Cap.
2
48
anni dopo
La penisola
infuocata di Dorthagg non
era il posto migliore in cui soggiornare né, tanto meno,
dove allenarsi in
santa pace, ma tant'era.
Yothan
aveva scelto per i suoi 'ragazzi',
come era solito chiamare i
cadetti al suo comando, quella piacevolissima, graziosissima e
comodissima
lingua di terra nel Continente Australe di Muspellheimr.
Un ammasso
infuocato di rocce appuntite
come coltelli, rivoli di lava che spuntavano da ogni cantone, venti di
burrasca
così caldi da irritare anche la pelle di un Gigante di Fuoco
e lande assolate
come non se ne vedevano in altri luoghi.
Non un solo
giorno di maltempo. Solo,
e sempre, sole.
Oh, certo, anche vento.
Come
dimenticarsi del vento?
Yothan
aveva ritenuto scontato che, dopo
decenni passati a sobbarcarsi camminate interminabili nei deserti di
sabbia
rossa di Nustesheill, nuotate senza fine tra i mari di lava di
Kantorshain e
scalate prive di alcuna logica sulle aspre montagne di Mundratt, i suoi
'ragazzi' dovessero sperimentare
anche
quel genere di villeggiatura estrema.
Il tutto
era stato accolto con il solito
entusiasmo - solo quattro defezioni avevano macchiato
la loro Compagnia, il che era un autentico record - e, forti di uno
stato di
esasperazione che avrebbe potuto raggiungere i cieli viola indaco di
Muspellheimr, erano partiti.
Raggiunta
quindi la penisola più
meridionale del Continente Australe, avevano eretto il loro campo di
tende -
dopo averne perse una decina a causa del vento terribile che batteva
quelle
coste seghettate - e lì si erano stabiliti.
Solo allora Yothan
aveva spiegato loro i
motivi di quella scelta così discutibile.
La penisola
di Dorthagg racchiudeva in
sé tutti gli elementi più distruttivi di
Muspellheimr, ed era perciò il luogo
più adatto per mettere alla prova ciò che avevano
imparato in quegli ultimi quarantantotto
anni di addestramento.
A volte,
essere una creatura millenaria
poteva essere uno svantaggio non da poco, specialmente se gran parte
della tua
post-adolescenza la passavi sotto le mani di Yothan Starrinsson, detto
il
Terribile.
Questo si
era detto Sthiggar, durante i
primi tre anni di quell'infinito calvario. Giunto al suo
acquartieramento come
punizione per le sue intemperanze, si era detto pronto a far vedere i
sorci
verdi anche al comandante di guarnigione, così da tornare
quanto prima a
Hindarall.
Nella sua
mente si era prefigurato già
il piano; esasperare a tal punto i suoi superiori da costringerli a
rimandarlo
di volata dal re, così che a occuparsi di lui pensasse
soltanto il sovrano.
Quando,
però, aveva incontrato per la
prima volta Yothan il Terribile, aveva compreso il motivo della sua
nomea e,
per la prima volta, aveva avuto paura.
Come i suoi
commilitoni, si era quindi
messo a obbedire a testa bassa, a sottostare agli ordini del suo
comandante
senza battere ciglio e, per quasi un anno e mezzo, non aveva
più rimesso piede
a Hindarall.
Rivedere il
padre durante quel breve,
primo congedo di un paio di settimane non lo aveva certo aiutato e,
anzi, in
qualche modo rientrare in caserma dopo essere stato con il genitore, lo
aveva
fatto stare peggio rispetto all’inizio di quel supplizio.
Una mattina
d'inverno del suo terzo anno
di arruolamento forzato, però, sotto una fitta nevicata di
ceneri espulse dal
vulcano Jondurthan, aveva a sorpresa scoperto di apprezzare quel genere
di
vita.
Imparare a
utilizzare i suoi doni era
stato difficile - come figlio di stirpe divina, possedeva una forza
superiore
ai suoi compagni, e questo aveva spesso creato delle forti gelosie, in
alcuni suoi
commilitoni – e aveva finito con il legare solo con
pochissimi ragazzi.
Non pochi
avevano detto, sia alle sue
spalle che direttamente in faccia, di avere paura di lui e del suo
scarso
autocontrollo, della sua capacità di causare guai anche dove
non se ne potevano
causare e, non da ultimo, del suo legame con Sól.
Avere come
nonna una divinità del fuoco
non era esattamente cosa comune, neppure su Muspellheimr, e questo
aveva
causato non poche difficoltà.
Sthiggar
aveva dovuto impegnarsi
strenuamente per far comprendere ai suoi compagni quanto, la sua mezza
divinità, fosse più un impedimento che un
vantaggio.
Solo il
tempo gli aveva concesso di
annoverare tra i suoi commilitoni pochi, ma veri amici ma, per la
maggioranza
di essi, l’atteggiamento sospettoso e restio a fidarsi era
rimasto.
A lungo
andare, però, Sthiggar vi aveva
fatto l’abitudine e, forte delle poche – ma care
– amicizie che aveva saputo
farsi, si era dato
da fare per scacciare
almeno dal suo comandante l’idea che lui fosse un
perdigiorno, o peggio, un
raccomandato.
Col tempo,
non soltanto i modi grezzi e
spicci di Yothan avevano iniziato a piacergli, ma anche il rigido e
spartano
modo di vivere della caserma era entrato dentro di lui, dandogli parte
dell’autocontrollo
che, da sempre, aveva invano cercato.
Poco alla
volta, gli estenuanti
allenamenti di spada, giavellotto e corpo libero gli erano divenuti
propri,
mutandolo in qualcuno di più simile alla sua forma ideale, e
la gestione delle
sue energie era andata migliorando.
A ogni
nuovo permesso, era perciò
tornato a casa del padre con una sicurezza e una maturità
sempre nuove e
maggiori, forte dei traguardi ottenuti e dell'appagamento che gli stava
dando
la vita militare.
Di questo,
suo padre si era dichiarato
più che lieto; fin dall'inizio, infatti, la decisione del
figlio di arruolarsi
gli era parsa strana, oltre che davvero imprevista. Vedere invece
Sthiggar così
fiero dei suoi mezzi e sì, finalmente appagato da qualcosa
che non fossero i
guai che combinava, lo aveva rasserenato.
Come
promesso al re, Sthiggar non aveva
mai menzionato al padre cosa lo avesse realmente spinto verso la vita
militare,
pur se il giovane poteva immaginare che il padre avesse infine compreso
la
verità. Dopotutto, Snorri non era uno sprovveduto,
e conosceva bene suo
figlio.
"Hai
pensieri profondi,
ragazzo?" domandò a un certo punto Yothan, giungendo
silenzioso alle
spalle di Sthiggar e strappandolo ai suoi ricordi.
Questi si
volse, Sthigg sorrise appena
al suo comandante, dopodiché tornò in
contemplazione dell'agitato mare di lava
che lambiva le coste della penisola.
Quel
giorno, il vento sembrava essersi
preso una pausa, perciò la brezza calda che spirava da
quell’oceano immenso di
roccia fusa non era molto fastidioso.
"Stavo
rammentando la scalata del
monte Kytro mentre ripercorrevo gli anni passati qui con voi,
comandante.
Abbiamo davvero rischiato l'osso del collo, quella volta"
chiosò Sthiggar,
ghignando al suo indirizzo.
Grattandosi
una guancia barbuta, l'uomo
assentì leggermente, ammettendo: "Beh, di certo non avrei
mai immaginato
che, contemporaneamente alla nostra scalata,
si sarebbe
abbattuta su di noi una tempesta di cenere, una colata di lava e un
lahar1 proveniente da un vulcano a monte
rispetto a quello che noi
stavamo scalando. Ammetto che erano un po' troppe variabili a nostro
svantaggio."
Ridacchiando,
Sthiggar celiò: "Un po'?
Ammettete pure che abbiamo
portato a casa il culo per puro miracolo!"
"Vero,
vero. Perdemmo Wilthan, per
colpa del lahar. Aveva preso davvero una paura del diavolo, quella
volta"
accennò una risatina Yothan, ripensando a quegli eventi
davvero drammatici, pur
se finiti bene per tutti loro.
Sthiggar
ricordava bene il suo ex
compagno di lotte. Wilthan era sempre stato il collante del gruppo,
colui che
tutti - anche i più riottosi - seguivano volentieri ma, suo
malgrado, si era
imbattuto in qualcosa per cui il suo coraggio non era bastato.
Il lahar
che li aveva investiti aveva
quasi del tutto distrutto l'animo di Wilthan che, il giorno seguente a
quell'ascesa
disastrosa, si era ritirato dall'esercito per poi chiudersi in un
Tempio di
Studio dei Sacri Scritti.
Da quel che
gli aveva detto suo padre -
che era a capo della Congregazione degli Studiosi della Fiamma -
l'amico era
diventato Sacerdote delle Fiamme Dorate di Sól, il primo
grado di studi per
poter puntare a divenire Gran Sacerdote.
"Mio padre
mi ha detto che farà
carriera in fretta. Sembra molto portato per la teologia"
chiosò Sthiggar,
tornando serio. "Ammetto che però mi manca, a volte."
"Perché
sapeva tenere a freno la
tua lingua lunga meglio di chiunque altro" celiò il
comandante, dandogli
una pacca sulla spalla. “La verità è
bella, Sthiggar, ma a volte devi pensare a
essere diplomatico. Non puoi sempre dire quello che ti passa per la
testa, senza
filtri tra cervello e bocca. Ancora mi stupisco che il re non ti abbia
fritto
il culo, prima di venire assegnato a me.”
"Ci
avrà pensato almeno in una
ventina di occasioni, io credo” convenne Sthiggar.
“Ma spero di essere
migliorato, almeno un po'. Dopotutto, non mi caccio più nei
guai da almeno otto
anni" ammiccò a quel punto il giovane soldato, facendo
sorridere divertito
il suo comandante.
"Non cantar
vittoria troppo presto,
cadetto. Manca ancora un anno e mezzo alla fine del tuo periodo di
addestramento,
e posso sempre cambiare idea su di te e prolungare la tua ferma per
altri tre
anni" gli rammentò il comandante, battendo una mano sulla
sua spalla.
"Non mi
dispiacerebbe" replicò
Sthiggar, sorprendendolo non poco. "Forse, dopotutto, cacciarmi nei
guai
mi ha fatto capire chi dovevo diventare in realtà."
"E quindi,
cosa ti ha insegnato il
mio Villaggio Vacanze?" domandò curioso Yothan, facendolo
sorridere
divertito.
"Stenterei
a vederlo come tale,
comandante ma, parlando seriamente, dico che mi trovo bene nelle vesti
del
soldato. Nella mia vita mancava una disciplina ferrea che riuscisse ad
addomesticare il mio carattere riottoso, e uno scopo che mi spronasse a
migliorarmi, e qui li ho ottenuti entrambi."
"Uno
scopo?" replicò Yothan,
ora dubbioso.
Sorridendo
appena, Sthiggar ammise:
"Mio padre è sempre stato molto indulgente, con me, forse
perché soffrii
molto per la perdita di mia madre quando ero un bambino. Il sovrano,
per parte
sua, ha sempre sopportato più del necessario le mie
birichinate, e anche questo
ha contribuito a non rendermi pienamente cosciente di quanto io stessi
in
realtà facendo soffrire chi avevo intorno. Qui, invece, ho
compreso cosa fosse
veramente importante, che ruolo mi spettasse come nipote di
Sól."
"Un
pensiero maturo in te, ragazzo?"
ironizzò Yothan, pur se segretamente lieto di udire quelle
parole.
Sthiggar
rise della sua incredulità e
annuì, asserendo: "Prima di andarmene dalla Capitale, vidi
mia cugina
Hildur piangere per me, e questo mi fece soffrire molto
perché sapevo che
quel pianto lo avevo causato io. Non voglio più vedere
nessuno piangere a
cagion di un mio errore."
"E' una
promessa difficile da
mantenere" gli ricordò il comandante, accigliandosi.
"Lo so. Ma
mi impegnerò con tutto
me stesso per portarla a buon fine" assentì sicuro di
sé Sthiggar prima di
levare una mano verso il mare agitato, concentrarsi sulle correnti di
energia
che fuoriuscivano dal terreno e convertirle in catene di atomi legati
tra loro
per controllare il flusso lavico.
Come sotto
la spinta di una mano
gigantesca, le onde di roccia fusa si bloccarono, defluirono dai bordi
della
scogliera su cui si trovavano e si levarono in una colonna alta una
decina
di miriat.
Yothan
stette a guardare in silenzio il
modo in cui il giovane soldato metteva a frutto anni e anni passati a
studiare
il suo potenziale praticamente infinito e, tra sé, sorrise.
Un simile
potere sarebbe stato prezioso
per l'esercito di Surtr, e avrebbe messo addosso agli jotun una tale
paura da
rendere vana qualsiasi idea di muovere guerra contro di loro.
Come
avrebbero potuto, di fronte a un
simile potere, soprattutto se combinato assieme alla Fiamma Viva di re
Surtr?
Nessun abitante di Jötunheimr sarebbe stato tanto folle da
attaccarli,
conoscendo le capacità di Sthiggar.
"Molto
bene, ragazzo. Davvero molto
bene" dichiarò il comandante, stringendo le mani dietro la
schiena e
ammirando ciò che il soldato stava magistralmente compiendo
coi suoi poteri.
Sthiggar
sorrise compiaciuto, lasciò
lentamente andare la presa sulla lava e, poco alla volta, il mare
tornò a
essere agitato e rombante come lo era stato prima della sua esibizione.
Esibizione
che, non solo colpì Yothan,
ma anche qualcuno alle loro spalle e che, non visto, si
allontanò dal suo punto
di osservazione dietro cui si era nascosto per masticare in silenzio il
livore
che stava provando.
Accettare
che quel potere, quella forza
distruttiva, non fosse suo appannaggio, era problema di difficile
accettazione
ma, forse, poteva trovare il modo di eliminare alla radice il suo tedio.
Con le armi
giuste, e le persone giuste, forse
Sthiggar non sarebbe più stato un callo
fastidioso sotto il suo nobile piede.
Per anni
aveva dovuto sopportare la sua
faccia tosta, la risposta positiva dei suoi superiori a ogni suo nuovo
successo
mentre lui, pur se nobile e di antica stirpe, non era riuscito a
ottenere gli
stessi risultati.
Aveva
dovuto masticare bocconi amari più
volte di quante non volesse ricordare, era stato richiamato
all’ordine – e
punito! – per aver tentato di danneggiare un amico di
Sthiggar e, alla fine,
persino il padre lo aveva rabberciato.
Nessuno di
loro aveva capito cosa gli
spettasse davvero, come figlio di un membro del Consiglio, come nobile
titolato, come erede di una dinastia dalla storia persa nei meandri del
mito.
Lui non
poteva essere messo in ombra dal figlio di un uomo nato,
sì, dal grembo di
una dea, ma della cui stirpe paterna non si poteva certo andare fieri,
in
quanto del tutto priva di sangue nobile.
No,
Sthiggar avrebbe smesso ben presto
di primeggiare. Divinità o meno che fosse.
***
Protettorati
Dokkalfar – sei mesi dopo.
Essere
richiamati sul Continente per sedare dei tafferugli non sembrava
essere un compito degno della compagnia di Yothan il Terribile ma,
quando
Sthiggar vide effettivamente il
perché di quella richiesta, non esitò un attimo a
ritenerla importante.
I
dokkalfar, i nani oscuri che, per concessione reale, abitavano
su Muspellheimr come armaioli della corona, sembravano aver inscenato
nella
piccola cittadina di Rytthorer un’autentica guerriglia urbana.
Fumo alto e
scuro si levava in lontananza, segno del loro
passaggio nelle campagne e, quando gli uomini di Yothan misero piede
nella
ridente Capitale del Vasellame, trovarono ad attenderli distruzione e
morte.
Un intero
contingente dokkalfar aveva messo a ferro e fuoco
l’intero abitato, uccidendo uomini inermi e stuprando donne
di ogni ordine ed
età, lasciando poi cadaveri lungo la strada a monito del
loro passaggio.
Quando
Yothan vide un simile scempio, non perse tempo in
quisquiglie e ordinò ai suoi uomini di attaccare.
Primo fra
tutti, e nipote più giovane del re, Khyddar Rehuelson
si lanciò contro il nemico con la spada levata e il viso
trasfigurato dal
desiderio di rivalsa. Forte della sua possanza e del suo spregiudicato
uso
delle cavalcature da guerra che solevano usare in battaglia, non
tardò a
raggiungere i primi dokkalfar ma, quando egli levò mano
contro di loro, avvenne
l’impensabile.
Un’esplosione
terribile investì il nipote del re, sbalzando il
suo corpo dalla cavalcatura e lasciandolo a terra morto, deprivato di
parte del
volto e della spalla destra.
Quella
visione sconvolse non solo Yothan, ma anche i suoi
soldati che, per un attimo, interruppero l’attacco per
soffermarsi sulle
miserevoli condizioni del compagno.
Questo
permise a diversi dokkarlfar di avvicinarsi per compiere
un’autentica strage di muspell, ma l’urlo di guerra
di Yothan fece riprendere a
sufficienza i suoi ragazzi perché si apprestassero a
combattere nuovamente.
Non da meno
fu Sthiggar che, lanciandosi pieno di furore cieco
contro il nemico, ne abbatté un paio prima di venire
disarcionato e placcato
alle spalle da un dokkalfar.
Scostando
all’ultimo istante il nemico, prima che il nano
potesse colpirlo con la strana arma che aveva ucciso Khyddar, Shiggar
avvertì
feroce un dolore al collo e, subito dopo, un’esplosione che
quasi lo rese
sordo.
La rabbia
per l’uccisione dell’amico, unita al dolore per la
ferita subita gli fecero perdere temporaneamente il controllo e questo,
per la
prima volta, produsse l’incanto.
Sulla sua
schiena, lunghe bruciature striate emisero per lui una
sentenza di unicità e, al tempo stesso, permisero a Sthiggar
di padroneggiare,
al pari del re, la Fiamma Viva.
Altissime
lingue di fuoco si sprigionarono dalle sue mani,
incontrollate e incontrollabili, mentre i dokkalfar, sconvolti,
tentavano
invano di sfuggire a quel potere primigenio e inaspettato.
Sthiggar le
osservò – e fu osservato – con estrema
sorpresa e,
mentre il suo corpo sembrava ardere con lo stesso calore del pianeta,
Yothan
gli si avvicinò lesto per poi urlare: “Centra la
tua aura con il tuo potere,
Sthiggar! Puoi farcela!”
Il giovane
lo fissò autenticamente spaventato ma, ancora, Yothan
urlò con sicurezza: “Sei in grado di farcela, lo
so! Aura e potere, Sthiggar!
Devono diventare un tutt’uno!”
Il muspell
assentì nonostante non si sentisse all’altezza di
tale compito e, sempre trattenuto alle spalle da Yothan,
cercò di controllare
quell’esplosione di potere primigenio, dirottando quelle
lingue di fuoco
soltanto sui dokkalfar.
Ne
seguì una strage senza precedenti e, quand’anche
l’ultimo
nemico fu divorato da quelle fiamme terribili, Sthiggar
crollò a terra
stremato, il collo grondante di sangue e gli occhi ricolmi di lacrime
per
l’amico morto.
Yothan fu
lesto a controllarne le condizioni e, mentre i
superstiti accorrevano per curare i feriti, il resto della compagnia
controllò
il perimetro per evitare eventuali attacchi a sorpresa.
Ben presto,
una barella raccolse da terra anche Sthiggar ma il
giovane, nel trattenere una mano del suo comandante, mormorò
terrorizzato:
“Cosa… c-cosa è successo?”
“E’
successo che sei stato bravo, Sthiggar, e hai ridotto al
minimo le perdite. Del resto, parleremo un’altra volta,
quando sarai guarito”
gli promise Yothan, lasciando che i medici si prendessero cura di lui.
Non avendo
più forze per mantenersi desto, Sthiggar si
lasciò
quindi andare a un sonno convulso e confuso, in cui realtà e
finzione si fusero
assieme in una singolarità senza senso e senza tempo.
Voci,
grida, paura e speranza si confusero attorno a lui, mentre
il sonno perdeva la sua battaglia contro la veglia, e i suoi sensi
cercavano di
riprendere il controllo.
Udì
imprecazioni, una minaccia, delle proteste veementi e
altrettanto veementi repliche. Seppe – o credette di sapere
– di esserne la
causa, ma gli mancò la forza di intervenire.
Quando
finalmente riprese conoscenza, era passata quasi una
settimana dalla morte di Khyddar e, nel chiedere notizie dei suoi
commilitoni,
Sthiggar scoprì di aver perso una decina di compagni, e
tutti per mano dei
dokkalfar.
Pur se il
sollievo di non aver fatto del male a nessuno dei suoi
lo colmò pienamente, gli sguardi di sospetto e terrore che
si ritrovò a dover
sopportare al suo risveglio lo portarono quasi a odiare ciò
che aveva scoperto.
La sua
pelle portava i segni della Fiamma Viva, e questo non
avrebbe potuto cambiare in alcun modo. La sua schiena era
indelebilmente
segnata dalla prima fiammata del suo potere primigenio, e lo stesso
fulgore
della sua aura dichiarava a chiare lettere chi lui ora fosse.
Lo stesso
Yothan glielo confermò, dopo circa una ventina di
giorni dal suo ricovero in ospedale, spiegandogli inoltre
perché fosse rimasto
ferito dall’arma dokkalfar, e cosa avesse causato la morte
dell’amico.
Nel
mostrargli l’arma costruita dai nani, Yothan
asserì torvo:
“Quando ci siamo recati a Dakka per confiscare tutto, non hai
idea di quanta
attrezzatura illegale abbiamo trovato. Quei folli stavano costruendo un
intero
arsenale all’insaputa del
re.”
“Il
sovrano ha già saputo di Khyddar? I suoi
familiari?” domandò
a quel punto Sthiggar, tastandosi la gola dolente e pesantemente
fasciata per
proteggere la bruciatura innaturale causata dall’arma dei
nani.
Yothan
assentì con un sospiro, ammettendo: “Non so dire
chi dei
due mi sia apparso più triste e addolorato, se il re o il
padre di Khyddar, il
nobile Mikell.”
“Surtr
è stato qui?” esalò sorpreso Sthiggar.
Annuendo,
Yothan asserì: “Ha accompagnato personalmente il
cognato con il suo cocchio dorato guidato da quattro dei più
bei ragnhild che io abbia mai
visto e, per
tutto il tempo, ha sorretto il nobile Mikell mentre riceveva con tutti
gli
onori le spoglie del figlio.”
Sospirando,
Sthiggar chiuse per un istante gli occhi e mormorò:
“Avrei tanto voluto porgergli le mie condoglianze.”
“Ho
spiegato loro cosa è successo, e re Surtr è
passato in
infermeria per vederti” ammise a quel punto Yothan,
sorprendendolo
ulteriormente. “Ha saputo della Fiamma Viva ed è
molto orgoglioso di te, oltre
che del fatto che tu ti sia dimostrato capace di contenerla nonostante
fosse la
tua prima volta.”
“Non
ho ammazzato nessuno solo grazie a voi, comandante, non
certo per mio merito” sospirò a quel punto
Sthiggar, reclinando mesto il capo.
“E’
sempre così, per ogni Fiamma Viva. Ma ne riparleremo
più
avanti, quando tu starai meglio e avrai terminato il tuo
addestramento” lo
rassicurò Yothan, battendogli una mano sulla spalla.
Il giovane
assentì ma, nello scrutare alle spalle del suo
comandante, da cui era visibile il cortile della caserma e,
così, anche i suoi
compagni in schieramento di riposo, mormorò roco:
“E i miei compagni?
Riparleremo anche di loro?”
Yothan
comprese immediatamente cosa volesse dire, e cosa stesse
vedendo il giovane soldato in quel momento.
Paura,
rabbia, risentimento… gelosia.
La scoperta
della Fiamma Viva di Sthiggar aveva causato tutto questo
e altro ancora, e non pochi nobili della Capitale si erano rivolti a
Yothan,
indispettiti, reclamando spiegazioni in merito e rassicurazioni sulla
sicurezza
dei propri figli.
Come se
essere un soldato dell’esercito fosse una semplice
scampagnata tra i boschi!
Yothan
aveva speso parole benevole sul suo sottoposto,
sottolineando non solo la capacità di Sthiggar di trattenere
la fiamma, ma
altresì di come avesse impedito ai dokkalfar di uccidere i
loro preziosi figli.
Ciò
sembrava non essere bastato, però, perché
numerose lettere
di protesta erano giunte sulla sua scrivania, aventi tutte come
argomento
principale Sthiggar Glenrson. Yothan aveva demandato al re per almeno
una di
esse e il sovrano, suo malgrado, era dovuto intervenire durante una
seduta del
Consiglio Reale. Nella lettera di un membro consigliare, infatti, si
parlava
della follia del giovane Glenrson, e di sue presunte colpe in merito
alla morte
di Khyddar.
Per mettere
a tacere quelle insulse e becere chiacchiere che,
come fuoco nella steppa, stavano circolando in merito alla
pericolosità del
giovane, il re non aveva lesinato con le parole.
I membri
del Consiglio non erano stati affatto felici di essere
stati richiamati all’ordine ma, non avendo per le mani
nessuna prova effettiva
del pericolo insito nell’avere una seconda
Fiamma Viva sul pianeta, si erano astenuti da altre requisitorie.
Yothan,
però, temeva che quel serpeggiare maligno che circondava
il giovane muspell non sarebbe andato scemando, con il tempo,
perciò era vitale
che Sthiggar imparasse a padroneggiare quanto prima la fiamma.
La sua
guarigione e il termine del suo addestramento dovevano venire
prima di qualsiasi altra cosa, però, perciò
Yothan lasciò il giovane con la
promessa di tornare a trovarlo e, ciò detto, si
allontanò.
Una volta
al di fuori del reparto ospedaliero della loro caserma,
per ogni buon conto, chiamò a sé uno dei suoi
sottoposti e ringhiò: “Un’altra
voce irriguardosa nei confronti di quel ragazzo, e vi faccio deportare
tutti.
Vi ha salvato la vita, e non merita il vostro ostracismo!”
Il soldato
reclinò subito il capo per non dover incontrare lo
sguardo fiammeggiante del comandante e, annuendo lesto, si
allontanò per
riferire le sue ultime parole, non prima però di aver
lanciato uno sguardo
disgustato all’ospedale.
Checché
ne dicesse il comandante, avere un’altra Fiamma Viva su
Muspellheimr non poteva portare a nulla di buono e, nelle mani di uno
come
Sthiggar, avrebbe potuto generare solo guai.
Raggiunti
quindi i suoi compagni, Trhydann Handerson lanciò
un’occhiata generale ai presenti prima di ciangottare
irrispettoso gli ordini
di Yothan. Al suo dire così pantomimato, in molti risero
beffardi, altri fecero
finta di nulla mentre altri ancora, infine, replicarono disgustati con
sbuffi
sonori e occhiate venefiche.
Non
contento, Trhydann osservò coloro che si erano mostrati in
disaccordo con lui e aggiunse: “Che c’è?
Volete essere i cagnolini di un pazzo?
Non vi siete stancati di lustrargli le scarpe?”
“Sthiggar
non è pazzo. Vorrei vedere te, se ti fosse successa
una cosa simile durante una battaglia come quella che abbiamo appena
vissuto!
E’ stato fin troppo bravo, per i miei gusti”
replicò piccato Rahdd Kahn, uno
dei fidi amici di Sthiggar.
“Parli
così solo perché ti ha parato il culo un sacco di
volte…
e scommetto che ha fatto anche altro, con il tuo bel didietro sodo e la
tua
faccina così elegante e raffinata” lo prese in
giro Trhydann, scoppiando in una
grassa risata di scherno, che coinvolse anche il gruppo di soldati di
sangue
nobile. “Con il fisichino esile e longilineo che ti ritrovi,
potresti essere
scambiato per una femmina, di notte!”
Rahdd non
rispose alla pesante accusa, ma lo fece per lui Fyodr
Olyghson che, con uno spintone ben piazzato, azzitttì
Trhydann. Ciò fatto, gli
si parò innanzi con sguardo omicida, forte di un fisico
tutt’altro che
segaligno, e ringhiò: “La tua è solo
gelosia, perché Sthiggar è nipote di
Sól
mentre tu, per quanto nobile e figlio di un membro del Consiglio, non
puoi
vantare il suo stesso potere né tanto meno il suo valore in
battaglia. Quanto
ti brucia, eh, Trhyd, non avere i suoi occhi azzurri? Quanto vorresti
averli
ereditati tu?”
Il giovane
muspell incassò il colpo, e alcune risatine di
scherno aumentarono il suo disagio, tanto che un pugno si
levò inaspettato e
centrò il volto di Fyodr, impreparato a
quell’attacco.
Ne nacque
immediatamente una baruffa, a cui si unirono Rahdd e
un’altra mezza dozzina di commilitoni, il tutto seguito da
urla, insulti,
sostegno morale più o meno feroce da ambo le parti e tanta,
tantissima
adrenalina spesa inutilmente.
Fu
così che Yothan lì trovò, feriti e
sanguinanti e con occhi
che sprizzavano odio come mai, tra commilitoni, avrebbe dovuto accadere.
Con un
grido che ferì le orecchie dei presenti, il comandante
richiamò tutti all’ordine e, senza voler sapere
né perché né chi avesse
iniziato, condannò tutti al rigore per tre giorni.
Non
contento, chiamò nei propri uffici sia Rahdd che Fyodr ma,
una volta soli, Yothan si calmò immediatamente e,
sospirando, si limitò a
domandare: “Era per Sthiggar, vero?”
“Lo
accusano di cose innominabili, signore” intervenne subito
Rahdd, asciugandosi il labbro spaccato con un fazzoletto.
“Non potevamo
ascoltare e basta!”
Fyodr
assentì con vigore, ma Yothan scosse il capo e
replicò: “E
cosa ne avete guadagnato? Che ora non potrete vegliare sul sonno del
vostro
amico perché siete malconci e in
punizione.”
I due
giovani lo fissarono turbati e Fyodr, con tono ansioso,
domandò: “E’… Sthiggar
è forse in pericolo?”
“Chi
può dirlo? Conosco anch’io le voci che circolano
su di lui,
e so benissimo cosa dicono le
leggende, e perché una seconda Fiamma Viva incuta
così ansia e timori nelle
persone ignoranti” spiegò loro Yothan con un
pesante sospiro. “Proprio per questo,
voi due avreste
dovuto avere abbastanza cervello da non farvi cogliere in fallo a
questo modo,
ma tant’è. Stanchi o meno, vigilerete su di lui
finché non starà meglio. Il
vostro periodo di rigore lo passerete così. Nel frattempo,
io stilerò un
rapporto su quanto avvenuto e su chi è stato coinvolto nella
rissa. E’ tutto.”
I due
assentirono ma Rahdd, sulla porta, si fermò e attese che
l’amico si fosse allontanato prima di mormorare:
“Sthiggar non è
il richiamo di Ragnarök. Lo so per certo, ma non so come
cominvincere gli altri del contrario.”
“Sii
suo amico, se questo ti dice il cuore, e ciò
basterà per
proteggerlo. Quanto al resto, sanno solo gli dèi come si
risolverà” mormorò
stanco Yothan. “Sei ancora certo di voler proseguire con
l’addestramento?
Dopotutto, tu…”
Interrompendolo
sul nascere, Rahdd scosse il capo, strinse la
mano sul pomolo dell’elsa della spada che portava al fianco e
disse
recisamente: “Sono servo fedele di Sua Maestà re
Surtr, soldato scelto del suo
esercito e sono qui per onorare la fiducia che il re diede a mio padre
e a mia
madre, tanti anni addietro.”
“So
quanto possa essere difficile, per i mezzosangue, adattarsi
a un regno che non si sente interamente proprio, perciò abbi
fiducia nei tuoi
mezzi e in me, Rahdd. Dimostrerai a tutti quanto vali,
foss’anche l’ultima cosa
che farò. Ora, però, raggiungi il tuo amico. Al
momento ha più bisogno lui di
te, che tu di me.”
Rahdd
assentì con un cenno del capo, allontanandosi lesto
dall’ufficio del suo comandante.
Quando
Yothan fu finalmente solo, si concesse di ripensare a ciò
che aveva visto a Ritthorer. No, non serviva solo una seconda Fiamma
Viva, per
scatenare il Ragnarök, ma le armi che avevano trovato a Dakka,
oltre all’attacco
dei dokkalfar su suolo muspell, non promettevano davvero nulla di buono.
1 lahar: colata di fango di proporzioni immani, creata dalla fusione di neve e ghiaccio sulle pendici di un vulcano.
N.d.A.: Scopriamo che Sthiggar non è solo un Gigante di Fuoco come tutti i muspell, ma possiede altresì la rarissima Fiamma Viva, la capacità di creare dal nulla il fuoco e che, oltre a lui, possiede solo re Surtr. Ne riparleremo più avanti, ovviamente, ma tenete conto che è un'abilità rarissima e molto, molto pericolosa.