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Autore: NyxTNeko    24/04/2022    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 134 - Ciò che il cuore conosce oggi, la testa comprenderà domani -

'È l'una di notte. Mi portano una lettera. È triste, il mio animo ne è addolorato. Chauvet è morto. Era capo-commissario ordinatore dell'esercito. Tu l'hai visto qualche volta da Barras' Quella notizia aveva turbato non poco Bonaparte, perciò non appena ebbe fatto allontanare tutti, decise di riversare tutto ciò che quella notizia gli aveva provocato, in quel foglio di carta. Sarebbe diventato il custode di parte del suo cuore.

Proprio quando sembrava che tutto stesse andando per il meglio, ecco che quell'equilibrio che stava cercando di creare con molta fatica era stato minato da un simile evento, doveva trovare qualcun altro che lo sostituisse, che fosse alla sua altezza. Ma come? E dove soprattutto? Era con l'acqua alla gola, l'esercito, se così poteva essere chiamato quell'accozzaglia di uomini, era ancora in uno stato pietoso, nonostante gli sforzi di Berthier, il quale stava dando tutto se stesso per obbedire e procurarsi il necessario in modo efficiente e rapido. Senza Chauvet sarebbe stato difficile anche per lui.

'Amica mia sento il bisogno di essere consolato. È solo scrivendone a te, a colei che il mio pensiero può tanto influire sulla situazione morale delle mie idee, che riesco a sfogare i miei affanni' quell'inquietudine che aveva provato a tenere a bada, anche per non demoralizzare l'esercito, il quale, lentamente, attraverso la sua guida e i suoi ordini, stava riacquistando fiducia nelle proprie forze, era riemersa in quelle ore. Avrebbe voluto avere Joséphine al suo fianco, poter piangere se riusciva, non sapeva che reazione avrebbe avuto con lei accanto, forse si sarebbe sentito meno oppresso nel cuore, nell'anima, affrontare il tutto con la sua solita grinta, la consueta energia.

'Che cos'è l'avvenire? Che cos'è il passato? Chi siamo noi? Quale fluido magico ci avvolge, celandoci le cose che maggiormente ci importa conoscere? Noi nasciamo, viviamo, moriamo in mezzo al meraviglioso' sollevò la testa nel mentre scriveva tali parole, per osservare il cielo stellato che si scorgeva tra la fessura dell'apertura di stoffa, che il leggero vento primaverile muoveva delicato, come se non volesse disturbare quel solitario momento di profonda meditazione e di elaborazione del lutto. Che fosse la natura stessa ad impedire all'umanità di comprendere ciò che bramano di discernere e poter svelare i segreti di cui era composto il mondo e l'uomo stesso? Oppure questo privilegio era riservato a pochi, non sapeva se denominarli eletti, fortunati; la felicità nella maggior parte dei casi derivava dall'incoscienza e dall'illusione, dal non sapere.

'V'e da stupirsi che preti, astrologi, ciarlatani abbiano approfittato di questa inclinazione, di questa singolare circostanza, per condurre a passeggio le nostre idee e orientarle secondo le loro intenzioni?' Si chiedeva dunque se questi fantomatici eletti, queste persone in grado di cogliere i segni e di saperli interpretare fossero davvero intenzionati ad usarli per migliorare il mondo, o anche in questo caso la bassezza umana prevaleva e, di conseguenza, condannava la maggioranza ignara alla rovina? Forse anche lui apparteneva alla 'casta' degli eletti, del destino magari? Aveva capacità di esercitare un'ascendente sulla gente, attraverso la parola, gli atteggiamenti, la attirava a sé, coinvolgendola e guidandola come un vero capo; possedeva quello che in ambito religioso, cristiano, veniva definito come Carisma, il dono della grazia elargito dalla divinità ad individui speciali.

Tuttavia Napoleone non voleva peccare di eccessiva presunzione, era consapevole delle sue qualità, capacità, però non voleva andare eccessivamente oltre, doveva ancora essere sicuro del suo posto, quella campagna era la prova definitiva, non era come Tolone, non era come Parigi, era molto di più e doveva capire se era davvero all'altezza del compito che il fato gli aveva affidato. Se dunque quel pensiero talmente elevato e ambizioso da tenere all'oscuro, al pari di un tesoro custodito, non lo aveva rivelato a nessuno infatti, che si era insinuato nella sua mente man mano che le sue abilità si perfezionavano, fosse la verità, la realtà oppure soltanto una sua fantasticheria, un'utopia se non addirittura follia.

Scosse la testa, spostando i ciuffi di capelli sulla fronte, volendo allontanare quel progetto dalla mente che lo faceva impallidire e rabbrividire di terrore e piacere allo stesso tempo e ritornò al motivo per cui aveva preso in mano la penna d'oca e aveva deciso di confidarsi a sua moglie 'Chauvet è morto. Mi era affezionato. Aveva reso alla patria importanti servigi. Le sue ultime parole erano state che partiva per raggiungermi' lo immaginava preoccupato sul suo letto di morte, mentre si scusava con sé stesso per non aver mantenuto la promessa di continuare a servirlo. Il vento, improvvisamente si rafforzò e aprì ancora di più la tenda, facendo tremolare la fiamma che illuminava fioca la scrivania e il volto del comandante, oltre a renderne l'alone sul muro sinistro, i capelli, liberi da nodi e fiocchi, si muovevano come spire. Un brivido di freddo lo travolse e gli pareva di sentir quasi sussurrare, come se ci fosse realmente qualcuno 'Ebbene sì, io vedo la sua ombra, vaga nell'appartamento, sibila nell'aria; la sua anima è fra le nuvole; sarà preposta al mio destino'.

Che lo avesse raggiunto per rivolgergli il suo saluto? E per ricordargli del loro legame che si era instaurato fra loro? Quel "preposta" che aveva scritto quasi di getto non era forse stato suggerito dal suo spirito? "Mi sto facendo troppe domande, maledizione! La mia testa non riesce a smettere, vuole capire, comprendere, anche l'imprescrutabile, la razionalità non riesce a prevalere in questo caso, i sensi mi pervadono, la tristezza mi sovrasta". E infatti la ragione non poté frenare quelle lacrime che riempirono i suoi occhi chiari, resi dorati dalla luce della candela 'O insensato che sono, verso lacrime sull'amicizia; e chi mi dice che già non debba versarne di irreparabili?' I suoi sforzi di mostrarsi impassibile, di non cedere ai sentimenti che allontanavano gli uomini dall'autocontrollo, erano stati vani. Dava importanza al sentimento fallace e ingannevole dell'amicizia? Provava autocommiserazione per il suo 'patetismo'.

La vita lo aveva indurito, ma non inaridito, era sufficiente dell'acqua, delle lacrime per ammorbidire il suo cuore e far penetrare il dolore e riemergere quel desiderio di affetto e amore che soffocava per non sentirsi ostacolato 'Anima della mia vita, scrivimi ad ogni corriere; non saprei vivere altrimenti' sperava di avere del conforto almeno da parte della sua Joséphine, era una delle poche persone con cui si apriva sinceramente, le dava tutto il suo amore e voleva essere ricambiato, quasi come se l'amore potesse comandato.

'Qui sono molto occupato. Beaulieu muove il suo esercito. Ci fronteggiamo. Sono un po' stanco. Sono sempre a cavallo.' Pur sapendo che una simile lettera sarebbe passata nelle mani del Direttorio, per controllare le informazioni e carpire le intenzioni di Bonaparte, il generale volle accontentare un po' il desiderio del Governo, ma sempre in modo oculato, attento, senza specificare, scendere troppo nei dettagli. Infatti aveva accennato al nome di uno dei nemici che avrebbe affrontato nelle prossime giornate; oltre a consultare le cartine, fare calcoli, previsioni e studio delle caratteristiche degli austro-piemontesi, perlustrava costantemente la zona.

Sbadigliò, la stanchezza cominciò a rendere pesanti le palpebre, la calligrafia stava diventando più indecifrabile del solito, posò lo sguardo sul ritratto dell'amata, le sorrise e aggiunse, congedandosi 'Addio, addio, addio. Vado a dormire; è il sonno che mi consola. Ti pone al mio fianco; io ti stringo fra le mie braccia; ma al mio risveglio, ahimè, mi ritrovo a trecento leghe da te. Tante cose a Barras, a Tallien e a sua moglie'. La firmò velocemente, con un sobrio e rapido B.P., la chiuse e la consegnò al corriere, sempre disponibile. Dopodiché si sdraiò sul letto da campo, per la prima volta attendeva che il sonno gli mostrasse, vanamente, l'immagine di Joséphine.

7 aprile

- Giuseppe! - gridò Napoleone non appena avvistò il fratello a bordo della carrozza, mentre lo raggiungeva da Genova, dov'era ancora in missione. Accompagnato dai suoi aiutanti, a questi era stato aggiunto anche Murat, il fratello minore corse verso di lui, entusiasta ed anche un po' emozionato, si erano tenuti in contatto quasi sempre, attraverso lettere, ma erano anni che non si vedevano fisicamente. Gli era mancato non poco, dovette ammetterlo.

Giuseppe, accortosi della sua figura smilza, spigolosa, riconobbe la voce inconfondibile di Napoleone e ordinò al cocchiere di fermarsi - Va bene qui, ci raggiunge lui, monsieur - e costui fece come ordinatogli. Il ventottenne corso sorrise nel vederlo arrivare al pari di un fulmine per andargli incontro.

- Oh fratello mio, da quanto tempo - e lo abbracciò con forza ed energia quel corpo ben nutrito e tenuto in forma - Sembrano essere passati secoli dall'ultima volta in cui ci siamo visti, come vola il tempo

Giuseppe ricambiò la stretta, percependo tra le dita l'estrema magrezza del fratello, e sorrise nuovamente, quanto era veritiera quella frase. L'ultima volta era stato quasi due anni prima, quando venne arrestato, a seguito della caduta del regime del Terrore, da quel momento in poi vi era stato il flusso costante delle sue missive; in questo modo il legame fraterno era rimasto sempre saldo e sincero - Napoleone... - emise, non appena ebbe modo di poter rivedere quel viso così particolare, nonostante la grande somiglianza tra loro - O dovrei chiamarti generale Bonaparte, come fanno tutti, so quanto ci tieni a queste formalità! - ridacchiò.

- Al diavolo le formalità - fece Napoleone ridacchiando a sua volta - In privato puoi chiamarmi come sempre, già sono pochi i momenti in cui non devo indossare la maschera del comandante impassibile e integerrimo, se me li privi anche tu, non potrei sopportarlo, sarebbe troppo persino per uno come me - gli diede una sonora pacca sulla spalla.

- Ciò mi rasserena molto, fratello - rispose Giuseppe, francamente. Aveva temuto che il cambiamento fosse già avvenuto in Napoleone, quel mutamento che colpisce senza posa tutti coloro che arrivano all'apice e che li rende irriconoscibili - Perdona se arrivo solo ora, ma purtroppo avevo molte cose da fare a Genova e...

- Non giustificarti, Giuseppe, ogni uomo è chiamato a svolgere il proprio dovere, che sia militare o diplomatico - allungò il braccio dietro la schiena del fratello, vide i suoi aiutanti di campo salutarlo, anche Murat, seppur fosse il loro primo incontro - Mi stavo dimenticando di presentarti l'ultimo aiutante che ho voluto nella mia cerchia strettamente personale, te ne ho parlato qualche tempo fa, ci siamo conosciuti a Parigi il 13 vendemmiaio, il suo contributo è stato più che prezioso, gli devo parte del mio successo

Murat onorato da simile complimento rivolse un profondo inchino ad entrambi, per ringraziare il suo superiore e per ottenere l'amicizia del fratello - Le vostre parole mi lusingano comandante, soprattutto se espresse dinnanzi ad uno dei vostri fratelli - si rimise dritto e allungò la grossa mano, sicuro ed orgoglioso - Joachim Murat, molto piacere

Giuseppe ricambiò la stretta di mano - Giuseppe Bonaparte, piacere mio - aveva approvato la scelta del fratello di cambiare cognome, la trovava perfetta, specialmente per il fatto che erano diventati completamente francesi.

- Conoscendoti immagino che sarai stanco fratello - chiese indirettamente Napoleone, sulle labbra si era formato un sorrisetto complice - D'altronde le condizioni delle strade sono pietose, per cui posso anche comprendere l'origine della tua spossatezza

- Mi conosci anche troppo bene - ribadì affermando e venne accompagnato nella tenda, mentre i suoi aiutanti si prodigavano nel far sistemare la carrozza in una zona più nascosta, in modo che non fosse oggetto di razzie. Come al suo solito la "dimora" che fingeva da quartier generale era il regno del disordine, la scrivania colma di cartine, fogli, strumenti da lavoro. Il giaccone buttato sul letto assieme al cappello e la sciabola, con noncuranza "Non cambia mai" rifletté divertito "Esige ordine e disciplina soltanto nel dovere"

- Perdona il disordine Giuseppe... - iniziò Napoleone grattandosi la testa, ma fu interrotto dal fratello, abituato ormai al suo modo di porsi frettoloso e inquieto, non era capace di restare fermo e tranquillo, se non quando si chiudeva nella riflessione. Soltanto allora pareva quasi immobile, statuario - La guerra porta a questo...

- Certo, capisco perfettamente - riferì comprensivo Giuseppe, mise giaccone, cappello e spada sull'attaccapanni e si accomodò sulla sobria brandina - Ma sono convinto che hai già in mente come muoverti, in fondo ambivi a comandare personalmente quest'armata da anni

Napoleone annuì convinto e si sedette scomposto, sulla povera sedia, poggiando il braccio destro sullo schienale, le gambe divaricate, potendo conversare frontalmente con colui che ancora formalmente era il capo della famiglia - Non sbagli affatto, fratello mio - puntò lo sguardo rapace sulla mappa, ricoperta di appunti, segni, nomi e cerchi - La strategia che ho intenzione di usare è basata principalmente sul dover colpire al cuore dell'esercito nemico, con rapidità e in modo del tutto imprevedibile - indirizzò nuovamente lo sguardo, stavolta tagliente e impetuoso, sul fratello - Beaulieu è più che prudente, per questo non si aspetterà mai che il mio esercito di frapponga tra due forze per distruggerle separatamente

- Non sembra un po' rischioso Napoleone? - domandò Giuseppe, intuendo l'impresa che voleva compiere - Non possiedi un numero sufficiente di uomini, non puoi rischiare...

- È proprio per questo che la utilizzerò - ribadì insistente Napoleone, battendo la mano sul ginocchio, sicuro di ciò che voleva fare - Se avessi un esercito più grande sarebbe difficile da applicare...

Giuseppe si era quasi dimenticato di quelle fiamme che ardevano nei suoi occhi, accompagnati dalla fredda determinazione che lo animava fin dai primi anni, nessuno sarebbe stato in grado di smoverlo dalle sue intenzioni, testardo e ambizioso sarebbe andato avanti fino in fondo - Cambiando discorso, ho saputo del tuo matrimonio, Napoleone e...

- Ottimo, così non devo spiegarti tutto - lo interruppe bruscamente - Che ne pensi? Per me è stato un affare! D'altronde è una delle donne più conosciute e apprezzate della capitale...

- Per nostra madre no e nemmeno per me - emise senza troppi giri di parole, prevedendo la sua reazione, fin da quando la madre glielo aveva rivelato - Dice che c'è troppa differenza di età tra voi due, è più grande di te e poi non gode di buona fama, girano voci su presunti amanti di cui si circonda a tua insaputa e che si diverta a Parigi, anziché pensare a te come ogni brava moglie

Il viso di Napoleone si adombrò d'un tratto, strinse i pugni, il sospetto che trapelava dalle ultime lettere era dunque vero? Erano fredde, ma comunque amichevoli, era convinto di aver esagerato lui con le smancerie; tuttavia se persino a loro era giunta quella diceria, allora era evidente? No, non voleva crederci, eppure tremava per la gelosia e per la paura - Sono soltanto calunnie per metterla in cattiva luce e indurmi al tradimento, alla tentazione delle donne che potrei incontrare!

Giuseppe sospirò, come aveva previsto, aveva negato tutto, lo faceva ogni qualvolta si sentiva minacciato da qualcosa e da qualcuno - Va bene fratello mio, ti credo - notò la sua espressione rilassarsi - Ho comunque acquistato per lei delle caramelle genovesi, spero sia un gradito regalo

- Meraviglioso! Mi hai letto nella mente, stavo facendo preparare un bel pacchetto come pensierino, glielo farò recapitare non appena le scriverò... - saltò in piedi, si era illuminato quasi, avrebbe potuto sfruttarla a proprio vantaggio, come 'prova' della benevolenza che la famiglia Bonaparte nutriva nei suoi confronti, assieme ai suoi doni: arance, profumi e acqua alle arance. Avrebbe pensato in seguito a come convincere la madre - Come sta tua moglie? La gravidanza è andata bene?

- Assolutamente sì, ha partorito a marzo una bella bambina, che abbiamo chiamato Julie Joséphine, come sicuramente apprezzerai - era emozionato, finalmente era diventato padre, anche se avrebbe voluto un maschio, il tempo era a loro favore, entrambi erano giovani e fertili.

Napoleone si strinse il petto commosso - Questa notizia mi rende più felice di qualsiasi vittoria presente e futura, ho una nipotina, non vedo l'ora di stringerla e di giocare con lei, dimenticando per brevi istanti gli orrori della guerra, spero che la campagna non mi sottragga troppo tempo, sarà sicuramente splendida, approvo la scelta del nome, in questo modo le nostre famiglie diventeranno una sola, grande e unita - dopo tante notizie negative, aveva bisogno di una positiva. Un bambino era sempre motivo di gioia e serenità, oltre che segno di prosperità - Oh, i miei ragazzi saranno altrettanti felici della loro cuginetta

"I suoi ragazzi!" Immediatamente si ricordò dei figli che la moglie aveva avuto con il precedente marito, morto ghigliottinato qualche anno prima, quella semplice confessione dimostrava che Napoleone non amava follemente soltanto Joséphine, ma anche i figliastri, che considerava come propri. C'era da aspettarserlo, d'altronde Napoleone era incline ad affezionarsi alla gente con cui prova grande affinità, complicità, ricordava Chauvet ad esempio, si erano incontrati una volta, eppure l'ammirazione che provava per il fratello era pura, inattaccabile "La sua perdita sarà stata dolorosa per Nabulio" si mise a fissarlo e balzò in piedi - Avremo anche noi l'occasione di conoscerli e volergli bene

- Eugène è un ragazzo d'oro, dal grande coraggio, disciplinato, mi sto prodigando molto per dargli una degna posizione nell'esercito - cominciò a descrivere, sentiva la loro mancanza - Hortense è una ragazzina a modo, educata e gentile, una sposa perfetta - ridacchiò poi, si accomodò accanto a lui - So a cosa stai pensando, non temere, prima o poi arriverà il momento in cui diventerò padre come te...lo spero tanto, è uno dei miei desideri più profondi e tu lo sai...

- Mi auguro che non sia una competizione tra noi due - disse divertito Giuseppe - Non ho speranze contro di te - udì quella sua risata inconfondibile, fresca e giovanile, lo rallegrava "Sei sempre stato superiore a me e sono certo che tra non molto, quando la gloria ricoprirà il tuo nome, la distanza che si genererà sarà immensa e tutti noi vivremo di luce riflessa".


 

 

   
 
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