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Autore: Doppiakappa    09/05/2022    0 recensioni
Roy Steinberg, sedicenne figlio dello scienziato più influente del 2085, si ritrova vittima di un particolare incidente che lo porta al contatto con una misteriosa sostanza extraterrestre. A sua insaputa, si ritroverà coinvolto in una serie di eventi che lo porteranno a dover salvare il mondo da un'enorme minaccia.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Queen City, Liceo Triumph, martedì mattina, orario americano.
 
Roy e Blaze sedevano esausti in quella soffocante aula al terzo piano dell’enorme struttura scolastica, con i volti e le menti consumate dalla noia prodotta da quelle interminabili lezioni di storia.
Il biondo giocherellava nervoso con una penna, facendola roteare fra le dita. Il suo quaderno era completamente coperto da annotazioni e scarabocchi, alternate in un ordinatissimo caos d’inchiostro. Blaze, al contrario, era disteso con le braccia accasciate sul banco, la testa china e gli occhi socchiusi.

- Cristo Dio… quanto manca alla fine?! – chiese sfinito, volgendo le sue stanche iridi brune verso l’amico.

- Mezz’ora… - rispose Roy, ricambiando il castano con uno sguardo altrettanto pietoso.

- Porca puttana…

- Ti vedo pieno di vita, rappresentante di classe… - scherzò il ragazzo dalle iridi smeraldine.

- Tu piuttosto, oggi non devi uscire con Ethel? – chiese repentino lui, gettando l’amico in un momentaneo e improvviso panico.

- Eh… a proposito di questo… devi aiutarmi… - bisbigliò il biondo, per non attirare l’attenzione della professoressa.

- Aiutarti? Cos’è, devo venire a tenervi la mano mentre uscite?

- Non hai capito, scemo, devi dirmi cosa le piace fare! – sbuffò, alzando inconsciamente la voce.

- Steinberg, Felter! Volete anche un caffè per caso?! Fate silenzio! – urlò la professoressa, richiamando i due ragazzi.

- Ci scusi…

- Scusi… - risposero i due, scambiandosi uno sguardo divertito.
 
Finite la lezione, i due si avviarono verso casa, camminando l’uno di fianco all’altro stretti nei loro giacconi e berretti, ancora indispensabili per il freddo clima di fine inverno.

- Ethel adora il cinema, mi avrà fatto vedere diecimila film. Ogni volta che pioveva mi trascinava al cinema a vedere anche i film più beceri e trash che ci potevano essere. 

- Dici di andare a vedere un film? Che genere le piace in particolare?

- Horror, quelli gore se vogliamo essere precisi…

- G-Gli horror… g-gore?! – chiese perplesso il biondo, stentando a credere a ciò che l’amico gli aveva appena detto.

- Ethel sembra una ragazza normale, ma in realtà è fuori di testa.

- Un film gore però non è troppo appropriato per un appuntamento… no? – disse Roy perplesso.

- No, certo che no, cazzo! L’ora di storia deve averti fottuto il cervello.

- E allora cosa cazzo la porto a vedere?! Una roba smielata? Un film d’azione? Una commedia?!

- Sei nervoso? – ignorò lui la domanda, provocandolo.

- Sì che sono nervoso! Non sono mai uscito con una ragazza in vita mia! – rispose il biondo, infastidito.

- Allora, ascolta attentamente. – Roy annuì, prestando la massima attenzione. – Ethel adora tre cose alla follia: i film, lo sport e i dolci. Visto che è il vostro primo appuntamento direi che lo sport lo lasciamo da parte, quindi…

- …Quindi rimangono i film e i dolci.

- Bravo bambino. Portala a mangiare una fetta di torta, ha aperto una nuova pasticceria alla fine di Lincoln Street, sono sicuro al cento per cento che non ci è ancora mai andata.

- Va bene…

- Poi, una volta che siete seduti a mangiare, le proponi di guardare un film, così potete decidere assieme cosa vedere? Fin qui ci siamo?

- Sì… credo di sì…

- Bene, finito il film accompagnala a casa e se le cose sono andate come da programma, ti proporrà lei di uscire di nuovo. Te lo posso garantire. 

- Grazie Blaze, ti devo un favore.

- Ehi, farei di tutto per mia sorella e il mio migliore amico, lo sai. Però ti prego, proteggila e portala al sicuro qualora dovesse succedere qualcosa…

- Stai tranquillo, saremo seguiti da una squadra speciale dell’Asset, e non ho intenzione di perderla di vista nemmeno per un secondo.

- Allora buona fortuna. Io sarò impegnato tutto il giorno con la band, quindi non aspettarti che ti risponda al cellulare.

- Tranquillo, me la caverò in qualche modo. A domani! – lo salutò il biondo.

- Divertitevi, a domani! – ricambiò Blaze, svoltando verso casa sua.
 
Rimasto solo, Roy accelerò il passo, voleva tornare a casa il più in fretta possibile per potersi preparare al meglio per il suo primo appuntamento. Percorse rapidamente il piccolo giardino di fronte all’ingresso, rischiando di scivolare su un ciottolo inumidito dalla leggera pioggia che aveva bagnato la città nelle prime ore del giorno. Girò rapidamente la chiave nel chiavistello, venendo inondato da un getto d’aria calda una volta spalancata la porta.
Il biondo si tolse le scarpe, poggiando così i piedi scalzi sul pavimento termoriscaldato, ricevendo un tiepido brivido che gli pervase il corpo. Corse in cucina, aprendo frettolosamente il frigo e cercando distrattamente qualcosa di semplice e veloce da preparare per pranzo.
Scelse una bistecca di manzo, che preparò in pochi minuti in una padella presa a caso dal mobile. Consumò il pasto rapidamente, alzandosi poi e posando il piatto nella lavastoviglie.
Roy corse verso il bagno, levandosi la maglia e i pantaloni durante il tragitto, afferrò uno degli accappatoi appesi al muro del bagno e si gettò sotto un getto caldo d’acqua. Il ragazzo si lavò velocemente, utilizzando un bagnoschiuma dal profumo particolarmente piacevole, un regalo di una collega di suo padre, all’arancia ed estratti di melagrana.
Uscì dalla cabina e si precipitò davanti allo specchio, lì si asciugò accuratamente i capelli, guardando più volte il proprio riflesso. La presenza di quell’iride triangolare continuava a turbarlo, ma cercò di non farci caso, spostando il suo sguardo sul proprio corpo. Corse fuori dal bagno, dirigendosi in camera e indossando poi la biancheria. Aprì l’armadio al centro della stanza, rimanendo fermo dinnanzi ai numerosi capi al suo interno. Estrasse tre magliette, due camicie, due paia di pantaloni e due felpe, iniziando a provare le diverse combinazioni, riflettendosi nello specchio all’interno dell’anta sinistra dell’armadio.
Era indeciso, continuava a interrogarsi su cosa avrebbe pensato Ethel, ormai quei pensieri erano diventati un tormento. Di colpo sentì nella sua testa la voce di Blaze: “Che cazzo di problemi ti fai? Mettiti quel cazzo che vuoi, Ethel non è una attenta alla moda o a cagate simili!” Quelle parole potevano essere tranquillamente uscite dalla bocca del castano, anche se erano solo il frutto della sua immaginazione.
 
- Anche quando non sei presente ti fai sentire, eh…? – ridacchiò Roy tra sé e sé.
 
La scelta del biondo ricadde su una maglietta nera, coperta da una felpa verde-mela, abbinata a un paio di pantaloni cargo grigi e un berretto verde-militare. Si guardò un’ultima volta allo specchio, sbuffando e annuendo rassegnato.
 
- Speriamo così possa andare bene… - sospirò, indossando un paio di Vans verdi e dirigendosi verso la porta.

Il viale alberato che percorreva di solito gli sembrava più lungo di come se lo ricordava, probabilmente era la tensione, il fatto che fosse il suo primo appuntamento lo stava ancora consumando dall’interno. Doveva calmarsi.
Guardò le chiome degli alberi, rigogliose di piccole gemme ora finalmente libere dal gelo invernale e bagnate da un velo di rugiada, aveva piovuto quella mattina. La fine dell’inverno lo stupiva sempre: dal nulla ricompariva la vita, ricominciava un meraviglioso ciclo di colori, odori, sensazioni. Inspirò una lunga e fresca boccata d’aria, portando quello che rimaneva dell’inverno nei suoi polmoni. Rabbrividì lievemente.
Guardò l’orologio: era in largo anticipo, ma comunque decise di accelerare il passo.
Ai lati della strada una piccola scolaresca marciava in direzione dello State Theater, canticchiando allegramente una canzoncina che veniva insegnata i primi anni delle elementari. Roy li osservò divertito, gli ricordavano suo fratello.
 Attraversò le due viuzze che lo separavano da casa di Blaze e si appoggiò a un muro in attesa di Ethel. Si guardò attorno, osservando con attenzione i dintorni in cerca degli uomini che Axel gli aveva affidato come scorta a distanza. Incrociò lo sguardo con uno di loro, annuendo poi, vedendolo fare lo stesso.

- Ehilà! Sei arrivato super puntuale! – Ethel comparve dal nulla, abbracciando e facendo prendere un colpo al biondo.

- …! Oh… ciao Ethel… mi hai spaventato… - disse ancora confuso. La ragazza si mise a ridere, lasciandolo perdersi nel suo sorriso.

- Scusami… haha, ti avevo visto perso nel vuoto e non ho saputo resistere… dove andiamo di bello? – chiese poi a bruciapelo.

- Ha aperto un nuovo bar-pasticceria vicino al centro, all’incrocio fra Lincoln Street e Anthem Street, ti va se andiamo a provare?

- E me lo chiedi?! Andiamoci subito! – esclamò lei, prendendogli la mano e trascinandolo di corsa verso il centro, Roy non poté far altro che seguirla.


 
Queen City, settima sede operativa dell’Asset, poco più tardi.
 
Axel sedeva di fronte a uno degli innumerevoli computers del plesso dell’Asset, muovendo il cursore del mouse fra gli innumerevoli fascicoli riguardanti Niklas Gunnarson. In una finestra a lato teneva aperto un programma di scrittura, dove trasportava di tanto in tanto alcune note importanti di ciò che stava indagando.
L’uomo venne interrotto da una voce femminile, seguita dal suono di una molteplicità di passi.

- Generale Klein, abbiamo terminato l’avanscoperta, abbiamo tracciato quattro possibili luoghi in cui il target potrebbe nascondersi. – disse la donna, avvicinandosi alla scrivania e porgendo al moro una tavoletta digitale contenente la mappa con i luoghi d’interesse contrassegnati. Dietro a lei una squadra di nove uomini stava in attesa di ordini, disposta silenziosamente in fila.
Axel osservo con attenzione la mappa, passando repentinamente lo sguardo dalla tavoletta digitale al monitor del computer, collegando i luoghi marchiati alle informazioni che era riuscito a trovare.

- In cinque giorni, a partire da oggi, ci prepareremo per effettuare un blitz nei quattro luoghi da voi tracciati. Dobbiamo agire velocemente. Il nostro obbiettivo è prendere in custodia il professor Gunnarson prima che venga usato dall’Ægis. La comandante Gea ha inviato l’Unità Hurricane come risorsa e mi ha ordinato di usarla senza esitare. – spiegò, alzandosi dalla scrivania e avvicinandosi ai soldati. – Ci divideremo in quattro squadre da tre elementi, simulando i blitz nelle camere a realtà aumentata.  In questi cinque giorni dovremo diventare una mente unica, agire in perfetta coordinazione e muoverci in totale sincronia. Intesi? – esordì poi, voltandosi verso la donna.

- Sissignore! – gridarono all’unisono i soldati.

- Soldato Rees, porta la squadra ai piani inferiori e aspettatemi nelle camere a realtà aumentata. – ordinò infine, uscendo poi dalla sala.
 
L’uomo varcò una porta accessibile solo a una cerchia ristretta di agenti, trovandosi poi in un ampio salone. Di fronte a lui una figura maschile rimaneva immobile, voltandogli le spalle.
- Ben arrivato, Hurricane. – disse secco, avvicinandosi alla figura.
Egli si voltò, venendogli incontro. – Grazie Axel. – rispose, porgendogli la mano. Il moro non la strinse.
Era un ragazzo abbastanza giovane di poco più di venticinque anni, con due innaturali iridi cremisi e i capelli corti tinti di blu-elettrico, raccolti ordinatamente in una cresta al centro della sua testa. Axel lo fissò apatico. - Generale Klein, Hurricane, lo sai che non mi piace essere trattato con confidenza.

- Stronzo come al solito… che bello non trovarti cambiato! – ribatté l’altro, volgendo le sue iridi rosse verso il generale.

- Hai letto le informazioni sulla missione? – chiese Axel, ignorando la provocazione.

- Sì, mamma, le ho lette mentre venivo qua.

- Bene allora, dirigiti ai piani inferiori, iniziamo subito l’addestramento. – ordinò, dirigendosi verso l’uscita.

- Certo che non ti prendi mai un secondo di pausa eh… - si lamentò quello dai capelli blu.

- Te lo dico una sola volta, Diego: Gea non ti ha mandato qua per farti divertire e io non ho la minima intenzione di divertirmi con te. Devo dirigere un’operazione che potrebbe eliminare definitivamente l’Ægis e sventare qualsiasi cosa stiano tramando. Non ho tempo da perdere perché di tempo proprio non ce ne abbiamo, quindi: o inizi a comportarti come il soldato che dovresti essere, oppure puoi tornartene tranquillamente in Germania. Spero di essere stato abbastanza chiaro.- si impose il moro.

- E che cazzo… va bene… Generale Klein. Mi faccia strada però, non conosco il complesso. – rispose rassegnato il ragazzo, assumendo un atteggiamento totalmente diverso.

- Per di qua. – fece strada Axel.
 
La camera a realtà aumentata si presentava vuota, fredda, di un bianco angosciante. Al suo interno la squadra di soldati attendeva sull’attenti il comandante, che subito si mise di fronte a loro, seguito dal giovane Diego.
Gli uomini di Axel guardarono all’unisono il giovane dai bizzarri capelli blu, cercando di comprendere come fosse possibile il fatto che fosse proprio lui la famigerata “Unità Hurricane” dell’Asset.

- Lui è Diego Ferra, l’Unità Hurricane. Soldato Cold, Soldato Freeman voi sarete nel team con lui. Rees e Fray con me; Sahed, Collins e Gray team tre; Kane, Klopp e Neri team quattro. La simulazione avrà inizio fra cinque minuti, vi voglio tutti nelle rispettive arene entro questo intervallo. I dati delle simulazioni sono già stati caricati, buon lavoro.


 
Queen City, nei pressi del centro storico.
 
Roy ed Ethel erano quasi arrivati alla pasticceria, lei camminava all’incontrario, davanti al ragazzo, lui la seguiva cercando di tenere il passo. Gli sguardi dei due si erano evitati per qualche decina di minuti, colpevole il reciproco imbarazzo iniziale, sebbene poi i ragazzi erano riusciti a rompere il ghiaccio, abituandosi l’uno all’altra.

- E così triste che tu non possa essere andato in Germania a Natale… dev’essere dura stare così lontani dalla propria famiglia per così tanto tempo… - disse la rossa, affiancando il ragazzo.

- Non è facile, già, ma mi sento con loro ogni giorno, quindi è come se in un certo senso potessimo stare assieme.

- Sentire queste cose mi rende malinconica… mi sento fortunata al solo pensiero di avere praticamente due famiglie.

- Già… tu e Blaze siete veramente uniti, dev’essere forte avere un fratello della propria età…

- Non posso dire che non lo sia, solo che a volte può diventare stressante…

- Posso capire perfettamente, Blaze è un tipetto impegnativo, haha… - sorrise il biondo.

- Poi pure i nostri genitori sono pesanti… sono convinti che io e Blazy stiamo assieme e continuano a lanciarci frecciatine. Non ne possiamo più…

- Però vi vedrei benissimo assieme. – disse spontaneamente, immaginando subito l’espressione che avrebbe fatto l’amico sentendo quelle parole. “Ma sei scemo in culo?!” le poteva sentire perfettamente quelle parole.

- No, credimi, stiamo assieme praticamente ogni giorno, non ne possiamo più l’uno dell’altra. Se ci mettessimo assieme finiremmo per litigare e rovinare il nostro rapporto, siamo entrambi molto permalosi.

- Beh… penso che sia una cosa naturale… - rispose il ragazzo dagli occhi smeraldini, sollevato dalla risposta della ragazza.

- E poi sono mesi che cerco di far uscire quello scemo con qualcuno, ma nella sua testa c’è solo la musica…

- Mi ha detto che a breve avrà un concerto.

- Già, la sua band partecipa a un grande evento per band emergenti ogni anno, è come il Natale per lui.

- Mi piacerebbe andarlo a sentire allora! – disse il biondo, guardando Ethel.

- Ci andiamo assieme!? Il concerto è ad aprile. – gli occhi della ragazza si illuminarono.

- Certo! – Roy sorrise. – Oh! Siamo arrivati. – disse poi, fermandosi.

Il locale aveva una bizzarra struttura in stile moderno: una parte cilindrica centrale, nera, con avvolta attorno una struttura rossa dalla forma stravagante, quasi sembrava uno di quei dolci che si vedevano nei programmi di alta cucina alla televisione. Accostate alla struttura centrale, tre sbarre bianco latte rompevano in due parti l’immagine di quello strano negozio.
 L’afflusso di gente in quel posto era spaventoso, dai bambini e le loro mamme alle coppiette, da uomini d’affari ai golosi anziani.

- Certo che è un posto stupendo! – esclamò Ethel stupefatta.

- È enorme! – esclamò a sua volta Roy.

- Ci sarà posto? – chiese dubbiosa la rossa.

- Non scoraggiamoci, sicuro ci sarà, dai. – la rassicurò lui. – Dai, entriamo. – la prese per mano, senza accorgersene. Ethel arrossì.

L’interno della pasticceria si presentava come l’esterno: pieno zeppo di gente, quasi non si riusciva a respirare.

- Mamma mia… - esclamò spaventata la ragazza.

- Guarda, la fila scorre velocemente! – notò il biondo. – Se ci mettiamo in fila ora, riusciamo a sbrigarcela alla svelta.

- Hai ragione. Aspetta… - disse lei, cercando di infilarsi nel mare di gente attorno a lei, finendo per premere involontariamente il seno contro il ragazzo. Egli sentì un brivido, era imbarazzato come mai prima di allora.

- T-Tutto ok? – si limitò a dire, cercando di ignorare la sensazione che il corpo della ragazza premuto sul suo gli stava trasmettendo.

- Sì… scusa…

- N-Non ti preoccupare. – la tranquillizzò. “Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo! “ Pensò nel mentre, stringendo impercettibilmente i denti.

Passarono venti minuti in quella fila, un tempo tutto sommato onesto per la quantità di persone nel locale. Finalmente il biondo poté ordinare al bancone.

- Prendi quello che vuoi, offro io. – disse sorridendo.

- Ma no… non ti preoccupare… - cercò di dissuaderlo lei.

- Seriamente, non farti problemi. – insistette lui.

- Uff… va bene… - cedette la rossa, ordinando una torta alla crema coi lamponi, la scelta del ragazzo ricadde invece su un’invitante torta al cioccolato e mandarino.
La pasticcera servì i due giovani in fretta, ringraziandoli e salutandoli cordialmente dopo aver incassato il conto.
I due uscirono a fatica dal negozio, spossati dall’enorme densità di persone che li avevano circondati fino a quel momento. Roy si guardò repentinamente attorno, trovando conforto nella presenza degli uomini dell’Asset sparsi nelle vicinanze.
Ethel si avvicinò al biondo, indicandogli un piccolo parco in fondo alla piazza.

- Perché non andiamo a sederci al parchetto lì in fondo? Almeno respiriamo un po’ d’aria fresca, ne abbiamo bisogno dopo tutta quella coda…

- Hai ragione, poi stiamo anche seduti.

- Vieni! – lo chiamò lei, facendoli segno di seguirla.

I ragazzi arrivarono al parco, sedendosi su una delle numerose panchine avvolte dal verde. Attorno a loro due aceri giapponesi rompevano il mare di verde di quel parco coi loro colori rosso acceso, spiccando alla vista come stelle in un cielo notturno.
Ethel aprì delicatamente la confezione del pastificio, porgendo al biondo la sua fetta di torta.

- Ecco, tieni. – disse, sorridendo.

- Grazie, Ethel. – rispose lui, ricambiando il sorriso.

La ragazza affondò i denti nel morbido pan di Spagna, facendo esplodere in bocca i perfetti sapori di quel dolce. Un lampone, rompendosi al contatto coi denti, le macchiò il naso. Roy scoppiò a ridere, guardando la ragazza, che goffamente cercava di pulirsi il viso.

- Tieni. – le porse lui un fazzoletto.

- Grazie… - rispose imbarazzata lei.

- Questa torta è spettacolare! – esclamò il ragazzo dagli occhi smeraldini per mettere la rossa a suo agio.

- Anche la mia era buonissima, forse la migliore torta ai lamponi che abbia mai mangiato! – disse con un sorriso radioso.

- Vuoi assaggiare a mia? – chiese il biondo, vedendole luccicare gli occhi.

- Posso? – chiese la ragazza timidamente.

- Certo! – disse, facendosi scappare una risata.

Ethel prese il pezzo di torta offertogli dal biondo, gustandolo nel pieno dei sensi. - È strepitosa questa! La prossima volta la prendo pure io! – esclamò, agitandosi sul posto. – Grazie comunque… non dovevi offrirmela… - disse poi, cercando lo sguardo del ragazzo.

- Ehi, veramente, non devi preoccuparti, è un piacere poterti offrire qualcosa.

- Sei fantastico… - lui arrossì. – Grazie per avermi portata in una pasticceria, immagino tu abbia visto quanto adoro i dolci…

- Sei una divoratrice, haha! – scherzò lui.

- Giuro! Potrei vivere di dolci.

Il biondo mandò giù l’ultimo boccone di torta, pulendosi poi la bocca con un fazzoletto.

- Senti… ti va di andare al cinema dopo?

- Mi hai rubato l’idea! Volevo chiedertelo io!

I due scoppiarono a ridere.

- Cosa guardiamo? – chiese lui.

- Ti piacciono i film d’azione? – lo interrogò la rossa.

- Certo, che domande!

- Perfetto! Sapevo di poter contare sui tuoi gusti! – esclamò. – Ti va di guardare quel nuovo film d’animazione?

- Theory of Everywhere? – chiese il biondo.

- Esatto, quello!

- Va bene, allora ci conviene incamminarci, il cinema è piuttosto lontano. – disse alzandosi, vedendo Ethel annuire e fare lo stesso.

I due ragazzi camminarono a passo svelto verso il cinema, situato poco distante da casa della rossa. Al contrario della pasticceria, il cinema era praticamente vuoto, d’altronde era martedì sera. Fecero una fila quasi inesistente, acquistando i biglietti per i posti premium, offerti anche loro dal biondo, dopo una battaglia vinta contro le numerose lamentele della ragazza. Ethel tenne il broncio per una decina di minuti, mentre una buffa espressione le mascherava il volto. Roy si divertì a cercare di scusarsi invano per averle offerto pure il cinema, finché il film non iniziò.
La proiezione durò tre ore, mantenendo l’attenzione dei due ragazzi incollata allo schermo per tutta la sua durata. Al termine di essa, i due uscirono dalla sala, trovandosi in mezzo a una leggera pioggia di tardo inverno.

- Non ho l’ombrello, diamine… - mormorò, stringendosi fra sé e sé per il freddo.

- Aspetta… - disse levandosi la felpa e porgendola alla ragazza. – Mettiti questa, ha il cappuccio, così stai più calda.

- Sicuro?! E tu? – chiese preoccupata lei.

- Ho un modo per non bagnarmi… - sorrise, guardandosi attorno. – Bene, è notte e nessuno è nei paraggi.

- Cosa vuoi fare? – chiese perplessa la ragazza.

- Hehe, guarda! – Roy iniziò a scaricare dalle spalle una serie di piccole onde cinetiche, attivando il potere del Void. La sua pupilla sinistra brillò di un intenso colore arancione. Le onde crearono una sorta di ombrello etereo sopra la testa dei due giovani.

- Hahaha che forza! – rise Ethel divertita.

Il biondo accompagnò la ragazza fino a casa, proteggendola col proprio potere dalla pioggia che si era fatta più forte e intensa. Una volta arrivati sull’uscio di casa, Ethel si voltò, facendo per restituire la felpa a Roy, che però insistette per lasciargliela.

- Tranquilla, me la ridarai la prossima volta che ci vediamo.

- Oggi mi sembra di averti scroccato ogni cosa… - sbuffò lei.

-  Ma ehi, non è carino far pagare a una ragazza… sono giustificato, dai… - Ethel scoppiò a ridere.

- Grazie per la giornata, Roy, è stato divertentissimo.

- Anche io mi sono divertito un sacco, il film poi era stupendo.

- Già… ehi, ti va di andare a correre assieme qualche sera? – chiese la rossa, leggermente in soggezione.

- Certamente e… - esitò per un istante. - …che ne dici se domenica usciamo di nuovo? – chiese poi, racimolando quel poco di coraggio che gli serviva.

- Dico che è un’idea fantastica, grazie ancora per la giornata… - rispose, avvicinandosi al ragazzo e baciandolo sulla guancia dopo averlo abbracciato. Roy ricambiò l’abbraccio e il bacio, questa volta più disinvolto, anche se comunque rimaneva imbarazzato.

- Grazie a te, Ethel. Buonanotte! – disse il biondo, avviandosi verso casa, correndo.

   
 
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