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Autore: Stella Dark Star    01/04/2022    2 recensioni
+MULTISHIP che troverete man mano che leggete! ;)
Cambiare il passato può avere ripercussioni inaspettate sul futuro, questo Takemichi lo sa bene. Ma nemmeno lui poteva immaginare di ritrovarsi in una linea temporale in cui Chifuyu è un ragazzo intersessuale... Quel dannato 31 ottobre 2005, Baji era morto fra le braccia di Chifuyu, senza sapere che lui portava in grembo suo figlio.
Ottobre 2021. Unmei è un adolescente ribelle, Comandante di una gang, ha un pessimo carattere, è segretamente innamorato di Kazutora pur avendo una relazione di letto col migliore amico Blitz (figlio di Smiley) e ha il cuore a pezzi nel vedere sua madre Chifuyu soffrire ogni anno. Quando scopre per caso che Takemichi può viaggiare nel tempo, gli ordina di andare a salvare suo padre Baji per creare un nuovo futuro ma...con la stretta di mano si ritrova anche lui nel passato! Interagire con i suoi giovanissimi genitori, col suo amore Kazutora, con zio Taka, con Draken e perfino con un Mikey indemoniato sarà un'esperienza decisamente fuori dalle righe, dove non mancheranno drammi, delusioni ma anche momenti bizzarri e felici (e triangoli amorosi di varia natura)!
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chifuyu Matsuno, Kazutora Hanemiya, Keisuke Baji, Nuovo personaggio, Takemichi Hanagaki
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Questo ultimo capitolo è anche il più lungo! Scusate! XD Però ci tenevo davvero a chiudere tutte le faccende in sospeso, visto che nel corso della storia ho aggiusto ship e situazioni amorose che non erano previste! XD Spero che il finale vi lasci a bocca aperta! ;)

Ultima Fase:
[Not only a dream]
 
Lo scontro era appena iniziato, centinaia di ragazzi si stavano malmenando sotto allo sguardo attento delle gang che quel giorno erano lì solo per assistere senza muovere un dito. Tra pugni ben assestati, calci volanti e testate, le due fazioni si amalgamavano sempre più, un miscuglio di tokkofuku neri e giubbotti bianchi che quasi facevano il verso al famoso simbolo dello yin e  dello yang. Hanma, nonostante il primo slancio di entusiasmo con cui si era gettato nella mischia, dovette trattenere la foga e retrocedere subito, non appena  sentì la vibrazione del telefono all’interno della tasca. Kisaki era stato chiaro, gli aveva ordinato di essere raggiungibile in qualunque momento per potergli dare indicazioni e lui, da bravo soldatino, doveva obbedire. Diede giusto un ultimo pugno atomico ad un ragazzino a caso della Toman, quindi fece dietrofront sghignazzando tra sé. Prese il telefono dalla tasca e lo avvicinò all’orecchio da cui pendeva la deliziosa catenella sottile e dorata che gli donava particolarmente.
“Già ti manco, tesoro? Lo scontro è iniziato da sì e no dieci minuti!”
Dall’altro capo ci fu un momento di silenzio, che poi venne infranto dal tono stizzito e asciutto. “Risparmiami le tue buffonate.”
“Hi hi hi! Dimmi tutto! La mia cara matita ha già bisogno di una temperata?”
Urge una spiegazione…. Kisaki, nel spiegargli il piano che aveva in mente, era dovuto ricorrere a delle metafore semplici, visto il Q.I. di Hanma. Nello specifico, gli aveva detto che il disegno nella sua mente si stava ancora creando e lui era la matita che ne disegnava le linee minuto dopo minuto, mentre Hanma era il temperino da usare in caso di necessità. Il fatto che poi Hanma avesse approfittato di questo esempio per fare una battuta sconcia, non faceva parte dei piani. Comunque…
Ricordami di darti un pugno quando tutto questo sarà finito, cretino. Ad ogni modo, ho bisogno che tu faccia una cosa. Lo vedi quel ragazzo che sta trattenendo Kazutora?”
Hanma vagò lo sguardo fino a quando notò la strana scenetta che era esattamente al centro del campo di battaglia, ossia Unmei e Kazutora con le braccia intrecciate come se stessero facendo una sorta di gioco. “Sì.”
Bene. Liberati di lui, così che Kazutora possa occuparsi di Mikey come stabilito.”
“Mh. Procedo.” Chiuse il telefono a conchiglia e lo mise via, ora sul suo viso un’espressione mortalmente seria aveva preso il posto del sorriso da ebete. Senza badare a ciò che gli accadeva intorno, camminò dritto fino ai due.
“Dannazione, non avrei dovuto accoglierti in casa mia. Sei una cazzo di spina nel fianco.” Ringhiò Kazutora, le braccia che gli dolevano dagli innumerevoli tentativi di liberarsi dalla stretta ferrea.
Da parte sua, non che Unmei fosse messo meglio, si stava sforzando enormemente per trattenerlo, vista la posta che c’era in gioco, e oltre al dolore cominciava ad avere anche il viso arrossato. “Mi dispiace… Ma vedrai che mi ringrazierai!” Dove trovasse le forze per sorridere non lo sapeva nemmeno lui. Vedere lo sguardo carico di odio di Kazutora gli faceva male, dopo i tentativi falliti di conquistarlo dover sopportare anche questo era dura. Non stentava a credere che lo avrebbe ucciso volentieri, quando invece lui voleva solo ricoprirlo di baci e farlo piangere dal piacere… Ma che andava a pensare in un momento del genere? Si era distratto, forse per questo negli occhi di Kazutora qualcosa cambiò. O forse… L’istinto di sopravvivenza gli suggerì di voltarsi e allora lo vide. Hanma era praticamente a due passi da lui, il braccio già alzato per colpire. Ci mancava solo lui, cazzo! Per quanto odioso, era costretto a lasciare la presa e parare il suo colp- Oh no. L’idea era buona, peccato che quando tentò di ritrarre le braccia Kazutora gliele trattenne, invertendo così i ruoli. Unmei non poté fare nulla, bastò un momento perché il pugno di Hanma gli si abbattesse in faccia con un tonfo sordo. Solo allora Kazutora mollò la presa, lasciandolo cadere rovinosamente a terra. Lo stordimento lo bloccò lì nella polvere, il colpo subìto era stato devastante. Era già la seconda volta che quello lo metteva al tappeto.
“Ehi… Stai bene?”
Scosse forte la testa, come se servisse a rimettere a posto il cervello, i capelli sciolti gli frustarono il viso.
“Ce la fai ad alzarti?”
Anche senza rispondere, due mani lo aiutarono a sollevarsi e pian piano fu di nuovo in piedi. Quando gli occhi furono in grado di mettere a fuoco la figura, si ritrovò davanti la faccia già gonfia di botte di Takemichi.
“Cos’è successo?” Gli chiese lui.
“Quel cazzo di spilungone mi ha steso. Porca puttana. Cosa mi sono perso?”
Takemichi indicò un punto facendo un cenno col capo. Seguendo la direzione, lo sguardo di Unmei si posò su una scena che non avrebbe voluto vedere. Sulla cima di una montagna di auto, Mikey stava combattendo contro due tizi ben piazzati, mentre Kazutora si godeva il momento prima del colpo di scena. Be’, per Unmei di certo non lo era, sapeva benissimo cosa stava per accadere. Ora che Mikey era caduto in trappola, non appena i due tizi fossero riusciti a bloccarlo, Kazutora lo avrebbe colpito con una sbarra di ferro trovata a fortuna fra i rottami.
Takemichi, come leggendo i suoi pensieri, diede voce ad un importante quesito. “Ora c’è da chiedersi come finirà. Questa volta Kazutora riuscirà ad uccidere Mikey o sarà Mikey ad uccidere Kazutora?”
Unmei strinse i pugni. “Nessuna delle due cose. Sono riuscito a tenere mio padre Baji lontano da qui, riuscirò ad impedire anche il resto.” Fece per darsi la spinta per saltare sul cofano di un’auto e iniziare così la scalata verso di loro, ma ecco che un calcio alla schiena lo spinse via. Almeno questa volta non cadde a terra, con agilità atterrò in piedi, piegandosi sulle proprie ginocchia, quindi con un balzo fu addosso al ragazzo che lo aveva colpito. Lo stese in fretta e subito un altro gli si lanciò contro per prenderlo a pugni. Non erano avversari difficili, gli bastavano pochissimi colpi per metterli fuori combattimento, l’unico problema era che ad ogni istante che passava le cose dall’alto peggioravano. Quanto tempo aveva prima che Kazutora tramortisse Mikey colpendolo senza pietà con quella sbarra?
*
 
Essendo i membri della Valhalla esattamente il doppio di quelli della Toman, di lavoro da sbrigare ce n’era per tutti. Era una lotta senza esclusione di colpi, in cui ognuno doveva dare il massimo per non venire sopraffatto e divenire un peso per i propri compagni. Un’ottima occasione per Unmei di mostrare il proprio potenziale, dopo la figuraccia iniziale che lo aveva costretto a terra per un po’. E allora via coi pugni d’acciaio e i calci rotanti! Nelle sue vene scorreva il sangue di Baji Keisuke e Matsuno Chifuyu, una coppia di teppisti che aveva lasciato il segno! Cazzo!
Nella foga della battaglia, per caso gli capitò di ritrovarsi schiena a schiena con Mitsuya. Si diedero un’occhiata veloce, scambiandosi un sorriso d’intesa.
“Te la stai cavando bene, Capitano della 1a divisione!”
“Anche tu, Capitano della 2a divisione!”
Entrambi piazzarono un cazzotto all’avversario di turno.
“Ammetto che quando ti ho visto a terra ho pensato che fossi una schiappa! Sono contento di essermi sbagliato!”
“Mi sono fatto fregare! Devo chiedere scusa?”
In quel momento Smiley fu spinto nella loro direzione, facendo pressione con una mano sul terreno riuscì a sferrare un potente calcio all’avversario. Si rimise in piedi e anche lui finì di spalle contro i due.
“Sul serio, Unmei, da dove hai tirato fuori tutta quella forza?”
“Eh eh! Vuoi saperlo davvero?”
“Sono curioso anche io!” Confermò Mitsuya.
“Be’, la risposta è semplice!” Adocchiò un ragazzo in difficoltà con un tizio più grosso che lo stava per schiacciare come un moscerino, allora caricò un pugno. “E’ da più di una settimana che non mi faccio una scopata!” Lo colpì così forte che questo volò e finì addosso ad altri due della Valhalla. Unmei si volse con aria vittoriosa e terminò. “Per questo ho  energie da vendere!”
Sia Mitsuya che Smiley rimasero a bocca aperta per alcuni istanti, prima di scoppiare a ridere. Non lo avrebbero mai detto a voce alta ma…tutto ad un tratto la mancanza di Baji in quello scontro smise di farsi sentire! E una botta di spirito era proprio ciò che serviva per andare avanti. O almeno per quel poco che servì…
“MIKEYYYYYYYYYYY!!!”
Il grido assordante di Draken interruppe lo scontro, ogni singola persona presente sollevò lo sguardo sulla montagna di auto, dove Mikey giaceva dopo essere stato colpito con forza alla testa. Un rivolo di sangue gli attraversava il viso, gli occhi vuoti e le labbra dischiuse in modo innaturale, come se fosse morto. Grazie al cielo non lo era.
“Cazzo, devo darmi una mossa.” Si disse Unmei, per poi farsi strada tra la folla con una buona dose di gomitate. Il tempo era scaduto, tutto era ridotto ad un ‘adesso o mai più’. Passo dopo passo, avversario dopo avversario, la sua meta si faceva sempre più vicina ma…all’improvviso due fustacchioni della Valhalla gli sbarrarono la strada e lo immobilizzarono.
“Dove pensi di andare, bastardo?” Disse uno dei due, assicurandosi che lui non potesse muoversi o giocare brutti scherzi. Una dannata seccatura, lui doveva a tutti i costi fermare quella situazione prima che degenerasse. Ma se non poteva muoversi, allora non gli restava che…
“KAZUTORA!!!”
A quel grido, lui ebbe un fremito che per poco non gli fece cadere di mano la sbarra insanguinata.
“Non è uccidendolo che ti pulirai la coscienza! Devi fermarti!”
Kazutora si sentì il respiro mancare per un istante, il braccio gli tremò visibilmente. “Tu…cosa vuoi ancora da me?” La voce rotta che arrivò debolmente fino a lui.
“Io ti conosco… So che non sei così. Dentro di te c’è molto di più.” Insistette Unmei, cercando invano di liberarsi dalla stretta dei due gorilla. “Il ragazzo di cui mi sono innamorato non è un assassino!”
“Puahahahahahaahahh! Adesso ricomincia con le smancerie!” Saltò fuori Hanma, così divertito da doversi portare perfino le mani all’addome e piegarsi in due. Draken, il suo avversario fino a pochi istanti prima, non fu l’unico a fulminarlo con lo sguardo per quell’uscita inopportuna. Comunque, quella breve pausa permise a Mikey di riprendere conoscenza, nonostante il sangue che gli usciva dalla ferita riuscì a sollevarsi e mettersi seduto sul tettuccio dell’auto su cui si trovava. Dallo sguardo che aveva era chiaramente incazzato a morte, eppure la sua voce non vacillò nel parlare.
“Dovresti ascoltare le parole di Unmei.”
Kazutora abbozzò un sorriso perverso. “Non la smetterai fino a quando non ti avrò ucciso eh?” Strinse la sbarra nel pugno e saltò giù dall’auto su cui era per ritrovarsi di fronte a lui. E Mikey non si mosse.
Vista la situazione, Takemichi iniziò seriamente a temere che finisse male. Ci era passato altre volte, gli scenari che aveva visto erano terribili e non poteva sopportare che qualcuno ci lasciasse le penne per l’ennesima volta, in quel dannato scontro. “Unmei!” Lo chiamò con urgenza, ma nessuna delle preghiere che aveva in bocca riuscì a trovare voce, al contrario, fu il suo sguardo lucido a dire tutto. E Unmei recepì il messaggio. Ormai non aveva che un’ultima carta da giocare.
Prese fiato e sollevò bene il mento perché la voce gli uscisse forte e chiara. “Tu volevi solo renderlo felice.”
Di nuovo Kazutora lo guardò con occhi sbarrati. “Cosa?”
“Il compleanno di Mikey si avvicinava e tu sapevi che quella moto era tutto ciò che desiderava. Ma l’unico modo per averla era quello di rubarla. Eri solo un ragazzino, non avevi alternative.”
“Tu…che cazzo ne sai?” Ringhiò Kazutora.
“Per questo quella notte tu e Baji siete entrati in quel negozio. Sembrava facile ed eravate ad un passo dall’ottenere ciò che volevate, un regalo degno del vostro Comandante. Se solo…” Unmei fece una pausa, aveva quasi voglia di piangere nel narrare quella storia che gli era stata raccontata tante volte. Deglutì e riprese. “Se solo non vi avessero scoperti… Tu hai visto Baji in difficoltà e sei intervenuto per aiutarlo.”
“Chiu…chiudi quella bocca.”
“Ti sei spaventato e hai usato quelle cesoie per colpire, senza renderti conto della forza che ci stavi mettendo.”
“Ti ho detto di chiudere quella boccaaa!” Gridò Kazutora, lanciando la sbarra di ferro che aveva in mano. Questa volò rapida sferzando l’aria e avrebbe centrato il bersaglio se Unmei non avesse schivato gettando il capo di lato. Uno scatto che lo salvò, anche se poté chiaramente sentire il ferro scontrarsi coi suoi capelli lunghi.
Mikey, che ancora era seduto a gambe incrociate, sollevò il viso su Kazutora. “Tu non sapevi che quel ragazzo fosse mio fratello, altrimenti non lo avresti mai colpito. Vero?”
“Io… Io…” Kazutora si sentì invadere da quella sensazione di terrore che aveva provato due anni prima, una sorta di freddo glaciale che gli penetrava fin nelle ossa facendolo rabbrividire dalla testa ai piedi. Crollò sulle proprie gambe e si ritrovò in ginocchio, lo sguardo di Mikey ora alla stessa altezza del suo. “Io… Io… Non lo sapevo… Non lo sapevo… Non lo sapevo…” Mormorii appena percettibili che gli uscivano dalle labbra.
“Merda.” Sibilò Hanma, contrariato da quello svolgimento. Non sarà stato una cima, ma capiva che tutto ciò non era neanche lontanamente quello che aveva previsto Kisaki.
“Ehi, Hanma! Che c’è, hai perso il sorriso?” Lo sfotté Draken, godendo nel vederlo così.
Quello dell’omicidio di Shinichiro, il fratello maggiore di Mikey, era stato solo uno dei traumi che avevano segnato l’infanzia di Kazutora, ma era stato così forte da indurre la sua mente a scaricare la colpa su qualcun altro per non doverne portare il peso. In un’altra occasione, quando Unmei gli aveva detto che necessitava di farmaci e di un aiuto psicologico, era la pura verità, in quanto solo così la sua mente sarebbe guarita. Nella realtà da cui Unmei proveniva, per Kazutora era stato un lungo percorso, per di più affrontato dietro le sbarre per dieci anni. Adesso, invece, vedendo la sua reazione e l’inaspettata collaborazione di Mikey, cominciò a sperare davvero in un futuro diverso. Il senso di colpa, ovviamente, non avrebbe mai abbandonato Kazutora, ma di certo la sua vita sarebbe stata migliore vivendola alla luce del sole e attorniato dagli amici che gli volevano bene. Primo fra tutti Baji Keisuke, il suo migliore amico. Unmei sentiva il cuore battergli più forte in petto mentre immaginava un nuovo futuro per i suoi genitori e il ragazzo che amava. Dal momento in cui si era ritrovato lì nel passato si era battuto con tutte le proprie forze per questo, aveva superato i momenti di depressione, aveva sfidato avversari più forti di lui, si era perfino coperto di ridicolo in alcuni casi, eppure, ora era ad un passo dal portare a termine la missione grazie a tutti gli sforzi che aveva fatto. Fu con questo pensiero nella testa che venne investito da una nuova ondata di energie. Un incredibile colpo di testa lo liberò di uno dei due gorilla e subito dopo un pugno d’acciaio stese anche il secondo, facendoli così crollare entrambi a terra nell’arco di due secondi. Ora non c’era niente a impedirgli di correre dal suo amor- “Aspetta.”
Ma che cazzo!!! Per la cronaca, era stato Takemichi a fermarlo. L’aveva semplicemente trattenuto per un braccio, niente di che, ma era stato il suo tono di voce a bloccargli il movimento.
“Lascia che sia Mikey ad occuparsene.”
Seguendo il suo sguardo, Unmei rimase in attesa, mentre dalla cima di auto e rottami proseguiva il dialogo tra i due.
“Puoi solo immaginare quanto io abbia sofferto per la morte di mio fratello.” Disse Mikey, con voce ferma e tono basso. “Lui era la mia famiglia, il mio eroe, il mio punto di riferimento. Non negherò di averti odiato per avermelo portato via.” Strinse un pugno, posato sul ginocchio. “E tutto per una moto.”
Kazutora sentì una fitta al cuore. “Io volevo solo…”
Tu volevi solo renderlo felice.” Sì, era proprio come aveva detto Unmei.
Mikey accennò un sorriso  e proseguì. “Anche se non posso riavere mio fratello, è come se una parte di lui vivesse nella mia stupenda Babu! La moto che desideravo tanto e che tu volevi regalarmi!”
Il labbro di Kazutora tremò e gli occhi gli si gonfiarono di lacrime. “…mi dispiace tanto, Mikey…”
“Lo so. Non ti volterò le spalle. Siamo amici.”
Alcune lacrime gli rigarono il viso e dovette passarsi una manica della giacca per asciugarle. Aveva sbagliato tutto, aveva riposto il proprio odio nella persona sbagliata. Baji glielo aveva detto fin dall’inizio, ma lui era così intrappolato dai propri demoni da non avergli dato retta. Aveva sprecato due anni di vita dietro le sbarre…solo per la sua stessa colpa.
Mikey parlò di nuovo. “Da amico,  vorrei darti un consiglio…” Fece un cenno col capo alle proprie spalle. “Dovresti dare una possibilità a quel ragazzo! E’ innamorato perso di te!”
Kazutora abbozzò una risata. “Lo so! Quel rompipalle!” Tirò su col naso e ancora una volta si asciugò le lacrime facendo uso della manica. “Però, nonostante i trascorsi imbarazzanti, io lo-”
Mikey lo fermò prontamente. “No. Non a me. Dillo a lui.”
Kazutora fece un cenno affermativo con la testa e si rialzò in piedi. Adocchiò subito la figura là in basso, il volto contratto per la tensione, i lunghi capelli scomposti per il combattimento e…gli occhi verde azzurro che fin dal primo incontro avevano saputo guardargli nell’anima.
“Avrei dovuto dirtelo l’altra volta.” Le sue labbra s’inarcarono in un lieve sorriso. “Anch’io ti amo, Unmei!”
Prima ancora che lui riuscisse a connettere il cervello per capire ciò che gli era appena stato detto, Kazutora prese a scendere balzando agilmente da un tettuccio all’altro e in pochi istanti venne accolto dalle braccia aperte di Unmei, in cui si precipitò senza timore e donandogli un lungo ed intenso bacio. Decisamente troppe informazioni da assimilare in così poco tempo! Ma se la testa gli girava per la confusione, al contrario il suo corpo reagì nel modo giusto, le braccia strinsero delicatamente quello di Kazutora e le labbra si mossero sulle sue gustando appieno il sapore di quel bacio che per anni aveva solo immaginato.
Quando Kazutora si separò dalle sue labbra, i loro sguardi s’incontrarono, socchiusi. Ora Unmei era ben consapevole del suo respiro contro il viso, del calore che aveva ancora sulle labbra umide, del dolce peso che stava sostenendo…era tutto vero.
“Portami via di qui.” Sussurrò Kazutora.
Unmei lo fece scivolare dalle braccia per fargli rimettere piede a terra, ma gli lasciò un braccio attorno alle spalle in segno di protezione. Guardò verso l’alto, dove era Mikey, e chinò la testa in segno di rispetto e di ringraziamento. Lui rispose con un appena percettibile cenno.
Fregandosene bellamente di essere al centro dell’attenzione, la coppia di avviò verso l’uscita, accompagnata dal silenzio totale. Lo scontro era finito.
*
 
L’aria fresca che agitava i loro capelli e che faceva apparire Unmei come il testimonial di uno shampoo, per il modo in cui s’insinuava nella sua folta chioma con fare aggraziato. Gli orecchini con pendente che si muovevano frenetici, soprattutto la campanella di Kazutora che suonava con tale insistenza da richiamare un Natale anticipato. Il bianco candido del giubbotto della Valhalla e il nero del tokkofuku della Tokyo Manji Gang che si fondevano grazie all’abbraccio con cui Unmei avvolgeva Kazutora durante quella corsa in moto. Mancava solo una bandiera arcobaleno a sventolare sopra la targa! Be’, scherzi a parte, Unmei non poteva chiedere di più di ciò che la vita gli stava dando in quel momento, considerando che appena poco prima il suo grande amore gli si era dichiarato sotto agli occhi di chissà quante centinaia di teppisti che componevano le cinque gang più forti della Capitale. Neanche nelle sue numerose fantasie era riuscito ad elaborare una cosa simile! E ora che il suo sogno d’amore si era realizzato, non restava che dargli forma attraverso l’unione dei corpi. Destinazione: appartamento di Kazutora. Non erano ancora arrivati che Unmei aveva già un’erezione, al pensiero! Avrebbe dovuto ringraziare Takemichi per averlo lasciato andare via con Kazutora, promettendogli di avere buona cura della moto che Baji gli aveva prestato. Sempre che non si schiantasse al primo incrocio, sapendo quanto era imbranato quel vecchio…
Si accorse che la moto stava pian piano rallentando, un’occhiata e vide la palazzina bianca dove Kazutora viveva assieme alla madre (la quale non sarebbe rientrata fino a sera). Riposero la moto e salirono la scalinata esterna fino a giungere all’appartamento. Una volta entrati, Kazutora fece appena in tempo a richiudere la porta quando Unmei gli saltò addosso. Il corpo premuto contro il suo, i polsi bloccati verso l’alto, la bocca famelica che sembrava volerlo divorare… Anche se lui stesso era desideroso di farlo, venne colto da una fastidiosa sensazione di paura e soffocamento, come un animale caduto in trappola. Per questo di sforzò di interrompere quel bacio, di muovere la testa per liberare le labbra alla ricerca di aria. Unmei non si accorse di nulla, solo deviò i baci dalle labbra al collo, dove risucchiò la pelle per imprimere il proprio marchio. Un succhiotto.
Kazutora fece una piccola smorfia contrariata. “Aspetta un attimo, per favore…”
Unmei emise un mugolio interrogativo, senza fermarsi, allora Kazutora dovette usare la forza per liberarsi i polsi dalla sua stretta e costringerlo a prestargli attenzione.
Finalmente Unmei lo guardò negli occhi. “Cosa?”
“Prima facciamo una doccia! Abbiamo combattuto, siamo tutti sudati!”
Unmei sfoggiò un sorriso malizioso. “Sesso sotto la doccia? Buona idea!” Sbirciò attorno. “Da che parte?”
Kazutora indicò col dito e un attimo dopo la mano gli fu artigliata e lui venne trascinato via.
Nell’anticamera, Unmei si spogliò alla velocità della luce, gettando gli indumenti alla rinfusa tipo effetto ciclone, mentre quando tentò di agevolare i movimenti di Kazutora nello svestirsi, questo fu costretto a schiaffeggiargli la mano per calmarlo. Quel ragazzo era una bestia in calore, accidenti! Comunque non riuscì a tenerlo a bada a lungo, di lì a poco Unmei lo spinse dentro la cabina doccia nonostante l’acqua fosse solo tiepida. Di nuovo s’incollò alle sue labbra, in un bacio molto intenso a cui Kazutora stavolta rispose con altrettanto ardore. Le loro lingue coinvolte in un gioco frenetico divennero bollenti più dell’acqua che ormai si stava scaldando ed emanava vapore. Quando si separarono, Kazutora sentì la propria lingua pulsare, un brivido di piacere gli attraversò tutto il corpo al pensiero di cosa avrebbe provato una volta infilati nel letto. Unmei ci sapeva fare e il sentimento d’amore che li legava rendeva il rapporto magico, al contrario delle scopate con Hanma, in cui si sentiva solo usato come una bambola gonfiabile. Cazzo…
Abbassò lo sguardo, ora Unmei era in ginocchio e gli stava stampando una serie di baci nella zona tra il basso ventre e il fianco, mentre con la mano gli massaggiava con tocco leggero il membro già eretto. Che bella sensazione…
“Non preoccuparti… Sarò delicato… Voglio che la tua prima volta sia memorabile.” Disse Unmei, tra un bacio e l’altro, la sua voce semi coperta dal rumore dell’acqua, il viso che sfiorava appena il suo membro. Però…
“Devo dirti una cosa…” Le parole gli uscirono un po’ biascicate.
“Mh? Dimmi, amore…”
“Io…” Strinse i pugni, doveva dirglielo, era troppo importante. “Io l’ho già fatto.”                
Unmei si fermò all’istante,  lentamente sollevò gli occhi sbarrati verso di lui. “Ah… Vuoi dire che sei già stato con una ragazza? Sei da poco uscito dal riformatorio, hai fatto presto…”
Kazutora scosse il capo. “No. Sono stato con un ragazzo…alcune volte. Ma non ha significato niente, te lo giuro.” Precisò, sperando di limitare i danni.
Unmei lasciò scivolare la mano e si rimise in piedi. Inutile dire che le loro erezioni erano completamente scemate.
“Fammi capire… Tu non hai fatto altro che rifiutarmi, arrivando perfino a sbattermi in faccia di essere etero…” Il suo sguardo tremò. “E invece sei già stato a letto con un altro?”
L’acqua che scorreva veloce, investendo i loro corpi, era diventata caldissima…allora perché Kazutora si sentì raggelare?
“Mi dispiace… Non so come giustificarmi…”
“Lui chi è?” Chiese secco Unmei.
“Non ha importanza. E’ stato un gioco senza sentimento. Non accadrà più.” Fece per sfiorargli il viso con una carezza, ma Unmei schivò il suo tocco. Era visibilmente ferito.
“Ho bisogno di stendermi. Tu fai con calma, ti aspetto in camera tua.” Senza aggiungere altro e senza guardarlo negli occhi, gli diede le spalle e lo lasciò nella cabina doccia da solo.
*
 
La sala d’attesa del reparto aveva ampie vetrate da cui filtrava la luce del sole, la quale, scontrandosi con le pareti bianche, illuminava l’ambiente di una luce calda in netto contrasto con quella fredda e artificiale dei neon. I posti a sedere erano piuttosto ampi e stranamente comodi, inoltre quel pomeriggio c’erano poche persone, poco più di una manciata di donne in avanzato stato di gravidanza e tutte accompagnate da qualcuno con cui chiacchierare a bassa voce.
“La prossima volta chiederò al tuo papà di venire con noi!”
Bisbigliò Chifuyu, sorridente, mentre con una mano si avvolgeva il ventre. Da sopra i vestiti ancora non si vedeva nulla, ma da quando aveva scoperto e accettato la vita che stava crescendo in lui, aveva preso l’abitudine di accarezzare la leggerissima curva che mese dopo si sarebbe gonfiata. Chiuse gli occhi e con la mente andò agli avvenimenti di quella giornata. Lui e Baji avevano deciso di comune accordo di parlare alle loro madri insieme, quella sera stessa, usando come scusa una cena di ‘buon vicinato’. Chissà come avrebbero reagito quelle due… La sera prima erano stati bravi a fare finta di nulla e al mattino, dopo che Unmei era uscito per lo scontro, lui era riuscito a guardare sua madre senza tradirsi. Certo lei aveva sottolineato di trovarlo stranamente allegro, ma da qui a pensare a cosa stava accadendo realmente, ce n’era di strada da fare! E nonostante i progetti iniziali per la giornata, lui non aveva saputo resistere ed era andato all’ospedale più vicino per fare una visita ginecologica. Era stata dura convincere il personale che non si trattava di uno scherzo, per ovvie ragioni, ma una volta accertata la sua identità era stato accompagnato in sala d’attesa, dove ancora si trovava. Era emozionato al pensiero, non vedeva l’ora di sapere i dettagli di quella gravidanza, così da poter rispondere a tutte le domande che le due donne sicuramente avrebbero fatto quella sera. Ormai non aveva più paura. Amava il suo bambino, amava Baji e sentiva che sarebbe andato tutto bene.
La vibrazione del telefono attirò la sua attenzione, riaprì gli occhi e lo estrasse subito dalla tasca dei pantaloni. Vedendo il nome sullo schermo, si alzò dalla poltroncina e andò verso le vetrate per rispondere senza disturbare le altre persone.
“Kazutora-kun?”
No… Sono Unmei…
Lo sguardo di Chifuyu si illuminò. “Congratulazioni, rubacuori!”
…come?
“Non fare il finto tonto! Poco fa Takemichi mi ha mandato dei messaggi per dirmi cos’è accaduto durante lo scontro!”
Ah… Quindi credo che la moto di Baji sia arrivata a destinazione sana e salva…
“Sì sì, tutto a posto! Non preoccuparti! Allora, cosa vuoi raccontarmi per iniziare? Io personalmente, avrei voluto assistere alla memorabile dichiarazione di Kazutora! Per com’erano andate le cose in precedenza, non me lo sarei mai aspettato!” Era entusiasta per come si erano evolute le cose, il suo sorriso rifletteva sulla vetrata pulita e lucida.
Sì, è stato…davvero inaspettato…
Ok, c’era qualcosa che non andava.
“Unmei, sei riuscito a conquistare il tuo grande amore! Dovresti essere al settimo cielo! Perché NON sei al settimo cielo?”
Ecco…
Gli raccontò quanto accaduto nella doccia, poche parole per descrivere la scena, eppure mentre le diceva si sentiva sempre più stupido. Si era arrabbiato per una cosa totalmente insulsa, rischiando di mandare a monte tutto quanto. Per cosa poi? Per orgoglio maschile? Perché nel suo cervellino di adolescente aveva sperato di essere il primo? Cos’è, era tornato all’epoca Edo? Tutte domande che si pose da solo, prima ancora che fosse Chifuyu a fargliele. Anche se una bella lavata di capo se la prese comunque! Più che il rimprovero di un amico, Chifuyu gli fece una vera e propria ramanzina che lui dovette ascoltare senza interrompere, dall’inizio alla fine. Che dire, era proprio destino! Ma nonostante le parole dure, poi Chifuyu terminò con un caloroso: “Ora voglio che tu metta giù il telefono e vada subito da Kazutora a chiedergli scusa in ginocchio!”
Dall’altra parte sentì un lungo sospiro, seguito da quella che sembrò una risatina.
E va bene, kaa-san, farò come dici tu!
Chifuyu fu deliziato da quell’appellativo. Se solo avesse saputo che gli apparteneva davvero… Ad ogni modo, si volse e poggiò le spalle contro la vetrata riscaldata dal sole. Un piacevole tepore attraversò gli indumenti.
“Bene! Vedi di fare pace e goditi la luna di miele da lui! A proposito, sai già quando tornerai a casa mia? Avremo un sacco di cose da raccontarci!”
Be’ io…
“Matsuno Chifuyu.”
La voce dell’infermiera risuonò forte e chiara nella sala d’attesa, obbligandolo così a terminare la chiamata. “Scusami, ora devo andare. Ci sentiamo.” Un saluto un po’ sbrigativo, ma d’altra parte questa faccenda ora era più importante.
“Chifuyu, dove ti trovi?” Non ottenendo alcuna risposta, Unmei sbirciò lo schermo del telefono e vide che in effetti la chiamata era terminata.
“Va tutto bene?”
Sollevando lo sguardo, vide Kazutora sulla soglia della porta con addosso solo un asciugamano avvolto attorno ai fianchi.
“Sì… Credo…” Posò il telefono sul comodino e col dito indicò i boxer aderenti neri che aveva addosso. “Scusa, li ho presi dalla cassettiera senza chiederti il permesso.”
“Tranquillo. I tuoi vestiti sono da Chifuyu, giusto? Posso prestarti qualcosa io, se vuoi… Se vuoi restare qui…”
Unmei non rispose, se ne restò lì fermo sul bordo del letto, allora Kazutora gli si avvicinò piano. “Unmei, io…”
Anche se avesse saputo come terminare la frase, non poté farlo poiché Unmei lo avvolse in un abbraccio e lo trascinò lungo disteso sul letto, sopra la bella coperta leopardata che faceva pendant con le tende della stessa fantasia. Il viso di Unmei contro il suo petto, la pelle che profumava di bagnoschiuma alla pesca.
“Perdonami, Kazutora… Sono una testa di cazzo…”
Sul momento Kazutora non disse nulla, ma poi una sensazione di sollievo lo aiutò a trovare le parole. La sua mano prese a giocare fra i lunghi capelli neri e ondulati di lui. “Sono stato io il primo a ferirti dicendoti cattiverie ogni volta che ti vedevo. Tu invece sei sempre stato gentile con me.”
Sbagliato. Nel futuro, per mascherare la cotta che aveva per lui, era stato quasi sempre scontroso nei suoi confronti e si era comportato da bastardo innumerevoli volte. Proprio come aveva fatto poco prima nella doccia. E questo lo fece sentire ancora più in colpa.
“Cazzo, che casino… Non so come comportarmi.”
“Che ne dici di ricominciare daccapo?”
Finalmente Unmei sollevò il viso sul suo, vide le sue iridi dorate e brillanti. “Che intendi dire?”
“Usiamo questo tempo insieme per conoscerci meglio! Tu sai molte cose di me, ma io di te non so praticamente niente!”
Giusto. A conti fatti, quel Kazutora aveva interagito con lui solo quattro volte. Era già un miracolo che fosse riuscito a ricambiare i suoi sentimenti in così poco tempo! E a tal proposito…
“Ma tu come hai fatto ad innamorarti di me se non mi conosci?”
Ecco, gli era uscita come un’accusa, accidenti a lui. Non ne faceva una giusta. Fortunatamente Kazutora parve non prendersela e anzi accennò un sorriso imbarazzato. “Ecco… Di questo potremo parlare domani durante il nostro appuntamento…”
Unmei sgranò gli occhi: “Prego?”
“Non te lo ricordi? Mi hai promesso un appuntamento alla Tokyo Tower!”
Oddio se lo ricordava ancora… E lui che aveva passato delle giornate a demoralizzarsi come un idiota! Si sentì avvampare e disse fra i denti: “Mi hai fatto rinnamorare!!!”
Lo sguardo di Kazutora si fece come vuoto per un istante, poi guardò altrove e le sue guance s’imporporarono. “Sì, lo sento bene…” L’erezione di Unmei gli stava letteralmente premendo contro una coscia. Se possiamo definirlo amore…
“Che cazzo! Scusa, sono un disastro!”
“Va bene se…me ne occupo io?” Propose Kazutora, diventando ancora più rosso e arrivando perfino a tremare. Però ad una proposta così, era impossibile resistere!
*
 
To-do list:
-Presentarsi alla signora Hanemiya
-Fare una bella impressione
-Andare d’accordo con lei e preparare il terreno per dirle della relazione con Kazutora
Se invece di appuntarsela nella mente avesse messo per iscritto questa lista, Unmei avrebbe potuto orgogliosamente mettere tre segni di spunta. Di norma, presentarsi alla famiglia dell’amato era una faccenda delicata se non addirittura spinosa, del tipo che basta commettere piccolo errore per creare una catastrofe. Niente di tutto ciò capitò a lui.
Dopo aver fatto pace con Kazutora ed essersi strusciati un po’ sul letto, si misero a rovistare nell’armadio alla ricerca di un pantalone comodo e di una maglia che si adattassero al fisico di Unmei, considerando che era un po’ più alto di Kazutora e aveva le spalle più robuste. Un’operazione che richiese tempo, al punto che sobbalzarono quando sentirono la voce della signora chiamare il figlio dall’ingresso dell’appartamento! Cavoli era già così tardi! Kazutora corse da lei e nemmeno due minuti dopo tornò indietro, portando con sé due capienti borse di carta che contenevano i vestiti e la biancheria di Unmei. Dentro una delle due era un biglietto scritto da Chifuyu, il quale gli faceva un augurio per la fresca relazione, con tanto di disegnino di una faccina che strizza l’occhio, e lo avvisava che Takemichi si era offerto di portare il tutto. In effetti avevano sentito il campanello suonare un paio di volte nel tardo pomeriggio, però era successo proprio mentre erano nel bel mezzo di un giochino di mani e col cavolo che avevano voglia di fermarsi per andare ad aprire! Comunque, un problema era risolto. Unmei indossò un paio di jeans neri e una maglia grigio fumo con stampata l’immagine di un teschio punk con la cresta arancio e dei piercing. A seguire, un’accurata spazzolata ai capelli per dare vitalità alle onde naturali, un colpetto alla pietra onice dell’orecchino come segno di buona fortuna ed ecco che fu pronto. Venne presentato alla signora come nuovo amico di Kazutora, come concordato tra loro, e si prodigò in un inchino che cozzava totalmente col suo abbigliamento. Andò bene, visto che poco dopo si ritrovò ad aiutare a preparare la cena. A casa sua accadeva di rado, era una di quelle cose per cui sua madre lo rimproverava spesso, ma quella sera aveva acconsentito di buon grado sentendo la necessità di rendersi utile e unirsi al duo. Madre e figlio erano più uniti di quanto pensasse, una cosa carina a vedersi. Era innegabile che quella povera donna fosse distrutta dalle dure prove a cui la vita l’aveva sottoposta, tra gli anni in cui aveva subito violenza domestica, poi il difficile divorzio ed infine i due anni in cui il figlio era stato chiuso in riformatorio con un omicidio sulle spalle. Era magra, piuttosto sciupata, e sul viso aveva delle rughe che la invecchiavano, un regalo lasciato dalle preoccupazioni. Ma nonostante tutto, non mancava di sorridere al figlio, di essere gentile con lui e di guardarlo con affetto. E pensare che dalla realtà da cui lui proveniva, la signora era morta di crepacuore alla notizia che il figlio era stato condannato a dieci anni per coinvolgimento in un nuovo omicidio… Ora se ne rendeva conto, impedendo a Kazutora di fare delle scelte sbagliate, aveva salvato la vita anche di quella donna.
Dopo cena, lui e Kazutora rimisero a posto la cucina e poi andarono ad infilarsi sotto le coperte a chiacchierare. Almeno fino a quando la stanchezza della giornata non si fece sentire e li accompagnò nel mondo dei sogni. Una cosa più che normale con tutto quello che avevano passato, fra lo sforzo fisico richiesto durante lo scontro e l’enorme pressione psicologica a cui loro due in particolare erano stati sottoposti. Unmei fu il primo a chiudere gli occhi e ad addormentarsi, mentre Kazutora riuscì a resistere ancora un po’ per osservarlo mentre dormiva, disegnare con lo sguardo la linea dolce dei suoi occhi dal taglio felino, il naso sottile e leggermente appuntito, le labbra chiare…vederlo così sereno lo tranquillizzò. C’erano ancora tantissime cose che non sapeva di lui, anche se durante la cena aveva scoperto la zona dove si trovava la sua casa, che scuola frequentava e di come si era appassionato alle moto. Su certe cose invece non si era sbottonato per niente, come ad esempio su quale fosse il negozio di animali di proprietà della sua famiglia. Gli sarebbe piaciuto andarci e conoscere sua madre… Fu l’ultima cosa che pensò prima di addormentarsi.
Si svegliò lentamente, ancora abbracciato ad Unmei e con una sensazione di protezione mai provata prima. Il corpo di Unmei era così caldo, così confortevole e…un momento… Aprì gli occhi alla luce del giorno che filtrava appena dagli spiragli lasciati dalle tende. Non poteva ingannarsi, sentiva nitidamente qualcosa di caldo contro il sedere. Era…la mano di Unmei! Durante la notte doveva avergli infilato una mano dentro il pigiama e poi l’aveva lasciata lì!
“Ma guarda questo!” Bisbigliò divertito.
Un po’ gli dispiacque lasciarlo per alzarsi, ma prima di dormire Unmei gli aveva fatto promettere che sarebbe andato a scuola e ora doveva mantenere fede alla parola data. Il primo passo per diventare migliore era cominciare a fare presenza ogni giorno. Un po’ alla volta avrebbe pensato anche allo studio, ma senza fretta. Scivolò piano fuori dal letto e si preparò cercando di non fare rumore. Indossata la divisa, fu quasi tentato di chinarsi e stampargli un bacio sulla fronte. Quasi eh! Non lo fece solo per timore di svegliarlo. Già che c’era, scrisse un biglietto e glielo lasciò sul cuscino accanto a quello dove lui stava dormendo. Fu proprio quel piccolo foglio di carta che si ritrovò appiccicato alla faccia quando si svegliò.
[Buongiorno! La colazione è sul tavolo in cucina, serviti pure! Ci vediamo a pranzo per il nostro appuntamento! K]
Il cuore gli fece una capriola nel petto nel leggere quelle poche parole. Cavoli, che risveglio! Aveva già voglia di rivederlo e stringerlo a sé, ma era anche contento che lui avesse seguito il suo consiglio di andare a scuola. Baciò il biglietto, come avrebbe fatto una ragazzina con la foto del proprio idolo, quindi balzò giù dal letto e andò dritto in cucina. Era piuttosto tardi, il suo stomaco esigeva nutrimento. Ad attenderlo trovò un piatto dalla forma lunga e rettangolare in cui erano degli onigiri. Chissà chi li aveva preparati… Tra un boccone e l’altro gli venne naturale fantasticare su Kazutora col grembiule, intento a dare forma alle polpette di riso con le proprie mani. Ahh, quel ragazzo aveva la stoffa per diventare la mogliettina perfetta! Stava giusto gustando il terzo onigiri quando suonò il campanello. Doveva aprire? Ma quella non era casa sua… E se fosse stato importante? Magari un corriere? Be’ poteva dare una sbirciata, almeno. Si alzò da tavola e andò alla porta, il campanello nel frattempo suonò altre tre volte. Che insistenza.
“Dove si è cacciato quel ragazzino?”
La voce dall’altra parte della porta era quella di Takemichi ed era chiaramente alterata.
“Eppure Kazutora ha detto che l’avrei trovato a casa. Cazzo.”
Giusto, Takemichi e Kazutora frequentavano la stessa scuola, quindi dovevano essersi incontrati e aver parlato là.
Il campanello suonò ancora. “Quel piccolo bastardo lo sta facendo apposta.”
Si udì un colpo sul fondo della porta, probabilmente un piccolo calcio. Unmei pregò che non insistesse oltre. Si posò di spalle contro la porta, i sensi allerta come per un pericolo, seguendo ogni rumore al di fuori di quella barriera di legno che celava la sua presenza. Il cuore che gli rimbombava nelle orecchie, il corpo rigido e immobile, fino a quando non sentì Takemichi masticare un’imprecazione e allontanarsi con passo pesante. Finalmente se n’era andato. Unmei lo sapeva perché lo stava cercando. Le cose ora si erano sistemate, avevano cambiato il passato e questo significava che…
Si portò le mani alla testa, le dita fra i capelli spettinati dalla lunga dormita, gli occhi sbarrati verso il pavimento. “Non posso tornare al mio presente.” Lo disse così piano che nemmeno lui si udì.
*
 
Per Kazutora, la moto era l’affermazione della sua virilità. Non aveva problemi ad accogliere un passeggero, ma soltanto lui poteva guidarla ed esserne il padrone assoluto. Nel giro di poche settimane aveva visto crollare alcuni dei suoi punti fermi, a partire dalla sua eterosessualità, si era lasciato sfruttare sessualmente, poi si era abbandonato ad un sentimento sdolcinato che credeva non avrebbe mai provato, tantomeno nei confronti di un ragazzo, ma se si parla della sua moto….be’, quella era e doveva restare un pilastro nella sua vita. Per questo fu lui a guidare in quel pomeriggio che per lui e Unmei era di fatto il primo appuntamento in piena regola come coppia di innamorati. Destinazione Tokyo Tower. Non appena la moto si fermò, Unmei balzò giù dalla sella e si diede una bella scrollata ai capelli arruffati dal vento durante la corsa. Mettersi il casco proprio no eh?
“Se avessi saputo che avevi intenzione di correre a quella velocità li avrei legati!” Scherzò, passandosi le dita fra le onde della folta chioma nera e lucente.
Kazutora restò fermo in sella, con lo sguardo basso. “Te lo ricordi?”
“Mh? Di cosa?”
Allora lui si volse a guardarlo, accennando in timido sorriso. “E’ qui che ci siamo conosciuti, il 24 ottobre. Io avevo parcheggiato la moto in questo esatto posto e tu mi hai raggiunto. In appena otto giorni sono cambiate tante cose. Non avrei mai immaginato che io e te…” Non finì la frase, solo si ritrovò con la mano di Unmei sotto il mento, il viso vicinissimo al suo, gli occhi socchiusi. Fu una questione di un istante ed ecco che le loro labbra si sfiorarono in un bacio. Subito dopo, Unmei lo prese per mano e lo obbligò a scendere dalla moto. “Andiamo a riempirci la pancia con qualche prelibatezza! E già che ci siamo, potremo vedere se c’è un regalo per Baji! Dopodomani è il suo compleanno!”
Già, per la prima volta in una linea temporale, Baji Keisuke era vivo per festeggiare i quindici anni di età. Al solo pensiero sentiva il cuore gonfio di gioia. Suo padre era vivo!!!
Si accomodarono in uno dei punti ristoro al piano terra, dove pranzarono con due abbondanti porzioni di takoyaki e due lattine di aranciata, per poi tuffarsi nei piccoli negozi ricolmi di souvenir e cosette carine di ogni genere, dove in effetti trovarono un regalo adatto ad uno come Baji. Tra una cosa e l’altra era passata più di un’ora, ma ne era valsa la pena. Un ottimo pranzo, una camminata fra gli scaffali per digerire e poi salirono sull’ascensore che li portò dritti all’ultimo piano dove era l’Osservatorio Speciale.
Non era mai salito fin lì, durane la gita scolastica alle elementari la sua classe era rimasta al piano inferiore, però tramite i social aveva avuto modo di vedere che poi quel piano era stato chiuso per ristrutturazione e riaperto a febbraio 2021 con uno stile completamente nuovo e dal sapore futuristico. Appunto mentale: tornare a visitarlo in futuro. Non che fosse di fondamentale importanza, il solo fatto di essere lì col ragazzo che amava lo rendeva fantastico. Camminare fianco e fianco, ammirare vetrata dopo vetrata il paesaggio che si estendeva fino a fondersi col cielo e le nuvole. Quanto avrebbe voluto tenere Kazutora per mano… Meglio evitare, era una cosa poco fattibile nel 2021, figurarsi nel 2005! Almeno riuscirono a scattarsi delle foto insieme, anche col suo, che aveva ancora un po’ di batteria avendolo tenuto spento fino a quel momento.
“Il tuo telefono è strano! E’ un nuovo modello?” Chiese Kazutora, piantandoci praticamente il naso sopra, tanto era curioso.
“Ecco… Diciamo che è un prototipo… Però dovrò cambiarlo perché non funziona gran che bene!” Ormai mentire su certe cose gli riusciva abbastanza bene. Comunque era innegabile che doveva procurarsene uno di quegli anni, se decideva di restare. …decidere?
Dopo aver girovagato tre volte per tutto il piano, aver scherzato e fatto foto, sostarono davanti ad una vetrata che a quell’ora del pomeriggio era inondata di luce. Spalla contro spalla, il capo di Kazutora leggermente inclinato verso il suo, solo allora Unmei osò prendergli la mano e tenerla stretta nella sua. In quella posizione, tenendole davanti, nessuno poteva vedere e criticare e loro erano liberi di godersi il momento romantico, mentre il manto bianco del sole copriva e illuminava ogni cosa fino a dove occhio arrivava.
“Questa sera voglio discutere con mia madre riguardo il mio nuovo percorso di sedute dallo psicologo…” Disse piano Kazutora.
“Bene… Io me ne starò buono in stanza per non disturbarvi.”
“Vorrei che ci fossi anche tu, in verità. E’ una cosa che un po’ mi spaventa ma…” La sua mano tremò leggermente in quella di lui, allora gliela strinse più forte. “Se sarai al mio fianco, ce la farò.”
Ed ecco il gran finale. Il martello del giudice che viene battuto dopo la sentenza. Senza saperlo, Kazutora lo aveva alleggerito dell’enorme fardello di decidere se restare o tornare nel futuro.
Con un movimento appena percettibile, Unmei strofinò il capo contro la sua chioma e sussurrò: “Starò con te per sempre, te lo prometto.” Patto suggellato, fine della storia.
Poco dopo lasciarono la torre e tornarono all’appartamento. Fortunatamente era ancora presto, la signora non sarebbe tornata prima di un paio di ore e loro non avevano alcun impegno. Quale miglior momento per fare l’amore? Il giorno prima c’era stata quella sciocca incomprensione, poi la stanchezza aveva fatto il resto, ma ora non c’era niente ad impedire alla passione di travolgerli. Riuscirono a stento a raggiungere la camera da letto prima di far volare gli indumenti ovunque come se ci fosse stata un’esplosione, le loro labbra assetate e desiderose di succhiarsi e assaporarsi a vicenda, le mani vogliose di esplorare… Scivolarono sul letto, i loro corpi si avvinghiarono come dei polpi in calore. Unmei era determinato a rendere la loro prima volta indimenticabile, desiderava modellare quel corpo sottile nelle proprie mani, marcare quella pelle chiara e delicata coi propri baci bollenti, donargli emozioni che nessun altro avrebbe mai. Gli ci volle un bel po’ per riuscire a staccarsi dalle sue labbra e scendere verso il basso per prepararlo adeguatamente. Usando come unico lubrificante la sua stessa saliva, riuscì pian piano ad inserire due dita nella cavità anale, quindi prese il suo membro in bocca e cominciò ad assaporarlo come fosse uno squisito gelato. Kazutora aveva già le lacrime agli occhi e dei piccoli brividi lo percorrevano piacevolmente.
“Ci sai fare!” La voce spezzata dal piacere, un sorriso stentato sulle labbra umide. “Hai avuto…molti ragazzi?” Un gemito chiuse la frase.
Unmei si passò la lingua sulle labbra, negli occhi una luce strafottente. “Ho avuto qualche avventura, sì, ma nessuna relazione seria. Ho sempre amato solo te!”
Kazutora si passò il braccio per asciugare le lacrime. “Eh eh! Spero che un giorno mi racconterai dove e quando mi hai visto! Io non mi ricordo di te…”
Le dita si sfilarono lentamente e Unmei risalì per prendere posto fra le sue gambe, ritrovandosi così faccia a faccia. Con la punta del naso sfiorò la sua. “Avevo dieci anni. Ricordo che mi sentii come se avessi visto un angelo caduto negli inferi e poi risalito in superficie arrampicandosi con le unghie e con i denti.”
“Dieci anni? Abbiamo la stessa età, quindi li avevo anche io… Dove ci trovavamo?”
“In giro.”
Kazutora aggrottò le sopracciglia. “Non puoi essere un po’ più specific-ah!” Per un istante smise di respirare, sentendo il pene di Unmei entrare in lui, grande e caldo che si faceva strada fino in fondo.
“Ti fa male?” Gli chiese Unmei, sussurrando contro il suo viso.
Lui scosse piano il capo. “No… Mi piace…”
Qualunque altra cosa al mondo poteva aspettare.
*
 
Qualche volta gli era capitato di andare a casa di Draken, in quel palazzo in pieno centro a Shibuya dove si prendeva l’ascensore fino al quarto piano e…si veniva accolti da qualche bella sventola in pausa dal lavoro! Quando era più piccolo, sua madre si mostrava parecchio diffidente riguardo quel luogo e in più di un’occasione aveva fatto il terzo grado a Draken sul perché ce lo avesse portato o perché l’avesse lasciato parlare con quelle donne ecc ecc. Le persone che lavoravano lì avevano tutte una storia difficile alle spalle e a modo loro sapevano mostrare più umanità di molte altre. Lui aveva dei bei ricordi, ad esempio delle coccole materne che riceveva da alcune o le caramelle gommose da altre, ma soprattutto i sorrisi sinceri che queste gli donavano. Ufficialmente erano massaggiatrici, realmente erano prostitute. Ma davvero era giusto giudicarle aspramente per questa scelta di vita? Con questi pensieri per la mente, Unmei giunse al piano e una volta uscito dall’ascensore salutò il guardiano, riferì di essere un amico di Draken e si fece indicare la stanza. Non fu tanto un’accortezza per non destare sospetti, nel corso degli anni Draken aveva cambiato stanza almeno due volte e voleva essere sicuro di non sbagliare e ritrovarsi ad aprire un’altra porta. Per inteso, guardare del sesso etero non gli faceva schifo, però voleva evitare di creare problemi alle ragazze facendo una gaffe. Infine giunse a destinazione. Il giorno prima, dopo aver trascorso un pomeriggio piccante con Kazutora, aveva atteso il momento in cui lui si asciugava i capelli dopo aver fatto il bagno per prendergli il cellulare e chiamare Mikey. Gli aveva chiesto un incontro in privato e lui, senza volere spiegazioni, gli aveva detto che avrebbe dormito da Draken e che quindi il mattino lo avrebbe trovato lì. Ora non gli restava che prendere respiro e aprire la porta. Ciò che vide fu…qualcosa di incredibilmente bello. La buona notizia era che la stanza era quella giusta, però mai si sarebbe aspettato di trovare quei due infilati nello stesso letto! Entrambi indossavano ancora il pigiama e avevano i capelli sciolti sulle spalle, Mikey era letteralmente accoccolato su di lui e Draken aveva un’espressione tutt’altro che infastidita. Almeno fino a quando non si accorse della sua presenza sulla soglia della stanza, allora mutò all’istante e le sue sopracciglia si aggrottarono. “Ehi tu, non si usa bussare?”
“C-c-chiedo scusa!!!” Unmei fece un inchino ad angolo retto, preso dall’imbarazzo.
“Puah, lascia perdere. Entra e muoviti a chiudere la porta.”
Lui obbedì prontamente e poi s’immobilizzò non sapendo bene come comportarsi.
A guardarlo così, Mikey sembrava un bambino piccolo e coccoloso, il suo viso innocente era come quello di un angioletto e quei capelli arruffati che gli coprivano la fronte avevano un che di buffo.
“Senti un po’, hai una bella faccia tosta a presentarti qui senza nemmeno interessarti a come sia finito lo scontro!” Lo riprese Draken, severamente. “Dopo che te ne sei andato tenendo sottobraccio il tuo fidanzatino, non ti sei più fatto sentire, cazzo!”
In effetti… “Ehm… Sì… E’ che ho avuto molte cose a cui pensare… Comunque…com’è finita? Immagino bene…”
Di punto in bianco l’espressione omicida di Draken svanì e sul suo viso si accese un sorriso a trentadue denti. “Ovviamente! Abbiamo vinto noi! Dopo che ve ne siete andati, nessuno ha osato muovere un dito e quando Hanma ha provato a protestare Mikey lo ha steso con un calcio!”
Dunque era successo ancora. Certe cose erano dettate dal destino. Tipo la figuraccia di Hanma che si era ritrovato faccia a terra, culo per aria e un’espressione da ebete dopo essere stato colpito da Mikey! Un po’ gli dispiaceva per lui, ma in parte se l’era meritato!
Draken continuò. “Questo scontro è stato ribattezzato ‘Bloody Halloween’!”
Bastò quel nome per far rabbrividire Unmei, la voce gli uscì più spaventata di quanto avesse voluto. “Perchè mai???”
“Non fartela sotto! E’ più una presa per il culo! Siccome il terreno era pieno di schizzi di sangue, qualcuno ci ha scherzato su e alla fine è diventato un nome ufficiale!”
Porca troia aveva quasi fatto un infarto… Schizzi di sangue eh? Per quanto ridicolo, era meglio così, sapendo che in troppe linee temporali il sangue versato era stato quello di suo padre Baji…
Mikey saltò fuori con voce assonnata. “Ken-chin, lasciaci soli per un po’.”
Draken fece per protestare, ma bastò un’occhiata da parte sua per capire che si trattava di un ordine del Comandante e non di un’amichevole richiesta, così si districò dal suo abbraccio e lasciò il letto. Recuperò la divisa scolastica da una gruccia e si avviò verso la porta, prima di andare si rivolse ad Unmei. “Vedi di non fare il furbo.” Lo sguardo minaccioso cozzava coi bei capelli biondi e lunghi che così al naturale gli donavano particolarmente, anche se di solito li teneva legati in una treccia per mettere in mostra il drago che aveva tatuato sulla tempia. Quando si richiuse la porta alle spalle, nella stanza calò un fastidioso silenzio.
Visto che Mikey se ne stava a sonnecchiare nel letto, abbracciato al cuscino con cui aveva già sostituito Draken, Unmei dovette prendere l’iniziativa. “So che hai già fatto molto per me, ma ho bisogno di un ultimo grande favore.”
“Ti ascolto.” Ok. Per lo meno era sveglio.
Unmei si mise in ginocchio accanto al letto e abbassò il capo con rispetto. “Voglio stare vicino a Kazutora e supportarlo, perciò ho deciso di cercare un lavoro e diventare indipendente. Il problema è che…prima ho bisogno di nuovi documenti. Anzi, di una nuova identità.”
Mikey allora aprì gli occhi e con uno strattone ai capelli lo costrinse a rialzare la testa. Il viso così vicino al suo che i loro respiri si fusero. “Una nuova identità… Per quale motivo?”
Unmei si era preparato ad eventuali domande come questa, perciò rispose senza esitazioni. “Ho avuto problemi con la giustizia e non posso farmi trovare.”
“Sai cosa credo io? Che se cercassi il nome Baji Unmei non troverei niente! Almeno per i prossimi otto mesi. Giusto?”
Una goccia di sudore attraversò la schiena di Unmei e, anche se lui provò a bluffare, la voce lo tradì uscendo incrinata. “Che…che stai dicendo?”
“Non so come cazzo sia possibile, ma sono certo che tu sia figlio di Baji e Chifuyu. E’ dalla prima volta che ti ho visto che mi scervello su questa cosa e dopo aver saputo della gravidanza non ho trovato una soluzione più convincente.”
Con una mossa astuta Unmei riuscì a liberarsi della sua presa, ma fu solo un istante, con uno scatto rapido Mikey lo afferrò per il collo.
“S-senti… Puoi farmi quello che ti pare, tanto io non dirò niente. Nemmeno se mi stupri, cazzo!”
Mikey accennò un mezzo sorriso compiaciuto. “La tentazione è forte!” E subito dopo s’incollò alle sue labbra, rubandogli un bacio prepotente, aggressivo, la lingua che obbligava quella di lui a seguirne il ritmo, mentre la saliva un po’ amarognola dovuta alla notte di sonno amalgamava il tutto. Ora…che quel bacio fosse totalmente inaspettato era indiscutibile, però…nel cervello di Unmei una voce stava gridando quanto era fortunato! L’Invincibile Mikey, il ragazzo che era destinato a diventare il terrore del Kanto, stava baciando proprio lui!!! Era come un sogno divenuto realt-cazzo no! Con uno scatto repentino si sottrasse a quel bacio. “Aspetta aspetta aspetta! Non posso! Io amo Kazutora!”
In tutta risposta, Mikey lo trascinò di peso sul letto e lo intrappolò salendogli sopra. “Fanculo l’amore!”
Non andava bene per niente. Che cavolo stava accadendo? Da quando Mikey provava attrazione sessuale nei suoi confronti? Be’, era anche vero che il ricordo di quanto accaduto a scuola era vivido nella sua mente, ma accidenti, da quello stupido scherzo ad arrivare a scopare nel letto del suo migliore amico ce ne voleva!!! A meno che…
“Tu sei innamorato di Draken.”
Mikey, che stava per posare di nuovo le labbra sulle sue, si fermò all’istante, gli occhi sbarrati.
“E’ così, vero? Il problema è che ti sei ritrovato in un triangolo amoroso quando hai scoperto che lui provava dei sentimenti per tua sorella Emma e lei lo ricambiava.”
Vide lo sguardo di Mikey tremare. Centro!
“Hai capito di non avere speranze con lui e così hai abbandonato il tuo sogno d’amore per fare il tifo per loro, illudendoti che fosse la cosa giusta da fare. Deve essere stata una sofferenza atroce.”
Mikey non riusciva ancora a spiccicare parola, era come diventato di pietra. E lui cosa doveva fare? Non poteva dirgli che presto Emma sarebbe morta. Né che nella linea temporale dal quale proveniva, Draken avrebbe avuto Inupi come compagno di vita… Magari poteva spronarlo a dichiararsi e cambiare il futuro? O era troppo rischioso? Oppure…
“Io ti consiglierei di puntare su Takemichi.”
Finalmente Mikey ebbe una reazione, strinse i denti con fare contrariato. “Lui ha già Hina-chan.”
“E allora? So che si sta affezionando molto a te e arriverà a fare cose incredibili affinché tu sia felice.”
“Lo dici perché lo hai visto? E’ ciò che accadrà in futuro?”
Casino. Confermare equivaleva a dargli prova che veniva davvero dal futuro, d’altra parte non farlo gli avrebbe fatto perdere la sua fiducia ed il suo aiuto. E questo era peggio.
“Se prometti di aiutarmi facendo ciò che ti ho chiesto, io in cambio allontanerò lo sfigato da quella stronzetta antipatica e lo getterò fra le tue braccia. Abbiamo un accordo?”
Poteva vedere negli occhi di Mikey un conflitto interiore senza precedenti, eppure intuì che era questione di poco prima che l’egoismo avesse la meglio.
*
 
Il locale era piuttosto piccolo e per nulla appariscente, forse per questo motivo era poco frequentato nonostante fosse situato in prossimità del famosissimo incrocio di Shibuya. Il lato positivo era che si poteva trovare facilmente un tavolo libero e gustare uno dei parfait che, a dirla tutta, erano il pezzo forte di quel locale. Appena entrati dalla porta vetrata, Unmei e Kazutora furono accolti dal simpatico suono di una campanella e da un richiamo proveniente dal tavolo più in fondo. Andarono incontro a due sorridenti Baji e Chifuyu che li stavano aspettando in compagnia di due parfait appena fatti, uno al cioccolato e panna e un altro con l’aggiunta di cioccolato fondente. Presero posto di fronte  a loro, giusto il tempo di salutarsi ed ecco che un giovane cameriere venne a prendere le nuove ordinazioni. Un parfait cioccolato più cioccolato fondente per Unmei e uno cioccolato e banana per Kazutora. La casualità…!
“E’ una mia impressione o sei uno splendore, Chifuyu?”
A quel complimento, lui non arrossì e anzi il suo sorriso divenne ancora più luminoso, come anche gli occhi azzurroverde che sembravano brillare come gemme preziose. Addosso aveva un comodo maglione bianco candido di lana, con cappuccio e una scollatura piuttosto ampia che metteva in risalto il collo sottile da far invidia a un cigno. “Sarà la gravidanza!” Rispose sinceramente, ma con quel velo di innocenza che solo lui era in grado.
“Ehi tu! Non cominciare con commenti invadenti! Chifuyu è il mio ragazzo!” Lo rimbeccò subito Baji, che per contrasto indossava una rudimentale maglia a righe nere e grigie con vari strappi tutt’altro che fashion, per non parlare delle collane pacchiane tra cui una con croce cristiana che faceva pensare ad un insulto alla religione! Insomma, se uno sembrava sceso in volo dal Paradiso, l’altro sembrava essere stato SPUTATO dall’Inferno!!!
“Oi oi, Baji! Non prendertela subito! Oggi siamo qui per festeggiare!” Chiarì Kazutora, facendogli l’occhiolino. Scambiò un’occhiata veloce con Unmei e poi estrasse da sotto il tavolo una borsetta di carta blu che aveva tenuto nascosta fino a quel momento. Tenendola con entrambe le mani la porse a Baji, lui la prese un po’ impacciato e con un leggero rossore sulle guance.
“Che cazzo, te ne sei ricordato…” Nonostante il linguaggio rude per nascondere la timidezza, aprì la borsa senza esitare e ne estrasse due pacchetti rossi di dimensioni diverse. Chifuyu gli si appiccicò alla spalla per la curiosità. Il primo che aprì, quello più piccolo, conteneva un simpatico portachiavi in metallo raffigurante la Tokyo Tower.
“Aaah allora ci siete tornati!”
Unmei ammiccò. “Due giorni fa! Il nostro primo appuntamento romantico!”
“Risparmiami i dettagli.” Tagliò corto Baji, per poi dedicarsi all’apertura del secondo pacchetto. Quando vide di cosa si trattava, il suo incarnato divenne pallido, mentre Chifuyu dovette sforzarsi di reprimere una risata. Era un libro per imparare i kanji.
A Kazutora la spiegazione: “Abbiamo pensato che ti potrà servire! Sei nato il 3 novembre, il giorno della festa della cultura, eppure a quindici anni sai a malapena scrivere il tuo nome! Pff!”
E ovviamente scoppiò una risata globale attorno al tavolo, ai danni del povero Baji!
“Veramente sto migliorando nella scrittura, stronzi!” Tentò di difendersi, incavolato e rosso per la vergogna allo stesso tempo.
Quando il cameriere portò le ultime ordinazioni al tavolo, poterono armarsi tutti e quattro di cucchiaino a manico lungo e affondarlo nelle coppe ricolme di delizie.
“Scherzi a parte, buon compleanno, tou-san!” Azzardò Unmei, desideroso di dire quella parola per la prima volta in vita sua. E soprattutto dirla per la prima volta a suo padre. Una parola che scoprì avere un gusto deciso, dolce ma con una punta di amarognolo, come il parfait che stava mangiando.
Baji schivò il suo sguardo, di nuovo colto dall’imbarazzo. “Non prendermi per il culo!”
Chifuyu saltò fuori in quel momento, con la bocca ancora piena. “A proposito, non ti ho ancora detto che l’altro giorno mi sono fatto visitare!”
“Ah ecco dov’eri quando ti ho telefonato!”
“Mh mh!” Ingoiò il boccone e, tutto sorridente, riprese a parlare. “Mi hanno fatto dei prelievi e cose così, ma la prossima settimana farò la mia prima ecografia! E sarà presente anche Baji-san!”
“Non è che bisogna dire proprio tutto…” Bofonchiò Baji.
“Dimenticavo! Non vi ho ancora fatto le mie congratulazioni! Se avete bisogno potete contare su di me!” Si propose Kazutora. Di fatto aveva conosciuto Chifuyu solo per telefono e quel giorno era la prima volta che interagiva con lui personalmente, ma nonostante questo si sentiva a suo agio, inoltre gli era enormemente grato per essere stato accanto a Baji mentre lui era rinchiuso in riformatorio. Chifuyu era diventato il ragazzo di Baji e ora stava per dargli un figlio, ma in questo modo lui aveva mantenuto il ruolo di migliore amico e la cosa gli stava più che bene.
“Grazie, Kazutora-kun! In effetti avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile, anche se le nostre madri ci hanno rassicurati di non cacciarci di casa e di insegnarci a fare i genitori!” Precisò Chifuyu.
“Seh… La mia vecchia è scoppiata a piangere e subito dopo mi ha preso per i capelli e mi ha detto di trovarmi un lavoro part-time in attesa di finire le medie… Una cazzata, visto che sono stato bocciato l’anno scorso e adesso sono al secondo anno come Chifuyu…”
Per Unmei non era difficile immaginare la scena di sua nonna che prende per i capelli il figlio e gliele canta senza peli sulla lingua!
Tra scherzi e chiacchiere, nessuno di loro fece caso alla campanella dell’ingresso che ogni tanto suonava, almeno fino a quando un tonfo di mani sul piano del tavolo non spezzò drasticamente il buonumore. Takemichi era lì e dalla faccia che aveva non prometteva niente di buono.
“Unmei, vieni fuori, devo parlarti.” Il tono di voce fece capire che in caso di un rifiuto lo avrebbe pestato lì dove si trovava.
Partner…è successo qualcosa?” S’interessò Chifuyu, con premura.
“E’ successo che questo qui mi evita. Non si fa trovare quando lo cerco e finge di non esserci quando chiedo di lui per telefono.” Gli rispose Takemichi, per poi terminare posando uno sguardo carico di risentimento su Unmei. “E’ ora di finirla.”
“Unmei…?”
Sentendo la voce preoccupata di Kazutora al suo fianco, Unmei si volse verso di lui. “Io esco un momento. Tranquillo, è tutto a posto.” Cercò di rassicurarlo, sfiorandogli la spalla. Dopo di che si alzò dal posto e seguì Takemichi all’esterno del locale.
*
 
Di gente che passava per strada ce n’era in continuazione, data la zona in cui si trovavano. Che fossero turisti delle più disparate nazionalità, ragazzi che girovagavano godendosi il giorno di festa o lavoratori incalliti che correvano per degli appuntamenti, nessuno di loro si accorse di quel vicoletto proprio affiancato al locale semi sconosciuto e tantomeno delle due figure che vi si erano rifugiate per discutere.
“Che stronzate sei andato a raccontare a Mikey???” Esordì Takemichi, pugni serrati ai fianchi e sguardo infuocato.
“…Mikey?”
“Mi ha detto tutto. Le offese nei confronti di Hina, i tuoi progetti e quello stupido accordo per farmi mettere con lui. Ascoltami bene, ragazzino, che tu lo voglia o no adesso torniamo a casa. Mi sono rotto il cazzo dei tuoi capricci.”
Unmei fece una smorfia disgustata. “Te lo puoi anche scordare, vecchio. Io da qui non mi muovo.”
Dagli sguardi taglienti che si lanciavano, era chiaro che entrambi erano determinati ad andare fino in fondo, a costo anche di usare la violenza se le parole non fossero bastate.
Nel mentre, all’interno del locale, il tavolo a cui dovevano essere i festeggiamenti si era fatto così silenzioso che il tintinnare dei cucchiaini quasi rimbombava.
“Takemichi era parecchio incazzato… Chissà cos’è successo…” Disse Chifuyu, mogio mogio, tenendo la testa appoggiata contro la mano. Accanto a lui, Baji stava rigirando la cioccolata sul fondo della coppa con fare pensieroso.
L’unico ad essere un fascio di nervi era Kazutora. Non solo il suo interesse per il parfait era totalmente svanito, continuava a lanciare occhiate furtive sia alla vetrata che alla porta, girando il capo da una parte all’altra in continuazione, fino a che non sopportò più la tensione e si alzò di scatto, facendo sobbalzare gli altri due. “Io vado a controllare…”
Una volta fuori, si diresse di volata nella direzione che li aveva visti prendere e si fermò giusto un pizzico prima di arrivare al vicoletto.
“TU NON APPARTIENI A QUESTO TEMPO, UNMEI!”
Il grido di Takemichi gli fece salire il cuore in gola. Ma soprattutto…cos’aveva appena detto? Si poggiò di spalle al muro e rimase in ascolto.
“Non me ne frega un cazzo!” Rispose per le rime Unmei, altrettanto adirato. “Non è un tuo problema visto che puoi andartene quando vuoi! Io non ti servo!”
“Non dire cazzate, se rimani qui nel passato non sai quali conseguenze ci saranno nel tempo da cui veniamo. E poi non hai pensato a cosa succederà quando nascerai? Adesso sei nel ventre di Chifuyu, ma a giugno verrai al mondo e ci saranno due di te stesso contemporaneamente. Hai mai visto un film di fantascienza, cretino? La coesistenza potrebbe costarti la vita.”
Kazutora bisbigliò tra sé. “Ma di che stanno parlando?”
Takemichi buttò fuori un lungo sospiro, la sua voce s’incrinò quando riprese a parlare. “Non erano questi i patti, Unmei… Hai dimenticato il motivo per cui siamo qui? Tu desideravi dare un futuro felice a tua madre Chifuyu. Sei riuscito a salvare tuo padre Baji dal Bloody Halloween, hai fatto in modo che Kazutora non finisse in prigione per averlo ucciso…”
Tu-tum. Tu-tum.
“Appunto, ho agito per il bene dei miei genitori e del ragazzo che amo!” Unmei scosse il capo. “Davvero non lo capisci, vecchio? Non posso lasciare Kazutora. Gli ho promesso di stargli accanto e aiutarlo. E’ troppo fragile… Se io sparissi adesso, lui ne subirebbe il trauma. Potrebbe andare fuori di testa, uccidere qualcuno o fare del male a se stesso… E non credo mi crederebbe se gli dicessi che io vengo dal futuro…”
Tu-tum. Kazutora si portò una mano alla bocca, gli occhi sbarrati nel vuoto.
“Sei tu a non capire… Non è questo il tuo posto. Non vuoi vedere coi tuoi occhi il nuovo futuro che hai creato? Vedere tua madre sorridere, sapere cosa si prova ad avere un padre, anche se si tratta di un caso perso come Baji!” Nella voce un accenno di divertimento che si spense subito. “Avere una famiglia, come hai sempre desiderato.”
Unmei tremava come una foglia, era una lotta emotiva fin troppo dura per lui. “Lo vorrei tanto… Ma amo troppo Kazutora per abbandonarlo così.” Si morse un labbro. “Non ce la faccio. Chiamami pure egoista… Non sopporterei di tornare nel futuro e scoprire che lui nel frattempo si è sposato.”
“Non accadrà.”
La voce fu la prima ad arrivare a loro, ad attirare i loro sguardi all’ingresso del vicolo, dove in pochi istanti comparve la figura di Kazutora. Si avvicinò a passo tranquillo, lo sguardo fermo su quello di Unmei che invece tremava. Quando giunse a lui, sollevò le braccia e gliele cinse attorno alle spalle.
“Ora è tutto chiaro… Anche se il mio cervello stenta a crederci…”
“G-guarda che è tutto uno scherzo! Io e il vecchio sapevamo che ci stavi ascoltando e ci siamo inventati una stupida storiella!”
Kazutora scosse il capo, accennando un sorriso triste. “Vorrei tanto che fosse uno scherzo! Se potessi ti chiederei di restare, ma non voglio che tu sia in pericolo per colpa mia.”
“Ma Kazu-”
“Non avrò nessun altro.” Lo interruppe lui. “Te lo prometto. Mi impegnerò per diventare una persona migliore e ti aspetterò.”
“Cazzo, come farai senza di me per sedici anni? Ti rendi conto di quello che dici?”
“Ma tu ci sarai, no? Ho sentito… Nascerai a giugno… Ti vedrò crescere…”
Gli occhi gli si gonfiarono di lacrime. “Kazutora… Ti amo da impazzire…”
“Lo so… Quando tornerai nel tuo tempo, io sarò là ad aspettarti. E staremo insieme!”
Unmei inghiottì le lacrime e unì le labbra a quelle di Kazutora in un bacio profondo e disperato, nel tentativo di colmare la lunga separazione che lui avrebbe dovuto affrontare. Si separarono lentamente, il calore dei loro respiri che si fondeva.
“Ascolta bene quanto sto per dirti. E’ molto importante.” Bisbigliò Unmei contro le sue labbra. “Rimani con Baji e Chifuyu. Un giorno apriranno un negozio di animali e tu lavorerai con loro.”
“Va bene.”
“Al riformatorio c’è un ragazzo di nome Sendo Atsushi, detto Akkun. E’ un ragazzo eccezionale, appassionato di capelli. Da dove provengo io vi siete conosciuti proprio al riformatorio e siete diventati ottimi amici. Con l’aiuto di Takemichi fai in modo di incontrarlo.”
“Lo farò.”
A quel punto Unmei si fece un po’ indietro per sciogliersi dal suo abbraccio e si tolse l’orecchino di argento e onice.  Prese una mano di Kazutora e glielo posò sul palmo. “Tienilo tu, così ogni volta che lo vedrai ti ricorderai quanto ti amo.”
Lo sguardo di Kazutora tremò, ma subito lui abbassò il capo e si portò la mano al cuore. Quell’orecchino sarebbe stato il suo tesoro.
Poi Unmei si rivolse a Takemichi. “Posso salutare i miei genitori, per favore?”
A onor del vero, Takemichi lo squadrò con aria dubbiosa, ma alla fine acconsentì. “Fai presto. E guai a te se ti azzardi a scappare approfittandoti della mia buona fede.”
“Non lo farà, hai la mia parola.” S’intromise Kazutora, quindi gli prese la mano e insieme rientrarono al locale.
“Finalmente! E’ tutto a posto? Ci avete messo una vita!” Gridò Chifuyu, visibilmente preoccupato.
Kazutora prese posto, mentre Unmei rimase in piedi, le mani poggiate al bordo del tavolo. “Ecco… io torno a casa.”
L’espressione di Chifuyu si illuminò all’istante. “Ma è fantastico! Allora hai deciso di fare pace con tua madre!”
“Ehm…sì, diciamo così…”
“Quindi potremo venire a trovarti uno di questi giorni?”
“Non è così facile… Temo che non potremo vederci per un po’…” Si sentiva come se avesse una lama infilata nel petto, ma lo stesso cercò di accennare un sorriso. “Perciò… Voglio salutarvi come si deve e ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me!”
Baji allungò una mano verso di lui, regalandogli un sorriso cordiale. “Alla fine mi stai più simpatico di quanto abbia detto! Anche se se mi hai soffiato il posto nello scontro con la Valhalla…ma forse è stato meglio così!”
Unmei strinse quella mano con affetto e ricambiò il sorriso, era come essere tornato alla sera in cui si erano incontrati e dopo un inizio burrascoso avevano trovato un’intesa. “Grazie! Anche tu non sei malaccio! Vedi di rendere felice Chifuyu e di essere un buon padre!” Dopo di che volse lo sguardo proprio a Chifuyu, il suo volto sorridente era meraviglioso e sperò davvero di poterlo vedere anche a casa, una volta tornato. Però separarsi così, dopo tutto quello che avevano passato insieme in quel tempo, era più dura di quanto credesse. Seguendo un forte impulso gli si gettò addosso per stringerlo in un caloroso abbraccio. Le lacrime gli riempirono gli occhi mentre gli sussurrava all’orecchio. “Ti voglio bene!”
Ovviamente Baji saltò come una cavalletta nel vedere quella scena e si mise a starnazzare. “Che cazzo! Ritiro tutto! Spero di non vederti mai più, bastardo!”
Loro lo ignorarono completamente, e anzi, nonostante la sorpresa, Chifuyu ricambiò il suo abbraccio con affetto e rispose: “Ricordati di dirlo a tua madre, appena la incontri!”
Unmei emise un mugolio di consenso. Dovette fare un grande sforzo per lasciarlo, altrimenti lo avrebbe tenuto stretto così per sempre. Deglutì il nodo alla gola e si passò la manica sugli occhi, per ridarsi un po’ di contegno.
“Mi accompagni fuori?” Chiese a Kazutora. Lui però rimase dov’era, un leggero tremolio lo percorse. “No… Se lo faccio, temo di non riuscire a lasciarti andare…”
Lo capiva benissimo. “D’accordo… Ricordati le cose che ti ho detto e andrà tutto bene.” Non attese una sua risposta, semplicemente se ne andò senza voltarsi indietro, nonostante il cuore gli facesse male ad ogni singolo passo.
Quando lo vide tornare, Takemichi fece qualche passo per andargli incontro e poi gli porse la mano. “Non te ne pentirai.” Gli disse con convinzione.
Unmei pregò che fosse così. Sollevò lentamente la mano, neanche gli fosse diventata di piombo, e non appena sentì il contatto di un dito contro uno di quelli di Takemichi, lui con uno scatto gli afferrò la mano e la strinse con forza. Una luce simile ad un fulmine entrò nelle loro menti e poi tutto divenne nero.
*
 
Uno dei rumori più fastidiosi al mondo, di sicuro è la vibrazione delle sveglia del telefono di primo mattino, quando stai sognando e all’improvviso i sensi vengono risvegliati dall’odioso tremolio in grado di farti venire la tachicardia. O di farti salire l’istinto omicida! Quel mattino, per Unmei fu un mix di queste sensazioni. Ritrovandosi riportato bruscamente alla realtà, digrignò i denti e afferrò lo smartphone. “Fanculo!” Invece di pigiare sull’icona per spegnare la sveglia, diede uno schiaffo allo schermo ed ecco che al suo posto comparve uno sfondo con la foto di lui e Blitz in posa da duri strafighi, uno con il tokkofuku grigio e l’altro con la giacca da Comandante della Excalibur Gang. Sbuffando ripose il telefono sul ripiano del comodino, la sua mano urtò qualcosa di metallico. Volse lo sguardo e vide che si trattava del suo orecchino in argento con pendente in pietra onice. Momento… Scattò per mettersi seduto sul bordo del letto e sollevò l’orecchino davanti agli occhi. “Mi sento come se avessi dimenticato qualcosa…” Si sentiva confuso e in aggiunta arrivò un dolore alla testa che lo costrinse a piegarsi in due, i lunghi capelli gli ricaddero sul viso. Pochi istanti e il dolore venne sostituito da una calda sensazione che gli riempì il petto e un bisogno urgente lo fece balzare via dal letto. Volò fuori dalla camera e trottò giù dalle scale, dove percepì un delizioso odore di frittura. Quando entrò in cucina, vide la cara figura ai fornelli, il solito grembiule nero, le bacchette lunghe e metalliche con cui stava estraendo un pezzo alla volta la tempura dall’olio, i capelli rasati sulla nuca e la folta chioma bionda invece di quella naturale nera.
Kaa-san…” Un bisbiglio che gli uscì come una preghiera, ma che Chifuyu riuscì a sentire.
Si voltò, bastò un’occhiata perché i suoi occhi azzurro verde mettessero un’espressione severa. “Ma sei ancora in pigiama? E devi anche fare colazione! A che ora hai intenzione di andare a scuola questa mattina?”
Unmei ignorò il rimprovero, era così felice che gli corse incontro col sorriso sulle labbra e poi lo strinse in un forte abbraccio. “Kaa-san, ti voglio bene!”
Preso alla sprovvista, Chifuyu non reagì subito, ma poi si sciolse e ricambiò l’abbraccio sorridendo a sua volta sopra la spalla di lui. “Anche io ti voglio bene, sciocco di un figlio!”
“Wooooh, un attacco mammoso di prima mattina? Cos’è, un nuovo modo per farti aumentare la paghetta?”
Nel sentire quella voce dal tono strafottente, il cuore di Unmei fece una capriola. Lentamente si sciolse dall’abbraccio con la madre e si volse verso il nuovo arrivato. “Tou-san…” Era proprio Baji, bello, alto, con gli occhi nocciola e sottili da predatore, il sorriso su cui spiccavano i denti da vampiro e i capelli neri dal taglio corto sul retro e con la frangia più lunga tenuta ai lati della fronte, simile a quella che portava quando aveva dodici anni. Come poco fa, gli corse incontro e si sollevò sulle punte dei piedi per poterlo abbracciare, dato che adesso Baji era più alto di lui.
“Qui c’è sotto qualcosa… Era da un bel po’ che non mi abbracciavi… O significa che è finito il periodo ribelle?”
Unmei ridacchiò. “Sì! Proprio così! Ti voglio bene, tou-san! Ti voglio tanto bene!”
“Sospetto... Troppo sospetto…” Ripetè Baji, ma comunque avvolgendogli il girovita con un braccio per rispondere al suo.
“Sono felice di averti come padre!” Disse Unmei con voce incrinata, mentre due lacrime gli rigavano il viso.
Baji scambiò uno sguardo interrogativo con Chifuyu, il quale però rispose scuotendo il capo e facendo spallucce. Non erano abituati a quel comportamento affettuoso!
Avendo la vista offuscata dalle lacrime, Unmei notò appena la piccola figura che entrò pian piano in cucina… I dettagli arrivarono poco alla volta… I lunghissimi capelli neri ondulati, gli occhi grandi color nocciola, il naso sbarazzino, la divisa scolastica con la gonnellina blu ed il randoseru rosso per la scuola elementare. E una vocina che sembrava il miagolio di un gattino.
Papa? Mama? Perché Unmei sta piangendo?”
Chifuyu rispose gentilmente e col sorriso sulle labbra. “Perché ha voglia di coccole! Non preoccuparti, tesoro!” Quindi fece un cenno con la mano. “Vieni qui che mettiamo il tuo bento nello zainetto!”
La piccola obbedì e lo raggiunse, per poi dargli lo zainetto rosso dove Chifuyu infilò un simpatico cestino del pranzo a forma di gattino rosa. “Ecco fatto, Haruhi!”
Unmei, che aveva seguito la scena con lo sguardo velato d’incanto, ripeté il nome che aveva appena sentito. “Haruhi…”
Gli c’erano voluti pochi minuti per ricordare del viaggio nel tempo e delle lotte per cambiare il futuro, ma solo in quel momento nella sua mente affiorò un nuovo ricordo appartenente a quella nuova vita. Si scostò da suo padre e andò incontro alla bimba che lo guardava con occhi sgranati. “Haruhi… La mia sorellina!!!” La sollevò in braccio e affondò il viso nei suoi capelli morbidi e profumati di fragola, mentre la piccola se la rideva tutta contenta nell’abbraccio del fratellone. “Nii-chan! Nii-chan!”
Un dono dal cielo che non si sarebbe mai aspettato! Abbracciandola e giocando a farle il solletico sulla testa, i nuovi ricordi si fecero strada sempre più numerosi e sempre più nitidi. E c’era una cosa che voleva verificare. S’interruppe e ripose la bimba a terra. “Devo fare una cosa, scusate!” E corse via sotto gli sguardi interrogativi dei suoi famigliari. Ok…
Chifuyu diede una veloce sistemata alla chioma della figlioletta, lisciando le ciocche tra le dita, e poi le diede lo zainetto. “Tesoro, vai a mettere le scarpe e il cappottino, papà ti accompagna a scuola tra poco!”
“Sì, mama!” E se ne andò saltellando.
Una volta ripiombato nella propria stanza, Unmei si gettò sulla divisa blu e recuperò dalla tasca della giacca il suo libretto scolastico. Sotto alla foto c’era scritto BAJI UNMEI.
“Sì! E’ tutto vero! Ce l’ho fatta! Ho cambiato il futuro!” Rimise a posto il libretto e s’infilò in fretta una camicia pulita e i pantaloni larghi da teppista. Poi fu la volta di una bella spazzolata ai capelli (che teneva sempre rivolti sul lato sinistro della testa in modo che le onde naturali creassero un effetto voluminoso) e si mise la giacca che lasciò rigorosamente aperta. Ora non doveva nascondere di essere un teppista, i suoi genitori sapevano di lui e della gang che aveva messo su e non avevano mai fatto nulla per impedirglielo. “Fantastico! Ah, quasi dimenticavo…” Andò verso il comodino e prese l’orecchino a cui era tanto affezionato, poi tornò a darsi un’ultima occhiata allo specchio a figura intera che teneva tra la scrivania e l’armadio. Era uno schianto di ragazzo. Però… “Mentre ero nel passato questo orecchino l’avevo dato a…” Altra corsa.
Trovò i suoi genitori ancora in cucina a conversare tra loro e dovette interromperli.
“Non so se oggi andrò a scuola, devo fare una cosa importante!”
Baji lo squadrò in cagnesco. “Che significa? Con le insufficienze che hai preso credi di poterti permettere di saltare le lezioni?” Detto da lui proprio….
Cazzo! Anche in questo futuro aveva qualche problemino a studiare!
“Ehm… Ti prometto che mi impegnerò di più, ma adesso devo proprio andare! L’amore della mia vita mi sta aspettando!” E corse via come il vento.
“Ma che cazzo! Quel moccioso ultimamente mi sta davvero sulle palle! Somiglia sempre di più a quel tizio…” Fece un cenno col capo. “Te lo ricordi quel rompipalle che abbiamo conosciuto da ragazzi e che poi è sparito nel nulla? Hai anche avuto la pessima idea di dargli lo stesso nome! E anche nostro figlio è gay! Se non sapessi che è impossibile direi che ce lo abbiamo in casa!”
Era da anni che Chifuyu non ci pensava, era come se avesse riposto i ricordi di quella settimana di sedici anni fa dentro un cassetto poi dimenticato, ma ora che Baji lo aveva nominato… Che strano… Alcune cose di suo figlio gli ricordavano davvero quel ragazzo di nome Unmei. Chissà che fine aveva fatto. “Sono solo coincidenze.” Tagliò corto, allorché, ad una certa insistenza di Baji, si vide costretto a zittirlo con un bacio improvviso. “Ora, nel caso non te lo ricordassi, devi portare nostra figlia a scuola! E dopo andiamo insieme ad aprire il negozio!”
L’aveva detto sorridendo, però il tono autoritario la diceva lunga su chi comandasse all’interno della coppia!
Tornando ad Unmei, gli era bastato uscire di casa perché un’altra ondata di nuovi ricordi lo investisse. Ora sapeva che i suoi genitori avevano aperto il negozio di animali XJ Land e che si erano messi in società con Kazutora per dividere le spese e lavorare tutti insieme. E anche che Kazutora viveva nell’appartamento sopra il negozio, da dove era possibile accedere da una scala interna nel magazzino. Essendo il negozio vicinissimo, giusto una decina di minuti a piedi da casa sua, ci andò di corsa senza dover prendere la moto. S’infilò nel vicolo sul retro e trovò la porta del magazzino aperta, probabilmente per far circolare aria. Una volta entrato, sentì una voce in lontananza e alcuni miagolii. Andò in quella direzione. Dopo il magazzino c’era una porta che dava direttamente al negozio, l’aprì, l’area era identica a come la ricordava prima del viaggio nel tempo e il sole che filtrava dalle serrande a rete ancora abbassate creava un effetto quasi magico. Unmei camminò fino alla zona delle vetrine, da dove provenivano la voce e i miagolii. Lo vide chinato lì, con addosso abiti comodi e un grembiule e i lunghi capelli bicolore raccolti in una coda di cavallo.
“Kazutora…”
Lui si rimise in piedi e si voltò. “Unmei? Che ci fai qui? Per caso i tuoi genitori tarderanno?”
Non ci furono storie, Unmei gli saltò addosso facendo finire entrambi sopra una montagnola di cuscini dove di solito i gatti si mettevano a dormire, e impresse le labbra sulle sue in un lungo bacio. Con tanto di lingua. Kazutora rimase immobile sotto di lui, lo sguardo esterrefatto per quel gesto, almeno fino a quando Unmei non si staccò per riprendere fiato e gli disse sorridente. “Sono tornato!” Allora lui capì.
La voce gli si spezzò in gola nel dire: “Sei tu?”
Unmei fece un cenno affermativo. “Dopo aver stretto la mano col vecchio mi sono risvegliato nel mio letto. I ricordi di questo tempo stanno arrivando un po’ alla volta, però…” Mosse la testa per far muovere l’orecchino. “Questo sono sicuro di averlo dato a te prima di partire.”
Alcuni istanti di silenzio e poi Kazutora ridacchiò.
“Che c’è?”
“Forse quel ricordo non è ancora arrivato!” Smise di ridere e riprese respiro. “L’orecchino che indossi ora lo hai acquistato circa tre anni fa dopo averlo visto in un negozio! Lo hai fatto proprio perché è uguale a quello che indosso sempre io!”
Unmei divenne paonazzo dalla vergogna. “Ho fatto una cosa così stupida?”
“Sei innamorato di me da quando portavi il pannolino! Però non hai mai avuto il coraggio di dichiararti!”
“Che figura di me-” Non finì la frase ma pensò bene di rialzarsi subito e permettere a lui di fare lo stesso. I gatti vicino a loro avevo continuato a miagolare minacciosi per tutto il tempo, non gradendo quell’invasione di territorio.
Kazutora posò le mani sulle spalle di Unmei e lo guardò negli occhi. “E’ andato tutto come avevi detto tu! Baji, Chifuyu ed io siamo rimasti insieme e abbiamo aperto questo negozio! E io grazie a Takemichi ho potuto conoscere Akkun e diventare un suo grande amico! E…ho mantenuto la promessa. Ti ho aspettato.”
Unmei aveva il cuore che batteva all’impazzata ad ogni parola che sentiva. Ora che tutto era sistemato, finalmente poteva vivere la sua storia d’amore con Kazutora. Una gioia indescrivibile.
“Pff! Scusa, credo di essere fuso! Sta succedendo tutto così in fretta!” Si stropicciò il viso con le mani, come se si fosse appena svegliato. “Ahhh, mi sa che sarò costretto a ringraziare in ginocchio quel vecchio sfigato di Hanagaki Takemichi!”
“Mh? Hanagaki? Non si chiama più così!”
“Ha cambiato cognome???”
Kazutora scosse il capo con fare divertito. “Non ricordi nemmeno questo? Quando si è sposato ha preso il cognome del marito!”
“CHE??? MARITO??? E CHI SAREBBE???” Gridò Unmei, spaventando alcuni pappagallini che si misero a svolazzare nelle voliere al centro del negozio.
Kazutora sfoggiò un’espressione maliziosa e incrociò le braccia al petto. “Davvero non ti viene in mente nessuno?”
“E io che ne-” Un’idea gli venne all’improvviso, lasciandolo a bocca aperta.
Anche senza aver detto il nome, Kazutora confermò. “Proprio lui! Ed è tutto merito tuo, da quanto ho capito!”
  
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