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Autore: Star_Rover    15/04/2022    7 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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III. La ferrovia


Il sentiero che conduceva alla ferrovia si snodava all’interno della foresta, seguiva l’andamento del fiume e infine giungeva nell’ampia radura.
Verner si era alzato prima dell’alba per presentarsi puntuale all’inizio del turno. I primi raggi di luce iniziavano a filtrare tra la fitta vegetazione di conifere, il vento gelido irrigidiva gli abiti pesanti e provocava intensi brividi.
Il giovane sistemò il mantello sulle sue spalle e proseguì lungo la strada, fortunatamente conosceva bene quei luoghi e poteva orientarsi senza troppe difficoltà. Nonostante tutto trovò piacevole quella passeggiata tra le montagne innevate e i laghi ghiacciati.
Verner approfittò di quel raro momento di pace per perdersi nei suoi pensieri. Nella sua mente era ancora vivo e nitido il ricordo degli ultimi istanti trascorsi insieme a Jari. Per quanto detestasse i sentimentalismi doveva ammettere di provare profonda tristezza ogni volta che era costretto a separarsi dal suo amato.
Senza nemmeno accorgersene si ritrovò a riflettere sulla natura del loro legame. Jari era veramente importante per lui. Il loro rapporto era qualcosa di unico e prezioso che aveva sempre cercato di preservare e proteggere. Aveva sempre avuto la certezza che Jari fosse speciale e questa sua convinzione aveva trovato conferma quando aveva avuto la consapevolezza che la loro non era una semplice amicizia.
In fondo però non si era mai illuso, sapeva che prima o poi Jari avrebbe dovuto compiere le sue scelte. Aveva fatto del suo meglio nel mostrarsi accondiscendente per il suo bene, ma non aveva potuto impedire a sé stesso di soffrire per le sue decisioni.  
Una parte di sé voleva ancora sperare che un giorno tutto sarebbe tornato come prima, o almeno che le cose non sarebbero cambiate irrimediabilmente.  
Tante volte avevano provato ad immaginare il loro futuro al villaggio. Jari avrebbe ereditato lo studio del padre, mentre lui avrebbe portato avanti l’attività di famiglia. Avrebbero continuato a vedersi ogni giorno, ad andare a caccia nella foresta, e a vivere il loro amore in segreto, al sicuro nel loro rifugio tra le montagne. Forse non sarebbe stato facile, ma in ogni caso sarebbero rimasti insieme, non avrebbero avuto bisogno di nient’altro.
Queste erano le promesse che i due giovani si erano scambiati prima dell’inevitabile separazione.
Verner non era un ingenuo, era consapevole che un simile cambiamento avrebbe avuto le sue conseguenze. Aveva già avuto prova di ciò, l’aveva visto con i suoi occhi, Jari non era più lo stesso. Era più schivo e silenzioso anche nei suoi confronti. Era certo che gli stesse nascondendo qualcosa.
Pensò alla sua proposta, forse per lui la vita di città non era così male, in fondo era quello che la sua famiglia si augurava per il suo futuro. A differenza sua Jari aveva altre responsabilità, una carriera e un nome da difendere. Per quanto tutto ciò potesse aver valore.
Verner non aveva mai dato troppa importanza alle differenze sociali ed economiche che li dividevano, era convinto che lui e Jari potessero continuare a ignorare certe questioni, ma fuori dalla loro intimità era tutto diverso.
Verner non poté negare la realtà a sé stesso, era preoccupato per quello che sarebbe potuto accadere.
La paura di perdere il compagno accresceva sempre di più.
La verità era che Verner temeva che allontanandosi dal villaggio Jari avrebbe potuto allontanarsi anche da lui. I suoi commenti perlopiù irriverenti nascondevano la sua insicurezza.
Non sapeva perché permettesse a quei dubbi di assillarlo e perturbare il suo animo così nel profondo. I due erano uniti fin da bambini, di certo non aveva ragioni per dubitare della fiducia dell’amato. Jari aveva sempre dimostrato di tenere davvero a lui e al loro rapporto.
Quelle riflessioni riportarono alla sua mente un episodio avvenuto quando i due erano ancora ragazzini.
 
Era disteso nel suo letto. Stava male, aveva la febbre alta, sudava e tremava scosso dai brividi. La testa pulsava dal dolore ed era troppo debole per compiere qualsiasi movimento. In quelle condizioni aveva aperto gli occhi percependo qualcuno accanto a sé. Con sorpresa quando la vista era tornata nitida aveva riconosciuto il suo fedele compagno.
«Jari…sei tu»
Egli si era sporto sul bordo del letto, donandogli un rassicurante sorriso.
«Temevo di stare ancora sognando…sono felice di averti davvero qui»
L’amico aveva preso la sua mano per rassicurarlo e dargli una prova tangibile della sua presenza.
«Grazie per essere rimasto»
«Non avrei potuto lasciarti da solo sapendo che stavi male»
Verner aveva provato sincera commozione in quel momento, nessuno si era mai preoccupato così tanto per lui. Jari era sempre pronto a dar prova della sua sincera amicizia e a dimostrare il suo affetto, sapeva che in lui c’era qualcosa di speciale. Anche in quell’occasione aveva trovato conforto nell’averlo al suo fianco.
Jari aveva passato delicatamente un panno umido sulla sua fronte madida di sudore.
«Adesso torna a dormire, devi riposare. Vedrai che presto ti sentirai meglio»
Verner aveva indugiato: «sarai ancora qui al mio risveglio?»
«Certo» aveva risposto l’amico senza esitazione.
In quel momento di debolezza fisica il giovane aveva esternato anche la sua vulnerabilità.
«Per favore, non andare via» l’aveva supplicato.
«Non preoccuparti. Resterò sempre vicino a te. Te lo prometto»
Soltanto allora Verner aveva socchiuso gli occhi.
«Anche io ci sarò sempre quando avrai bisogno di me»
«Lo so» aveva risposto semplicemente il compagno, già conscio di questo.
 
Verner dovette ammettere che per tutti quegli anni era stato davvero così. I due erano sempre stati pronti a sostenersi nei momenti di difficoltà.
Questa consapevolezza servì ad attenuare la sua angoscia. Nonostante tutto fidava di Jari, non aveva ragioni per dubitare della sua lealtà.
Il giovane si sistemò il carico sulle spalle, pensò che non avesse senso continuare a tormentarsi in quel modo. Era normale che certe cose sarebbero state destinate a cambiare nel tempo, ma ciò che era davvero importante tra loro era sempre rimasto lo stesso.
 
***

I lavoratori erano impegnati a svolgere i loro compiti con il capo chino e lo sguardo fisso a terra. I loro volti erano mesti e grigi. Il suo arrivo attirò l’attenzione di alcuni di loro, i quali alzarono la testa per squadrarlo con circospezione e sospetto oppure con pietosa compassione.
Verner tentò di ignorare quegli sguardi e si affrettò ad eseguire i comandi del suo supervisore, ma qualcosa cominciò a insospettirlo. Fin dal primo momento percepì una strana sensazione, il suo istinto gli suggerì di restare in allerta. L’atmosfera non era affatto serena, una certa tensione aleggiava nell’aria.
Era ancora perso in questi pensieri quando tra quella massa di uomini malridotti riconobbe un volto conosciuto. Si trattava di Karl Manninen, un vecchio amico di famiglia.
L’uomo non si stupì nel trovare quel ragazzo tra i nuovi arrivati, l’espressione sul viso però parve rattristarsi.
«Verner, quasi faticavo a riconoscerti. Diamine, l’ultima volta in cui ti ho visto eri ancora un ragazzino!»
«In effetti è trascorso del tempo dalla tua ultima visita» confermò il giovane.
«Come sta il buon Elmer?»
Egli distolse lo sguardo: «purtroppo non molto bene, la malattia peggiora ogni giorno di più»
Manninen poggiò una mano sulla sua spalla: «mi spiace, conosco tuo zio da tanto tempo…è davvero triste pensare alla sua sofferenza»
Verner rimase in silenzio, non aveva bisogno della compassione di nessuno.
«È per questo che sei qui? Per aiutare la tua famiglia?»
Il ragazzo annuì.
Karl scosse la testa con aria afflitta: «non saresti dovuto venire qui, questa dannata ferrovia diventerà la tua condanna»
Il giovane non capì: «di che stai parlando?»
«Ascolta qualcuno con più esperienza. Adesso tu sei ancora un giovane in forze e in salute, ma questo lavoro ti consumerà fino alle ossa. Se sarai sfortunato potrebbe capitarti un incidente, e anche se dovessi sopravvivere sarebbe comunque una grande disgrazia! Perderesti il lavoro e ti ritroveresti invalido e sbattuto per strada»
Verner trovò alquanto esagerata quella visione del tutto pessimista e catastrofica.
«Non sto dicendo tutto questo per spaventarti, voglio solo che tu sia consapevole di quel che potrebbe accadere. Questa è una vita dura, per quanto tu possa essere disposto al sacrificio non dovresti sottovalutare i rischi e i pericoli»
«Non è stata una mia scelta, ho bisogno di questo lavoro»
«Certo ragazzo, a nessuno qui piace l’idea di morire di fame»
Verner rifletté su quelle parole.
«Se è davvero così terribile perché nessuno fa niente per queste ingiustizie?»
Karl rispose con amarezza: «gli scioperi servono solo a prendere bastonate! E poi chi ha figli da sfamare non vuole certo finire in galera!»
«Io non ho intenzione di farmi mettere i piedi in testa da nessuno!» chiarì Verner con decisione.
«Se fossi in te non andrei a caccia di guai, i piantagrane non hanno vita lunga da queste parti»
Egli non seppe se percepire ciò come un avvertimento o una minaccia.
«E stai attento a non farti venire strane idee! Certa gente è pericolosa»
Il giovane si domandò a chi si stesse riferendo, ma non poté approfondire quella conversazione poiché proprio in quel momento fu richiamato dai suoi compagni.
 
Verner ebbe presto prova della veridicità delle parole di Karl. Il lavoro era duro e faticoso, il suo caposquadra si rivelò rigido, severo, intollerante e intransigente. Ogni minimo errore comportava gravi conseguenze.
Il giovane cercò di fare del suo meglio per adattarsi a quella situazione, ma una parte di sé già iniziava a dar segni di insofferenza. Le pessime condizioni di lavoro, i turni massacranti e le ingiuste punizioni erano difficili da sopportare. Verner capì in fretta perché sui volti di quegli operai compariva sempre un ghigno incarognito. In quelle condizioni si sentivano tutti più bestie che uomini.
 
Durante una pausa Verner sostò a lato dei binari in compagnia di un altro giovane del villaggio. Non aveva mai avuto molta confidenza con lui, dai tempi della scuola ricordava solo che il suo nome era Jussi.
Il ragazzo estrasse dalla giacca un contenitore metallico e gli offrì una sigaretta. Verner accettò, almeno quello era un modo per scaldarsi.
I due iniziarono a conversare, ben presto l’argomento principale divenne il lavoro.
«Prima ho parlato con Karl, lui è convinto che questo posto sia l’inferno!»
Jussi non poté contraddirlo: «be’, non ha tutti i torti. Ma se posso essere sincero quell’uomo si comporta come un vigliacco, è rassegnato al suo destino e pensa di trascinare tutti nella sua commiserazione!»
«Però quel che dice è vero»
«Ciò non significa che non possiamo far nulla per cambiare le cose»
Verner sospirò: «forse avrei dovuto dare ascolto a Jari e trasferirmi a Helsinki…»
«Jari Koskinen? Il figlio del dottore? Oh, non penso che quel ragazzo possa aiutarti con i suoi consigli»
Egli si stupì: «per quale ragione?»
«Be’, quelli come lui non sanno che cosa significa lottare per sopravvivere»
«Jari non è uno sprovveduto, sa come funziona il mondo» disse prontamente in sua difesa.
 «Di questo ne sono certo, ma…ecco, questa è una realtà che puoi comprendere solo se ti ritrovi a viverla davvero. Chi non ha mai sofferto i crampi della fame e non si è mai spaccato la schiena di lavoro non può comprendere la nostra condizione»
Verner non mise in dubbio le buone intenzioni di Jari, ma pensò che forse era stato fin troppo ingenuo nel pensare di poterlo aiutare in quel modo.
«I nostri compaesani che lasciano il villaggio sono dei vili traditori. Guardati intorno, le montagne, i laghi, le foreste…la Carelia è la nostra terra. Dovremmo proteggerla e non abbandonarla»
Verner non esitò a difendere il suo amico da quelle accuse: «anche andarsene è una scelta difficile»
«In ogni caso Helsinki è una scelta deplorevole. In città i ricchi sono sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri»
«Come fai a saperlo con certezza?»
«Mio padre ha vissuto in città per tanto tempo, è tornato dopo anni di lavoro in fabbrica con i polmoni distrutti dal fumo e il fisico devastato dallo sforzo e dalle percosse»
Verner rimase impressionato: «è terribile»
«Almeno quelli come lui sono consapevoli di quel che sta accadendo»
«Quelli come lui?» domandò.
«I comunisti» rivelò Jussi con inaspettata fierezza.
Verner restò diffidente, era sempre rimasto estraneo alla politica. Egli era un giovane pragmatico e concreto, non apprezzava affatto i comizi pieni di parole e pochi fatti. Almeno fino a quel momento era questa l’idea che si era fatto di certi ambienti.
«Credimi, i rossi sanno bene qual è l’unica soluzione» affermò Jussi con estrema convinzione.
«E quale sarebbe questa soluzione?»
«La rivoluzione! È questo che serve a un proletariato sfruttato e denigrato!»
Verner non mostrò particolare interesse, anzi, non era nemmeno certo di aver compreso del tutto quelle parole.
Jussi portò avanti il suo discorso: «mio padre è stato arrestato durante lo sciopero del 1905. Lui e gli altri lavoratori hanno rischiato di rimetterci la pelle, per fortuna allora c’erano le Guardie a difenderli»
L’altro gli rivolse uno sguardo interrogativo.
«Le Guardie Rosse, la milizia armata. I volontari hanno combattuto valorosamente, ma i Cosacchi hanno messo fine alla rivolta con la violenza»
«Dieci anni fa le cose erano diverse» commentò Verner.
«Almeno i lavoratori finlandesi hanno dimostrato di saper reagire» replicò Jussi.
Il giovane stava per ribattere, ma la loro conversazione venne interrotta dal fischio del caposquadra.
«Forza, smettetela di perdere tempo! Tornate tutti al lavoro, svelti!»
 
Per il resto della giornata Verner pensò alla discussione avuta con Jussi. Ricordava che quel ragazzo non gli era mai piaciuto, era troppo arrogante e sicuro di sé. Eppure doveva ammettere che in quel che diceva c’era un fondo di verità.
Verner continuò a scavare la sua buca nella neve, era ancora irritato per il poco rispetto che Jussi aveva mostrato nei confronti di Jari. Aveva giudicato il suo compagno soltanto in base alla classe d’appartenenza, senza nemmeno conoscerlo.
Forse in passato una parte di sé aveva ritenuto Jari colpevole per le sue scelte, ma non avrebbe mai potuto considerarlo come un traditore. Era consapevole che la sua era stata una decisione difficile e sofferta.
Poteva però comprendere le ragioni di Jussi, condivideva il suo desiderio di rivalsa e il suo attaccamento alla terra natia. A lasciarlo perplesso erano stati i suoi ideali politici e il suo eccessivo trasporto.
Era chiaro che con il suo discorso Jussi avesse cercato di ritrarre i rivoluzionari come eroi del popolo, ma la questione era decisamente più complessa. Istintivamente pensò alle paterne raccomandazioni di Karl, non si sarebbe sorpreso nello scoprire che erano proprio i comunisti ad avere idee pericolose.
Verner affondò con forza la pala nella neve. Probabilmente l’amico di suo zio aveva ragione, era meglio stare lontani da certe questioni.
Se Jari fosse stato al suo fianco gli avrebbe consigliato di comportarsi in modo responsabile e pensare soltanto al bene della sua famiglia. Quel lavoro era importante per lui, forse con un po’ di buona volontà e sopportazione avrebbe potuto tollerare quei compromessi.
 

Un gruppo di giovani operai si era riunito vicino al deposito, tra loro parlavano russo, ma sembravano comprendere bene il finlandese. Inizialmente Verner suppose che fossero disertori dell’esercito, non erano molte le ragioni per nascondersi nelle foreste, per la maggior parte quelli come loro erano criminali.
In ogni caso non prestò troppa attenzione quando passò accanto ai lavoratori in pausa per trasportare il suo carico. Fu uno di loro a rivolgersi a lui quando si accorse del peso sbilanciato sulle sue spalle.
«Ei! Stai attento! Hai intenzione di spaccare la testa a qualcuno?»
Il russo l’aiutò a trasportare la sbarra di ferro per poi riporla cautamente a terra. 
«Grazie» disse Verner per semplice cortesia.
L’altro gli porse la mano con un gesto amichevole: «io sono Aleks, se hai bisogno di qualcosa puoi chiedere a me e ai miei compagni. Lavoriamo alla ferrovia da abbastanza tempo da sapere come funzionano le cose da queste parti»
Verner si presentò a sua volta, ma rifiutò la stretta, mantenendo una certa diffidenza. 
Il russo percepì il suo astio, probabilmente aveva già riscontrato altre volte quella reazione, riconobbe subito quello sguardo.
«Che ti prende? Ti ho forse offeso in qualche modo?»
Il finlandese scosse la testa.
«Non mi fido dei russi, soprattutto se si dimostrano così affabili e disponibili nei miei confronti»
Il suo interlocutore e i suoi compatrioti scoppiarono in una sonora risata.  
«Temo proprio che tu ti stia sbagliando. Noi non siamo al servizio dello zar» replicò Aleks, esternando completo disprezzo per l’autorità imperiale.   
Verner li guardò tutti con più attenzione, sul volto portavano i segni della fame e della fatica, i loro fisici erano provati dal duro lavoro allo stesso modo di qualunque finlandese.  
«Siete comunisti?» ipotizzò.
Il giovane negò: «siamo anarchici. Siamo fuggiti oltre il confine per evitare l’arresto, ma presto torneremo in Patria. La nostra gente sta aprendo gli occhi, le cose stanno cambiando…»
«A me non importa nulla della vostra gente!» fu la fredda risposta del finlandese.
Aleks scambiò uno sguardo d’intesa con i suoi compagni.
«Ad alcuni tuoi compatrioti sembra interessare parecchio la situazione politica russa» continuò.
Verner rimase perplesso: «di chi stai parlando?»
«Dei rossi»
Il finlandese restò perplesso e confuso dalla situazione: «credevo che voi non foste comunisti»
Aleks scosse le spalle: «possiamo accettare il fatto di avere obiettivi in comune»
Verner sbuffò: «per me siete tutti uguali»
L’altro mostrò un sarcastico sorriso.
«Eppure nemmeno tu sembri così diverso» affermò guardandolo dritto negli occhi.
Il finlandese non diede troppa importanza a quelle parole, era certo che la sua fosse soltanto una provocazione. Senza aggiungere altro voltò le spalle e si allontanò per tornare al suo lavoro.
Il russo restò a fissarlo finché un suo compagno non richiamò la sua attenzione.
«Avresti dovuto lasciarlo stare. Sai come sono questi finlandesi, freddi come i loro ghiacciai e testardi come le loro renne!»
«A me è sembrato un tipo a posto. Ha carattere»
«Non è un rosso»
«Questo non è un problema»
Il suo compagno non comprese l’esatto significato di quella frase, ma intuì che avesse qualcosa in mente.
«Non credo ci abbia preso in simpatia, dubito che lo rivedremo da queste parti»
«Io invece sono certo che tornerà» concluse Aleks con aria soddisfatta.
   
 
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