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Autore: EleAB98    10/04/2022    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
Gilberto Monti è un giornalista affermato. Oltre a ricoprire una posizione lavorativa più che soddisfacente, ha appena esaudito uno dei suoi più grandi sogni: sposare la donna che più ama. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
[...]
Alex Valenza, un reporter piuttosto famoso, è alle prese con una drammatica scoperta che lo porterà a chiudersi, a poco a poco, in se stesso. A nulla sembra valere il supporto della moglie. Riuscirà a ritrovare la serenità perduta?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo IX – Se Perdo Te



Continuò ad accarezzarla con la punta delle dita e parte del palmo con una delicatezza e un timore senza pari. Le sfiorava le curve dei fianchi e della schiena senza scostare lo sguardo dalla sua figura, era come ipnotizzato. Il suo cuore batteva così forte da lasciarlo senza fiato. Ripensare a tutte le sensazioni che aveva provato nell'unirsi fisicamente con Megan lo trascinava in una condizione idilliaca, di beatitudine assoluta. Il piacere che provava in quei momenti era talmente intenso da stordirlo. Sospirò piano. Sapeva che, con il tempo, si sarebbe del tutto abituato a quel genere di intimità, ma la verità era una sola: fare l'amore con lei non gli sembrava reale. Gli sembrava troppo straordinario e, anzi, al netto dei suoi trentasei anni, quasi si sentiva come un adolescente che, per la prima volta in vita sua, si apprestava a scoprire il sesso e i suoi misteri. Dopo l'amore, aveva continuato a stringerla forte tra le braccia, l'aveva baciata ancora una volta sulle labbra per poi abbandonarsi con lei tra le grinfie del buon Morfeo. Non l'aveva mollata un attimo, però. 

Sorrise. Una parte di lui temeva di svegliarla, o forse... di svegliarsi. Non voleva destarsi da quel sogno, non voleva che Megan etichettasse tutto come un errore. Esatto: temeva più di ogni altra cosa che lei tornasse a chiudersi a riccio e a negargli quell'affetto che per troppo tempo aveva sperato di ricevere. Se soltanto avesse visto in lei anche solo un minimo riflesso di quegli stessi dubbi che tanto lo attanagliavano, molto probabilmente si sarebbe di nuovo sentito al punto di partenza, vittima di un amore a senso unico che, alla lunga, non avrebbe più potuto sopportare. Si incupì tutt'a un tratto. Poteva forse vivere all'insegna di un rapporto in cui le certezze che stava cercando da mesi parevano non presentarsi mai? Poteva davvero continuare a convincersi del fatto che tutto stesse andando secondo i piani?

Una sgradevole sensazione di fastidio prese piede dentro di lui. Poi, però, ripensò al piacere travolgente che aveva provato in quegli ultimi istanti nei quali, stremato e appagato, aveva chiamato a gran voce la sua Megan, finendo per baciarla con infinita passione e altrettanta disperazione. Lei, però, non l'aveva affatto guardato negli occhi, accucciandosi nell'immediato sulla sua spalla emettendo i consueti sospiri post-orgasmo. E lui (poco prima che la sonnolenza avesse la meglio), malgrado si sentisse fisicamente soddisfatto e fosse stato accecato dalla commozione, non aveva avuto il coraggio di proferire parola, di chiederle se anche lei avesse provato il suo stesso piacere, le sue stesse sensazioni. Aveva avuto paura di incrociare il suo sguardo, di non vedere nei suoi occhi quel bagliore che, inevitabilmente, si presentava ogni singola volta che aveva sperimentato l'unione sessuale con le sue ex fidanzate. Certo, alla fin fine per lui non erano state altro che mere scopate, non aveva mai detto ti amo a nessuna di loro, per quanto fosse attratto, in egual misura, dal fisico e dal carattere di entrambe. Tutto questo, però, lo aveva appurato soltanto quando aveva conosciuto Megan. Per lei provava un viscerale attaccamento, con lei si era ritrovato a constatare che stesse facendo davvero l'amore, non del semplice sesso. Ammetteva, però, di percepire comunque un misterioso senso di incompletezza durante quei momenti di intimità con la moglie. Ma d'altronde, avevano appena cominciato a scoprirsi meglio fisicamente ed erano, quindi, alle battute iniziali; e, in cuor suo, Gilberto sperava, con i giusti tempi, di toccare con mano quei livelli di confidenza che sarebbero dovuti esistere in una coppia sposata, di essere testimone di quel senso di abbandono totale che si mescolava, però, alla cieca e incontrollabile voglia di regalare più piacere possibile all'altro per elevare a dismisura la propria soddisfazione, senza vergognarsi di chiedere né chiedersi a vicenda cosa desiderassero davvero. In sostanza, Gilberto sentiva l'esigenza di farsi conoscere e, allo stesso tempo, ravvisare le necessità di Megan, nonché renderla partecipe di tutto quello che riguardava la sfera sessuale, psicologica ed emotiva che lo caratterizzava come persona. D'altronde, era o no suo marito?

A seguito di quella felice e rassicurante constatazione, Gilberto seguì l'istinto e si spinse un pochino più oltre; così, dal saggiarle le curve dei fianchi, si ritrovò ad accarezzarle piano quel fondoschiena perfetto che, innumerevoli volte, aveva stuzzicato le sue fantasie più segrete e sfrenate. Con le sue dita, si apprestò a improvvisare uno strano moto circolare che mirava a riscoprirne, ancora una volta, la rotondità e la morbidezza, pensando che in una vita precedente dovesse essere stato scolpito da un Michelangelo o un Donatello. Un mugugno improvviso lo spinse ad accelerare l'andatura e a stringerla appena un po' di più, mentre sentiva di nuovo il suo stesso corpo reagire in maniera sin troppo entusiastica. Come da copione, si stava eccitando di nuovo; ma non appena Megan, risvegliatasi del tutto, si scostò di colpo da lui e si mise a cavalcioni, lui si sentì quasi in difetto. Come scottato, smise di toccarla, ma l'energia che il suo corpo gli stava trasmettendo non si dissolse altrettanto presto. Lo sguardo di lui, ora catturato dal seno piuttosto prosperoso ma non meno gentile della moglie, non gli permise di capire nell'immediato quello che lei gli aveva appena detto. Allungò di nuovo le mani verso quel corpo perché voleva sentirla su di sé, ma lei aveva già afferrato con prontezza il reggiseno impedendogli di raggiungere l'oggetto del suo desiderio, senza nemmeno incrociare il suo sguardo. 

Sentendosi ignorato e altrettanto respinto, l'uomo accese l'abat-jour – non bastavano di certo le fessure di luce penetrate dalla finestra per guardarla dritta negli occhi – e deglutì a fatica. La trovava tremendamente sensuale, tra l'altro era quasi completamente nuda davanti a lui e per qualche momento pensò di ignorare la sua reazione e trascinarla di nuovo su di sé, reclamando quello che ormai considerava suo. Si redarguì mentalmente e cercò di attirare la sua attenzione. Lei, nel frattempo, si era del tutto scostata dall'uomo e stava indossando le mutandine. «Megan... guardami, ti prego.»

Con aria titubante, lei si voltò verso il marito. «Non mi sembra il caso di abbandonarti ai tuoi bassi istinti in questo momento», gli rispose, secca. «Ho tutta l'intenzione di farmi una doccia per poi andare di corsa in redazione. Abbiamo molto da fare... e lo sai.»

Quella risposta, così fredda e non meno pragmatica, lo paralizzò. Non poteva crederci. Gli aveva davvero parlato in quel modo? «Bassi istinti? Hai davvero il coraggio di chiamarli così? Io ti amo, Megan! Ti amo! Come non ho mai amato nessuna. E mi sembra ovvio che io ricerchi la tua vicinanza, non mi sono sposato per capriccio, tantomeno per contenere il mio desiderio verso di te. Ho una voglia pazzesca di sentirti, di starti vicina... e dovresti esserne solo contenta.»

Lei si rialzò dal letto e indossò una vestaglia dal colore piuttosto anonimo. «Allora dovrai fartela passare, perché io non ho voglia di fare sesso con te, okay?» Nel pronunciare quelle parole, non lo guardò nemmeno negli occhi.

Gilberto si alzò dal letto. D'improvviso, gli parve di sentire una folata di aria gelida trapassargli la schiena da parte a parte. Il suo corpo fu scosso da un brivido. Ma una simile reazione non era affatto legata al fatto che fosse completamente nudo e, tra l'altro, con addosso la forte consapevolezza che quel guizzo di eccitazione che aveva acceso il suo corpo si fosse ormai del tutto spento. Provò ad avvicinarsi a lei, le lacrime agli occhi. Nemmeno se gli avessero trafitto il petto con una lama affilata avrebbe provato lo stesso dolore che, in quel preciso istante, aveva annichilito il suo cuore e annebbiato la sua mente. «Volevo soltanto donarti il mio amore. Non cercavo altro», mormorò, tentando di non lasciarsi trasportare dalla costernazione.

Lei si decise a voltarsi, ma non proferì parola. Il suo sguardo sembrò tingersi di un forte dispiacere.

«Credevo che dopo ieri sera tu mi volessi ancora di più», proseguì Gilberto. Sorrise, amaro. «Sono stato davvero uno scemo a pensarlo.» Senza la benché minima vergogna, si guardò dall'alto in basso per poi tornare a quelle gemme smeraldine che parevano aver perso del tutto la luce. Sei stata davvero brava a spegnermi, pensò, deluso e amareggiato. Eppure non riesco a immaginare la mia vita senza di te. «Credo sia meglio che vada prima io a farmi una doccia, così magari vado a sfogare da solo i miei bassi istinti», dichiarò, con una punta di strafottenza. Si stupì di se stesso subito dopo aver pronunciato quelle parole. Lui, che era sempre stato gentile e rispettoso con le donne, aveva appena rifilato una frecciatina poco carina a sua moglie riciclando i suoi stessi termini. Lei non aveva forse fatto lo stesso, però? Quella constatazione non lo aiutò a sentirsi meglio. «Scusami tanto se volevo fare l'amore con te», si affrettò poi ad aggiungere, tornando a guardarla con l'aria di un cucciolo spaurito. «Perdonami.»

Riprese a camminare lentamente e sparì oltre la porta della camera. Soltanto dopo una decina di minuti, Megan avrebbe sentito un gemito strozzato provenire dal bagno.

 

*

 

Era già alla quarta sigaretta della mattinata e non mancò di gettar fuori, come fosse una perfetta ciminiera, l'ennesima nube di fumo dalla bocca, l'angolo destro della stessa piegato all'ingiù dalla mestizia e dallo scoramento, lo sguardo vitreo e i capelli scompigliati. L'acre odore di quella fastidiosa, solida dispersione colloidale, come l'avrebbe tecnicamente definita suo fratello Giorgio, chimico analitico di professione, ne aveva infestato ogni angolo; eppure Gilberto non sembrava dar segno di volersi fermare, nonostante avesse apposto, soltanto qualche giorno prima, la scritta Vietato fumare a lato della porta, tra l'altro a caratteri cubitali. A seguito della prima notte d'amore con Megan, aveva deciso di affiggere quel monito con la segreta speranza di poter smettere una volta per tutte di trastullarsi in compagnia di quel diversivo maledetto, di cui ormai usufruiva sempre più spesso. Ricordava benissimo di aver cominciato a fumacchiare, un po' per scherzo e un po' per curiosità, all'età di venticinque anni, spinto dallo stesso Alex e da altri amici di infanzia, poco dopo aver conseguito la laurea magistrale in Editoria e Scrittura a La Sapienza di Roma, dove tra l'altro aveva conosciuto la sua prima fidanzatina. Una storia non molto importante, si era sempre detto, ma sicuramente formativa e altrettanto appagante, soprattutto alla luce del fatto che molti suoi vecchi compagni di merende erano già accompagnati da qualche anno. Nel corso del tempo, però, erano stati proprio i suoi amati libri e, di tanto in tanto, quelle sporche sigarette a tenergli compagnia durante gli ulteriori studi specialistici a Prato, nella sua città natale, ma di questo Gilberto se ne sarebbe reso conto soltanto più in là, quando Clizia, la sua seconda fidanzata, aveva deciso, di punto in bianco, di mollarlo. «Mi piace un'altra persona», gli aveva confessato, affranta. «Non avrei mai creduto di provare un sentimento così travolgente e non meno pulito per qualcuno, eppure... fin dalla prima volta che l'ho visto, non ho smesso di sperare di incrociarlo ancora. Nessuno dei due l'aveva previsto, però... ieri pomeriggio ci siamo incontrati di nuovo nei pressi della biblioteca, abbiamo scambiato quattro chiacchiere e poi, tra una confidenza e l'altra... ci siamo baciati. E successo così, senza alcun preavviso e quasi senza rendercene conto. Non è accaduto altro, tantomeno prima di ieri. Anche se abbiamo parlato poche volte, ho sempre percepito un'intesa pazzesca. Forse la mia è un'esagerazione, ma credo... sì, credo proprio di essermi innamorata di lui fin dal primo momento, anche se non volevo ammetterlo a me stessa. Ma ora non posso fingere che non sia successo nulla. Non sarebbe giusto continuare a stare con te, Gil. Non voglio prenderti in giro. Spero tanto che tu possa capirmi.» Gilberto aveva semplicemente annuito, nascondendo tutta la tristezza e l'incredulità dietro a una maschera pregna d'indifferenza. «Lo conosco?» aveva ribattuto semplicemente, senza dare di matto. Lei aveva abbassato la testa, imbarazzata, l'aveva di nuovo pregato di scusarla ed era fuggita via, senza dargli una risposta.

Qualche mese più tardi, aveva scoperto che quel famoso ragazzo per cui lei aveva perso la testa era nientepopodimeno che il suo ex relatore di tesi – quindi, a tutti gli effetti, Gilberto era stato lasciato per un uomo ben più maturo ed esperto di lei, sui quarantacinque anni; un uomo che poi, aveva ammesso, possedeva uno spiccato senso di carisma spruzzato da quell'intrigante briciolo di muta riservatezza e un altrettanto sex appeal (scandito, in prima battuta, dal suo sguardo penetrante), di cui però lo stesso professore non sembrava avvedersene (pur avendo sventato – e questo, chiaramente, andava a sostegno della tesi contraria – molti tentativi di abbordaggio da parte di studentesse e colleghe che lo trovavano, "tra l'altro inspiegabilmente!" aveva rimarcato lui con un pizzico di serietà e scetticismoattraente e seducente). Gilberto, in effetti, l'aveva sempre dipinto come un uomo estremamente diligente, umile e sincero, seppur dai gusti difficili.

Un brutto giorno, aveva visto il docente e Clizia scambiarsi un bacio fugace lungo un corridoio semi deserto nei pressi del suo studio, lui che le carezzava teneramente la guancia e la guardava estasiato, come se fosse al cospetto della dea Venere. E poi, lo sguardo ammirato e addolcito di lei – Gilberto era sicuro che Clizia non lo avesse mai guardato in quel modo! – che gli si era aggrappata al collo mormorando un ti amo appena percettibile. E lui che, di rimando, le regalava un sorriso e le sussurrava un timido anch'io. In quel preciso istante, Gilberto era scappato via senza farsi vedere, in preda a una crisi di pianto. Aveva sperato che, almeno per quella volta, il destino non gli giocasse un brutto tiro; si stava seriamente innamorando di quella ragazza, pur non avendo ancora sperimentato quel forte sentimento che poteva giudicare come indissolubile perfetto.

Quell'amara scoperta rappresentò un colpo davvero basso per lui, che, soltanto fino a qualche mese prima, non appena incappava nel suo ex professore, non mancava di corrergli incontro con aria entusiastica per aggiornarlo sui suoi ultimi risultati, si sperticava persino in un profluvio di silenziose lodi ammettendo senza paura quanta stima e ammirazione riservasse nei suoi confronti. Quando, dopo qualche anno, l'aveva incrociato a un congresso importante (i due si erano salutati a malapena) e gli aveva visto la fede al dito, Gilberto aveva quasi stentato dal credere che lui e Clizia si fossero sposati – così gli era stato riferito da un suo caro collega. E quando gli era capitato di incontrarli insieme mentre passeggiavano, mano nella mano, per il parco della città, così affiatati, felici e innamorati al netto della profonda differenza d'età che li divideva, Gilberto aveva percepito con sorda chiarezza cos'avesse realmente provato quella volta.

Forse, aveva sofferto più per il fatto che fosse stato proprio il professore che più stimava a soffiargli l'ex fidanzata, che non per il fatto che lei avesse deciso di tradirlo. Certo, non era davvero sicuro del fatto che l'insegnante conoscesse la sua ragazza dell'epoca, ma nello sguardo che l'uomo gli aveva rifilato anni dopo, per quanto i suoi occhi scuri tradissero il suo essere felicemente sposato, gli era sembrato di aver colto un certo grado di disagio, che poteva sia confermare che smentire il suo essere al corrente del fatto che avesse osato innamorarsi della ragazza proibita, la ragazza del suo allievo prediletto – come alcune volte osava chiamarlo. A ogni buon conto, Gilberto aveva preferito non conoscere l'esatta cronologia dei fatti, forse perché la parte più romantica e ottimistica di sé, oggi come allora, si rifiutava di credere che il suo vecchio mentore fosse stato così insensibile nei suoi confronti. O forse, perché voleva ancora illudersi che al mondo, malgrado le cocenti delusioni, ci si potesse comunque fidare di qualcuno... e che determinate azioni compiute non fossero sempre frutto di vere e proprie decisioni personali, quanto più indotte da circostanze "favorevoli e non" che, più o meno indirettamente, non potevano essere del tutto dominate, tantomeno consentivano all'essere umano di esercitare più autocontrollo di quanto egli stesso non disponesse.

E lui, di certo, non aveva potuto impedirsi di struggersi per Megan, di provare desiderio per lei, di pensarla e ripensarla fino a rasentare l'ossessione, non aveva finanche saputo arginare l'impulso di regalarsi più volte piacere pensandola sua, soprattutto alla luce del fatto che la donna non volesse in alcun modo andare oltre con lui. Anche quella mattina, dopo aver assistito a quella scenata, non aveva resistito dal sollazzarsi, questa volta con sdegno, rabbia e infinita frustrazione, sotto il getto caldo della doccia mentre pensava a come lei lo avesse trattato, a come l'avesse fatto sentire un animale in calore assetato di sesso senza neanche prendere in considerazione i suoi sentimenti. La sua voglia di essere amato, coccolato, di sentirsi accettato. Lo aveva fatto perché sperava che il dolore svanisse, che il piacere fisico che tanto anelava, seppur momentaneo, potesse placarlo o, quantomeno, permettergli di ragionare sul da farsi senza serbare il benché minimo rancore verso di lei. Ma non aveva funzionato. Una volta finito, si era sentito più stanco e più vuoto che mai, aveva perso completamente quella gioia derivante dai primi, emozionanti rapporti con Megan. Gli era sembrato di aver perso davvero tutto.

Scoppiato in un pianto tanto silenzioso quanto liberatorio, l'uomo si era rifugiato nel suo studio subito dopo essersi approntato per uscire, chiudendo la porta a chiave. Aveva frugato tra le sue vecchie carte e aveva estratto una fotografia di sua madre. Nei momenti di puro sconforto, non si era mai privato di contemplarla, e ammetteva che, negli ultimi tempi, lo aveva fatto innumerevoli volte. «Figlio mio adorato, il mio più grande desiderio di madre sarebbe stato quello di assistere al tuo matrimonio, e tu lo sai meglio di chiunque altro», gli aveva detto, poco prima di morire. «Spero tanto che tu sia felice, che tu riesca a trovare la tua metà, una brava ragazza che ti ami almeno la metà di quanto ti amo io. Buona fortuna, e non scordati mai quanto ti voglio bene.» In quell'istante, a Gilberto era quasi sembrato di risentire quella voce tanto esausta quanto speranzosa, che gli augurava di trovare tutta la felicità possibile. Poi si era guardato intorno, sentendosi più piccolo che mai dentro quell'enorme studio gremito di mobili antichi, quadri di famosi pittori impressionisti e tende di velluto rosso a ricoprire la grande finestra che dava sull'infinita distesa di giardini fiorentini. La scrivania intarsiata, popolata da innumerevoli articoli e rubriche stilate nel corso degli anni e ricoperta da un sottile strato di vetro per impedire che si graffiasse, ospitava il riflesso di un uomo distrutto e non meno nostalgico. Se sua madre fosse stata lì, cosa gli avrebbe detto? 

Non è questa la felicità, avrebbe tuonato lei, con dolcezza e rammarico insieme. Non è questo, il tuo paradiso sulla terra.

Con uno scatto improvviso, Gilberto aveva sgomberato la scrivania gettando, con infinita rabbia, la pregiata pila di riviste e articoli che tanto amava sul pavimento. La mia vita non può avere più alcun senso, si era ripetuto più volte, per poi accasciarsi con la testa sullo scrittoio e aspettando, in sordina, che la moglie se ne andasse prima di lui.

«Gilberto? Gilberto?!»

Quella voce familiare lo ridestò dalle sue amare riflessioni. A malapena si girò verso l'amico, la sigaretta ancora tra le dita.

«Sono venuto per portarti alcuni fascicoli da revisionare, dovranno essere dati alle stampe la prossima settimana. Te li lascio qui», mormorò Alex, non troppo convinto. Aspettò qualche secondo prima di tornare a parlare. «Ascolta... forse non avrai granché voglia di lavorare, quindi se—»

«Lasciali pure qui», rispose l'altro, spegnendo la sigaretta per poi accendersene immediatamente un'altra.

Alex sospirò, posando le riviste sulla sua scrivania. «Gil... tutte queste sigarette non potranno che farti male. Non hai mai fumato così tanto in vita tua, si può sapere cosa ti prende?» Con discrezione, cercò il suo sguardo, ma lui continuò ad aspirare sempre più fumo dal filtro, come se non avesse sentito.

«Detto da un altro fumatore mi pare un poco bizzarro, non trovi?» replicò invece dopo qualche istante, senza però guardarlo.

Alex si passò una mano sui capelli scuri, leggermente imbarazzato. «Hai ragione, certo. Ma mi sento un po' chiamato in causa, sai? In fondo sono stato io a iniziarti al fumo. Mi sento in colpa.»

Gilberto alzò le spalle. «Non solo tu. Lo abbiamo voluto tutti, Alex.»

L'altro annuì, le mani in tasca. «Posso sedermi?»

«Non ho molta voglia di parlare, ma se proprio ci tieni... accomodati pure.»

Alex scostò la sedia girevole e, sistematosi per un momento la cintura in cuoio dei pantaloni, anch'essa abbinata a un doppiopetto gessato nero, si sedette di fronte a lui. «Sai bene cosa intendevo dire prima, comunque», esordì. «Sei sempre stato un fumatore saltuario, non hai mai abusato delle sigarette. C'è qualcosa che non va. Potresti fare lo sforzo di parlarmene?»

Gilberto sbuffò. «Megan si è rifiutata di fare l'amore con me. Stamattina non ha voluto saperne niente», gli disse, senza fronzoli.

L'altro allargò le braccia con aria sorpresa. «Ed è tutto qui? Avanti, sono cose che succedono! Sapessi quante volte mia moglie mi ha rispedito al mittente quando non ne aveva voglia!» Si abbandonò a un sorriso incoraggiante. «E, se proprio la vuoi tutta, pure io di tanto in tanto mi sono ribellato. Ho i miei momenti anch'io, come tutti. Però restarci troppo male è esagerato. Puoi capitare a chiunque di vivere una giornata stressante, di non sentirsi particolarmente predisposti a—»

«Non è questo», ribatté Gilberto, decidendosi ad affrontare quegli occhi inquisitori. «È stato il modo in cui l'ha detto», precisò. «Mi sono sentito un verme senza motivo. Lei mi ha scansato come se fossi la peste. È stata aggressiva e mi ha fatto sentire sbagliato.»

Anche stavolta, Alex non se ne sorprese più di tanto. «Avrei dovuto immaginare che dietro al tuo atteggiamento ci fosse un qualcosa di più grave. Gil, ascolta, tu devi assolutamente tirarti fuori da questa storia. O finirai per soffrire più del dovuto.»

Gilberto assunse un'espressione smarrita. «Quindi non sei più dalla mia parte?»

«Non è questo», si affrettò a rispondere Alex. «Il fatto è che non è più possibile negare l'evidenza, capisci?» Alex sostenne il suo sguardo senza paura. Quando Gilberto gli aveva detto che Megan si era finalmente lasciata andare, lui ne era rimasto sì sbalordito, ma vendendo l'amico così sereno e felice non se l'era sentita di palesargli il sospetto che gli era passato per la mente a fronte di quella rivelazione. Così, si era limitato a dirgli che ne fosse contento anche lui e che sperava che le cose potessero andare sempre meglio. In un certo senso, l'aveva appoggiato. Ora, però... «Gil, credo sia mio dovere dirti quello che penso davvero. Non hai mai sospettato che Megan potesse aver fatto l'amore con te solo a seguito della nostra discussione dell'altro giorno? I nostri toni sono stati piuttosto accesi, quindi magari lei ci ha sentiti e così—»

«Mi rifiuto categoricamente di pensare a una simile eventualità. Megan non è una spiona.»

«Non la conosci come credi. E nemmeno io, certo. Ma l'evidenza è una sola... devi lasciarla andare, Gil. Devi ricominciare.»

L'altro scosse sonoramente la testa. «Non posso farcela. No, non posso riuscirci io—»

«Sta' calmo. Fai un bel respiro e non agitarti», gli venne in soccorso Alex, notando che Gilberto era impallidito d'un tratto. Allungò la mano destra verso di lui e lo privò della sigaretta, sfilandogliela con estrema gentilezza. La spense nel portacenere senza scostare gli occhi da lui. «Ce la farai, invece. Ce la farai. Sei un uomo forte, e tu lo sai bene.»

Lui continuò a scuotere il capo, la camicia sgualcita e il volto cereo. Aveva un aspetto trasandato e sfatto. «Ho già perso mia madre un anno fa... non posso perdere anche Megan.» Si mise le mani sul volto rigato di lacrime con il vano tentativo di tirarle via. «Non posso», singhiozzò piano.

Alex annuì, comprensivo e addolorato allo stesso tempo. Qualche secondo dopo, lui e Gilberto si ritrovarono stretti in un solido abbraccio.

   
 
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