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Autore: Ahiryn    02/05/2022    3 recensioni
Kieran Reed è un soldato con poche certezze nella vita, ma nessuna più ragionevole del: “mai fidarsi di Silas Vaukhram”. Non ha vissuto gli ultimi sette anni della sua vita a dare la caccia a quel bastardo per divertimento personale. Non lo ha trascinato di fronte alla giustizia sperando di cambiare idea. Nossignore. Ha fatto tutto questo per rimediare a un errore, il fatale errore di essersi fidato. Perché Silas è un traditore, un assassino, un bugiardo e la persona di cui più diffida al mondo.
Sfortunatamente è anche la sua unica speranza.

*steampunk / enemies to lovers*
[Rating arancione ma salirà a rosso più avanti]
~ Aggiornamento ogni Domenica - Lunedì ~
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Tempismo

XVII
 

La donna di fronte a lui indossava l’uniforme in modo impeccabile, i bottoni dorati luccicavano nella cabina in penombra. Era sera e l’Amaranta solcava le nuvole indisturbata. Era uno degli ultimi modelli di aeronavi, più piccola e dinamica, veloce e meno rumorosa.
‒ Mi avete fatta chiamare, generale?
La voce della tenente arrivava quasi ovattata. William posò il sigaro nel posacenere, seduto sulla poltrona vicino all’oblò. Una luce opaca illuminava il suo angolo e il piccolo comodino in mogano su cui era poggiato un bicchiere di brandy. L’altro angolo invece era nel buio, ma luccicavano gli occhi dorati di Ulric.
William riaprì il fascicolo che aveva di fronte a sé e girò alcune pagine. ‒ Mi dispiace molto di avervi portata con me, tenente, ma purtroppo non potevo fermarmi troppo nella capitale e avevo urgente bisogno di parlare con qualcuno che conoscesse il maggiore senza la presenza di orecchie indiscrete.
Dalia Tucker annuì. ‒ Ma certo.
‒ Potrei avere un compito per voi, ma prima ho bisogno di sapere bene come sono andate le cose e perché il maggiore appaia irrintracciabile.
La donna raccontò per filo e per segno gli ultimi mesi, senza tralasciare alcunché. Esitò parlando del giorno dell’esecuzione e del vincolo.
‒ Dobbiamo preoccuparci, generale? Credete che gli sia accaduto qualcosa? Che la Falena lo abbia catturato?
Il generale agitò le dita e ravvivò il sigaro con un pizzico di magia. Sollevò gli occhi dal fascicolo alla ragazza. ‒ Non ancora. So che è stato visto alla stazione, probabilmente sta seguendo una pista e vuole procedere per conto proprio. Ad ogni modo ho i miei riguardi su questa storia, sono certo che le altre Gilde abbiano mandato cacciatori di taglie e sicari alla ricerca del giovane Vaukhram, è una preda troppo appetibile sia politicamente che economicamente. La nostra destinazione è Porto Ruggine, da lì vorrei che voi iniziaste a indagare con discrezione sui movimenti delle altre Gilde.
‒ Porto Ruggine? ‒ domandò, confusa. ‒ Perché non i Moli Celesti?
‒ Ho un presentimento che la Falena passerà da lì, ma con i suoi mezzi non potrebbe mai attraccare ai Moli Celesti. Inoltre la città è un punto nevralgico per le Gilde, ci saranno molti movimenti. So che hai partecipato a diverse operazioni sotto copertura, hai esperienza in questo.
La ragazza annuì con vigore, le braccia dietro la schiena. ‒ Potete contare su di me, generale.
‒ Bene, sono felice di sentirlo. Parleremo durante il viaggio dei dettagli della tua missione, per ora riposati.
La ragazza si congedò, ma prima di uscire trovò il coraggio di porre una domanda. ‒ Signore, se il vincolo fosse ancora attivo, che cosa ne sarà di Kieran?
William le sorrise nel modo più rassicurante che conosceva. ‒ Non permetterò che gli facciano del male. Hai la mia parola.
Dalia ricambiò il sorriso e uscì dalla sua cabina.
Il generale accavallò gli stivali lucidati della divisa e richiuse il fascicolo. Il brandy non lo stava aiutando affatto a distendere i nervi, forse un tè sarebbe stato più appropriato.
‒ Temo che Kieran non sia stato del tutto onesto con il Ferro e che si sia infilato in qualche pasticcio. Non è mai stato particolarmente… lungimirante quando si trattava di Vaukhram.
Le sue riflessioni non ricevettero risposta. D’altronde Ulric non poteva parlare da quando la Tela gli aveva strappato la lingua per rivenderla, ma sapeva ascoltare. Sorseggiava una brodaglia verde calda e accarezzava un piccolo corvo che aveva in grembo. Le mani erano piene di cicatrici, così come il viso sfigurato. William non amava il proprio volto da quando un paio di fendenti gli avevano lasciato alcuni sfregi ben visibili, ma da quando conosceva Ulric si era sentito piuttosto sciocco per quei pensieri. Doveva essere stato splendido, prima di finire nelle mani della Tela, un mezzosangue davvero pregiato. Purtroppo anche uno dei meno fortunati. 
‒ Avrei dovuto esserci.
Ulric fermò le carezze e alzò gli occhi dorati su di lui. Occhi freddi e pieni di rimprovero, le labbra chiuse in una linea sottile.
‒ Lo so, non guardarmi così, ma se la notizia del vincolo fosse arrivata per tempo, sarei andato nella capitale molto prima.
Bevve un altro sorso e aprì un dossier diverso, molto più spesso del precedente. Titolava a lettere maiuscole il nome completo di Silas.
‒ Kieran ha mentito. Deve essersi fatto convincere dal giovane Vaukhram. Non è facile resistere a un’influenza di quel tipo.
Ulric non sembrava d’accordo e alzò appena il mento, contrariato.
‒ Ognuno di noi ha una o più debolezze, che sia l’alcool o il sesso o il gioco d’azzardo. Per Kieran è quel mezzosangue. Credevo di essere stato chiaro dopo il tradimento, ma certi vizi sono duri a morire.
Ulric mosse le dita e gli domandò se questa volta lo avrebbe denunciato.
William socchiuse gli occhi. ‒ Sai che non posso. Ma non lo perderò più d’occhio. Dovrò rimetterlo in riga, per quanto l’idea non mi piaccia. Si farà uccidere se continua così. Prima però è meglio aiutarlo, anche contro il suo volere. Avrei dovuto insistere col matrimonio, se avesse sposato quella ragazzetta dei Campbell avrebbe avuto più remore a sparire così. Ma si è opposto con una tale fermezza…
Ulric scosse la testa. Lo hai viziato.
William poggiò il mento sul pugno chiuso e osservò il sigaro con sguardo distante. ‒ Immagino che lui sia la mia debolezza.
Richiuse il dossier con un gesto secco. ‒ Prima di arrivare a Porto Ruggine faremo una sosta nelle campagne del Feldwer. Ho delle idee di dove possa essere, ma penso che dovremmo fare una visita al giovane Henry. Magari suo fratello saprà convincerlo a desistere da qualsiasi follia abbia intrapreso.
Ulric grattò la testa del corvo. Aveva dita affusolate e delicate, una corporatura alta e stretta. Ancora adesso William ignorava molti dettagli della sua storia, ma gli importava poco, era leale ed era letale, due qualità estremamente preziose.
Ci aiuterà?
‒ Chissà. Henry è molto meno… tranquillo, di Kieran. Credo che ti piacerà, è tutto il tuo contrario.
Ulric emise un grugnito infastidito, ma i suoi occhi si accesero per un attimo della tipica curiosità delle fate.
‒ Speriamo solo che per Kieran non sia troppo tardi.
 
 *
 
Non ti riporterò in cella.
Lo aveva pronunciato con una tale solennità che si sentì sciocco durante il silenzio che ne seguì. Moslon era una città abbastanza rumorosa anche di notte, ma quel giorno la tempesta copriva ogni altro suono. Il battere della grandine, i tuoni sempre più vicini e il tremare dei vetri riempivano la stanza.
Silas era immobile, il volto per metà illuminato dalla luce della candela. Si passò una mano fra i capelli con un sospiro quasi seccato.
‒ Ah sì?
La domanda uscì fuori con una punta di scherno.
Non gli credeva. E perché avrebbe dovuto? Kieran stesso faticava a credere di aver preso una decisione tanto stupida e avventata. Ma se doveva essere del tutto sincero, non era stata neanche una scelta difficile. Seguire ciò che voleva davvero non era mai difficile, per quanto pericoloso.
Osservò le proprie mani in grembo con particolare interesse, senza alzare la testa. Non riusciva a guardare Silas, temeva di essere trasparente in quel momento.
‒ Sì. Una volta annullato il vincolo, andremo ognuno per la propria strada. Quello che farai sarà affar tuo. Dirò al Consiglio e al Feldmaresciallo di averti ucciso. Troverò delle prove e le falsificherò.
Lo scetticismo di Silas appariva inscalfibile. ‒ Dunque, è questo il piano a cui hai pensato in questi giorni? Farmi credere che non mi riporterai in cella per convincermi a stare buono e a non creare problemi? Ammetto che mi aspettavo di meglio da un bugiardo della tua levatura. Devo insegnarti sempre tutto io ‒ e sospirò con fare teatrale. ‒ Una bugia deve essere credibile perché l’altro ci caschi, Reed.
Kieran lo lasciò blaterare, mentre cercava le parole per rispondere. Guardò verso la finestrella sgangherata e si concentrò sulla grandine e sulla pioggia, gli sembrava che calmassero la sua inspiegabile agitazione. ‒ Ho preso la mia decisione. Puoi crederci o no, non m’importa ‒ ribadì inflessibile. Si rese conto di non aver aggiunto nulla per convincerlo della veridicità delle sue parole, cercò allora di deragliare il discorso su un piano razionale e distaccato: ‒ se ti riportassi indietro, potresti parlare.
Silas si esibì in una risata finta e iniziò a camminare per la stanza. A quanto pare Kieran non era l’unico nervoso. ‒ Sappiamo entrambi che potrei dire qualunque cosa e nessuno mi crederebbe. Oltre al fatto che stavolta morirei prima di subire qualunque interrogatorio, non mi lascerebbero superare la prima notte. Ti creerebbe molti più problemi inscenare la mia morte. A quante persone dovresti mentire? Quante di queste ti crederebbero? Perché dovresti farlo? Perché vorresti mai lasciarmi andare dopo anni d’inseguimenti e con un tale rischio? Non sempre sono un uomo razionale, ma sono pur sempre uno studioso e so valutare un accordo in termini di convenienza. Lasciarmi andare è l’opzione più rischiosa e contraddittoria per te. Non giocare con me, non ti conviene.
Kieran percepiva la propria frustrazione crescere a ogni parola. Perché doveva rendere tutto difficile? Perché doveva costringerlo a spiegarsi? Perché non poteva accettare quella concessione senza sollevare tutto quel polverone?
‒ Non userei un trucchetto così squallido per farti collaborare.
‒ Mi sembra chiaro che il tuo onore valga molto meno di quanto dai a vedere. Quasi dieci anni a sabotare ogni mia azione, a cercare lo scontro con me, e ora mi dai una pacca sulla spalla e mi dici che mi lascerai andare?
Kieran si stropicciò gli occhi. ‒ Io non ‒ si fermò prima di parlare, ma concluse la frase a stento, fra i denti, ‒ io non riesco a ucciderti.
Un tuono molto vicino fece tremare tutta la stanza, ma nessuno dei due sussultò; sembrava che non sentissero nemmeno la tempesta.
Silas non era impressionato dalla confessione. ‒ Lo so ‒ rispose, laconico. ‒ So che non ne sei capace, non sei riuscito a uccidermi nelle Steppe. Per questo mi hai consegnato al Consiglio, perché lo facessero loro al tuo posto.
Non credeva che lo avesse capito, ma d’altronde non poteva ingannarlo come ingannava gli altri. ‒ Hai ragione, è così. Ma ho capito che non cambiava nulla, che ti giustiziasse il boia o la mia spada, ero sempre io a ucciderti. Non voglio essere la causa della tua morte.
Si sentì sollevare per il colletto, non fece resistenza e si ritrovò faccia a faccia con Silas. ‒ Mi prendi per il culo? L’altra sera mi hai trattato come spazzatura, hai detto che ti saresti goduto la mia esecuzione. Tu volevi uccidermi, lo hai voluto per anni ma non hai avuto il fegato. Questo non ti rende migliore, ti rende solo debole e patetico.
Kieran staccò con delicatezza le sue mani dal proprio colletto e indugiò sulla pelle di Silas più di quanto avrebbe voluto. Non aveva più sfiorato quelle dita e si sorprese a sentirle così indurite e piene di calli. Da ragazzo erano molto più morbide.
Silas tolse le mani bruscamente, confuso da quel gesto. ‒ Non rispondi? Lo sai che ho ragione, sei un indeciso, un codardo e una banderuola. Non hai spina dorsale, non sai prendere una decisione se non ti viene ordinata, non hai il coraggio di assumerti le tue responsabilità, di andare fino in fondo alla strada che hai scelto.
Kieran non riusciva a rispondere. Era davvero trasparente allora, e Silas non sembrava intenzionato ad avere pietà. La sua voce era carica di rancore, ma c’era anche qualcos’altro, il suo corpo tremava di rabbia e di agitazione.
Gli assestò una spinta. ‒ Dì qualcosa! L’altro giorno ne avevi di cose da dire su di me, su ciò che valgo, su quanto avresti goduto a vedermi morire. E oggi ti presenti tutto remissivo e cerchi di addolcirmi con questa stronzata. Pensi di potermi prendere in giro come prendi in giro tutti, di potermi manipolare, ma io so chi sei davvero.
‒ E chi sono davvero, Silas?
Gli prese il mento e lo tirò avanti. Guardava le sue labbra. ‒ Sei una puttana, Reed. Molto più di quanto lo sia io. Ti vendi al miglior offerente e combatti per lui. Calpesti il tuo onore ogni volta che ti conviene, ti rimangi le promesse, anche quelle che fai a te stesso, se può servirti a ottenere qualcosa che ti serve. Usi le persone e ti lasci usare in cambio di favori. Questo ti frustra e ti fa provare disgusto per te stesso, perciò sei pieno di rabbia, ma da bravo irresponsabile quale sei, la rivolgi sempre contro gli altri, mai contro te stesso.
Avrebbe dovuto sentirsi annientato da quelle parole, ma per qualche motivo gli davano sollievo. Forse era del tutto impazzito, ma c’era un che di rassicurante nel sapere che almeno una persona nel mondo non lo credesse più di ciò che era.
Cercò lo sguardo di Silas stavolta, che gli lasciò andare il mento con un verso di disappunto e si allontanò, distogliendo gli occhi.
Silas sapeva essere crudele, ma era evidente che quell’atteggiamento fosse una difesa. Non per questo le sue parole ferivano meno.
‒ Mi dispiace per come mi sono comportato l’altra sera. Ho perso il controllo, perché tu hai toccato argomenti personali.
‒ Cercavo solo di –! ‒ si mangiò la fine della frase con frustrazione.
‒ Di aiutarmi ‒ concluse secco Kieran con un’espressione rassegnata. ‒ Perché? Non vale lo stesso discorso per te?
‒ Ti ho spiegato il perché. Solo perché sei un nemico non significa che debba essere disumano con te, che non possa mostrarti rispetto. Ma tu hai dovuto sputare e calpestare il mio intento, hai dovuto trascinarmi al tuo livello di odio, rancore e crudeltà, dove esiste solo scorrettezza e disprezzo.
Kieran non si era aspettato che la discussione andasse così. Aveva sempre pensato a Silas come a una persona cinica, ma si rendeva conto in quel momento che era lui a esserlo.
Per un attimo provò una sensazione di estraniamento da sé stesso, come se non si riconoscesse. Ripensò all’Iniziazione, a quando aveva messo tutto a repentaglio per salvare degli sconosciuti, quando si era disperato per il cinismo di Silas di fronte a quella violenza.
Perché ora era lui il freddo bastardo?
Henry aveva ragione: era cambiato e in peggio.
‒ Sono davvero pieno di rabbia e un bugiardo, sono tutto ciò che hai detto. Non puoi neanche immaginare quanto… per questo niente di quello che ti ho urlato l’altra sera era vero.
Silas aprì le braccia. ‒ Sai quanto m’importa di quello che urli da ubriaco, i tuoi insulti non mi toccano. Sono le tue intenzioni a preoccuparmi.
‒ Sei libero di non credermi. Non cambia nulla. Hai detto che agisco solo per il mio tornaconto ed è così anche in questo caso.
‒ Non otterresti nulla lasciandomi andare.
Scosse la testa. ‒ Ti sbagli.
Silas aveva uno sguardo irritato e confuso, forse perché non riusciva a seguirlo. ‒ Pensi che io sarò in debito con te o qualche idiozia simile?
‒ No. Ma per una volta le cose andranno come io voglio.
‒ Come tu vuoi ‒ ripeté Silas, asciutto. Si inumidì le labbra e scrollò le spalle. ‒ Questa conversazione è inutile, sono stanco e voglio riposarmi.
‒ Perché è così difficile da credere?
Silas non rispose, i suoi occhi cerchiati da occhiaie erano persi in qualche elucubrazione. La rabbia era ancora lì, ma stava subentrando una malinconia che preoccupava Kieran ancora di più.
Anche lui… anche lui ha paura di cedere con sé stesso.
Riusciva a vederlo; fin dall’inizio di quel viaggio Silas aveva avuto piccoli cedimenti nei suoi confronti, perché erano sempre stati uguali in quello. Kieran aveva rotto quel silenzio complice, quelle concessioni reciproche che avevano avuto durante il viaggio.
Doveva insistere affinché gli credesse, sentiva che era importante, che era l’unico modo per continuare il loro viaggio e uscirne vivi.
Gli afferrò un braccio. ‒ Avevi ragione tu. La dignità non va negata neanche a un nemico. Ma io non riesco neanche più a considerarti come tale. Chi voglio prendere in giro? In questo momento sei il mio unico alleato.
Silas lo spinse indietro con un gesto brusco. Aveva gli occhi spalancati. ‒ Ma cosa stai dicendo? Hai battuto la testa? Hai bevuto di nuovo o sono le esalazioni di questa città?
‒ Sono in me, non preoccuparti. Ti sto parlando seriamente.
Non sembrò credergli e lo studiò, quasi preoccupato. ‒ Sei in te? Non farmi ridere. Perché non diresti mai certe frasi con lucidità. Non pensi sia tardi per questo? Se avessi vinto io alle Steppe, ti avrei ucciso.
‒ Lo so.
La propria risposta gli scatenò quasi una risata, visto che pochi minuti prima la sua ammissione di non riuscire a ucciderlo aveva suscitato la stessa risposta.
Silas sembrava smarrito. ‒ Allora come fai a definirmi un tuo alleato?
Kieran si massaggiò appena l’attaccatura del naso. ‒ Non so risponderti. So soltanto che sto meglio quando non ti odio. Quanto tu… non mi odi. È umiliante dopo tutto ciò che è successo, lo è ‒ e rise senza allegria. ‒. La verità è che non posso e non voglio controllarti, non voglio più decidere della tua vita e della tua morte, non dovrebbe… non dovrebbe spettare a me accidenti! Perché io non sarò mai oggettivo con te, posso sforzarmi con tutte le mie forze di essere distaccato, implacabile, ma non ci riesco, non sarò mai così. Non sarò mai lucido con te. Hanno lasciato che mi avvelenassi per darti la caccia, che mi riempissi di rabbia, nessuno mi ha fermato, nessuno mi ha chiesto se volessi fermarmi. Non dovevo essere io a braccarti, è stato un tormento senza fine. Ma tutti se lo aspettavano da me, e io pensavo in qualche modo che fosse compito mio. Non mi è mai importato della Legione o del Consiglio, odio la politica. Voglio lasciar andare ogni cosa, voglio chiudere questa storia.
Cercò di riprendere fiato, ma vide Silas tentare di infilarsi nel discorso e gli parlò sopra. ‒ Io non ho i tuoi grandi ideali, io reagisco alle situazioni che ho davanti. E tu mi hai tolto una persona cara, mi hai manipolato e ingannato. Quella era la situazione che avevo di fronte a me, solo quella. Lo so che non ha senso quello che sto dicendo, non sono importanti queste farneticazioni. Ma puoi credermi se ti dico che non voglio e non posso riportarti da loro. È troppo tardi per quello.
Kieran non riusciva a smettere di parlare. A volte si sbagliava o si correggeva, si mangiava le lettere e le parole uscivano frettolose. Avrebbe voluto dare solennità a quel discorso, ma gli suonarono come vaneggiamenti. Non sapeva neanche lui che cosa volesse dire, voleva essere sincero, ma non aveva idea di come si facesse. Cercò di esprimere quello che sentiva, in piccola parte, perché decifrare il caos di emozioni che lo tormentavano sarebbe stato impossibile.
Alzò lo sguardo su Silas per capirne la reazione fino a quel momento; il Discendente appariva sbigottito, aveva gli occhi allargati come se si fosse aspettato tutt’altro.
‒ Io non capisco ‒ mormorò Silas e la voce suonò ruvida. ‒ Lo sai che non si può risolvere così. Tu mi odi, mi detesti con tutto il tuo cuore. L’ho visto nei tuoi occhi. Tu vuoi manipolarmi.
Gli venne da ridere. ‒ L’hai detto tu stesso che sono una banderuola. Ho tradito il Ferro… ho voltato le spalle a tutti, sono qui con te, invece che a chiedere aiuto al Feldmaresciallo o ai miei amici. Perché loro non devono sapere che non riesco a mettere i miei doveri di fronte a te. Se lo sapessero perderebbero ogni stima di me. Loro non capirebbero, non sanno cosa voglia dire avere a che fare con te. Non è qualcosa che può lasciarmi indifferente. Non voglio ucciderti, non voglio più combatterti e non voglio neanche ricostruire un rapporto con te. Voglio lasciarmi alle spalle tutto, concludere il viaggio e continuare con la mia vita.
Silas fece un passo in avanti, venendogli troppo vicino. Quegli occhi fatati erano sempre stati il tormento più grande, il modo in cui si puntavano su Kieran, come se lo inchiodassero dove si trovava. Un tempo bastava che quelle iridi si posassero su di lui per mandarlo in subbuglio. Ora riusciva a sostenerle, ma non ne usciva mai indenne.
‒ La tua vita ti porterà ancora a scontrarti con me, lo sai. Forse la Legione non mi perdonerà e forse non recupererò la mia magia, ma non smetterò di lottare per ciò in cui credo. Non mi ritirerò in una fattoria a mungere mucche e a vivere d’agricoltura.
‒ Ma forse è quello che farò io.
Silas lo osservò come se fosse del tutto impazzito. ‒ Eh? Sono i temporali che ti spingono a delirare o cosa? Vuoi dirmi che ti ritireresti?
‒ Non sono affari tuoi.
Non mollò la presa. ‒ Ora che sei all’apice della carriera? Per piacere. E poi non funziona così, non ti lascerebbero andare via.
‒ Ci sono molti modi. Ho abbastanza soldi ora da comprarmi un titolo e vivere di rendita in una villetta modesta. In questi anni mi sono dato da fare.
‒ Tu adori essere un guerriero di Ferro.
Si poggiò contro il comodino e lasciò che le braccia gli ricadessero lungo i fianchi. Il tono scandalizzato di Silas lo divertiva. ‒ Che cosa te lo fa credere?
‒ All’Iniziazione hai detto che non avresti accettato un tipo di vita diverso.
‒ Avevo i miei motivi. La gloria mi piace, tanto, e ormai so soltanto essere un guerriero di Ferro, ma ho altre cose per cui vivere.
Silas scosse la testa. ‒ Hai perso il senno? T-tu non dici sul serio. Vuoi tirarti indietro? Perché? Per me? Sarebbe patetico ‒ vociò, offeso.
‒ Non darti troppe arie adesso. Era pianificato fin dall’inizio.
Stavolta lo vide accusare il colpo. ‒ Pianificato? Da chi?
‒ Da me e da mia madre. Ma non è importante. Non so che cosa farò, ma troverò una soluzione.
Silas espirò e iniziò a camminare per la stanza in modo frenetico. ‒ Credevo che fosse una missione per te, quella di fermarmi.
‒ E l’ho fatto.
La risposta secca affondò con estenuante precisione nell’avversario. Silas fermò la sua camminata nervosa e si voltò, i capelli sciolti lo seguirono con uno schiocco.
‒ Sì. Lo hai fatto. E poi mi hai liberato. Era una specie di gioco per te?
Kieran avrebbe voluto che la risposta fosse quella. ‒ No. Era personale. Te l’ho spiegato, perché devi fare tutta questa storia? Che cosa vuoi che ti dica ancora?
Silas allargò le braccia. ‒ Dunque mi lascerai andare e basta? Dopo anni che mi hai braccato e picchiato e ferito…
‒ Anche tu lo hai fatto.
‒ Dopo avermi quasi ammazzato e trascinato in catene di fronte a un tribunale di avidi bastardi che mi smembrassero pezzo per pezzo per usare il mio corpo.
Kieran contrasse il viso, un guizzo di rabbia lo pervase. ‒ Tu avresti fatto lo stesso.
‒ No. Io non ti avrei consegnato alla Legione per essere torturato e interrogato. Ti avrei ucciso con le mie mani, rapidamente.
Stavolta fu lui ad avvicinarsi, il volto a un palmo dal suo. ‒ Ah sì? Lo avresti fatto? Sono felice che per te uccidermi sia così semplice, dovresti darmi qualche lezione.
Silas alzò un indice di fronte al suo viso. ‒ Non farmi incazzare di nuovo, Reed. Non provocarmi, stavi andando bene. Ora non metterti a fare la vittima, sai che non ho mai voluto ucciderti finché non hai reso la mia vita un inferno. Non avevo nulla contro di te e se fossi riuscito a ucciderti, avrei portato il peso di averti coinvolto per il resto dei miei giorni.
Kieran rimase quasi spiazzato dalla sincerità di Silas. In tutta quella discussione era riuscito a essere molto più onesto e diretto di lui, che farneticava da diversi minuti per non scoprirsi troppo.
‒ Allora che cosa vuoi sentirmi dire? Vuoi che te lo giuri? Che te lo prometta? Non ti basta come prova essere qui?
‒ Hai tradito il Ferro perché non avevi scelta, ma la tua lealtà opportunistica va oltre questo.
Kieran iniziava a irritarsi per l’insistenza di Silas. A volte era davvero poco intuitivo o acuto nei suoi confronti. ‒ Io sono leale soltanto alla mia famiglia ‒ osò dire.
Silas non sembrò capire quella risposta, sapeva che Kieran aveva perso sua madre e non aveva altri parenti. Forse credeva che si riferisse alle persone che amava.
‒ Pensavo che il Ferro fosse la tua famiglia.
‒ La mia famiglia? ‒ e un sorriso sbilenco gli contrasse il viso. ‒ Era un guerriero di Ferro. Hai visto qualcosa in un sogno, vero? Su di me. Un uomo del Ferro mi ha…
Aveva risposto con troppa veemenza, ma non concluse la frase. Contrasse la mascella, mentre i tuoni facevano tremare i vetri e le giunture di quella vecchia pensioncina. Silas frenò quello che stava per dire e si ammutolì.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, senza dire nulla. Gocciolava acqua in diversi punti, dovevano esserci delle falle nel tetto. Kieran a malapena si accorse di una grossa goccia d’acqua fredda che gli colpì la testa.
Entrambi però sobbalzarono quando udirono alcune imprecazioni e urla dal piano di sotto; la vecchia della pensione aveva iniziato a sbraitare per un allagamento.
Forse mancava poco all’alba, Kieran non era del tutto sicuro di essere uscito dal sogno in cui si trovava.
‒ Perché non me lo hai mai detto ‒ mormorò Silas con la voce più delicata che gli avesse sentito, quasi esitante.
Kieran guardava a terra, ma era calmo. ‒ Non c’è niente da dire. Non ne parlerò e tu non riaprirai mai più l’argomento. È soltanto perché tu capisca. Amo il Feldmaresciallo, i miei compagni. Ma non ti riporterò da loro. Non c’è altro da dire.
Lo disse con tono definitivo, categorico, stanco di essere contraddetto. Alzò lo sguardo con cautela e vide il volto di Silas contratto da una sorta di orrore.
‒ Tu… stai dicendo sul serio.
‒ È quello che sto cercando di dirti da quando sei entrato.
Silas aveva iniziato a mordicchiarsi l’unghia del pollice, sovrappensiero. Kieran sapeva che era un gesto di estremo nervosismo per lui, lo aveva visto cedere a quel vizio poche volte in Accademia, quando lo stress e le pressioni avevano la meglio di lui. In quanto aristocratico, Silas non cadeva mai in gesti maleducati o volgari, non lo aveva mai visto ruttare o ridere sguaiatamente o aggiustarsi il cavallo dei pantaloni come invece facevano spesso i soldati dei ranghi inferiori, e anche molti comandanti più illustri. Silas era un esempio di buone maniere ed eleganza, ma il modo in cui si stava mordendo le unghie aveva poco di entrambi.
‒ L’altra sera tu ‒ tentò di dire nuovamente con aria accusatoria.
‒ Mi dispiace per l’altra sera. Ho avuto un comportamento inaccettabile e indecoroso da ogni punto di vista.
Silas cessò per un attimo di martoriarsi le unghie e lo osservò intimorito. I suoi occhi erano aperti come se stessero realizzando qualcosa. Si passò una mano sul viso.
‒ Tu hai un tempismo davvero di merda ‒ sussurrò con voce incredula. ‒ Perché io ti ho già venduto.
Kieran aggrottò la fronte, confuso. ‒ Come?
Lasciò ricadere le braccia. ‒ La Legione ‒ balbettò. ‒ Ora hanno il tuo ricordo.
Per un attimo non capì di che cosa stesse parlando. All’improvviso tutto divenne chiaro.
E il suo cuore precipitò in qualche antro buio.

 
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Buonasera  e buona Pasqua in ritardo! Scusate la poca proficuità del periodo, ma ora le cose si scalderanno ^^.
Non trovo in alcun modo la fonte dell'immagine, che sarebbe il generale William, quindi la lascerò qualche giorno e poi la toglierò per correttezza, era solo per dare un'idea fisica del personaggio.
 
 
   
 
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