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Autore: Bethesda    07/05/2022    1 recensioni
"[...] Lo voleva morto.
Voleva che provasse in pochi minuti il dolore che lui stesso aveva subito dal momento in cui si era reso conto di essere stato abbandonato come un cane su quel maledetto molo."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Equipaggio della Revenge, Stede Bonnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buttons era gli occhi della nave.

E le sue orecchie.

E le sue mani.

Ogni tanto, quando era in vena, si sentiva anche un po’ il gomito destro, ma non in quell’istante.

In quell’istante era solo gli occhi, scaltri e pronti a cogliere ogni singola cosa fuori posto in quel porto.

E di cose fuori posto ce ne erano parecchie. In primis il fatto che nessuno lo avesse aspettato per andare a bere. E secondariamente che sia il capitano che Lucius fossero stati portati via di peso dalla banchina, imbavagliati e legati come capretti.

Lo aveva visto lui stesso, dall’alto dell’albero maestro dove era rimasto sino a poco prima.

E non solo: aveva anche visto lo stuolo di uomini che si erano riversati sulla nave per cercare qualcosa –o qualcuno.

Aveva fatto due più due solo nel momento in cui aveva visto il braccio destro di Barbanera camminare sul ponte, guardandosi intorno con aria vittoriosa.

Olivia aveva addirittura proposto di lanciarglisi addosso in picchiata, ma no, non era ancora il momento: era evidente che ci fosse un qualcosa di losco sotto e non poteva permettersi di farsi scoprire.

 

Attendere per lui non era mai stato un problema: finché aveva il cielo sulla testa e in mare sotto i piedi andava tutto bene e se voleva che nessuno lo vedesse allora nessuno lo avrebbe fatto.

E così accadde.

Si concentrò e divenne sale, scoglio, onda.

Si calò così tanto nel suo essere tutt’uno con il suo mondo che si dimenticò del suo essere nello stesso e del fatto che fosse lì per un motivo.

Difatti tornò in sé solo dopo ore e ore, nel cuore della notte, quando ormai la luna era alta e la nave era vuota se non per un unico individuo, posto sul ponto a fare da guardia. Definitivamente nessuno dei suoi.

Bloccava la via per la banchina ma non era certo l’unica via possibile per la terraferma.

 

Buttons percorse la crocetta con passo delicato, come se stesse passeggiando sulla spiaggia, e quando fu al suo estremo, senza scomporsi, si tuffò.

 

 


 

 

«Hanno il capitano».

 

Wee John alzò lo sguardò verso Buttons ma non si scompose neanche di fronte al fatto che la vedetta stesse grondando acqua.

In tutta sincerità non aveva davvero capito chi gli stesse parlando dei tre che aveva davanti, anche perché continuavano a muoversi e ad oscillare, cosa che lo stava non poco nauseando.

Oluwande, giunto in quel momento con due pinte in mano, osservò lo scambio con curiosità.

 

«Chi ha il capitano?», chiese.

 

«Shhh», sbottò Buttons. «Bisogna uscire di qui. I muri hanno le orecchie».

 

La locanda era gremita di pirati che ciarlavano, urlando e cantando. Nessuno stava prestando loro la benché minima attenzione.

 

«Buttons, sei sicuro di aver visto bene?»

 

«Pensi che i miei occhi non funzionino bene?», chiese la vedetta, indicandosi le pupille chiare con due dita.

 

Oulwande posò le due pinte sul tavolo facendone traboccare un poco il contenuto. Si passò la mano bagnata sulla casacca.

 

«Ha preso anche Lucius».

 

Black Pete - la testa affondata nelle proprie braccia per cercare di scacciare la sbornia che pian piano cominciava a salire - si sollevò di scatto rovesciando ulteriore birra. Oulwande roteò gli occhi al cielo e optò per riprendere in mano le pinte.

 

«Lucius?! Cosa?! Chi?!»

 

«Barbanera», disse con tono solenne Buttons, gli occhi persi verso un orizzonte immaginario.

La scena avrebbe fatto accapponare a chiunque la pelle se fosse stata ripetuta in un ambiente adatto, ma il pathos era definitivamente contenuto anche per via del tizio che si era messo a vomitare a pochi metri di distanza dal tavolo.

L’intera ciurma tuttavia si congelò sul posto.

 

Il pensiero del destino infelice che li avrebbe colti se il Capitano non li avesse recuperati da quell’isola deserta ancora si infiltrava nei loro incubi.

Per colpa di quel demonio avevano perso non solo la nave ma anche dei compagni.

Lo sguardo annebbiato di Black Pete si posò su Oulwande.

 

Il ragazzo era bloccato, lo sguardo a terra fisso su di un unico pensiero.

 

Jim.

 

Jim, di cui non sapeva nulla da tre anni, che gli era stato strappato via dalle braccia dopo aver assaporato un breve attimo assieme.

Lo sognava ancora, quasi ogni notte.

Spesso incubi in cui lo vedeva affondare fra le onde, come gravato da un peso, e lui provava ad afferrarlo con le mani ma non riusciva, gli sfuggiva non appena lo sfiorava con la punta delle dita.

Non sapeva se fosse vivo o morto, ma visto ciò che aveva fatto loro Barbanera aveva pochi dubbi sulla risposta.

 

Oulwande non era tipo da portar rancore.

Era logico, razionale.

Eppure per quell’uomo che gli aveva tolto tutto provava solo un cieco odio.

 

«Dobbiamo andarcene», disse Roach, alzandosi e guardandosi intorno circospetto, una mano subito alla cintola, sulla fedele mannaia.

 

«Non possiamo andarcene», sbottò Black Pete alzandosi a sua volta, tenendosi tuttavia al tavolo per cercare stabilità. «Hanno Lucius!»

 

«Non ci lascerà in vita questa volta se ci scopre qui», continuò Roach.

 

«Non sei tu a decidere!»

 

«E nemmeno tu!»

 

Lo Svedese, che fino a quell’istante era rimasto immobile - perso nei propri pensieri, intento a giocare con una ciocca di capelli – si risvegliò all’improvviso, lanciando un piccolo urlo di sorpresa.

Ma non se ne accorse nessuno.

 

Oulwande si risvegliò, disturbato dal litigio che si era innestato fra i suoi compagni, e scrollò il capo per scrollarsi di dosso certi pensieri.

 

«Basta. Dobbiamo tornare alla nave, subito. Lì penseremo a come recuperare il Capitano e Lucius, ma dobbiamo andare. Adesso».

 

«Non credo di potervelo permettere».

 

Oulwande avrebbe potuto notare lo sguardo dei propri compagni, attonito, ma neanche lo notò. La sua attenzione venne subito attirata dalla voce proveniente alle sue spalle, lontana e familiare.

Si voltò lentamente, sicuro che avrebbe trovato di fronte a sé un fantasma.

Ma non era uno spirito né tantomeno immaginazione.

Era Jim, in carne ed ossa, circondato da uno stuolo di pirati che osservavano il gruppo come cani con una bistecca.

 

Oulwande, incapace parlare, fece l’unica cosa che potesse venirgli naturale in quell’istante.

 

Lanciò il contenuto dei boccali che aveva in mano su Jim e lo osservò inebetito mentre questo – grondante – imprecava guardando le condizioni in cui era stato ridotto.

Jim sollevò nuovamente lo sguardo su di lui, contrariato.

 

«Prendeteli».

 

 

 

 

 

 

NOTE:

 

Mi scuso tantissimo per la lentezza con cui posto ma non ho un attimo libero per scrivere e sono abbastanza detonata.

Spero di riuscire ad aggiornare ASAP in settimana. Ma non disperate, lemme lemme avanzo.

   
 
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