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Autore: Moodymoon    29/04/2022    0 recensioni
Eleonora si risveglia in un luogo nel quale tutti i suoi sensi eccetto la vista sono assopiti, non ha ricordi del suo passato o di chi sia. Colta dalla disperazione cerca qualcuno che, in quello strano luogo in cui nulla sembra ed è normale, la possa aiutare. Gli occhi violacei di Eleonora incontrano quelli ambrati di Colin, lui sembra l'unico che possa aiutarla, l'unico che possa parlare in quel posto e la aiuterà ad affrontare un viaggio in cerca dei suoi ricordi. Qualcosa però durante il viaggio cambia tra i due, entrambi sono legati da una coincidenza, un destino che li ha portati ad incontrarsi dove nulla è
ciò che dovrebbe, riusciranno a ritrovarsi anche dopo che Eleonora saprà la verità sulla sua condizione?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Iniziarono a camminare affianco al fiume, verso il punto in cui il fiume moriva in un lago tramite un cascata, scendendo verso quella che pareva essere una valle: l’erba verde si alternava a grosse pietre, sassi, ciottoli, ramoscelli e papaveri; vi erano diversi cespugli di bacche e mirtilli, le lepri scappavano dalle volpi dalla coda foltissima, gli alberi imponenti erano frastagliati da nidi e insetti; tuttavia nulla emetteva suono, né le foglie che frusciavano sull’erba, né gli uccellini nonostante muovessero il becco, né le lepri che correvano. Nonostante ormai vi si stesse abituando, Eleonora provava un forte senso d’inquietudine per tutto ciò che la circondava, quindi si fece un po’ più vicina a Colin, lui a quel gesto sembrò insicuro sul da farsi ma poi le porse il braccio e lei vi si avvinghiò inquieta; camminarono in silenzio per quelle che sembrarono ore, fin quando non arrivarono ad un sentiero di ciottoli bianchi e marroncini, quindi lo imboccarono e presero a camminare più velocemente.
Il silenzio fu rotto da Eleonora: “A cosa pensi?”
 “A nulla" rispose sereno Colin
“Eppure sembri perso nei pensieri, mi piacerebbe conoscerli, io non so a cosa pensare, vorrei pensare alla mia vita ma non la ricordo”
“Vuoi che ti dica ciò che penso? E a che scopo?”
“Per conoscerti"
 “Perché?”
“Non so, se ti dà fastidio fa finta che non lo abbia proposto" disse Eleonora infastidita dal comportamento di lui.
“Oh non posso, ormai l’hai fatto, comunque non mi irrita la tua domanda o il fatto che sia tu a porla, mi irrita parlare della mia vita, non mi piace"
“Eri tu il bambino che ho visto?”
“Si"
“Qualcuno ha infranto i tuoi sogni?”
“Hanno impedito che me ne creassi in realtà"
“Chi?”
“Io, nascendo”
"Che vuoi dire?”
“Voglio dire che- senti non ti riguarda!” Colin aveva alzato il tono della voce.
“D’accordo non ne vuoi parlare, ho recepito il messaggio. Scusa se volevo sapere qualcosa di te, non serve urlarmi contro però!”
Poiché Colin aveva cominciato a tremare Eleonora gli si fece vicino, gli accarezzò dolcemente le spalle e ne accompagnò la testa sul suo petto; lui era così alto, risoluto, enigmatico, però in quel momento le sembrava solo essere un bambino triste e solo. Quando Colin tornò in sé e si rese conto di ciò che stava accadendo, si allontanò violentemente, quasi fosse stato bruciato.
“Non provarci mai più”
“Io, volevo solo… scusami, mi ero dimenticata che odi gli abbracci o questo genere di contatto”
Ripresero a camminare silenziosi fino a quando Colin si fermò di colpo e le si bloccò di fronte, poggiò la fronte su quella di Eleonora, le sue ciocche biondo cenere le sfiorarono il viso e le pose una mano fra i capelli neri come la pece. Le gote di Eleonora si tinsero d'un leggero rosa mentre contemplava lui che anche se senza parole sembrava si stesse scusando.
“Non riesco più di così”
 Rimasero un tempo che sembrò infinito in quella posizione, poi Colin si scostò e imboccò un sentiero stretto, dal terreno frastagliato di rami e foglie secche che piano piano si addentrava in un bosco, sempre di più, fin quando non si trovarono circondati di alti e fitti alberi che non permettevano neanche ad un timido raggio di sole di passare creando un'oscurità tale da far sembrare che all’esterno fosse calata la notte. Dei piccoli arbusti si agitavano per farsi spazio tra gli alti abeti che li imprigionavano tra le proprie radici, radici che persino i fiori non osavano tentare di oltrepassare, rimanendovi nascosti sotto. Quel posto creò un’inquietudine sempre maggiore in Eleonora, non capiva come il paesaggio fosse cambiato così tanto, tanto che guardando dietro sé neanche vide l’uscita da quel bosco e questo le portò alla mente un ricordo: sono arrampicata su un grosso albero e un uomo alto, dalle spalle larghe e i capelli castani, mi chiama dicendomi di gettarmi sulle sue braccia e che mi avrebbe sicuramente presa…
Colin l’aiutò ad alzarsi da terra mentre lei continuava a tremare, non capiva perché ma quella volta il ricordo le provocò dei violenti tremori, talmente forti da costringerla sul terreno brullo e più si concentrava sulla figura di quell’uomo, più la testa le doleva, tanto da sembrare che qualcuno stesse cercando d’aprirgliela. Iniziò ad avere dei violenti spasmi, continuò a tremare, poi ricordò anche qualcos’altro: un uomo in blu, con delle medaglie al petto, con un cappello dritto in mano e con un atteggiamento stoico e impassibile, parla con espressione compassionevole ad una donna e la donna scoppia in lacrime cadendo a terra…
Eleonora non capì cosa i ricordi le stessero suggerendo, ma si sentì come se qualcuno le avesse strappato l'unica ragione per poter sopravvivere. Cominciò ad urlare tremando, fin quando Colin le prese il viso e poggiò nuovamente la fronte sulla sua: le lacrime si scatenarono, gli urli spezzarono il silenzio e dopo un po’ lei fece scivolare stanca la fronte sulla spalla di lui; Colin s’irrigidì e fu quasi sul punto di scostarla da sé ma si trattene dal farlo vedendola tremare ancora.
“Andrà tutto bene, capiremo tutto, ti aiuto io"
“Non so quale sia il significato di tutto questo dolore, ma credo che in questi miei ultimi ricordi si nasconda qualcosa di significativo o non me lo spiego"
“Sopporta il dolore e concentrati sulla cosa del sogno che fa più male"
“Non ce la faccio ora ho la mente vuota e il cuore infranto, ma non so perché. Sento come se qualcuno me lo stesse stritolando" Colin non proferì parola, la fece mettere in piedi, la guardò meglio occhi e le sussurrò di chiuderli e concentrarsi.
Eleonora lo fece, sentì il corpo intorpidito e immobile, sentì i capelli come fossero appoggiati a qualcosa e le si appiccicassero alla nuca, sentì gli occhi pesanti, le labbra secche, si concentrò su quelle sensazioni, guardò dentro di sé e provò a ricordare qualcosa, si concentrò su quell’uomo con delle medaglie al petto: Ha una faccia seria, triste ma non troppo, i segni di un viso abituato alla stanchezza, cala la testa mantenendo un atteggiamento stoico e tra le medaglie ne porta una d’onore, è un soldato, no, è più di un semplice soldato; quell’uomo sta consegnando una divisa alla donna, le poggia la mano sulla spalla, pronuncia delle parole che sembrarono bruciargli la bocca e che sembravano essere “Mi dispiace signora… non c’è stato niente che potessimo fare" e a quel punto la donna crolla sul pavimento di legno, con viso stremato dalle lacrime, con la divisa d’un soldato tra le mani, urla un nome, qualcosa che inizia per M, ma gli urli sono talmente pieni di singhiozzi da non capirci nulla, sembra che le stiano tagliando la gola da quanto siano forti e rauche quelle grida di dolore. Eleonora si concentrò sempre di più per ricordare quel nome, sapeva che fosse importante, né era sicura, ma non riusciva a ricordare e per sforzarsi tremò così tanto che le cedettero le ginocchia e quasi cadde rovinosamente a terra, ma Colin la scorresse in tempo, strinse la presa sulle sue braccia e lei gli artigliò le spalle e poggiò la testa nuovamente sulla sua spalla: “MANUEL" Urlò disperata Eleonora.
“Manuel?” chiese Colin.
“Io non so chi sia ma… ho ricordato di un albero in cui da piccola mi sono arrampicata e di un uomo che ero sicura mi avrebbe presa; poi di un altro uomo, con delle medaglie e la divisa d’un soldato tra le braccia, che diceva ad una donna che non c’era nulla da fare e la donna crollò a terra e urlò un nome, ed era Manuel. Ma non sento che Manuel sia lo stesso del ricordo dell’albero. E non so perché ma ho sentito come se il cuore mi venisse stritolato"
“Chi erano la donna, Manuel e quel tizio, che collegamento avessero con te, lo scoprirai un’altra volta, per ora sei stata brava, non sforzarti più di così. Perché ora non fa più male il tuo cuore?”
“Non lo so, so solo che farmi stringere da te mi ha fatto resistere anche se mi hai fatto male, in qualche modo era una bella sensazione"
“Sei una masochista per caso?” disse Colin con un sorrisetto divertito.
“Che idiota, ti sembra il momento?" Eleonora tolse la testa dalla spalla di lui e Colin le asciugò i lacrimoni dagli occhi raccogliendo le lacrime sul pollice, Eleonora quindi non disse nulla, si sentì la testa pesare, iniziò a sentire quel suono costante e lento: bip… bip… bip… bip… E si addormentò crollando all’indietro.
Colin le poggiò la propria felpa sotto il capo ed iniziò ad interrogarsi su ciò che lei gli aveva rivelato d’aver ricordato: un uomo con delle medaglie che porta la divisa d’un soldato in casa d’una donna dicendole che non c’era stato niente che potesse fare; per lui era ovvio che si trattasse della morte di un soldato e la notizia era stata data a questa donna, la donna aveva urlato il nome “Manuel", quindi il soldato probabilmente morto in battaglia era Manuel, ma che rapporto aveva lui con Eleonora? Poi lei aveva ricordato di un uomo che cercava di farla scendere da un albero su cui si era arrampicata da bambina. Colin osservò il viso di Eleonora mentre dormiva con espressione tormentata: Perché non sparisci? Perché quando torni indietro non sparisci? A meno che -balenò tra i pensieri di Colin- lei non torni affatto.
Erano già passati almeno dodici giorni da quando lui l'aveva trovava e lei non spariva mai, quindi Colin realizzò, capì cosa stesse succedendo, o meglio lo capì in parte.
“Sono così stupido”
Forse non aveva ricordi perché erano talmente dolorosi da non poterli sopportare o forse per un fattore esterno. Tuttavia non riuscì a capire perché lei fosse lì, non aveva senso, non sembrava essere fantasia, era così reale da star male, sentiva tutto ciò che sentiva lei, provava tutto ciò che provava lei, percepiva la sua ansia, il suo malessere e anche il suo batticuore; quindi non poteva essere solo fantasia.
“Scusami se non avevo capito, mi dispiace" Lo chiese all’Eleonora dormiente, le guardò gli occhi chiusi e la bocca gonfia e rossa a causa del pianto e d’improvviso la vide: Bianca e pallida in un'asettica e fredda stanza, con le labbra pallide, due profonde occhiaie viola sotto gli occhi del medesimo bellissimo colore, ma privi di vita, spenti; la vide ciondolare in una via isolata, entrare in una lugubre catapecchia abbandonata, stringere la mano a qualcuno e dirigersi verso degli scattanti occhi neri su d'un viso affilato.
“Ma che hai combinato...” sussurrò nuovamente mentre lei dormiva, accorgendosi che in quel luogo era notte e che quindi era ora per lui di tornare.
Non riuscì ad accarezzarla, non riuscì a toccarla, ci provò ma rimase bloccato, quindi le si sdraiò vicino stringendole la mano. Non sapeva perché ma quella ragazza gli provocava la stessa sensazione che provocò in lui la sonata 18 di Mozart la prima volta che l'affrontò: doveva suonarla, nonostante la sua difficoltà, forse proprio per la sua difficoltà. Così si sentiva nei confronti di quella ragazza: doveva capirla, doveva coglierla nonostante sembrasse impossibile, era insensatamente e inscindibilmente legato al desiderio di conoscerla ed averla tra le braccia, gli sembrava così piccola da poterla spezzare con una pressione troppo forte. Chiuse gli occhi e li riaprì poco dopo nel solito letto…
   
 
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