Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Brume    05/05/2022    4 recensioni
Una distanza separa Oscar e André.Si tratta di una distanza fisica ma soprattutto, emotiva, frutto di una vecchia lite, di gelosie....e tutto procede normalmente, finchè la donna non ha un incidente. A quel punto, ci saranno ritorni, incontri e scontri. Ed un lungo cammino da fare insieme, sfidando la famiglia di lei.
Attenzione: AU. La figura di Oscar potrebbe essere OOC.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Oscar era rientrata da poco e subito si era recata nelle proprie stanze; Andrè arrivò circa venti minuti dopo di lei- Sulle spalle, la cartella con libri e appunti.
“Sei rientrato ora dall’ università?” domandò lei di spalle, in piedi davanti alla grande libreria.
 L’ uomo posò il tutto sul pavimento accanto alla porta dell’anticamera, si tolse le scarpe e la raggiunse con passi leggeri. Adorava camminare sul parquet a piedi scalzi.
“Ultimo esame andato! “ le disse poi, avvicinandosi a lei e abbracciandola da dietro.
 Lei sospirò, sorrise. Infine si girò verso André posandogli un bacio a fior di labbra che regalò all’ uomo brividi lungo la schiena.
“Ti fermerai?” domandò, le labbra a poche millimetri da quelle di André.
“Non molto, ma ci tenevo a vederti prima di stasera. Mi dispiace non potermi fermare ma devo tornare in città…” rispose.  Oscar annuì.
“L’ appartamento è pronto, allora? I mobili sono arrivati?” domandò, emozionata come una bambina. Lui le sorrise.
“Si. Credo che ormai li abbiano anche montati.Sono uscito stamattina lasciando le chiavi ad Alain …” rispose.
Oscar slacciò le braccia dal collo di lui ed insieme andarono a sedersi.
Comodi e rilassati, iniziarono a parlare di studio e progetti per il futuro. Poi, del tutto casualmente, la conversazione virò.

“Tu che hai fatto oggi, invece, Oscar?” domandò lui.

Lei giocherellò un po' con le punte dei suoi capelli, arrotolandole sulle dita.
“Nulla di che… sono stata da mia sorella e poi mi sono rintanata a studiare. Ora tocca a me dare l’ ultimo esame…. Ah, è anche passato Victor…” . Lasciò cadere queste parole con noncuranza. Del resto, l’ uomo era spesso a casa Jarjayes, André lo sapeva benissimo. Ma ciò non evitò comunque il fatto che quell’ incontro gli avesse dato fastidio, noia: non gli piaceva quel ragazzo, sempre tra i piedi.

Oscar osservò Andrè e si accorse che qualcosa lo impensieriva.

“E’ solo un amico, lo sai. Lo conosco da una vita…di cosa ti preoccupi?” disse lei, quasi avesse letto nell’ animo in subbuglio del ragazzo. André cercò di dominarsi, in fondo Oscar non aveva nessuna colpa…

“ Lui però… vorrebbe qualcosa di più…e questo a me non va!” sbottò.
Oscar a quel punto si alzò e iniziò a camminare per la stanza seguita senza sosta dagli occhi di André, osservando il pavimento.
 Sembrava sul punto di dire qualcosa ma ogni volta ci ripensava; fu lui a sbloccare la situazione.

“Devi dirmi qualcosa?” domandò.
Oscar fermò il suo incedere e lo fissò.

“…effettivamente, André, si. C’è qualcosa che devi sapere. Oggi Victor si è dichiarato, apertamente. Io gli ho fatto presente che…che il mio cuore appartiene ad un’altra persona e lui si è ritirato apparentemente senza problemi ma.. ecco, vedi, mi ha chiesto se può rimanermi accanto, rimanermi amico. Anche in virtù dei rapporti che legano le nostre due famiglie, non ho saputo dire di no. ”
Andrè si alzò in piedi, a sua volta.
Cercò di trattenersi ma la gelosia ebbe il sopravvento.

“….lo sapevo che prima o poi sarebbe successo. Perché non me lo hai detto apertamente? Se non ti avessi chiesto nulla avresti fatto finta di niente? Tanto…io sono solo il figlio della tua amata governante, giusto?”

Oscar spalancò gli occhi per la sorpresa.

“Andrè? Che dici? Che ti prende? Sai bene che non è così…ma per quale motivo tu dovresti contare meno di lui, scusa? “ disse.
Lui si avvicinò a lei e le prese le mani. Andrè la guardò con amore.
“ Perdonami…ma ho paura che possa portarti via da me. So bene che i tuoi genitori sono propensi ad una vostra unione…lo so. Lo capisco…” rispose.
La donna lasciò le mani dell’ uomo, allontanandosi da lui.
Fece alcuni passi e si avvicinò alla finestra, osservando suo nipote Philippe giocare  con Isy, il cucciolo di pastore australiano che gli era stato regalato dalla madre, Hortense.

“Non tirare in ballo i miei genitori…non c’ entrano nulla” disse, atona.

“Oscar, sii sincera: stiamo insieme da alcuni mesi e nemmeno hai detto a tua madre che mi frequenti. Cosa dovrei pensare? Semplicemente ti ho espresso le mie conclusioni. Mettiti nei miei panni: tu che faresti?” domandò lui restando fermo dov’era.

La donna si voltò giusto quel tanto per riuscire a guardarlo negli occhi.


“Io mi fido di te…non avrei problemi, nel caso fossi stato tu a dire una cosa del genere.”

Andrè rimase in silenzio e tornò a sedersi, preso quasi dai sensi di colpa.  
Tuttavia la discussione era tutt’ altro che finita; dopo un attimo di silenzio ripresero a parlare. I toni si alzarono sempre di più, sembrava che ogni parola riuscisse ad innescare una reazione a catena in cui gelosia ed accuse si ripetevano, senza sosta. Avanti ed indietro lungo la stanza, Oscar e Andrè macinavano metri su metri. Finchè lui non la bloccò.
Oscar cercò di sfuggire a quella presa in cui le braccia di lui l’ avevano cinta senza permesso: una spinta, un’ altra...poi  iniziarono a volare gli schiaffi. Prima Oscar colpì Andrè; poi ci fu la reazione dell’ uomo.

Fu solo un attimo, del quale entrambi si pentirono all’ istante: ma ormai, il danno era fatto.


“Esci subito di qui, Andrè!” le aveva allora chiesto lei, piangendo, il polsino della camica strappato in quella presa, in quegli atti.
“Non c’è bisogno che me lo chiedi, non mi vedrai mai più qui” rispose lui rabbiosp. Tenendosi la guancia, si avviò verso la porta oltre la  quale … lo attendeva il padre di lei.

“Monsieur…” salutò André, prima di recarsi verso le scale.
“Andrè…che è successo? Anche se non fossi passato di qui per caso, vi avrei sentito…” . chiese.
Jarjayes aveva una espressione indecifrabile.
André tornò accanto all’ uomo.

“Abbiamo discusso.” disse.
 In quel momento, giunse alle orecchie degli uomini il pianto di Oscar.  Jarjayes padre entrò allora nella camera della figlia e si trovò davanti ad un letto sfatto, alcuni suppellettili rovinati a terra. Ma soprattutto si trovò davanti lei: una donna forte, risoluta, ora in lacrime come una bambina.
Non ci fu bisogno di dire nulla.
André riprese la strada che aveva intrapreso.
Scese al piano inferiore, salutò sua nonna, uscì di casa e tornò in città.
Ma le cose non finirono li: ci furono chiamate, tentativi di riappacificazione, Hortense e Victoire arrivarono perfino ad andare da lui, per chiarirsi…
Tuttavia, qualcosa si era rotto. Forse, definitivamente.

L’ uomo intraprese così la strada che poi lo avrebbe portato lontano.
L’ ultima cosa che fece, prima di partire per i suoi lunghi viaggi di lavoro  una decina di mesi dopo, fu un occhio nero a Victor de Girodelle, incontrato per caso ad una festa organizzata dalla casa editrice con la quale , sebbene in campi diversi, entrambi collaboravano.

 




La foto che André stava osservando sullo schermo del computer ritraeva un cavallo correre veloce nella steppa:
l’ animale, piccolo ma agile, trasmetteva una grande forza, un immenso potere. Sembrava che tutto intorno a lui svanisse così come il panorama sfocato dai colori brillanti di uno smeraldo, in contrasto con il mantello bruno- rossastro dell’ animale. Quella foto…la stava osservando da forse un’ ora: solo in quel momento , però, aveva davvero notato cosa contenesse. I suoi pensieri, infatti, erano stati avvolti dai ricordi. Stava guardando. Senza però vedere nulla.
Erano passati quasi cinque giorni dal suo arrivo, da due non usciva di casa e, dopo la visita ad Oscar e quella strana chiacchierata con la nonna non aveva più messo piede a Jossigny;no, non si era arreso e nemmeno aveva intenzione di scappare….semplicemente, stava cercadno di capire   cosa fare per lei, per aiutarla. Il destino gli stava dando un’ altra opportunità e non se la sarebbe lasciata scappare.
Non gli importava nulla di Victor, di ciò che pensassero i genitori e le sorelle di Oscar: lui voleva, doveva stare accanto alla donna e, in un modo o nell’ altro, ci sarebbe riuscito.
Non era senso di colpa, no. Solo, si era reso conto di amarla ancora, nonostante tutto.

Ma come? Si domandò come potrò aiutarla? E se lei, scoperta la verità, mi rifiutasse ancora?

Si alzò dalla scrivania, fece alcuni passi verso la cucina dove cucinò un piatto di pasta che mangiò in piedi, con la schiena appoggiata al tavolo. In quel preciso istante, il suo cellulare squillò. Nanny.

“ André, non ti vedo da due giorni, come stai?” domandò Marie Grandier.

“Bene, nonna, non preoccuparti con me. Sono stato preso dal lavoro, ho delle consegne da fare per domani” rispose lui,  mentendo. Era agitato, aveva brutti presentimenti.

“Hai mangiato? “

“Si. Proprio ora”.

“Senti, André…volevo dirti che Oscar, fra tre giorni, verrà trasferita in una struttura privata in Bretagna. La sua famiglia ha deciso così; il luminare di quella clinica, il Professor Thieven,  è specializzato in traumi come i suoi”.
La voce della nonna era bassa, quasi non volesse farsi scoprire.
“Non dici nulla?” incalzò la donna.
Andrè non seppe cosa dire. Non aveva nulla da dire: tutto, del resto, era già stato deciso. Sviò l’ argomento, salutò velocemente la nonna e gli chiuse il telefono in faccia.

Non era in grado di sentire null’ altro se non la sua rabbia montare ed il cuore scoppiare. Fissò il telefono e, con un gesto repentino , lo scagliò contro il muro davanti a se riducendolo in mille pezzi.

 

***

Oscar lasciò che le ore le scivolassero addosso come pioggia.
Non reagì minimamente quando Victoire le comunicò del suo prossimo ricovero, non disse nulla quando Victor si presentò alla sua porta e, insieme a Hortense, decise di fare due passi per distrarla un po' ed organizzare il viaggio. La  mente era rivolta ad André: continuava a domandarsi come mai non lo avesse più visto… aveva una voglia tremenda di stare con lui. Perché le aveva promesso di passare ed invece non lo aveva più visto? Era molto strano, da parte sua. André era un ragazzo a modo, gentile; non era suo uso sparire così….

“Oscar, dobbiamo andare…sei pronta?” La voce di Victor giunse all’ improvviso.

Lei alzò la testa, lo vide in piedi davanti a sé con dei caffè take away.
“Arrivo, Victor…ma dove dobbiamo andare? Hortense è già arrivata?” domandò.
La sorella li aveva lasciati qualche minuto prima per una commissione e non era ancora tornata.
Lui attese che Oscar si alzasse ma quando ciò non avvenne si sedette accanto alla donna, porgendogli il bicchiere.
“Ha detto che ci raggiungerà a casa, ha avuto un contrattempo” rispose lui. Oscar allungò la mano, prese il bicchiere e prese alcuni sorsi della bevanda scura e calda.

“…e André? Lo hai visto? Tu sai perché non è passato da casa?” chiese.

Victor scosse il capo ed alcuni ciuffi di capelli ricaddero sul suo viso. Con un gesto lento , li riportò dietro le orecchie.
“No, mi dispiace, Oscar. Non saprei” rispose. Era sincero.
Delusa, la donna si alzò e l’ altro fece lo stesso.
Si incamminarono lungo il piccolo viale alberato del parco.

“Mi riporterai a casa, ora?” chiese.

C’era una tale malinconia ed una innocenza, nella sua voce, che Victor ne fu quasi intenerito.
“Si… Andremo a casa. Tua madre ti aiuterà a fare le valige e domani partiremo per la clinica…” rispose; i suoi occhi indugiarono su di lei in attesa di una risposta, una reazione; ma lei non disse nulla.
Non parlò più.
Per tutto il tempo di quel breve  viaggio guardò fuori dal finestrino ed una volta a casa si fermò giusto un attimo nella biblioteca per recuperare un libro; infine, tornò nella sua camera, lasciando l’ amico nel grande salone in compagnia di Nanny.
Nell’ intimità della propria camera lei nel frattempo si era  stesa sul letto; sentiva l’ esigenza di riposare, staccare la mente. Chiuse gli occhi.
Pensò che no, non era contraria a tornare in una clinica, le avevano detto che era necessario, se avesse voluto tornare come prima…tuttavia… questo “prima”…cosa le avrebbe portato? Scoprire parte del suo passato togliendo il velo di nebbia che lo copriva l’ avrebbe fatta felice? Le avrebbe fatto capire chi era, lei, davvero? Ah!…che mal di testa ! pensò, cercando di tenere a freno tutti quegli interrogativi; poi , esausta, si rannicchiò, eliminò man mano qualsiasi pensiero e si addormentò, trovando finalmente pace.
 
Il mattino dopo si  partì di buonora.
Oscar afferrò la valigia che era già pronta accanto alla porta e scese, dopo aver salutato il padre, ancora a letto. Al piano di sotto trovò la madre e Nanny. Victor l’ attendeva fuori.

“Sei pronta?” domandò lui non appena la vide, afferrando il bagaglio e sistemandolo nel baule.
“Si.” Rispose Oscar.
Victor allora preparò la macchina e, dato un ultimo sguardo alla villa, partirono.


***
“ Dista ancora molto questo posto?” domandò Oscar al suo accompagnatore dopo alcune ore.
L’ altro, alla guida, sorrise.
“No, non manca molto. Porta un po' di pazienza”
 I suoi occhi e quelli di Madame Georgette seduta dietro di loro si incrociarono.
“Vedrai, piccola mia…ti troverai bene. Potrai stare tranquilla, senza alcun disturbo; ti fermerai tutto il tempo che vorrai e che i medici reputeranno necessario…” disse la donna.
Oscar guardò fuori dal finestrino senza nemmeno rispondere.

Mi trattano tutti come una bambola. Ma si chiedono, davvero, cosa io voglia in questo momento? pensò senza dare tuttavia fiato ai suoi pensieri; si, ho perso la memoria ma…sono ancora io. Sempre io. Sempre Oscar….

“Bambina mia, qualcosa ti preoccupa?” domandò  sua madre.
“No, mamma. Niente. Sono solo stanca” rispose Oscar.  Madame Georgete prese per buone quelle parole  e tornò  nel suo silenzio. Victor, per alleggerire alla tensione, domandò alle donne se volessero fermarsi per fare un pausa; al loro diniego, proseguì.

“Quando ti sarai sistemata e i medici avranno stabilito il programma di cure se vuoi, Oscar , possiamo organizzarci ed andare a vedere il mare. Io mi fermerò qui con te, i miei genitori possiedono una casa nei dintorni…ricordi?”  disse poi, all’ improvviso, Girodelle.
 
Oscar si girò lentamente in direzione dell’ uomo: in quel momento, in realtà, stava pensando a sé, ad Andrè e non riuscì a rispondere. Lui lasciò stare, quasi non avesse nemmeno parlato. Quando entrambi tornarno a guardare la strada, una grande villa si stagliava all’ orizzonte , poco distante da un promontorio. In breve tempo arrivarono e, parcheggiata la vettura, scesero. Gli occhi di tutti erano puntati sulla struttura che, dall’ esterno, appariva come una delle molteplici ville numerose nei dintorni.

“…Cosa ne pensi, Victor? Stiamo facendo la cosa giusta?” domandò Madame Jarjayes, stretta nel suo cappotto scuro al quale aveva rialzato il bavero per ripararsi dal vento. Il giovane rampollo non disse nulla; preferì astenersi da qualsiasi commento , tanto più da un qualcosa di così personale.
“Se non le dispiace, raggiungo Oscar” rispose, solamente.
La madre di Oscar rimase così sola ed osservò i due ragazzi avviarsi verso l’ entrata, i capelli mossi dal forte vento, chiedendosi ancora una volta non solo se stesse facendo la cosa giusta ma, anche, come sarebbe andata a finire.
Infine , li raggiunse nell’ atrio, con l’ animo ed il cuore pesanti.




 
 








 
   
 
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