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Autore: _Layel_    08/05/2022    1 recensioni
“Bakugou Katsuki sapeva di avere innumerevoli qualità e di primeggiare in ognuna di queste. Specialmente, Katsuki era un attento osservatore. Notava particolari nelle parole e nei comportamenti delle persone che gli permettevano di leggere qualcuno nel lasso di tempo che il suo pugno impiegava per schiantarsi sulla loro faccia.”
Aka: 3 volte in cui Bakugou nota qualcosa prima degli altri e 1 in cui è qualcun altro ad aprirgli gli occhi.
[kiribaku] [izuocha menzionata] [+un’altissima dose di Shonsou Hitoshi]
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Hitoshi Shinso, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2

Quando la famiglia del tuo non-amico ti invita a cena e qualcuno nomina il figlio morto…

 

[spoiler cap. 290 del manga, la lettura di questa storia non è essenziale per la comprensione della raccolta]



Era da un paio di giorni ormai che Katsuki rimuginava su quello che era successo a casa Todoroki. Non era tanto l'attacco del villain ad averlo sconvolto, quello ormai era una seccatura settimanale e neanche la pesante tensione che aleggiava tra i membri della famiglia dell'eroe Numero Uno.

 

Ciò che lo aveva privato del sonno per ben due notti consecutive era stata una fotografia.

 

Lui e Izuku si erano offerti di sparecchiare, per concedere a Todoroki e ai suoi fratelli un po' di tempo per se stessi, e anche per avere un momento di sollievo dall'atmosfera serena che si respirava appena si metteva piede in quella casa. 

 

Stavano camminando verso la cucina seguendo le indicazioni di Fuyumi - per perdersi tra quei corridoi tutti uguali. Deku era dietro di lui, troppo assorto nella sua analisi della residenza di Endeavor per notare la stanza a cui erano passati di fianco. 

 

La porta era socchiusa e si riusciva a vedere solo parte di un altarino. Katsuki, contro ogni buon senso e buona educazione, aprì completamente la porta ed entrò nella stanza. Deku riemerse dal suo parlottare e per un momento parve indeciso su cosa fare. Poi presa l'eroica decisione di cercare di tirare Katsuki fuori dalla stanza. 

 

"Kacchan, che fai?" Sussurrò tra i denti, non che dovesse tenere la voce bassa, il corridoio era deserto, ma il terrore che Endeavor potesse girare l'angolo gli impedì di alzare il volume. 

 

Izuku attese qualche momento e incontrando solo silenzio decise di ritentare. "K-Kacchan, per favore, non è educato spiare in giro. Portiamo i-" 

 

"Lo conosci?" 

 

"Cosa?" Izuku aggrottò la fronte nel sentire il tono di Katsuki. Quel volume di voce era usato solo per situazioni che lo confondevano talmente da lasciarlo incapace di urlare. E quelle situazione erano più uniche che rare. 

 

"Conosci il tizio nella foto?" 

 

Nella testa di Izuku era in corso una battaglia tra la buona educazione e la voglia di sapere cosa avesse reso Katsuki tanto serio. Alla fine la curiosità prevalse e anche Izuku entró nella stanza. 

 

Era una camera abbastanza spaziosa, con solo un letto e un armadio come mobilia. C'era anche il piccolo altare vicino alla porta. Un vaso di fiori freschi era appoggiato lì vicino, unico segno che qualcuno ancora entrava nella stanza, e un bastoncino di incenso era mezzo bruciacchiato. Oltre alla foto di un ragazzino non c'era altro sull'altare. Un milione di domande affollarono i pensieri di Midoriya. Chi era? Perché la sua foto era nella casa di Shouto? Erano parenti? Perché Shouto non gliene aveva mai parlato? 

 

Probabilmente aveva le sue buone ragioni, Izuku, non è che tu gli abbia detto proprio tutto. 

 

"No, non l'ho mai visto prima. Tu si?" 

 

"Bah e che ne so. Mi sembrava una faccia familiare," Bakugou scrollò le spalle. "Magari era una di quelle comparse con cui andavamo a scuola." 

 

Izuku guardò più attentamente l'immagine scolorita. Non gli sembrava di averlo mai visto e probabilmente non aveva neanche la loro età. 

 

"Sono sicuro di non averlo mai visto né alle medie né alle elementari. Assomiglia molto a Natsuo-san, forse ti ricorda lui."

 

"Forse," concesse Katsuki con una smorfia, per poi girare sui tacchi e uscire dalla stanza, non degnando la foto di un altro sguardo. 

 

Più tardi quella sera, i due scoprirono che il ragazzino si chiamava Todoroki Touya e che era morto in uno sfortunato incidente.

 

+

 

Bakugou quella notte non riuscì a prendere sonno e inizialmente incolpò il cambio di orario. Normalmente lui era già a letto da ore e probabilmente il suo corpo aveva ancora troppa adrenalina in circolo per farlo addormentare. Passata la prima ora ritenne responsabile la cucina di Fuyumi, che seppur deliziosa si era rivelata un po' pesante. Alle due di notte si ritrovò a fissare il soffitto, mentre un paio di occhi azzurri gli comparivano davanti ogni volta che abbassava le palpebre. 

 

Non era spaventato, era solo sovrappensiero. Era sicuro di aver già visto il bambino da qualche parte. 

 

Il che era decisamente strano considerando che quello era il fratello di Shouto "io sono un clown e la mia famiglia è tutto il circo" Todoroki. 

 

Katsuki però sapeva di avere ragione e che avrebbe dovuto indagare. Non era uno che lasciava le cose a metà. 

 

+

 

Passò la pausa pranzo del giorno dopo a interrogare il Bastardo a Metà. Non gli fu di molto aiuto -e quando lo era?- Todoroki gli ripeté le stesse cose dette dalla sorella a cena, nessun dettaglio in più, anzi gli disse probabilmente meno di Fuyumi. 

 

Così Katsuki cercò tra gli annuari di classe di elementari e medie, magari avrebbe trovato il ragazzino in una di quelle foto. Ma di tutti gli straordinari bambini immortalati, nessuno aveva quei capelli bianchi e quegli occhi azzurri. Cosa che aveva molto senso, visto che Endeavor non avrebbe mai mandato i figli in scuole simili. E ora che ci pensava quel Touya non aveva neanche la sua età. Per un attimo ebbe il folle pensiero di chiedere aiuto a Kirishima, per qualche ragione, ma lo scacciò immediatamente.

 

Nemmeno la rete era riuscita a fornirgli delle risposte, qualsiasi informazione su Todoroki Touya era introvabile. Come se non fosse mai esistito

 

Chiuse il portatile talmente forte che rimbalzò sulla scrivania. 

 

+

 

La seconda notte insonne decise di passarla nella sala comune, almeno si sarebbe potuto bere un tè per passare il tempo. Una volta in cucina trovò che qualcuno aveva avuto un'idea molto simile alla sua. 

 

"Hey, tizio che fotte il cervello, cazzo ci fai qui?" Katsuki guardò mezzo disgustato il ragazzo dai capelli viola, perché… caffè?! A quella cazzo di ora? 

 

"Se proprio devi, chiamami Shinsou. E spostati." Se Katsuki fosse stato meno stanco, quella faccia strafottente lo avrebbe fatto infuriare. Non che non fosse incazzato, ma la mancanza di sonno lo tratteneva dal far saltare in aria quello stronzo lì e subito. 

 

"Non sei neanche nella nostra cazzo di classe."

 

"Perspicace."

 

Il corso ordinario avrebbe presto avuto uno studente in meno. 

 

La vita di Shinsou, o quella di Bakugou, dipende dai punti di vista, venne risparmiata dall'annunciatore del telegiornale. Katsuki non si era neanche accorto che la TV fosse accesa. 

 

"... Ora passiamo ai fatti di cronaca. Questa mattina un gruppo di villain non identificati ha attaccato la Yotsuba Bank, i danni all'edificio sono ingenti ma il tempestivo intervento degli eroi ha impedito che rubassero il denaro duramente guadagnato dai risparmiatori. Non si è riusciti a scoprire l'identità dei villain, ma gli eroi ci assicurano che faranno tutto il necessario per catturarli. Ora il collegamento con l'eroe professionista Wash che è stato il primo ad arrivare sul campo. Benvenuto, cosa può-"

 

Shinsou cambió canale e mise su un documentario sul leone bianco.

 

"Oi, stronzo, stavo guardando." Katsuki cercò di strappare il telecomando dalle mani di Shinsou, che lo tenne fuori dalla sua portata e lo guardò con un sopracciglio alzato. 

 

"Lo vuoi?" 

 

Katsuki stava per urlargli qualcosa di decisamente poco carino sul telecomando e su dove poteva ficcarselo, ma si fermò quando vide la luce maliziosa negli occhi dell'altro ragazzo. Non aveva alcuna intenzione di venire ipnotizzato, grazie tante. Katsuki si limitò quindi a lanciargli un'occhiata furente, una di quelle che facevano inacidire il latte.

 

Shinsou si voltò di nuovo verso la TV, l'espressione molto più seria. "È tutto il giorno che ne parlano, come hai fatto a non sentirlo?" 

 

Non sembrava che il tizio dai capelli viola volesse fargli ballare la macarena, di nuovo, quindi Katsuki si convinse a rispondergli. Non aveva mica paura di quello lì. 

 

"Non tutti hanno tanto tempo libero, Hypno Boy." 

 

Shinsou fece una smorfia. "Puoi fare di meglio." 

 

"Vaffanculo!" 

 

"Comunque non c'è molto altro da sapere. Villain praticamente distruggono una banca, non rubano niente perché sono degli imbecilli, i giornalisti hanno di che campare per un altra settimana e tutti sono felici e contenti. Fine."

 

"Si sa chi cazzo è stato?" Anche Katsuki aveva iniziato a guardare il documentario, quel gigantesco gatto stava inseguendo un grande pollo -struzzo?- ma prima di riuscire a prenderlo gli era scappato all'ultimo secondo. Hah, perdente. 

 

"I notiziari non dicono nulla, ma dalle immagini mi sono fatto un'idea." Prese un sorso dalla sua tazza di caffè, sedendosi sul divano di fronte alla TV. Bakugou appoggiò le braccia sullo schienale, così da poter vedere sia il documentario che Shinsou. "Hanno dato fuoco a gran parte del piano terra -facendo saltare tutti gli allarmi- e le fiamme erano decisamente blu. L'Unione deve essere a corto di soldi." Shinsou si voltò a guardarlo, aspettandosi l'esplosiva reazione che Katsuki gli avrebbe anche dato se il suo cervello non avesse deciso di andare in corto circuito. 

 

Katsuki annuì distrattamente, mugugnò un va a dormire idiota, guadagnandosi un'occhiataccia, e tornò velocemente nella sua camera. 

 

Aprí il computer sperando di trovare tutti i tasti al loro posto, la vecchia strega gli avrebbe staccato le orecchie a forza di insulti se avesse rotto un altro computer, e digitò il nome che gli frullava nella testa da due giorni. 

 

Dabi

 

I primi risultati erano sui metodi più economici per cremare i propri cari. Non qualcosa che gli interessava in quel momento. 

 

Dabi villain

 

Ora i risultati erano molto più vicini a quello che Katsuki stava cercando. Andò su Google immagini e scrollò tra i vari scatti sfocati dagli angoli improponibili finché trovò un'immagine che lo soddisfacesse. Quel tizio aveva proprio la faccia da stronzo. 

 

Faccia che si era trovato davanti troppe volte in quel bar di merda in cui lo avevano rinchiuso. Con occhi che avevano una sfumatura di azzurro molto peculiare. 

 

In meno di cinque minuti stava delicatamente bussando sulla porta di Sero, creando abbastanza eco da svegliare tutto il dormitorio. Finalmente Sero gli aprì la porta e lo fece entrare. 

 

"Scotch, tu riesci a usare il foto-coso, giusto?" 

 

"Amico sono le tre del mattino." Sero si lasciò cadere sul letto. 

 

"Non ti ho chiesto che ore sono ma se sai usarlo."

 

Sero sbuffò. "Cosa?" 

 

"Quella roba delle foto." Katsuki continuò a spiegare perché evidentemente faccia di soia era troppo scemo per capire la prima volta. "Per modificarle."

 

"Ah, photoshop?" Un ghigno comparve sul viso di Sero. "Devi mandare una foto a una ragazza?" 

 

"Fanculo," E gli buttò il portatile sulla ginocchia, con la schermata di Google immagini ancora aperta. 

 

"Non è questa la ragazza, vero?" 

 

"Vai a morire!" Sero si ritrovò un pugno esplosivo decisamente troppo vicino alla faccia e alzò le mani in segno di resa. "Ok, ok, amico! Che… che cosa ti serve?" 

 

"Fallo bianco."

 

"Tutto?"

 

"I capelli, cretino." 

 

"Fammi prendere il mio computer."

 

Katsuki si sedette sul letto mentre Sero litigava con la custodia del portatile. "Comunque, posso chiedere a cosa ti serve?" 

 

"No."

 

"Ovviamente." Il commento era sussurrato ma Katsuki non era ancora diventato sordo. 

 

"Cazzo hai detto?!" 

 

"Niente, niente." 

 

Rimasero entrambi in silenzio mentre Sero lavorava. "Così?" Avvicinò il computer a Katsuki che glielo strappò dalle mani. 

 

"Cazzo."

 

"Che significa?" 

 

"Che avevo ragione."

 

E se le mani gli tremavano le nascose nelle tasche. 

   
 
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