partenza, nel gruppo di Kennard non vi erano state
domande
specifiche o pressioni per rimanere in seno alla Centuria. Si erano
soltanto
stupiti della sua estrema reticenza a parlare loro di Lorainne prima di
quel
giorno ma, anche in quel caso, Ken aveva trovato un’ottima
scusa.
Essendo una Sentinella, meno
persone sapevano di
eventuali fidanzate o fidanzati, meglio era, così da non
metterli in pericolo
in caso di scontro coi licantropi.
Aveva odiato mentire su tutto ma,
proprio come aveva
sperato, di fronte alla sua spiegazione non avevano avuto nulla da
eccepire.
A riprova del fatto che,
ciò che lo zio aveva detto a
Lorainne, corrispondeva al vero; anche senza essere decimati dai
licantropi, il
movimento messo in moto da Fryc si sarebbe estinto per mancanza di
combustibile.
Sempre meno persone credevano nella
causa e, anche lui
che era nato a pane e licantropi, non aveva faticato molto a cedere le
armi,
quando era stato messo di fronte alla verità.
Il fanatismo non faceva
più parte di molte Centurie, e
la sua non faceva eccezione.
Forse, nella cultura moderna, era
davvero molto più
difficile mantenere un odio duro e puro come doveva essere stato quello
di Fryc,
ai tempi dello scisma. La conoscenza e la globalizzazione non avevano
soltanto
aperto le frontiere del mondo, ma anche le menti delle
persone.
Fu questo che disse, quando
Lorainne gli chiese come
si fosse svolta la riunione coi suoi amici e, quando lei si
mostrò d'accordo
nel conoscerli, Kennard tirò un sospiro di sollievo.
In fondo, ci teneva a mostrare
all'amata che le
persone con cui aveva convissuto per anni non erano solo suoi nemici,
ma anche
ottimi compagni di vita e di cui avere stima.
***
Approfittando del cattivo tempo e
del freddo che
imperversava ogni dove, in quei primi giorni di ottobre, Lorainne
indossò un
bel maglioncino a coste e il suo adorato cappotto bianco latte.
Stava morendo di caldo ma, per
apparire una ragazza
qualunque, avrebbe dovuto sopportare anche questo. Per Kennard ne
valeva la
pena, ormai le era chiaro.
Da quando si erano detti la
verità, il rapporto con
lui era scivolato via fluido, gli impegni pressanti di entrambi non
erano stati
affatto d'ostacolo e ogni preparativo per la partenza era stato svolto
senza
problemi.
Per evitare crisi in famiglia,
Kennard si era
trasferito da lei con armi - letteralmente - e bagagli e, dopo averle
deposto
ai piedi la scatola con tutto ciò che lo riconosceva come
Sentinella, le aveva
anche spiegato come distruggere ogni cosa.
Insieme, quindi, avevano portato le
armi in discarica
e, di nascosto, Lorainne le aveva gettate nell'angolo più
nascosto del
comparto metalli, scivolando poi verso
l'esterno con l'agilità di
un'acrobata del circo.
Di fronte a quell'ultimo gesto di
rifiuto del
precedente Credo, Kennard le aveva infine promesso che, se mai lei lo
avesse
voluto, lui avrebbe accettato di mutare in licantropo. Di fronte a
quell’esternazione,
però, Lorainne aveva negato una simile
possibilità a breve termine, replicando
che avrebbe dovuto essere solo e unicamente una sua scelta, e non un
favore
fatto a lei.
Con quell'ultima confessione,
quindi, erano tornati a
casa per prepararsi all'uscita con gli amici di lui.
"Sei pronta?" le domandò
Kennard,
affacciandosi sull'entrata della camera da letto.
Lorainne si stava infilando lo
stivale destro e, nel
vederlo in jeans, maglione e scarpe da ginnastica, storse il naso e
borbottò:
"Sembrerò troppo elegante, a questo punto."
Kennard però rise,
scosse il capo e replicò: "Il
tuo cappotto piacerà da matti a Keira. Lei adora gli
indumenti bianchi, anche
se sembra sempre un membro della band dei
The Verve."
"Oh... buono a sapersi"
esalò Lorainne prima
di domandare: "E tu lo sai, per quale motivo?"
Kennard fece un sorriso furbo
nell'avvicinarsi lei, le
diede un bacio piuttosto serio sulle labbra morbide e al sapor di
frutta,
dopodiché mormorò: "Perché ce lo ha
detto fino a sfinirci, ecco
perché."
"D'accordo... allora non la
sbranerò"
motteggiò Lorainne, ammiccando maliziosa.
"Detto da te, è un
sollievo" replicò lui,
strizzandole l'occhio prima di afferrare la sua giacca imbottita e
uscire dalla
camera assieme alla licantropa.
Raggiunsero il Parry Lane Tavern
Pub poco prima
dell'orario prestabilito e, quando la coppia entrò nel
grazioso locale
tradizionale, Lorainne spalancò leggermente gli occhi ed
esalò: "Oh,
cielo! Ci sarà da divertirsi, stasera."
"Perché?"
domandò Kennard, dubbioso.
"Qualcuno ha bisogno di lavarsi"
ironizzò
lei, tastandosi il naso prima di stamparsi in viso un sorriso elegante.
"Ops... l'ho dimenticato. Forse era
meglio
qualcosa di meno affollato" esalò lui, spiacente.
"Va bene così. Me la so
cavare" replicò lei,
prendendolo sottobraccio mentre percorrevano lo stretto corridoio dalla
moquette blu che conduceva al bancone centrale del locale.
Lì, uno dei barman
riconobbe Kennard, levò una mano a
salutarlo e disse: "Ehi, Ken! Sei il primo ad arrivare... e in ottima
compagnia, pure! Vi ho riservato il solito tavolo, nella zona rossa!"
"Grazie, Graham!"
esclamò Kennard,
salutandolo un pugno contro pugno prima di condurre Lorainne in
un'altra area
del locale.
La moquette, com'era logico
supporre, da blu divenne
rossa, e anche i cuscini sulle sedie in legno e sulle panche a muro, si
tinsero
del medesimo colore. Sorridendo, perciò, Lorainne
chiosò: "Non devo
nemmeno chiederti il perché del nome della zona."
"Le cameriere fanno prima. Il
locale è suddiviso
in zone di colore, così si spartiscono i tavoli in base alle
tonalità" le
spiegò Kennard, scostando per lei la sedia perché
si accomodasse.
Lei si sedette dopo essersi tolta
il cappotto e i
guanti e, tra sé, si lagnò per non averli potuti
usare per salutare gli amici
di Kennard. Preventivamente, quindi, disse: "Facci portare un paio di
drink ghiacciati, mentre aspettiamo."
Kennard levò un
sopracciglio con aria interrogativa
prima di comprendere dove fosse il problema e, annuendo,
chiamò una delle
cameriere per ordinare un paio di scotch con molto ghiaccio per
entrambi.
"Avremmo dovuto arrivare per
ultimi, scusa. Devo
ancora familiarizzare con tutti questi particolari" sospirò
Kennard,
scuotendo il capo.
"Non fa niente. Avrei dovuto
ricordartelo"
gli sorrise lei, dandogli una pacca sul braccio mentre i due cocktail
vennero
loro prontamente serviti.
"Era questo che Alec intendeva
dire, per costante allenamento?" le
domandò
quindi Ken.
"Tra le altre cose" ammise lei
prima di
vederlo irrigidirsi appena.
Istintivamente, Lorainne
afferrò il bicchiere
ricoperto di fredda condensa con entrambe le mani e, nel volgersi a
mezzo,
mormorò a mezza bocca: "Amici tuoi?"
"Sì" sussurrò
lui, levando poi una mano per
esclamare: "Ehi, Ali! Ciao! Keira! Martin! Ben arrivati!"
"Scusa il ritardo, amico... abbiamo
trovato
traffico, e Ali non voleva parcheggiare di fianco a un chiaro tifoso
del Leicester,
quindi..." ironizzò Martin, dandogli il cinque prima di
sorridere a
Lorainne e aggiungere: "Spero tu non sia una tifosa di quella squadra,
altrimenti ho appena fatto una gaffe."
Sorridendo di rimando, Lorainne
scosse il capo,
allungò una mano - che lei reputò essere
abbastanza fresca - e replicò:
"Non ti preoccupare... non seguo il calcio. Perciò spero di
non aver
fatto io una gaffe,
ammettendolo."
"Nessun problema. Sono solo loro, i
fanatici" strizzò l'occhio Keira. "Io preferisco il rugby."
"Concordo" ammiccò
allora Lorainne.
Kennard, a quel punto, la
presentò ufficialmente e, di
rimando, presentò i propri amici, sistemandosi poi accanto a
Lorainne mentre i
compagni prendevano posto sulla panca a muro.
In breve, vennero servite birre e
altri drink e, per
tutta la serata, Lorainne colloquiò gradevolmente con coloro
che, in un'altra
occasione, avrebbero potuto essere i suoi più acerrimi
nemici, il tutto senza
destare il minimo sospetto.
Anche se Kennard ne conosceva
l'identità, non riuscì a
notare in lei alcun tentennamento, neppure il seppur minimo errore e,
ancora
una volta, rimase colpito dall'estrema compostezza e preparazione di
Lorainne.
Pur non essendo nata licantropa,
aveva imparato alla
perfezione a gestire il proprio lato nascosto, la sua parte
più animale, perché
il mondo esterno - e neppure coloro i quali erano deputati a
smascherarli - non
la potesse notare.
Capisco perché Lore
insista tanto perché io pensi alla
decisione da prendere. Non deve essere facile vivere così, pensò tra
sé Kennard prima di sentire Martin
rivolgere la domanda fatidica a Lorainne.
"Allora, abbiamo saputo che ce lo
ruberai
definitivamente" chiosò il giovane gallese, tamburellando le
dita sulla
pinta di birra che teneva tra le mani.
"Temo proprio di sì. Mi
è stata offerta
l'opportunità di gestire un negozio di musica e di
tenere
dei corsi, ma a Dublino. In tutta onestà, non potevo farmi
sfuggire
l'occasione, e Ken è stato così gentile da
insistere perché accettassi... dicendomi subito
dopo che non me ne sarei potuta andare senza di lui,
ovviamente"
ammiccò Lorainne, sorridendo maliziosa a Kennard.
"E' stato così
riservato, su di te, che neppure
immaginavamo avesse un'innamorata" chiosò Keira, dandole di
gomito.
"E' stato romantico, almeno, quando ti ha detto che voleva venire con
te
perché ti ama troppo per lasciarti?"
"E' caduto ai miei piedi"
celiò Lorainne,
facendo un po' arrossire il diretto interessato.
In effetti, ai suoi piedi ci era
finito letteralmente,
ma non per farle la dichiarazione quanto, piuttosto, perché
era rimasto
travolto dalla passione per lei, oltre che a causa della sua forza.
Martin e Ali ghignarono
spudoratamente all'indirizzo
dell'amico che, però, replicò atono: "Fate meno
gli spavaldi, voi due,
visto che siete ancora all'asciutto."
Keira, a quel commento,
scoppiò in una grassa risata
di gola e Martin, fissandola bieco, replicò: "Lei se la
ride, ma io ce
l'avrei anche, una ragazza, se Keira mi avesse accontentato."
"Spiacente... il mio amore va solo
ai miei gatti,
per ora" replicò Keira con tono falsamente altezzoso.
Martin scosse disgustato il capo e
Ali, nel battergli
una mano sulla spalla, chiosò: "Come vedi, Lorainne, siamo
un gruppo un
po' sconclusionato."
"Un bel gruppo sconclusionato"
sottolineò lei, stringendo la mano di Kennard sotto il
tavolo.
Lui replicò alla stretta
e, per il resto della serata,
le chiacchiere corsero da un argomento all'altro, senza lasciare il
tempo alla
coppia di avvertire il leggero senso di nostalgia che, altrimenti,
avrebbe
avuto quella riunione amichevole.
Diverse ore dopo, nel confort del
loro letto, Lorainne
mormorò contro il torace di Kennard: "E' stato strano
parlare con dei
Cacciatori e trovarli simpatici. Abbiamo sempre il preconcetto che
siate
brutti, cattivi e odiosi, ma in realtà non è
affatto così."
"Alcuni di noi, lo sono. Ci sono
persone che sono
totalmente dedite alla causa, non si sposano per non avere intoppi di
alcun
genere, oppure trattano la famiglia al pari di uno specchietto per le
allodole,
da mostrare solo per apparire normali.
Pensano solo e unicamente
a cercarvi per uccidervi" replicò lui, volgendosi a mezzo
per stringerla a
sé. "Non parlo dei membri della Centuria a cui appartenevo,
quanto
piuttosto a membri di una Coorte che si trova a Glasgow. Alcuni di
loro,
morirono un paio di anni addietro in un terribile incendio che ne
distrusse la
casa e, con loro, vennero persi anche decenni e decenni di
documentazione. Non
che mi dispiaccia, ora come ora, ma era per darti un'idea di come
possano
essere certe persone."
Irrigidendosi un poco, a
quell'accenno, Lorainne
assentì e disse: "Conosco quella storia, credimi, e so cosa
intendi. Ma ci
sono estremisti anche tra di noi. Nessuno è perfetto, ma fa
sentire davvero
strani rendersi conto che i nemici di una vita, a volte, non sono
così
mostruosi come si pensa."
"Lo so" mormorò lui,
dandole un bacio sul
naso. "Pronta per domani?"
"Non mi fa paura cambiare. L'ho
già fatto una
volta."
"Credo che stavolta sarà
più semplice e spero,
per sempre" ammiccò lui, stringendola a sé prima
di addormentarsi nel
tepore piacevole del suo corpo morbido.
***
All'aeroporto, naturalmente, non vi
fu nessuno a
salutarli. In parte, per ovvie ragioni di sicurezza - nessuna delle due
controparti voleva mostrarsi al nemico - e, in parte, perché
entrambi avevano
preferito così.
Non v'era nulla che potessero dire
per rendere le cose
più semplici a coloro che lasciavano a Bradford, e solo il
tempo avrebbe
calmierato eventuali malumori o le dolenti ferite lasciate nell'animo
della
famiglia di Kennard.
Quanto ad Alec, lui non avrebbe
sofferto in senso
stretto, ma avrebbe sicuramente sentito la mancanza di un'amica fidata.
Da
quando Brianna ed Erin lo avevano aperto ai sentimenti, Lorainne sapeva
che
Alec l'aveva annoverata nella cerchia ristretta dei suoi amici
più sinceri, e
non poteva che esserne felice.
Ugualmente, doveva e voleva seguire
il suo cuore, a discapito dell'affetto che provava per il suo Fenrir,
perciò
partire era la scelta più giusta, almeno finché
le cose non si fossero un po’
calmate.
Quando si accomodò al
suo posto, quindi, si soffiò
dolcemente il naso e, rivolta a Kennard, chiosò: "Spero che
tua sorella
sia contenta. Questo raffreddore mi sta facendo ammattire."
L'attimo successivo,
risollevò il fazzoletto, starnutì
al suo interno e, dopo aver asciugato lacrime rabbiose dovute
all'infreddatura,
borbottò: "Odio il raffreddore."
"Ti capisco" ammiccò
lui, dandole un
buffetto sulla mano libera mentre i motori, in sottofondo, aumentavano
il loro
rombo.
In breve, l'aereo fu pronto per
partire e prendere
quota e, quando finalmente le ruote si staccarono da terra, Lorainne
sorrise e
disse: "Si comincia."
***
Aprendo la seduta con i membri
della Centuria, Cassian
Palmer esordì dicendo: “Come molti di voi hanno
sicuramente saputo, mio nipote
è uscito dalla cerchia delle Sentinelle per formare una sua
famiglia e, la
scorsa settimana, si è trasferito assieme alla sua compagna
per iniziare una
nuova vita.”
Molte voci di assenso si unirono ad
alcune di sorpresa
e Cassian, nell’attendere che esse si fossero calmate,
lanciò un rapido sguardo
a fratello e cognata per sondarne i sentimenti.
Apparivano ancora ombrosi e scossi
all’idea di aver
perso il figlio per un tanto odiato licantropo, ma era evidente anche a
lui
quanto, le notizie emerse dal colloquio con Lorainne, avessero scosso
le
certezze di tutti loro.
Sapere che, non solo i licantropi
non erano
semplicemente bestie assetate di sangue umano, ma possedevano anche
un’umanità
pari, se non superiore, alla loro, li aveva destabilizzati nel profondo.
Cassian, inoltre, aveva trovato in
Lorainne una donna
paziente e pronta a rendersi disponibile anche con un nemico, pur di
portare
del bene nella vita dell’uomo che aveva deciso di amare.
Senza dire nulla a Kennard,
infatti, aveva voluto
incontrarsi in separata sede con la donna e, dopo averla invitata a
vedersi nei
pressi dell’Akroyd Park di Halifax, aveva cercato dentro di
sé le domande
giuste da porre alla licantropa.
Lei non solo aveva accettato, ma si
era dichiarata ben
lieta di ricevere quell’invito e, quando l’aveva
trovata all’imbocco del parco,
a fianco della villa signorile da cui partivano i vari sentieri, non si
era
sentito intimorito dalla sua vera natura.
Camminando fianco a fianco, si
erano quindi addentrati
nel parco, a un passo di distanza l’uno dall’altro
e, dopo aver raggiunto le panchine
che sorgevano attorno all’ampio quadrifoglio in muratura
creato nel mezzo del
giardino, si erano fermati.
Lì, Cassian
l’aveva ringraziata per quell’incontro,
chiedendole quindi cosa pensasse il suo capobranco della decisione
presa.
Lorainne non era stata avara di
spiegazioni e, pur
ammettendo quanto la sua partenza avrebbe messo a disagio Alec, si era
premurata di assicurargli che nulla sarebbe stato fatto contro di loro,
per
questo.
A quell’accenno, Cassian
le aveva raccontato del
processo a carico di Ronald Dawson, e del dolore che il fratello aveva
patito
nel documentare le oscenità compiute a carico dei figli di
quest’ultimo.
Lorainne aveva assentito grave, conoscendo in parte la storia del suo
capobranco.
Pur non avendo conosciuto
l’Alec bambino, lei era
stata testimone del cambiamento avvenuto in lui quando, finalmente, il
cuore
dell’uomo si era nuovamente aperto ai sentimenti. A quegli
stessi sentimenti
che avevano permesso a lei di avere Kennard, e a Kennard di
sopravvivere.
Stringendo le mani in grembo, aveva
poi ammesso di non
dolersi affatto della morte terribile a cui era andato incontro il
padre di
Alec e, suo malgrado, Cassian le aveva dato ragione.
Per quanto tutti loro dovessero
seguire le regole
della società, pena il rischio dell’anarchia
più indiscriminata, di fronte a
simili ed efferati eventi, la Legge del Taglione sembrava la
più adatta in ogni
caso.
Maggiormente disposto ad ascoltare
la storia di
Lorainne, Cassian le aveva infine chiesto cosa sapessero loro degli
eventi
passati e, suo malgrado, la giovane aveva ammesso di sapere fin troppo.
Sorpreso da quella risposta, aveva
chiesto ulteriori
spiegazioni e la donna, dopo un lungo tentennare l’aveva
accontentato,
premurandosi di premettere che, nulla di quanto avrebbe da
lì in poi saputo, lo
avrebbe fatto dormire.
Così era stato e, pur
ritrovandosi a non credere alle
sue parole, aveva scorto nei suoi occhi solo verità, e
questo gli era bastato
per far nascere in lui il tarlo del dubbio.
Per notti intere aveva visionato
gli antichi testi,
aveva cercato, bramato notizie,
conferme o smentite alle parole di Lorainne ma, alla fine, aveva dovuto
ammettere quanto, la premonizione di lei, fosse risultata reale.
Solo la fede avrebbe potuto dargli
risposte.
Nel tornare al presente, Cassian si
ritrovò a dire:
“Come molti sapranno, vi sono state diverse defezioni, tra i
clan del nord e, a
causa di ciò, il Legatus Legionis
di
Londra ha deciso di imporre la propria volontà per creare un
Manipolo unico,
concentrando gli uomini di Inverness e Aberdeen in un’unica
corporazione, che
avrà sede a Inverness, sotto il comando del Tribuno Wallace
Grant.”
“Ma così, il
Tribuno di Aberdeen perderà il controllo
sui suoi uomini!” protestò un beadurinc,
accigliandosi non poco. “Rischiamo a nostra volta di essere
accorpati a Leeds o
a Manchester, per caso?”
“E’
un’ipotesi che non mi sento di scartare, visto che
siamo una Centuria solo di nome, ma non di fatto, e già da
molto tempo prima
che Kennard decidesse di andarsene” assentì
Cassian, atono. “Per quanto io
possa credere nella nostra battaglia, mi sto rendendo conto di quanto
stia
costando a tutti noi, in termini di libertà personale e, con
numeri così
miserrimi, non riusciremo mai a scovare il nemico, né tanto
meno a
sconfiggerlo.”
“Non possiamo cedere! I
figli del demonio vanno
annientati!” esclamò un Archivista con tono
concitato.
Evelin strinse i denti, a quelle
parole e Cassian,
nell’osservare di straforo la nipote, si domandò
turbato se fosse in grado di
sostenere un’assemblea di quel genere. Sentire le velate
accuse lanciate contro
il fratello non doveva essere piacevole, specie in considerazione del
fatto
che, l’allontanamento di Kennard, dipendeva proprio
dal loro nemico giurato.
Ugualmente, Eve parve resistere,
così Cassian replicò
calmo: “E’ pur vero che nessun evento infausto
è avvenuto in questi anni, nella
cittadina, se non la criminalità classica che esiste in
qualsiasi luogo civile
di questo mondo, perciò potremmo anche desumere da questo
che, almeno per quel
che ci riguarda, Bradford potrebbe
essere libera dal nemico.”
Sia Dylan che Libbie lo guardarono
per un istante,
sorpresi, prima di ricomporsi mentre Evelin, impegnata a redigere il
verbale
dell’assemblea, rimase ostinatamente a capo chino, le dita
sulla tastiera del
notebook e gli occhi socchiusi.
Era chiaro quanto, alla giovane,
l’intera situazione
stesse pesando molto, pur se Cassian non sapeva bene in che modo.
“Vorresti dire, Tribuno,
che dobbiamo cercare altrove
i nostri nemici?” domandò Ali, una delle
Sentinelle del branco, oltre che uno
dei migliori amici di Kennard.
Cassian assentì,
asserendo: “Parlando con i Tribuni di
Manchester e Leeds, abbiamo convenuto che, in mancanza di dati diversi,
le
nostre città possono essere ritenute libere da pericoli
derivanti dalla
presenza di licantropi, in quanto in nessuno dei tre centri urbani si
sono
evidenziati episodi anomali o non verificati attentamente dalla
polizia.”
“Quindi, cosa vi
proponete di fare?” domandò turbata
Keira, sgranando leggermente gli occhi.
“Alla luce di
ciò che abbiamo convenuto noi Tribuni,
abbiamo deciso ufficialmente di sciogliere il Corpo delle Sentinelle
delle tre
città, poiché non si ritiene più
necessario pattugliare le strade. La Coorte di
Birmingham, però, ha chiesto che le nostre forze non
venissero sprecate e si è
resa disponibile ad accogliere coloro i quali vorranno proseguire con
la
caccia, e così avverrà per la Centuria di
Liverpool, dove mancano i numeri per
creare un vero e proprio Corpo di Sentinelle”
spiegò loro Cassian, stringendo
leggermente la mani a pugno, ben conscio di aver appena dichiarato la
resa.
Il brusio si levò lesto,
nella sala, e molti si
dichiararono in dissenso con una simile decisione, perorando la loro
causa e
adducendo come spiegazione a una tale presa di posizione la convinzione
che
vicini di casa o amici fossero in realtà lupi.
Cassian lasciò parlare e
sfogare i presenti per un po’
ma, quando si iniziò a parlare di epurazione,
levò una mano e, con voce
tonante, esclamò: “Siamo migliori di
così, e voi lo sapete bene! Se non
riuscite a vedere in voi gli stessi difetti o storture, ma pensate di
essere
superiori a tutti, allora abbiamo un problema!”
“Ma noi siamo
superiori a delle bestie dissennate!” sbottò un beadurinc, rosso in viso per
l’ira.
“Quindi, condanneresti a
morte un tuo vicino di casa,
pur di provare che è un licantropo? Perché debbo
ricordarti che lo ioduro
d’argento è letale anche
per gli
uomini, soprattutto se ingerito” sottolineò aspro
Cassian, azzittendo
quell’assurda proposta. “In mancanza di prove, non
possiamo condannare nessuno,
e voi lo sapete bene. Il rischio di fare del male a degli innocenti fu
la causa
per cui la Santa Inquisizione fallì, secoli addietro. Furono
condannate donne
che nulla avevano a che fare con il nemico e, per questo,
all’interno delle
Legioni vi furono scismi così terribili da condurre quasi
alla distruzione
totale la nostra genia. L’odio rancoroso non porta che a
questo.”
“Dovremmo dunque
cedere?” domandò Martin, una delle
Sentinelle.
Cassian ricordava bene quante
volte, il giovane, fosse
passato a casa di Kennard per guardare film assieme nei giorni di
riposo, o
quante vacanze si fossero presi per raggiungere il Peak District per
lunghi
percorsi a trekking. Gli spiaceva mentire a ragazzi come loro, ma
doveva farlo.
Quella guerra aveva causato
già fin troppo dolore, e
il più delle volte, un dolore del tutto inutile. Di fronte
alla verità offerta
da Lorainne, inoltre, continuare la lotta sembrava davvero assurdo, per
non
dire crudele.
“Vi sarà
concesso agire a livello individuale ma,
almeno per quel che riguarda le città di Leeds, Manchester e
Bradford, il Legatus Legionis ha
convenuto con noi
che non vi sia più bisogno di un pattugliamento continuo. Se
le cose
cambieranno, agiremo di conseguenza ma, almeno per ora, non vi
è più bisogno
del vostro sacrificio. Al termine della seduta, vi verranno forniti i
numeri di
telefono dei Tribuni di Birmingham e Liverpool, qualora vi voleste
unire alla
loro lotta ma, per quel che ci riguarda, continueremo solo con il
lavoro di
archiviazione dei dati.”
Un paio di membri se ne andarono
disgustati, sbattendo
sonoramente la porta del piccolo teatro che avevano affittato per
quella
riunione, ma Cassian non se ne sorprese. Aveva messo in conto fin
dall’inizio
che diversi beadurinc avrebbero mal
digerito simili decisioni.
Quanto al Corpo delle Sentinelle, i
suoi membri si
limitarono ad assentire, accettando dalle mani di Evelin i cartoncini
coi
numeri di cellulare dei Tribuni di Liverpool e Birmingham,
dopodiché se ne
andarono alla chetichella.
Solo Keira ristette fino al termine
dell’espletamento
formale delle ultime attività amministrative, attendendo
paziente di poter
parlare con Cassian che, dopo aver consegnato le proprie carte a
Evelin, la
raggiunse per chiederle: “Qualcosa ti turba, cara?”
Scuotendo il capo, Keira si
limitò a dire: “Vorrei
solo che sapesse che noi non diamo la colpa a Kennard, delle decisioni
che
avete preso con gli altri Tribuni. Abbiamo conosciuto Lorainne, e tutto
si può
dire tranne che sia una persona che ci ha
rubato un membro della Centuria.”
Sorpreso, Cassian
assentì muto per lasciarla parlare,
e questa aggiunse: “Sulle prime, la notizia ci aveva turbati
molto ma, quando
abbiamo visto Lore – adoro, tra l’altro, quando
Kennard la chiama così –
abbiamo capito che, non solo Ken aveva fatto bene a seguirla, ma che
sarebbe
stato felice, con lei. Penso di non averlo mai visto con gli occhi
così
limpidi. E non può mai essere un male, no?”
Sorridendo, si passò una
mano sulla nuca prima di
terminare dicendo: “So che può sembrare
sdolcinato, ma anche Ali e Martin la
pensano come me. D’altra parte, è vero anche
quello che ha detto lei. Se vi
fossero stati eventi anomali, avremmo anche potuto indagare ma, non
essendoci
mai stato nessun fatto strano, a parte quel casino dell’anno
scorso in casa di
quel tizio di Clayton, avremmo potuto continuare con il pattugliamento
ma,
stando così le cose…”
Scrollando le spalle, Keira smise
di parlare e
Cassian, nell’annuire, le batté una mano sulla
spalla, asserendo: “Sono lieto
che abbiate potuto conoscere Lorainne. E’ una ragazza
speciale.”
Keira annuì convinta e,
nell’ammiccare, disse: “Una
donna che può radere al suolo un tipo tosto come Kennard,
non può che essere speciale.”
Più
di quanto
tu creda,
pensò tra sé Cassian,
salutandola quando la vide infine allontanarsi per raggiungere gli
amici.
Sospirando, Cassian uscì
a sua volta dal teatro,
accompagnato dai suoi famigliari ma, non appena salirono in macchina,
Evelin
esplose dicendo: “Cos’è, questo? Un
regalo di nozze per la lupa, per caso?!”
“Eve, contieniti, per
favore” mormorò Dylan.
“No, che non mi contengo!
Che storia è questa, zio?!”
sbottò la giovane poliziotta, picchiando un pugno sul sedile
dell’auto.
“E’ esattamente
quanto ho riportato durante l’assemblea e, se non vuoi
credermi, ti darò le
copie delle e-mail che ho ricevuto da Londra. Semplicemente, il Legatus Legionis ritiene ormai inutile
il nostro ruolo e ha deciso di riunire i beadurinc
in gruppi più folti, e nelle città che lui
ritiene più idonee.”
“Peccato che i licantropi
siano qui, e noi lo sappiamo per
certo!” ringhiò furente Evelin.
“Siamo vivi
perché abbiamo stretto un patto con loro,
Eve, e non parlo solo della nostra famiglia. Parlo di ogni singolo
membro della
Centuria” sottolineò lapidario Cassian, sfidandola
con lo sguardo dallo
specchietto retrovisore dell’auto. “Inoltre, come
ho sostenuto, e sosterrò sempre,
non ci hanno dato motivo di
credere che siano pericolosi, perciò non
ha senso combatterli.”
Eve strinse le mani a pugno,
trattenendo a fatica la
rispostaccia che le salì alle labbra e Dylan,
nell’osservare il fratello al suo
fianco che, ombroso, stava guidando, mormorò: “Non
lo hai fatto per Kennard,
vero?”
“Non solo. L’ho
fatto perché, alla fine dell’opera,
stiamo combattendo una guerra per ragioni che non esistono
più. E una guerra
senza scopo è assurda e basta” sospirò
Cassian, passandosi una mano sul volto
per riprendere il controllo di sé. “Se non mi
credi, Eve, studia il tuo
passato. Sei un’Archivista, perciò hai accesso a
tutta la documentazione.
Guardati indietro, e capirai.”
Evelin non aprì bocca,
si limitò ad assentire pur se,
dentro di sé, il fuoco dell’ira bruciò
per molto tempo ancora.