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Autore: Mary P_Stark    29/04/2022    1 recensioni
Muspellheimr - Regno di Surtr
Il giovane Gigante di Fuoco Sthiggar, discendente della dea Sòl e figlio del Sommo Sacerdote Snorri, non conosce né paura né tanto meno vergogna e, a causa di ciò, finirà dapprima per essere punito dal re, e in seguito confinato sullo sperduto Regno di Manaheimr (Terra), nell'ancor più sperduto paesino di Lulea, in Svezia. Questo confino - agli occhi di Sthiggar più che ingiusto - porterà a sconvolgenti verità e alla scoperta di un destino a cui non sapeva di essere designato fin dalla sua nascita. L'aiuto della berserkr Ragnhild sarà vitale per comprendere meglio se stesso e il ruolo che gli compete nella complessa rete del Fato che si è stretta attorno a lui, ma saranno antiche divinità e nuovi nemici a mettere definitivamente alla prova il guerriero muspell. (per una totale comprensione, si devono leggere prima le altre storie legate a questa raccolta)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Cap. 2

 

 

48 anni dopo

 

La penisola infuocata di Dorthagg non era il posto migliore in cui soggiornare né, tanto meno, dove allenarsi in santa pace, ma tant'era.

Yothan aveva scelto per i suoi 'ragazzi', come era solito chiamare i cadetti al suo comando, quella piacevolissima, graziosissima e comodissima lingua di terra nel Continente Australe di Muspellheimr.

Un ammasso infuocato di rocce appuntite come coltelli, rivoli di lava che spuntavano da ogni cantone, venti di burrasca così caldi da irritare anche la pelle di un Gigante di Fuoco e lande assolate come non se ne vedevano in altri luoghi.

Non un solo giorno di maltempo. Solo, e sempre, sole. Oh, certo, anche vento.

Come dimenticarsi del vento?

Yothan aveva ritenuto scontato che, dopo decenni passati a sobbarcarsi camminate interminabili nei deserti di sabbia rossa di Nustesheill, nuotate senza fine tra i mari di lava di Kantorshain e scalate prive di alcuna logica sulle aspre montagne di Mundratt, i suoi 'ragazzi' dovessero sperimentare anche quel genere di villeggiatura estrema.

Il tutto era stato accolto con il solito entusiasmo - solo quattro defezioni avevano macchiato la loro Compagnia, il che era un autentico record - e, forti di uno stato di esasperazione che avrebbe potuto raggiungere i cieli viola indaco di Muspellheimr, erano partiti.

Raggiunta quindi la penisola più meridionale del Continente Australe, avevano eretto il loro campo di tende - dopo averne perse una decina a causa del vento terribile che batteva quelle coste seghettate - e lì si erano stabiliti.

Solo allora Yothan aveva spiegato loro i motivi di quella scelta così discutibile.

La penisola di Dorthagg racchiudeva in sé tutti gli elementi più distruttivi di Muspellheimr, ed era perciò il luogo più adatto per mettere alla prova ciò che avevano imparato in quegli ultimi quarantantotto anni di addestramento.

A volte, essere una creatura millenaria poteva essere uno svantaggio non da poco, specialmente se gran parte della tua post-adolescenza la passavi sotto le mani di Yothan Starrinsson, detto il Terribile.

Questo si era detto Sthiggar, durante i primi tre anni di quell'infinito calvario. Giunto al suo acquartieramento come punizione per le sue intemperanze, si era detto pronto a far vedere i sorci verdi anche al comandante di guarnigione, così da tornare quanto prima a Hindarall.

Nella sua mente si era prefigurato già il piano; esasperare a tal punto i suoi superiori da costringerli a rimandarlo di volata dal re, così che a occuparsi di lui pensasse soltanto il sovrano.

Quando, però, aveva incontrato per la prima volta Yothan il Terribile, aveva compreso il motivo della sua nomea e, per la prima volta, aveva avuto paura.

Come i suoi commilitoni, si era quindi messo a obbedire a testa bassa, a sottostare agli ordini del suo comandante senza battere ciglio e, per quasi un anno e mezzo, non aveva più rimesso piede a Hindarall.

Rivedere il padre durante quel breve, primo congedo di un paio di settimane non lo aveva certo aiutato e, anzi, in qualche modo rientrare in caserma dopo essere stato con il genitore, lo aveva fatto stare peggio rispetto all’inizio di quel supplizio.

Una mattina d'inverno del suo terzo anno di arruolamento forzato, però, sotto una fitta nevicata di ceneri espulse dal vulcano Jondurthan, aveva a sorpresa scoperto di apprezzare quel genere di vita.

Imparare a utilizzare i suoi doni era stato difficile - come figlio di stirpe divina, possedeva una forza superiore ai suoi compagni, e questo aveva spesso creato delle forti gelosie, in alcuni suoi commilitoni – e aveva finito con il legare solo con pochissimi ragazzi.

Non pochi avevano detto, sia alle sue spalle che direttamente in faccia, di avere paura di lui e del suo scarso autocontrollo, della sua capacità di causare guai anche dove non se ne potevano causare e, non da ultimo, del suo legame con Sól.

Avere come nonna una divinità del fuoco non era esattamente cosa comune, neppure su Muspellheimr, e questo aveva causato non poche difficoltà.

Sthiggar aveva dovuto impegnarsi strenuamente per far comprendere ai suoi compagni quanto, la sua mezza divinità, fosse più un impedimento che un vantaggio.

Solo il tempo gli aveva concesso di annoverare tra i suoi commilitoni pochi, ma veri amici ma, per la maggioranza di essi, l’atteggiamento sospettoso e restio a fidarsi era rimasto.

A lungo andare, però, Sthiggar vi aveva fatto l’abitudine e, forte delle poche – ma care – amicizie che aveva saputo farsi,  si era dato da fare per scacciare almeno dal suo comandante l’idea che lui fosse un perdigiorno, o peggio, un raccomandato.

Col tempo, non soltanto i modi grezzi e spicci di Yothan avevano iniziato a piacergli, ma anche il rigido e spartano modo di vivere della caserma era entrato dentro di lui, dandogli parte dell’autocontrollo che, da sempre, aveva invano cercato. 

Poco alla volta, gli estenuanti allenamenti di spada, giavellotto e corpo libero gli erano divenuti propri, mutandolo in qualcuno di più simile alla sua forma ideale, e la gestione delle sue energie era andata migliorando.

A ogni nuovo permesso, era perciò tornato a casa del padre con una sicurezza e una maturità sempre nuove e maggiori, forte dei traguardi ottenuti e dell'appagamento che gli stava dando la vita militare.

Di questo, suo padre si era dichiarato più che lieto; fin dall'inizio, infatti, la decisione del figlio di arruolarsi gli era parsa strana, oltre che davvero imprevista. Vedere invece Sthiggar così fiero dei suoi mezzi e sì, finalmente appagato da qualcosa che non fossero i guai che combinava, lo aveva rasserenato.

Come promesso al re, Sthiggar non aveva mai menzionato al padre cosa lo avesse realmente spinto verso la vita militare, pur se il giovane poteva immaginare che il padre avesse infine compreso la verità. Dopotutto, Snorri non era uno sprovveduto, e conosceva bene suo figlio.

"Hai pensieri profondi, ragazzo?" domandò a un certo punto Yothan, giungendo silenzioso alle spalle di Sthiggar e strappandolo ai suoi ricordi.

Questi si volse, Sthigg sorrise appena al suo comandante, dopodiché tornò in contemplazione dell'agitato mare di lava che lambiva le coste della penisola. 

Quel giorno, il vento sembrava essersi preso una pausa, perciò la brezza calda che spirava da quell’oceano immenso di roccia fusa non era molto fastidioso.

"Stavo rammentando la scalata del monte Kytro mentre ripercorrevo gli anni passati qui con voi, comandante. Abbiamo davvero rischiato l'osso del collo, quella volta" chiosò Sthiggar, ghignando al suo indirizzo.

Grattandosi una guancia barbuta, l'uomo assentì leggermente, ammettendo: "Beh, di certo non avrei mai immaginato che, contemporaneamente alla nostra scalata, si sarebbe abbattuta su di noi una tempesta di cenere, una colata di lava un lahar1 proveniente da un vulcano a monte rispetto a quello che noi stavamo scalando. Ammetto che erano un po' troppe variabili a nostro svantaggio."

Ridacchiando, Sthiggar celiò: "Un po'? Ammettete pure che abbiamo portato a casa il culo per puro miracolo!"

"Vero, vero. Perdemmo Wilthan, per colpa del lahar. Aveva preso davvero una paura del diavolo, quella volta" accennò una risatina Yothan, ripensando a quegli eventi davvero drammatici, pur se finiti bene per tutti loro.

Sthiggar ricordava bene il suo ex compagno di lotte. Wilthan era sempre stato il collante del gruppo, colui che tutti - anche i più riottosi - seguivano volentieri ma, suo malgrado, si era imbattuto in qualcosa per cui il suo coraggio non era bastato.

Il lahar che li aveva investiti aveva quasi del tutto distrutto l'animo di Wilthan che, il giorno seguente a quell'ascesa disastrosa, si era ritirato dall'esercito per poi chiudersi in un Tempio di Studio dei Sacri Scritti.

Da quel che gli aveva detto suo padre - che era a capo della Congregazione degli Studiosi della Fiamma - l'amico era diventato Sacerdote delle Fiamme Dorate di Sól, il primo grado di studi per poter puntare a divenire Gran Sacerdote.

"Mio padre mi ha detto che farà carriera in fretta. Sembra molto portato per la teologia" chiosò Sthiggar, tornando serio. "Ammetto che però mi manca, a volte."

"Perché sapeva tenere a freno la tua lingua lunga meglio di chiunque altro" celiò il comandante, dandogli una pacca sulla spalla. “La verità è bella, Sthiggar, ma a volte devi pensare a essere diplomatico. Non puoi sempre dire quello che ti passa per la testa, senza filtri tra cervello e bocca. Ancora mi stupisco che il re non ti abbia fritto il culo, prima di venire assegnato a me.”

"Ci avrà pensato almeno in una ventina di occasioni, io credo” convenne Sthiggar. “Ma spero di essere migliorato, almeno un po'. Dopotutto, non mi caccio più nei guai da almeno otto anni" ammiccò a quel punto il giovane soldato, facendo sorridere divertito il suo comandante.

"Non cantar vittoria troppo presto, cadetto. Manca ancora un anno e mezzo alla fine del tuo periodo di addestramento, e posso sempre cambiare idea su di te e prolungare la tua ferma per altri tre anni" gli rammentò il comandante, battendo una mano sulla sua spalla.

"Non mi dispiacerebbe" replicò Sthiggar, sorprendendolo non poco. "Forse, dopotutto, cacciarmi nei guai mi ha fatto capire chi dovevo diventare in realtà."

"E quindi, cosa ti ha insegnato il mio Villaggio Vacanze?" domandò curioso Yothan, facendolo sorridere divertito.

"Stenterei a vederlo come tale, comandante ma, parlando seriamente, dico che mi trovo bene nelle vesti del soldato. Nella mia vita mancava una disciplina ferrea che riuscisse ad addomesticare il mio carattere riottoso, e uno scopo che mi spronasse a migliorarmi, e qui li ho ottenuti entrambi."

"Uno scopo?" replicò Yothan, ora dubbioso.

Sorridendo appena, Sthiggar ammise: "Mio padre è sempre stato molto indulgente, con me, forse perché soffrii molto per la perdita di mia madre quando ero un bambino. Il sovrano, per parte sua, ha sempre sopportato più del necessario le mie birichinate, e anche questo ha contribuito a non rendermi pienamente cosciente di quanto io stessi in realtà facendo soffrire chi avevo intorno. Qui, invece, ho compreso cosa fosse veramente importante, che ruolo mi spettasse come nipote di Sól."

"Un pensiero maturo in te, ragazzo?" ironizzò Yothan, pur se segretamente lieto di udire quelle parole.

Sthiggar rise della sua incredulità e annuì, asserendo: "Prima di andarmene dalla Capitale, vidi mia cugina Hildur piangere per me, e questo mi fece soffrire molto perché sapevo che quel pianto lo avevo causato io. Non voglio più vedere nessuno piangere a cagion di un mio errore."

"E' una promessa difficile da mantenere" gli ricordò il comandante, accigliandosi.

"Lo so. Ma mi impegnerò con tutto me stesso per portarla a buon fine" assentì sicuro di sé Sthiggar prima di levare una mano verso il mare agitato, concentrarsi sulle correnti di energia che fuoriuscivano dal terreno e convertirle in catene di atomi legati tra loro per controllare il flusso lavico.

Come sotto la spinta di una mano gigantesca, le onde di roccia fusa si bloccarono, defluirono dai bordi della scogliera su cui si trovavano e si levarono in una colonna alta una decina di miriat.

Yothan stette a guardare in silenzio il modo in cui il giovane soldato metteva a frutto anni e anni passati a studiare il suo potenziale praticamente infinito e, tra sé, sorrise.

Un simile potere sarebbe stato prezioso per l'esercito di Surtr, e avrebbe messo addosso agli jotun una tale paura da rendere vana qualsiasi idea di muovere guerra contro di loro.

Come avrebbero potuto, di fronte a un simile potere, soprattutto se combinato assieme alla Fiamma Viva di re Surtr? Nessun abitante di Jötunheimr sarebbe stato tanto folle da attaccarli, conoscendo le capacità di Sthiggar.

"Molto bene, ragazzo. Davvero molto bene" dichiarò il comandante, stringendo le mani dietro la schiena e ammirando ciò che il soldato stava magistralmente compiendo coi suoi poteri.

Sthiggar sorrise compiaciuto, lasciò lentamente andare la presa sulla lava e, poco alla volta, il mare tornò a essere agitato e rombante come lo era stato prima della sua esibizione.

Esibizione che, non solo colpì Yothan, ma anche qualcuno alle loro spalle e che, non visto, si allontanò dal suo punto di osservazione dietro cui si era nascosto per masticare in silenzio il livore che stava provando.

Accettare che quel potere, quella forza distruttiva, non fosse suo appannaggio, era problema di difficile accettazione ma, forse, poteva trovare il modo di eliminare alla radice il suo tedio.

Con le armi giuste, e le persone giuste, forse Sthiggar non sarebbe più stato un callo fastidioso sotto il suo nobile piede.

Per anni aveva dovuto sopportare la sua faccia tosta, la risposta positiva dei suoi superiori a ogni suo nuovo successo mentre lui, pur se nobile e di antica stirpe, non era riuscito a ottenere gli stessi risultati.

Aveva dovuto masticare bocconi amari più volte di quante non volesse ricordare, era stato richiamato all’ordine – e punito! – per aver tentato di danneggiare un amico di Sthiggar e, alla fine, persino il padre lo aveva rabberciato.

Nessuno di loro aveva capito cosa gli spettasse davvero, come figlio di un membro del Consiglio, come nobile titolato, come erede di una dinastia dalla storia persa nei meandri del mito.

Lui non poteva essere messo in ombra dal figlio di un uomo nato, sì, dal grembo di una dea, ma della cui stirpe paterna non si poteva certo andare fieri, in quanto del tutto priva di sangue nobile.

No, Sthiggar avrebbe smesso ben presto di primeggiare. Divinità o meno che fosse.

***

Protettorati Dokkalfar – sei mesi dopo.

 

Essere richiamati sul Continente per sedare dei tafferugli non sembrava essere un compito degno della compagnia di Yothan il Terribile ma, quando Sthiggar vide effettivamente il perché di quella richiesta, non esitò un attimo a ritenerla importante.

I dokkalfar, i nani oscuri che, per concessione reale, abitavano su Muspellheimr come armaioli della corona, sembravano aver inscenato nella piccola cittadina di Rytthorer un’autentica guerriglia urbana.

Fumo alto e scuro si levava in lontananza, segno del loro passaggio nelle campagne e, quando gli uomini di Yothan misero piede nella ridente Capitale del Vasellame, trovarono ad attenderli distruzione e morte.

Un intero contingente dokkalfar aveva messo a ferro e fuoco l’intero abitato, uccidendo uomini inermi e stuprando donne di ogni ordine ed età, lasciando poi cadaveri lungo la strada a monito del loro passaggio.

Quando Yothan vide un simile scempio, non perse tempo in quisquiglie e ordinò ai suoi uomini di attaccare.

Primo fra tutti, e nipote più giovane del re, Khyddar Rehuelson si lanciò contro il nemico con la spada levata e il viso trasfigurato dal desiderio di rivalsa. Forte della sua possanza e del suo spregiudicato uso delle cavalcature da guerra che solevano usare in battaglia, non tardò a raggiungere i primi dokkalfar ma, quando egli levò mano contro di loro, avvenne l’impensabile.

Un’esplosione terribile investì il nipote del re, sbalzando il suo corpo dalla cavalcatura e lasciandolo a terra morto, deprivato di parte del volto e della spalla destra.

Quella visione sconvolse non solo Yothan, ma anche i suoi soldati che, per un attimo, interruppero l’attacco per soffermarsi sulle miserevoli condizioni del compagno.

Questo permise a diversi dokkarlfar di avvicinarsi per compiere un’autentica strage di muspell, ma l’urlo di guerra di Yothan fece riprendere a sufficienza i suoi ragazzi perché si apprestassero a combattere nuovamente.

Non da meno fu Sthiggar che, lanciandosi pieno di furore cieco contro il nemico, ne abbatté un paio prima di venire disarcionato e placcato alle spalle da un dokkalfar.

Scostando all’ultimo istante il nemico, prima che il nano potesse colpirlo con la strana arma che aveva ucciso Khyddar, Shiggar avvertì feroce un dolore al collo e, subito dopo, un’esplosione che quasi lo rese sordo.

La rabbia per l’uccisione dell’amico, unita al dolore per la ferita subita gli fecero perdere temporaneamente il controllo e questo, per la prima volta, produsse l’incanto.

Sulla sua schiena, lunghe bruciature striate emisero per lui una sentenza di unicità e, al tempo stesso, permisero a Sthiggar di padroneggiare, al pari del re, la Fiamma Viva.

Altissime lingue di fuoco si sprigionarono dalle sue mani, incontrollate e incontrollabili, mentre i dokkalfar, sconvolti, tentavano invano di sfuggire a quel potere primigenio e inaspettato.

Sthiggar le osservò – e fu osservato – con estrema sorpresa e, mentre il suo corpo sembrava ardere con lo stesso calore del pianeta, Yothan gli si avvicinò lesto per poi urlare: “Centra la tua aura con il tuo potere, Sthiggar! Puoi farcela!”

Il giovane lo fissò autenticamente spaventato ma, ancora, Yothan urlò con sicurezza: “Sei in grado di farcela, lo so! Aura e potere, Sthiggar! Devono diventare un tutt’uno!”

Il muspell assentì nonostante non si sentisse all’altezza di tale compito e, sempre trattenuto alle spalle da Yothan, cercò di controllare quell’esplosione di potere primigenio, dirottando quelle lingue di fuoco soltanto sui dokkalfar.

Ne seguì una strage senza precedenti e, quand’anche l’ultimo nemico fu divorato da quelle fiamme terribili, Sthiggar crollò a terra stremato, il collo grondante di sangue e gli occhi ricolmi di lacrime per l’amico morto.

Yothan fu lesto a controllarne le condizioni e, mentre i superstiti accorrevano per curare i feriti, il resto della compagnia controllò il perimetro per evitare eventuali attacchi a sorpresa.

Ben presto, una barella raccolse da terra anche Sthiggar ma il giovane, nel trattenere una mano del suo comandante, mormorò terrorizzato: “Cosa… c-cosa è successo?”

“E’ successo che sei stato bravo, Sthiggar, e hai ridotto al minimo le perdite. Del resto, parleremo un’altra volta, quando sarai guarito” gli promise Yothan, lasciando che i medici si prendessero cura di lui.

Non avendo più forze per mantenersi desto, Sthiggar si lasciò quindi andare a un sonno convulso e confuso, in cui realtà e finzione si fusero assieme in una singolarità senza senso e senza tempo.

Voci, grida, paura e speranza si confusero attorno a lui, mentre il sonno perdeva la sua battaglia contro la veglia, e i suoi sensi cercavano di riprendere il controllo.

Udì imprecazioni, una minaccia, delle proteste veementi e altrettanto veementi repliche. Seppe – o credette di sapere – di esserne la causa, ma gli mancò la forza di intervenire.

Quando finalmente riprese conoscenza, era passata quasi una settimana dalla morte di Khyddar e, nel chiedere notizie dei suoi commilitoni, Sthiggar scoprì di aver perso una decina di compagni, e tutti per mano dei dokkalfar.

Pur se il sollievo di non aver fatto del male a nessuno dei suoi lo colmò pienamente, gli sguardi di sospetto e terrore che si ritrovò a dover sopportare al suo risveglio lo portarono quasi a odiare ciò che aveva scoperto.

La sua pelle portava i segni della Fiamma Viva, e questo non avrebbe potuto cambiare in alcun modo. La sua schiena era indelebilmente segnata dalla prima fiammata del suo potere primigenio, e lo stesso fulgore della sua aura dichiarava a chiare lettere chi lui ora fosse.

Lo stesso Yothan glielo confermò, dopo circa una ventina di giorni dal suo ricovero in ospedale, spiegandogli inoltre perché fosse rimasto ferito dall’arma dokkalfar, e cosa avesse causato la morte dell’amico.

Nel mostrargli l’arma costruita dai nani, Yothan asserì torvo: “Quando ci siamo recati a Dakka per confiscare tutto, non hai idea di quanta attrezzatura illegale abbiamo trovato. Quei folli stavano costruendo un intero arsenale all’insaputa del re.”

“Il sovrano ha già saputo di Khyddar? I suoi familiari?” domandò a quel punto Sthiggar, tastandosi la gola dolente e pesantemente fasciata per proteggere la bruciatura innaturale causata dall’arma dei nani.

Yothan assentì con un sospiro, ammettendo: “Non so dire chi dei due mi sia apparso più triste e addolorato, se il re o il padre di Khyddar, il nobile Mikell.”

“Surtr è stato qui?” esalò sorpreso Sthiggar.

Annuendo, Yothan asserì: “Ha accompagnato personalmente il cognato con il suo cocchio dorato guidato da quattro dei più bei ragnhild che io abbia mai visto e, per tutto il tempo, ha sorretto il nobile Mikell mentre riceveva con tutti gli onori le spoglie del figlio.”

Sospirando, Sthiggar chiuse per un istante gli occhi e mormorò: “Avrei tanto voluto porgergli le mie condoglianze.”

“Ho spiegato loro cosa è successo, e re Surtr è passato in infermeria per vederti” ammise a quel punto Yothan, sorprendendolo ulteriormente. “Ha saputo della Fiamma Viva ed è molto orgoglioso di te, oltre che del fatto che tu ti sia dimostrato capace di contenerla nonostante fosse la tua prima volta.”

“Non ho ammazzato nessuno solo grazie a voi, comandante, non certo per mio merito” sospirò a quel punto Sthiggar, reclinando mesto il capo.

“E’ sempre così, per ogni Fiamma Viva. Ma ne riparleremo più avanti, quando tu starai meglio e avrai terminato il tuo addestramento” lo rassicurò Yothan, battendogli una mano sulla spalla.

Il giovane assentì ma, nello scrutare alle spalle del suo comandante, da cui era visibile il cortile della caserma e, così, anche i suoi compagni in schieramento di riposo, mormorò roco: “E i miei compagni? Riparleremo anche di loro?”

Yothan comprese immediatamente cosa volesse dire, e cosa stesse vedendo il giovane soldato in quel momento.

Paura, rabbia, risentimento… gelosia.

La scoperta della Fiamma Viva di Sthiggar aveva causato tutto questo e altro ancora, e non pochi nobili della Capitale si erano rivolti a Yothan, indispettiti, reclamando spiegazioni in merito e rassicurazioni sulla sicurezza dei propri figli.

Come se essere un soldato dell’esercito fosse una semplice scampagnata tra i boschi!

Yothan aveva speso parole benevole sul suo sottoposto, sottolineando non solo la capacità di Sthiggar di trattenere la fiamma, ma altresì di come avesse impedito ai dokkalfar di uccidere i loro preziosi figli.

Ciò sembrava non essere bastato, però, perché numerose lettere di protesta erano giunte sulla sua scrivania, aventi tutte come argomento principale Sthiggar Glenrson. Yothan aveva demandato al re per almeno una di esse e il sovrano, suo malgrado, era dovuto intervenire durante una seduta del Consiglio Reale. Nella lettera di un membro consigliare, infatti, si parlava della follia del giovane Glenrson, e di sue presunte colpe in merito alla morte di Khyddar.

Per mettere a tacere quelle insulse e becere chiacchiere che, come fuoco nella steppa, stavano circolando in merito alla pericolosità del giovane, il re non aveva lesinato con le parole.

I membri del Consiglio non erano stati affatto felici di essere stati richiamati all’ordine ma, non avendo per le mani nessuna prova effettiva del pericolo insito nell’avere una seconda Fiamma Viva sul pianeta, si erano astenuti da altre requisitorie.

Yothan, però, temeva che quel serpeggiare maligno che circondava il giovane muspell non sarebbe andato scemando, con il tempo, perciò era vitale che Sthiggar imparasse a padroneggiare quanto prima la fiamma.

La sua guarigione e il termine del suo addestramento dovevano venire prima di qualsiasi altra cosa, però, perciò Yothan lasciò il giovane con la promessa di tornare a trovarlo e, ciò detto, si allontanò.

Una volta al di fuori del reparto ospedaliero della loro caserma, per ogni buon conto, chiamò a sé uno dei suoi sottoposti e ringhiò: “Un’altra voce irriguardosa nei confronti di quel ragazzo, e vi faccio deportare tutti. Vi ha salvato la vita, e non merita il vostro ostracismo!”

Il soldato reclinò subito il capo per non dover incontrare lo sguardo fiammeggiante del comandante e, annuendo lesto, si allontanò per riferire le sue ultime parole, non prima però di aver lanciato uno sguardo disgustato all’ospedale.

Checché ne dicesse il comandante, avere un’altra Fiamma Viva su Muspellheimr non poteva portare a nulla di buono e, nelle mani di uno come Sthiggar, avrebbe potuto generare solo guai.

Raggiunti quindi i suoi compagni, Trhydann Handerson lanciò un’occhiata generale ai presenti prima di ciangottare irrispettoso gli ordini di Yothan. Al suo dire così pantomimato, in molti risero beffardi, altri fecero finta di nulla mentre altri ancora, infine, replicarono disgustati con sbuffi sonori e occhiate venefiche.

Non contento, Trhydann osservò coloro che si erano mostrati in disaccordo con lui e aggiunse: “Che c’è? Volete essere i cagnolini di un pazzo? Non vi siete stancati di lustrargli le scarpe?”

“Sthiggar non è pazzo. Vorrei vedere te, se ti fosse successa una cosa simile durante una battaglia come quella che abbiamo appena vissuto! E’ stato fin troppo bravo, per i miei gusti” replicò piccato Rahdd Kahn, uno dei fidi amici di Sthiggar.

“Parli così solo perché ti ha parato il culo un sacco di volte… e scommetto che ha fatto anche altro, con il tuo bel didietro sodo e la tua faccina così elegante e raffinata” lo prese in giro Trhydann, scoppiando in una grassa risata di scherno, che coinvolse anche il gruppo di soldati di sangue nobile. “Con il fisichino esile e longilineo che ti ritrovi, potresti essere scambiato per una femmina, di notte!”

Rahdd non rispose alla pesante accusa, ma lo fece per lui Fyodr Olyghson che, con uno spintone ben piazzato, azzitttì Trhydann. Ciò fatto, gli si parò innanzi con sguardo omicida, forte di un fisico tutt’altro che segaligno, e ringhiò: “La tua è solo gelosia, perché Sthiggar è nipote di Sól mentre tu, per quanto nobile e figlio di un membro del Consiglio, non puoi vantare il suo stesso potere né tanto meno il suo valore in battaglia. Quanto ti brucia, eh, Trhyd, non avere i suoi occhi azzurri? Quanto vorresti averli ereditati tu?”

Il giovane muspell incassò il colpo, e alcune risatine di scherno aumentarono il suo disagio, tanto che un pugno si levò inaspettato e centrò il volto di Fyodr, impreparato a quell’attacco.

Ne nacque immediatamente una baruffa, a cui si unirono Rahdd e un’altra mezza dozzina di commilitoni, il tutto seguito da urla, insulti, sostegno morale più o meno feroce da ambo le parti e tanta, tantissima adrenalina spesa inutilmente.

Fu così che Yothan lì trovò, feriti e sanguinanti e con occhi che sprizzavano odio come mai, tra commilitoni, avrebbe dovuto accadere.

Con un grido che ferì le orecchie dei presenti, il comandante richiamò tutti all’ordine e, senza voler sapere né perché né chi avesse iniziato, condannò tutti al rigore per tre giorni.

Non contento, chiamò nei propri uffici sia Rahdd che Fyodr ma, una volta soli, Yothan si calmò immediatamente e, sospirando, si limitò a domandare: “Era per Sthiggar, vero?”

“Lo accusano di cose innominabili, signore” intervenne subito Rahdd, asciugandosi il labbro spaccato con un fazzoletto. “Non potevamo ascoltare e basta!”

Fyodr assentì con vigore, ma Yothan scosse il capo e replicò: “E cosa ne avete guadagnato? Che ora non potrete vegliare sul sonno del vostro amico perché siete malconci e in punizione.”

I due giovani lo fissarono turbati e Fyodr, con tono ansioso, domandò: “E’… Sthiggar è forse in pericolo?”

“Chi può dirlo? Conosco anch’io le voci che circolano su di lui, e so benissimo cosa dicono le leggende, e perché una seconda Fiamma Viva incuta così ansia e timori nelle persone ignoranti” spiegò loro Yothan con un pesante sospiro. “Proprio per questo, voi due avreste dovuto avere abbastanza cervello da non farvi cogliere in fallo a questo modo, ma tant’è. Stanchi o meno, vigilerete su di lui finché non starà meglio. Il vostro periodo di rigore lo passerete così. Nel frattempo, io stilerò un rapporto su quanto avvenuto e su chi è stato coinvolto nella rissa. E’ tutto.”

I due assentirono ma Rahdd, sulla porta, si fermò e attese che l’amico si fosse allontanato prima di mormorare: “Sthiggar non è il richiamo di Ragnarök. Lo so per certo, ma non so come cominvincere gli altri del contrario.”

“Sii suo amico, se questo ti dice il cuore, e ciò basterà per proteggerlo. Quanto al resto, sanno solo gli dèi come si risolverà” mormorò stanco Yothan. “Sei ancora certo di voler proseguire con l’addestramento? Dopotutto, tu…”

Interrompendolo sul nascere, Rahdd scosse il capo, strinse la mano sul pomolo dell’elsa della spada che portava al fianco e disse recisamente: “Sono servo fedele di Sua Maestà re Surtr, soldato scelto del suo esercito e sono qui per onorare la fiducia che il re diede a mio padre e a mia madre, tanti anni addietro.”

“So quanto possa essere difficile, per i mezzosangue, adattarsi a un regno che non si sente interamente proprio, perciò abbi fiducia nei tuoi mezzi e in me, Rahdd. Dimostrerai a tutti quanto vali, foss’anche l’ultima cosa che farò. Ora, però, raggiungi il tuo amico. Al momento ha più bisogno lui di te, che tu di me.”

Rahdd assentì con un cenno del capo, allontanandosi lesto dall’ufficio del suo comandante.

Quando Yothan fu finalmente solo, si concesse di ripensare a ciò che aveva visto a Ritthorer. No, non serviva solo una seconda Fiamma Viva, per scatenare il Ragnarök, ma le armi che avevano trovato a Dakka, oltre all’attacco dei dokkalfar su suolo muspell, non promettevano davvero nulla di buono.

 

 

 

1 lahar: colata di fango di proporzioni immani, creata dalla fusione di neve e ghiaccio sulle pendici di un vulcano.

 

 

N.d.A.: Scopriamo che Sthiggar non è solo un Gigante di Fuoco come tutti i muspell, ma possiede altresì la rarissima Fiamma Viva, la capacità di creare dal nulla il fuoco e che, oltre a lui, possiede solo re Surtr. Ne riparleremo più avanti, ovviamente, ma tenete conto che è un'abilità rarissima e molto, molto pericolosa.

  
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