Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: coldcatepf98    13/05/2022    1 recensioni
Dopo che Historia decide di rivelare la sua vera identità, Erwin, indagando sulla faccenda, teme delle ritorsioni dal corpo di gendarmeria. Chiede quindi appoggio al comandante Pyxis, ma questo, non potendosi basare su fatti certi, concede al corpo di ricerca uno dei suoi soldati-spia che ha tenuto per sé gelosamente fino a quel momento: Siri, anche detta "il geco".
L'aiuto di Siri sarà fin da subito fondamentale per il corpo di ricerca, già provato dalle perdite dell'ultima spedizione, che avrà bisogno di un aiuto per affrontare il nuovo nemico: gli esseri umani.
Tuttavia Siri è una mercenaria, e non viene vista bene dagli altri soldati del corpo di ricerca, soprattutto dal capitano Levi che si mostra subito diffidente verso la ragazza sfacciata. Presto, però, si renderà conto che Siri non è quella che sembra.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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Nota: I primi capitoli sono in fase di correzione e riscrittura di alcune parti. Nel momento in cui pubblico questo capitolo il Prologo e il Capitolo 1 sono stati corretti e rivisti. Ad ogni futura pubblicazione vi terrò aggiornati. 
 

Capitolo 22 – Diventa il mio amuleto

 

You don't ever have to be stronger than you really are
When you're lying in my arms, and, honey
You don't ever have to act cooler than you think you should
You're brighter than the brightest stars
 
You're scared to win, scared to lose
I've heard the war was over if you really choose
The one in and around you

 
Ai bambini prima di andare a dormire si legge una favola della buonanotte, qualcosa che riesca a conciliare il sonno e che li aiuti ad affrontare la notte, già così piena di mistero e angoscia per l’oscurità di cui si contraddistingue per definizione. Storie fantastiche di maghi, streghe, orchi e draghi, a volte anche solo semplici principesse e cavalieri coraggiosi, ma comunque storie che scatenino del sollievo in chi le ascolta. 
Poi, crescendo, per andare a dormire non servono tante cerimonie, si chiudono gli occhi e basta, abbandonando quel rito tanto piacevole quanto infantile. Si sa, però, che spesso per molti adulti questo non basta per poter dormire e cosa rimane da fare per i più sfortunati?
A chi è troppo cresciuto per ascoltare una dolce storia della buonanotte o una canzone non resta altro che crearsi i propri amuleti per il sonno. Una tisana, un diario, una lettera o un bicchiere di vino. Non è detto che siano salutari, né tantomeno efficaci, ma se sono utili ad appesantire le palpebre troppo poco propense ad abbassarsi per i pensieri accumulati durante la giornata, allora è utile crearsene uno o più. 
Era in notti come quelle che Levi preparava la tisana di Siri e riapriva il diario di suo zio per rileggerne i pensieri, fermandosi col sonno alle porte perfettamente sulla riga che diceva chiaramente “quel ragazzo è il mio orgoglio più grande”, lasciandogli una sensazione strana mista tra rammarico e amara felicità. Contemporaneamente, a un piano di distanza, Siri prendeva da sotto il cuscino la lettera che Diya le aveva scritto poco prima di morire in occasione del suo ventiseiesimo compleanno. Tenne la busta chiusa tra le dita sopra la sua testa, si voltò verso Hange per assicurarsi che dormisse quindi estrasse il suo amuleto e rilesse per l’ennesima volta quei fogli bianchi, salvati per un caso fortuito da Pyxis che, oltre ad essersi occupato della sepoltura di Diya, si era premurato di svuotare l’appartamento della donna.
La sera in cui l’aveva ricevuta era limpida nella sua mente, era la stessa in cui Levi l’aveva aspettata (ad essere precisi, le aveva teso un agguato) fuori dagli alloggi di Erwin per la prima volta. 
- Mi aspetta in studio, comandante? – gli aveva chiesto, ormai avvezzi al loro appuntamento serale con gli scacchi. Finalmente era riuscita a batterlo una volta, dopo non ci era più riuscita e questo l’aveva resa ancora più ostinata.
Il comandante l’aveva guardata grave: - Sì Sigrid, raggiungimi lì.
Ma quando era entrata, lui non l’aspettava come suo solito al tavolo degli scacchi, era seduto sul sofà con una lettera nella mano.
- Sigrid, per favore, vieni a sederti di fronte a me. – lei, sull’uscio, aveva lanciato un’occhiata accigliata sulla busta che impugnava, poi aveva guardato i suoi seri occhi celesti – Oggi non giocheremo a scacchi. – aveva concluso lui appesantendo l’atmosfera di colpo.
Gli si era seduta di fronte su di una poltrona e aveva preso in silenzio la lettera che Erwin le aveva passato, mentre l’apriva con calma, lui disse: - Il comandante Pyxis me l’ha fatta recapitare, è per te: l’ha trovata sul tavolo da pranzo della casa di tua madre.
Siri sgranò gli occhi quando quelle parole si sommarono alla visione simultanea di quella calligrafia così dolorosamente familiare. Trattenne, con una mano davanti alla bocca, un sospiro di sgomento che le sfuggì dal fondo della gola, nonostante gli sforzi di mascherarlo tossendo subito dopo, entrambi nella stanza l’avevano sentito benissimo spandersi secco e rimbalzare sulle pareti.
- Puoi rimanere qui tutto il tempo che ti serve. Ti lascio sola. – Erwin quindi si era alzato e se n’era andato, lasciandole tutta la privacy di cui avesse bisogno, poteva immaginare come si sentisse e credeva che, come anche a qualcun altro di sua conoscenza, alla ragazza non piacesse mostrarsi vulnerabile davanti alle altre persone, in particolar modo ai suoi superiori.
 
Cara Siri,
oggi è il tuo sesto compleanno che festeggio senza di te, e questa volta ho pensato di lasciarti una lettera invece che un regalo o una candela alla finestra. Ho la vana speranza che tu possa rispondermi. A volte mi sembra d’impazzire perché vedo accadere attorno a me tante cose strane, come se ci fossi tu a farle accadere, ma non so se sono vere oppure è l’amore e la nostalgia che mi fa credere certe cose. Mi piacerebbe ci fosse ancora Shawn e che non fosse mai andato via da Trost, portava della sana logica nelle nostre vite troppo sentimentali, per lui fortunatamente non ho bisogno di accendere candele: non posso più nasconderti che mi manca moltissimo, ma mai quanto la mia bambina. 
Le persone che mi conoscono da sempre mi hanno continuamente chiesto se sentissi la mancanza di non avere un figlio mio, mentre quelle che mi conoscono da quando sei nata tu sanno perfettamente che io avevo una figlia, ma che l’ho perduta tragicamente e che la mancanza di non avere un figlio “mio mio” non l’ho mai avuta. Avrei voluto avere il tempo e la pazienza di dirti tutte queste cose e soprattutto farti capire fino in fondo quanto io, Shawn e Adrijana ti abbiamo amata. Senza contare tuo padre, ti ha conosciuta per così poco tempo ma ti ha amata tanto quanto noi e so che tu ce l’hai anche con lui per averti lasciata sola, so che sei arrabbiata con tua madre più di tutti perché ti sarà sembrato che non ti volesse accanto, ma non è così. Avrei dovuto dirti queste cose quando eri ancora con me, forse avrei potuto fare breccia nella tua testa dura.
Siri, mia dolcissima e testarda bambina, non devi essere arrabbiata con tua madre. Non era colpa sua, non credere neanche per un momento che lei non ti volesse bene: lei ti amava così tanto che non riusciva a perdonarsi l’immensa tristezza che le logorava l’anima e non le permetteva di dimostrarti tutto il suo amore come avrebbe voluto. Ha sempre vissuto in questa altalena di emozioni, ma da quando poi tuo padre è morto ha perso la forza di riportarsi su. Forse non dipendeva nemmeno da questo, magari anche senza che tuo padre morisse sarebbe successo ugualmente… in ospedale cerchiamo di sapere quanto più possibile sul nostro corpo, ma alla fine non sappiamo quasi nulla sulla nostra mente. 
Ma credimi quando ti dico che Adrijana ti amava più di qualsiasi altra persona al mondo e se potesse tornare più serena per dimostrartelo, lo farebbe senza alcun dubbio. Vorrei soltanto fossi vissuta abbastanza da fartelo capire perché tu sei la dimostrazione di quando i tuoi genitori si amassero profondamente, essendo tu il perfetto accordo dei due: tua madre ti ha donato la bellezza in tutte le sfaccettature del termine e tuo padre la forza d’animo, ed è così ingiusto che abbiano dovuto passare così poco tempo con te mentre io e Shawn ne abbiamo avuto in abbondanza.
Allo stesso tempo, ti suonerò un po’ egoista, ma sono felice lo stesso di come siano andate le cose perché altrimenti io non avrei avuto la possibilità di averti come figlia. È una confessione di cui mi vergogno profondamente e che sento di fare perché… non ha più importanza a questo punto, giusto?
Esprimerò il tuo desiderio di compleanno al posto tuo: spero tanto che questa lettera scompaia dal tavolo quando sarò tornata dal mio turno o domani mattina.
Spero di vederti presto.
Buon compleanno, Diya.
 
Diya non sarebbe più tornata a casa da quel turno in ospedale.
Si era più volte chiesta se la scelta di separare sua madre da Shawn fosse stata quella giusta, al tempo era stata comunque quella più sicura: lo spostamento improvviso del mentore attirava meno l’attenzione, rispetto a quello di Diya o di entrambi. Sia la spia che Pyxis ritennero più saggio lasciare l’obiettivo più sensibile esattamente dov’era, sotto gli occhi di tutti per confondere chiunque avrebbe potuto pensare lei fosse ancora viva. E questo gioco psicologico aveva funzionato, fino al giorno del suo ventiseiesimo compleanno in cui le carte si scoprirono.
Siri finì di leggere la lettera anche quella sera, nel suo letto, con le lacrime agli occhi. Col tempo sapeva non avrebbe più pianto come lo aveva fatto la prima volta, era da giorni in realtà che la rileggeva senza commuoversi, ma quella sera era diverso. Rimise la lettera sotto il cuscino e si addormentò di sasso.
 
- Il livido è quasi andato via. – fece notare Levi non appena lei lo raggiunse, dopo che si erano inoltrati abbastanza nel sentiero della foresta.
- È passata quasi una settimana, vorrei ben vedere. – rispose, toccandosi lo zigomo ancora leggermente gonfio e verdognolo – E poi non era neanche così grande.
Levi la fulminò con lo sguardo e lei ricambiò perplessa: - Questa è come la storia della febbre, o della microfrattura giusto?
Siri sbuffò e poi guardò il cielo terso annusando l’aria: - Non senti anche tu odore di pioggia?
Lui non le rispose. Non lo sento e non me ne frega un cazzo della pioggia. Avevano già discusso di quello che era successo alla dimora degli Aurille, ma ogni volta che Siri si ostinava a definire il risultato del pestaggio come qualcosa di poco conto, non riusciva a rimanere indifferente e non stizzirsi, questo soprattutto dopo che lei aveva rivelato di avergli lasciato il pugnale nella tasca quella sera perché non si fidava completamente di Bernard e che temeva facesse il triplo gioco. Si trattava fortunatamente solo di un pensiero paranoico della spia dettato dai traumi del passato.
- Scusa se cambio argomento, ma ne abbiamo già parlato abbastanza. – disse la ragazza guardando altrove.
Il capitano lasciò correre perché tanto sapeva fosse una battaglia persa in partenza: Siri si sarebbe sempre ostinata a minimizzare i suoi malanni, ormai lui l’aveva accettato, ma sentiva di avere il dovere di farle rendere conto della gravità delle sue ferite anche per farle capire che doveva infischiarsene se la gente che teneva a lei si preoccupasse.
- Ho finito le mie ricerche sulla relazione di parentela tra Diya e Farlan, come mi avevi chiesto. – Levi si fermò, facendo voltare la ragazza verso di lui che, concisa, continuò – Condividevano un ramo della famiglia, vivevano tutti in superficie a Trost, poi il nonno di Farlan è stato mandato nei sotterranei dopo essere stato rilasciato di prigione. Era una pratica abbastanza comune…
Lui spostò lo sguardo ai suoi piedi: - Capisco. – non sapeva cosa si aspettasse dalle ricerche di Siri, non ne rimase deluso né tantomeno sorpreso, probabilmente, pensò, l’omonimia mi ha scioccato così tanto solo perché volevo parlarle. Infondo sapeva che questa era l’unica ragione plausibile per quel suo interessamento, anche perché un’eventuale parentela tra Diya e Farlan non avrebbe avuto alcuna implicazione nelle loro vite, se non quella di essere una semplice e plausibile coincidenza in un mondo così piccolo come il loro.
Levi riprese a camminare, superandola, Siri lo guardò impertinente e con un saltello lo raggiunse per poi posargli le mani sulle spalle: - Tutto qui? Non sei sorpreso delle mie capacità, – si sporse oltre una spalla sorridendo – non vuoi congratularti per la mia incredibile bravura?
Lui alzò gli occhi al cielo: - Ci sarebbe riuscito anche il moccioso.
La spia gli riscivolò accanto: - Sorpresa, è stato proprio Jean a fare le ricerche, il suo primo incarico. Mi ha fatto uno di quei… rapporti, mi ha fatta sentire come se fossi un pezzo grosso, la cosa non ti nascondo mi ha eccitata parecchio, lo dicevo ad Hange l’altro giorno, ho sentito la scarica di potere percorrermi tutta.
- Smettila di darti arie saltimbanco, potresti prendere il volo.
- Tranquillo, ci sei tu con la tua pesantezza a tenermi per terra. – Siri lo guardò di sbieco fare una smorfia seccata mentre lei sorrideva insolente. Quella sera c’era una brezza piacevole, ma più si dirigevano verso gli alloggi di Erwin più sembrava stesse diventando forte. Passarono alcuni secondi in silenzio, prima che Levi esordì chiedendole di Jean. Al ragazzo avevano spezzato due dita, incrinato due costole e lasciato qualche contusione sulla faccia e sul corpo, Erwin era arrivato appena in tempo con Ankha e Gustav, in quel cambio dei piani era stato mandato Armin a svolgere il compito di avvisare Siri e Bernard.
Alla domanda la spia tornò seria e abbassò lo sguardo, la solita sensazione di colpevolezza l’aveva nuovamente colpita e a Levi, che la guardò di sottecchi, non sfuggì: - Gli toglierò le stecche dalle dita a pochi giorni dalla partenza, ma in generale sta molto meglio. Sarebbe dovuto toccare a lui affiancarmi questa settimana, ma ho dovuto chiedere ad Armin di farlo al posto suo fino a quando non si riprende…
Il capitano tornò a guardare davanti a sé e serio disse: - Smettila di sentirti in colpa. E poi gli hanno spezzato l’anulare e il mignolo, dita inutili. Non servono neanche per pulirsi il culo.
Era un goffo tentativo da parte sua di tirarla su di morale, cercando di “minimizzare”, ma come al solito ne era venuta fuori una frase cinica e volgare.
- Ah beh, quindi se te le mozzassero saresti contento? Un impedimento in meno per la tua attività preferita.
- Le preferirei all’indice e al medio. O peggio ancora, al pollice. – Siri scosse la testa, lei sapeva di essere cinica ma non lo sarebbe mai stata quanto lui. Ripensò a quanto le aveva detto, buttò all’indietro la testa e rise piano mentre lui la guardava disorientato. Continuarono a camminare rallentando l’andatura, entrambi con l’intenzione di prolungare quanto più possibile il tragitto.
- Cerca di finire prima almeno questa volta. Per un paio di esercizi e un impacco ci metti due ore. Ad un certo punto iniziate ad intrecciarvi i capelli a vicenda o parlate anche di cose serie come dell’arazzo?
Siri trattenne una risata: - Argh, vorrei tanto fossero vere entrambe le cose, ma sai benissimo che Erwin ha i capelli troppo corti e con l’arazzo io e Hange ormai siamo arrivate a partorire teorie deliranti unicamente per il gusto di farle. – sospirò sconfitta – Giochiamo a scacchi.
Levi voltò il capo verso di lei con un leggero sussulto: non lo sorprendeva affatto che la spia passasse tutto quel tempo col comandante solo per giocare ed era sicuro che lei si fosse intestardita a voler fare ogni sera una partita perché, ci avrebbe potuto scommettere, il suo avversario non la lasciava vincere così facilmente, e sapeva bene quanto Siri detestasse perdere.
- Tch, scacchi… – ripetette a bassa voce, poi continuò e disse nello stesso momento in cui la spia ripeteva la stessa cosa: - Preferisco la dama.
Lei alzò le sopracciglia mentre lui prima spalancò gli occhi per poi distogliere lo sguardo.
- Cavolo, allora mi leggi veramente nel pensiero. Comunque, mi hai appena ricordato che in realtà ci sono novità sull’arazzo. – spostò lo sguardo verso il suolo impensierita – Sai, in un disegno ci è sembrato di riconoscere Mikasa…
- Sei seria?
- È stata solo un’ipotesi… Ritraeva una ragazza, aveva una cicatrice sul volto proprio come quella di Mikasa, potremmo anche aver visto male visto che è nel mezzo del disegno e nemmeno così grande, anche se… – entrambi si fermarono – Non credo sia una coincidenza.
- Lo senti. – suppose Levi retoricamente, Siri, infatti, annuì sovrappensiero. Avevano notato il dettaglio per caso mentre stavano tracciando su dei fogli le scene ricamate dell’arazzo: non era ben distinguibile con una prima visione sommaria, infatti Hange aveva notato la cicatrice sotto l’occhio della ragazza soltanto toccando il ricamo monocromatico oro che, proprio sotto l’occhio della fanciulla nella stoffa, cambiava direzione. Mettendo poi quella figura sotto la luce e muovendola in varie direzioni, avevano potuto constatare l’effettiva differenza nella cucitura: era chiaramente un particolare collocato lì intenzionalmente. Siri espresse a Levi i suoi dubbi sulla scoperta, che avevano già riferito ad Erwin il giorno prima, rivelando anche di essersi sentita alquanto inquieta, a differenza di Hange che si era mostrata al contrario estremamente elettrizzata. Tuttavia, aveva poi concluso, senza riuscire a tradurre cosa ci fosse scritto non avrebbero mai capito innanzitutto cosa potesse significare quella coincidenza, e poi se si fosse potuta rivelare utile alla causa oppure no.
Quando arrivarono agli alloggi del comandante, Siri interruppe l’esposizione delle sue teorie: - Bene, aspettami qui. Ci vediamo tra un po’. – fece per incamminarsi e uscire dagli alberi, quando Levi le prese delicatamente la mano per frenarla.
- Aspetta.
Siri si voltò a guardarlo confusa mentre lui si preparava ad affrontare quel discorso che li avrebbe portati, inevitabilmente, a prendersi a parolacce. L’aveva accompagnata ogni sera per praticamente una settimana da quando c’era stata la missione dagli Aurille e la spiegazione, ci aveva messo un po’ per trovarla, era che voleva cercare di addolcirla quanto più potesse prima di dirle ciò che aveva decretato. Oltre che rimandare il più possibile il momento del confronto: a Siri non sarebbe piaciuto minimamente, eppure sentiva lo stesso di dover provare a convincerla.
Prese fiato e si preparò alla sua reazione: - Siri, dovresti chiedere ad Erwin di non prendere parte alla missione di riconquista.
In quell’esatto momento una folata di vento più forte delle altre che li avevano accompagnati per tutto il tragitto li travolse, facendo stormire energiche le chiome sopra di loro. Una curiosa coincidenza, pensò Levi. Siri di tutta risposta s’impietrì sul posto e sfilò con uno scatto la mano da quella dell’altro.
- Come scusa?
- Te lo sto dicendo da capitano.
- Io te lo sto chiedendo in entrambi i sensi. – Siri fece un passo indietro per allontanarsi leggermente da lui, per poi farsi più dritta col busto. Continuavano a vedersi clandestinamente principalmente perché entrambi non volevano dare troppa serietà all’attrazione che c’era tra loro, a cui avevano miseramente ceduto, e poi perché, motivo non meno importante, entrambi, e soprattutto la spia, ricoprivano dei ruoli sensibili, l’ultima missione l’aveva dimostrato: mostrare apertamente l’interesse l’uno per l’altra li metteva a rischio. Nonostante ormai i nemici di Siri più pericolosi fossero stati neutralizzati, non si poteva mai sapere quali insidie potessero nascere da un momento all’altro, entrambi sapevano meglio di chiunque quanto queste potessero svilupparsi velocemente. Adesso Levi era convinto di aver saputo dividere la sua oggettività, in quanto capitano di Siri, dai suoi sentimenti personali per lei: implicitamente però stava facendo leva sui sentimenti della ragazza per convincerla, si stava raccontando una di quelle bugie per autoconvincersi del contrario.
Siri lo guardò truce, ma era estremamente calma: - E sentiamo, perché dovrei chiedere ad Erwin di non venire in missione con voi?
- Non hai fatto ancora abbastanza progressi. – aveva la risposta pronta, dopotutto si aspettava una domanda del genere dopo una richiesta come la sua. Siri, di tutta risposta, rise amaramente.
- Per favore, posso essere anche impulsiva e orgogliosa, ma sono abbastanza oggettiva per sapere che i miei progressi sono innegabili.
- Tagliare finte nuche qui è come imparare a cagare nel vaso da notte, se paragonato a quello che ti aspetta là fuori. – le rispose di getto.
Siri sorrise beffarda: - Adoro le tue figure retoriche, ma non mi ammagli con la tua superba dialettica.
Levi prese un respiro profondo, era convinto che nonostante la sua richiesta, che a lei poteva sembrare poco professionale, avesse ragione su tutta la linea: - Se preferisci che te lo faccia capire in questi termini: mentre le reclute sono agli occhi dei giganti cibo appetibile, tu in confronto potresti apparirgli come la carta con cui si puliranno il culo dopo averli mangiati. 
Siri rimase in silenzio, il vento le scompigliò i capelli mentre lo guardava impassibile: - Sai che questo potrebbe essere il discorso più lungo che tu mi abbia mai fatto? E l’argomento principale sono le feci.
- Prendi la cosa sul serio per favore.
Siri fece un passo verso di lui e lo guardò con un’espressione dura in viso, il vento si era alzato parecchio a questo punto, rimanendo però caldo e piacevole: - Quello che non prendo sul serio è questo tuo discorso. Ti ricordo che io sono il medico di prima linea, oltre che un soldato, se ci saranno feriti gravi con me avranno qualche speranza di tornare a casa, – strizzò gli occhi – quindi adesso dimmi, sinceramente, vuoi che non parta con voi perché pensi davvero che sono poco abile nel movimento tridimensionale?
Levi tenne fermo lo sguardo su di lei e usando un tono che non facesse tradire la benché minima esitazione, pronunciò un categorico: - Sì.
La spia distolse lo sguardo e sospirò, poi scosse debolmente la testa: - Ti avevo già detto che con me non puoi mentire, eppure l’hai appena fatto spudoratamente.
Lui non se n’era accorto, ma lo spasmo sulla base del suo sopracciglio aveva parlato per lui tanto quanto quel monosillabo. Aveva appena perso la discussione e lei non si era innervosita neanche lontanamente come aveva immaginato, tuttavia dopo poco continuò: - Non torniamo più a parlare di questa cosa perché non ti assicuro di mantenere la calma la prossima volta. E non mi va di litigare.
Levi non seppe più che dire, Siri aveva scoperto le sue vere intenzioni che nemmeno lui sapeva spiegarsi con chiarezza: in verità era morso dalla paura di perdere anche lei, come per i suoi compagni, ma questa volta il timore era così forte che l’aveva sopraffatto. Così aveva cercato di controllare, almeno per una volta, quell’aspetto così crudele e ricorrente della sua vita. Sentì talmente improvviso l’impulso di tornare ai dormitori e pulire da cima a fondo la sua camera, che chiuse il pugno frustrato, per poi riaprire la mano, arrendendosi al fatto che non avrebbe potuto cambiare la possibilità concreta di vederla morire tra tre settimane a quella parte.
Siri, nel silenzio interrotto solo dal fruscio delle foglie, sospirò e disse: - Se ti chiedessi perché hai iniziato a venire con me tutte le sere da Erwin, la risposta sarebbe la stessa che mi daresti per la domanda di prima, giusto? – Levi socchiuse la bocca sentendo il cuore mancargli di un battito – Potrei scommetterci Levi.
A quel punto lei gli si avvicinò, fermandosi solo a pochissimi centimetri di distanza da lui, tenendo gli occhi intensi fissi nei suoi. La voce di Siri sembrò abbassarsi e diventare più profonda: - A me tu piaci Levi. Io tengo a te in una maniera diversa dalla quale tengo a tutti gli altri. Io riesco a dirtelo. – lei quindi gli mise una mano sulla guancia, a Levi sembrò che il tempo avesse iniziato a scorre più lentamente quando, dai suoi occhi, lo sguardo di Siri si posò sulle sue labbra, su cui si stava abbassando. Improvvisamente, poco prima che le loro labbra si toccassero, Siri fece scivolare via la mano dal suo viso e si scostò da lui, dirigendosi verso gli alloggi di Erwin e lasciandolo imbambolato a fissare il nulla. Il capitano si voltò a guardarla, ma lei proseguì a passo spedito senza voltarsi, quando poi scomparve oltre l’uscio della porta, si lasciò scivolare lungo il tronco di un albero sospirando, per poi prendersi la fronte con una mano come se provato da una lunga corsa.
 
All’interno dello studio di Erwin i vetri delle finestre tremavano a scanditi intervalli di tempo, scossi dal forte vento che imperversava all’esterno: il rumore comunque non distraeva minimamente i due, soprattutto Siri che per la concentrazione si mordeva il labbro inferiore.
- Difficoltà? – il comandante, dal canto suo, non ne aveva alcuna e appariva estremamente rilassato, al contrario della sua avversaria che alla domanda si raddrizzò e rilassò l’espressione contratta che puntava alla scacchiera: - Assolutamente no, comandante.
Erwin sorrise condiscendente: - Il tuo atteggiamento nei miei confronti è molto cambiato da quando ti ho conosciuta, Sigrid.
Lei spostò un pedone dubbiosa mentre gli rispondeva: - Perché adesso lei è il mio superiore, e comunque la rispetto molto a prescindere.
- Anche nei confronti del capitano il tuo atteggiamento è cambiato? – involontariamente, gli occhi di Siri scattarono veloci su di lui che seppe ben interpretare la reazione prima che lei riuscisse a ripristinare la sua maschera d’indifferenza.
- Mmh, non proprio.
- Ma è comunque il tuo superiore, non provi la stessa reverenza?
- Sa che sono onesta con lei e, no, non la stessa. Ciò non toglie che lo apprezzi e rispetti molto, è leale oltre che un ottimo soldato, non gli disobbedirei mai a meno che non mi chiedesse qualcosa di sconsiderato. – Siri sorrise pacata e il suo interlocutore notò che arrossì impercettibilmente – Ma credo sia più probabile che ci colpisca un fulmine a ciel sereno.
- Hai ragione. – Erwin annuì e spostò un pezzo sulla scacchiera facendo sbuffare la sottoposta – Leale… Sì, è un aggettivo perfetto per descrivere Levi. È stata un’ottima aggiunta al corpo di ricerca. Si può dire che è diventato il mio braccio destro.
Siri trattenne a stento un sogghigno: - Non stento a crederlo. È una fortuna poi se ci pensa, visto che letteralmente le manca.
Erwin sorrise: - Te e Levi siete molto simili, ma allo stesso tempo estremamente diversi. – Siri si bloccò tenendo una torre tra le dita sopra la scacchiera e alzò lo sguardo su di lui, questo fece una piccola pausa occupata dallo sbatacchiare dei vetri alla forza del vento.
- Si può dire che siete complementari.
La spia mosse la mano rimasta sopraelevata e posizionò la pedina: - In altre parole sarei il vostro braccio sinistro. – ogni volta che parlava col superiore aveva sempre il presentimento che lui stesse tramando qualcosa o che stesse studiando ogni sua singola mossa, da quella degli scacchi a come si sedeva. Non immaginava volesse fare semplice conversazione e farle intendere che lui aveva inteso qualcosa sulla sua relazione clandestina, per cui gli rispose ambigua e pungente come al solito: - Sono stata anch’io una buona aggiunta alla sua collezione?
Ad Erwin raramente sfuggiva qualcosa e ormai aveva notato, in Levi in particolar modo, degli atteggiamenti diversi, all’evento coi nobili poi aveva avuto la conferma dei suoi sospetti. Non avrebbe mai creduto possibile che quel ragazzo schivo e dai modi discutibili che aveva conosciuto sei anni prima e che aveva visto diventare sempre più cinico, potesse lasciarsi andare e diventare in un qualche modo “sentimentale”. Siri sembrava proprio pane per i suoi denti e non lo sorprese l’accoppiata, quanto più il fatto che la situazione l’avesse indotto a pensare alla sua di vita sentimentale: aveva rinunciato ad avere una persona accanto, una vita normale, praticamente qualcosa che non aveva mai sentito di aver bisogno ma di cui adesso si sentiva leggermente invidioso. Levi forse qualche possibilità di averne una tutta sua adesso l’aveva, o, se non in quel momento, in un immediato futuro, il comandante infatti era sicuro che, comunque fossero andate le cose nella spedizione di riconquista, Levi sarebbe sopravvissuto. Siri invece aveva nettamente meno possibilità, eppure, quando osservò attentamente i suoi grossi occhi marroni che, dubbiosi, aspettavano una sua risposta, sentì che quella ragazza ce l’avrebbe fatta. E non perché era portata a sopravvivere come Levi, ma perché aveva imparato a farlo e si sarebbe saputa adattare anche ad un tipo d’inferno diverso da quello a cui era abituata: era animata da una strana forza a cui non riusciva a dare un nome o una spiegazione, in realtà era molto semplice ed era la paura, oltre che una forte determinazione.
Erwin sperò per Levi che ci avesse visto giusto e che lei sopravvivesse.
- Non c’è dubbio. – Erwin abbassò lo sguardo – Sai, Sigrid, quello che cerco di dire in realtà è che completate un quadro ben preciso. La vostra complementarità è interessante, tu nel tuo passato hai affrontato delle difficoltà, ma tutto sommato hai passato dei primi anni tranquilli in superficie e poi la tua vita ha preso una piega che potremmo definire immorale. Mentre per Levi è stato tutto il contrario. I suoi primi anni sono stati infernali, ha commesso un numero imprecisato di crimini per poi lasciarsi alle spalle tutto quanto.
Siri stette a sentirlo attentamente, non faceva fatica a seguire il suo ragionamento ma aveva dubbi circa la sua conclusione. Il comandante incrociò quindi il suo sguardo e parlò.
 
Nel frattempo, all’esterno, Levi stava ripensando a quello che Siri gli aveva detto prima di entrare e riviveva quella scena ripetutamente nella sua testa. Soltanto una folata di vento più forte e soprattutto fredda delle altre lo riportò alla realtà: alzò lo sguardo verso il cielo e notò che dei nuvoloni avevano coperto il cielo, l’odore pungente di pioggia aveva riempito l’aria. A quel punto decise di alzarsi e tornare indietro, avrebbe recuperato due mantelli per lui e Siri, voleva evitare si bagnasse e quindi di assistere ad un altro febbrone da cavallo della spia.
Tornò a passo svelto nel quartier generale e, proprio mentre afferrava due mantelli dalla sua stanza iniziò a piovere a dirotto. Scese due scalini alla volta e proprio sull’ingresso a due battenti dell’edificio, noto in lontananza Siri che, correndo sotto la pioggia, si stava dirigendo verso l’entrata: Levi, nella foga di raggiungerla, corse da lei senza indossare l’altra cappa che aveva preso per lui, bagnandosi completamente nel giro di qualche secondo sotto l’acquazzone. Appena la raggiunse a metà strada, le avvolse il mantello sulle spalle e la sentì emettere una risata scoppiettante quando le coprì per sbaglio anche la faccia col tessuto, facendola incespicare. Lui la prese per una spalla e le abbassò il cappuccio più in basso, questa volta di proposito, guidandola verso l’ingresso mentre gli arrivava alle orecchie il suo sghignazzare, coperto parzialmente dallo scrociare dell’acqua attorno a loro. Anche quando misero finalmente piede nell’atrio dell’edificio, all’asciutto, lui le tenne il braccio attorno e lei, col fiatone per aver corso e riso, si appoggiò con le mani sulle sue spalle.
Levi le chiuse più strettamente il mantello al petto: - Sei fradicia. – alzò poi gli occhi su di lei quando a quelle parole lei rise sommessamente: - Levi, sta pur sempre piovendo!
Dal naso di Siri cadde una goccia d’acqua, i capelli inzuppati le si erano appiccicati sulla faccia e lui le spostò dietro le orecchie quelle ciocche. Sotto quello strano magnetismo che li attraeva e impediva ad entrambi di prendere le distanze l’uno dall’altra, il respiro di Siri si era appesantito mentre a lui fu come se si fosse rallentato, sulle spine per quel bacio negato di poche ore prima.
- E poi anche tu ti sei bagnato tutto. – disse Siri quasi spirando le parole – Avresti potuto usare l’altro mantello per coprirti… – concluse socchiudendo gli occhi, sentendo i battiti nella sua cassa toracica che non riuscivano a placarsi nonostante non stesse compiendo alcuno sforzo.
Levi rimase impassibile: - Già…
Di colpo, lui non sostenne più la tensione smisurata e si spinse contro di lei, prendendole la nuca premette le labbra fredde sulle sue inspirando dal naso a pieni polmoni. Siri indietreggiò, ricambiando il bacio altrettanto intensamente, col respiro accelerato andò a sbattere contro un armadio alle sue spalle, producendo un tonfo che entrambi ignorarono. Le mani di Siri si fecero strada sulla camicia umida di Levi e quando infilò le dita tra le asole sfiorandogli la pelle gelida, solo il rumore di qualcuno percorre il corridoio alla loro destra parve ridestarli. La spia, rigirandosi, spinse Levi dietro l’armadio e lo schiacciò contro il muro: si separarono da quel bacio intenso rimanendo entrambi col fiatone, la ragazza spalancò gli occhi e si sporse guardinga oltre il mobile che li nascondeva. Quando sentì i passi dei due soldati spuntati dal nulla superare l’atrio e continuare a percorrere il corridoio, entrambi tirarono un sospiro di sollievo e la ragazza fece un passo indietro, allontanandosi dall’altro, ancora frastornato dall’intensità con cui si erano baciati poco prima. Improvvisamente tornarono a sentire il mondo attorno a loro, lo scrosciare della pioggia e un tuono che rimbombava in lontananza.
- Ehm… – disse Siri con una voce roca – Forse… Torno su, per dormire.
- Sì. – disse incolore Levi, rivolgendo lo sguardo altrove – È meglio tornare nelle nostre camere.
Salirono per le scale e si salutarono in fretta quando lui raggiunse il suo piano, mentre lei proseguì su per le altre rampe di scale. Quando il capitano chiuse la porta dietro di sé, rimase imbambolato a fissare la sua camera, sentendo ancora l’adrenalina percorrergli tutto il corpo: si portò le dita sulle labbra e gli sembrò di sentire ancora quelle di Siri sulle sue. Stava per togliersi i vestiti fradici di dosso quando sentì bussare alla sua porta: si voltò di scatto e aprì la porta, rivelando la figura della spia in piedi che imbarazzata si mordeva un labbro mentre lo guardava colpevole.
- Forse hai ragione. Sono così sfacciata come pensi tu. – Levi la osservò in silenzio per qualche secondo, poi le prese la mano e la tirò a sé chiudendo la porta, entrambi ripresero esattamente da dove erano stati interrotti e più sentivano la vicinanza dell’altro più la foga con cui l’uno cercava l’altra cresceva.
Siri iniziò a sbottonare la camicia bianca di Levi, le dita, di solito abili e ferme, in quel momento incespicavano tra le asole procedendo con una lentezza per lui snervante. Levi ad un certo punto, con una mano avvicinò a sé la ragazza afferrandola da un fianco, mentre con l’altra aprì la camicia con uno strappo, rompendo i bottoni ancora allacciati che volarono per la stanza, ticchettando ripetutamente sul pavimento. Mentre lui sfilava le braccia dalle maniche della camicia, Siri passò le mani sul suo petto, salendo coi polpastrelli dalle clavicole su per il collo avvolgendoglielo in modo da accarezzargli la mandibola coi pollici. A Levi, con quel contatto così delicato, venne la pelle d’oca e si sporse su di lei baciandole il collo. Sentendo le fasce dei palmi di Siri sulla pelle, avvertì l’impellente desidero di percepire le sue mani nella sua interezza sul suo collo, sul suo viso, su tutto il suo corpo: non riusciva a sopportare più quell’ostacolo con cui percepiva le sue mani ma non le sentiva. Lui voleva che la sua pelle aderisse alla sua. 
Le prese una mano e risalì lungo l’avambraccio, cercando l’incastro della garza: Siri, nonostante l’impeto del momento, capì immediatamente le intenzioni di Levi e ritrasse il braccio d’istinto ritraendosi di poco. Lui la guardò mentre lei farfugliava: - Scusa, io non volevo… Non l’ho fatto apposta…
Lui la interruppe: - Siri se tu sei un mostro lo sono anche io. Siamo le persone più rivoltanti di questo mondo. E a me va bene così. 
Le prese la mano e la aprì, mettendole poi il suo palmo aperto nel suo: - Se le tue mani sono sporche di sangue, le mie sono ancora più sporche. Io non ho paura delle tue cicatrici perché sono anche le mie. – si concentrò sul rumore della pioggia che picchiava sulla finestra – Fino alla fi…
Si bloccò, accettando che la pioggia coprisse il suo silenzio e rimangiandosi all’istante quelle parole, lasciò sospesa una proposta che non poteva farle, una promessa che nessuno dei due era in grado di mantenere in quel momento. Siri, che era rimasta a sentirlo attentamente, afferrò l’orlo della sua maglietta fradicia e la sfilò via, facendola cadere per terra, rivelando il torace fasciato e l’addome fin troppo magro e segnato dalle cicatrici e i lividi giallastri. Deglutì e gli porse le braccia, lasciando che lui le snodasse le garze che caddero sul pavimento con un fruscio assieme ai loro indumenti spiegazzati.
 
Più tardi, la pioggia scendeva più debole e regolare e Levi poggiava la testa sul petto di Siri che, supina, dormiva profondamente. Completamente preso dal torpore, l’abbracciò più strettamente aggrappato alle sue spalle come temendo le sfuggisse via dalle braccia: mentre scivolava nel sonno profondo perdendo pian piano coscienza, aveva un solo inconsapevole pensiero nella testa. Non andartene. Non lasciarmi come hanno fatto tutti gli altri.
Il mattino dopo si risvegliò da solo, qualche ora dopo l’alba.
 
- Allora, ve lo ripeto per l’ultima volta: solo perché vi ci stiamo portando questa volta non significa che potete ordinare alcolici. – disse Siri minacciosa ai suoi compagni di squadra, che seguivano lei e il capitano mantenendosi a un paio di passi di distanza – Siete minorenni, in teoria non dovreste neanche poterci entrare, ma diciamo che al proprietario vado a genio e ha fatto un’eccezione solo per stasera. Quindi vedete di non fare casini.
- Hange è già lì, vero? – le chiese Levi senza voltarsi.
- Sì, non voleva più aspettare e ci è andata con Moblit, gli altri della sua squadra hanno dato buca. – Siri quindi si girò e tornò a camminare a fianco a Levi.
- Mi piacerebbe sapere chi è che abbiamo dovuto aspettare così tanto. – il capitano voltò la testa e fulminò i sottoposti – Non fatemi pentire di aver acconsentito.
- Eren non sapeva che mettersi, – disse Jean, Levi tornò a guardare davanti a sé seccato – ma alla fine ha scelto di mettersi la stessa maglia orrenda che aveva anche ieri.
L’altro, di tutta risposta, si avvicinò all’amico minaccioso: - Ehi, non sono mica io quello che ha perso tempo davanti lo specchio a pettinarsi.
- Sono contento che i tuoi stupidi esperimenti siano finiti, almeno non avrai più scuse per essere così lento!
Siri roteò gli occhi con un sorriso condiscendente sulle labbra sentendo il battibecco continuare. Nulla avrebbe potuto toglierle il buonumore quella sera: era finalmente riuscita a sintetizzare il farmaco che Erwin le aveva chiesto quando era entrata a far parte del corpo di ricerca, e che avrebbe aiutato Eren a rigenerarsi più velocemente. Quel giorno lo avevano sperimentato sul ragazzo e, non appena l’aveva ingerito, dal suo corpo aveva iniziato a venir fuori un getto di vapore più forte e veloce rispetto al solito. Una volta ripresosi, era riuscito a trasformarsi ripetutamente fino ad arrivare ad una terza, portando anche a termine l’indurimento del suo corpo da gigante con successo. Per questo, a Siri e Hange era venuta in mente l’idea di festeggiare e andare in una taverna di campagna frequentata perlopiù dai soldati, avevano invitato anche i membri più piccoli della squadra di Levi perché, dopotutto, anche loro avevano lavorato duramente e avevano aiutato Siri nella scoperta.
La spia aprì la porta della taverna e la tenne tale per far passare i ragazzi, quando passò Sasha davanti a lei le diede uno scappellotto amichevole, poi entrò lasciando andare il battente e raggiungendo Levi vicino il bancone che stava intimando al gruppo di mocciosi di non bere. Siri si unì a lui nelle raccomandazioni al gusto di minaccia: - Ricordatevi che avete a che fare con me, anche i muri hanno gli occhi. Anzi, soprattutto i muri.
- AH! Finalmente siete arrivati! – Hange si era avvicinata ai due seguita da Moblit.
- Abbiamo delle principessine, non dei soldati a cui badare. – disse secco Levi.
Siri tirò fuori un sacchetto pieno di monete e alzò un braccio, attirando l’attenzione del locandiere che si avvicinò: - Siri! – l’uomo vide il sacchetto e le sorrise sornione – È sempre un piacere averti nel mio locale!
Hange aggrottò le sopracciglia: - Ci vieni spesso?
Siri ignorò la domanda dell’amica e diede il sacchetto all’uomo: - Tutto quello che ti ordino io e loro tre, ai ragazzini a quel tavolo laggiù fai portare solo da mangiare e roba analcolica. La bruna può ordinare solo una portata, mi raccomando. È capace di svuotarti l’intera cucina.
Levi guardò sorpreso il sacchetto di monete, non credeva avesse così tanto denaro da sperperarlo in quel modo: - Saltimbanco per caso fai le rapine nel tempo libero per arrotondare?
Proprio quando lei si era voltata a guardarlo con una smorfia annoiata, si sentì chiamare da due soldati al centro del locale, lei si girò verso le voci e fece un sorriso a trentadue denti: - Lauda! Marlene! – s’incamminò verso di loro sotto lo sguardo scioccato di Levi e Hange – Preparatevi perché tornerete ai dormitori con le tasche vuote.
I due amici rimasero a fissarla confusi, Levi quindi chiese all’altra: - Quand’è che ci ha fatto amicizia?
- Non chiedermelo. Ero convinta fossimo gli unici che conoscesse, a parte Erwin e la tua squadra.
Moblit raggiunse Siri con gli altri veterani, rimasti soli, i due quindi si sedettero al bancone, mentre lanciavano ogni tanto occhiate di supervisione alla squadra di Levi. I ragazzini, sistematasi in un tavolo circolare, non si distingueva particolarmente rispetto agli altri ospiti del locale in quanto a baccano, c’era un piacevole brusio generale sopra il quale si poteva intavolare una conversazione senza alzare particolarmente la voce.
- Comunque siete davvero bravi, – esordì Hange ad un certo punto, dopo aver tirato un sorso di birra dal boccale – Siri è molto più discreta però, ed è tutto dire. Tu a tratti mi ricordi Mikasa, non riesci proprio a trattenerti…
- Ma che stai blaterando? – Levi si voltò a guardarla infastidito, lei di tutta risposta sorrise allusiva.
- Ho notato in quest’ultima settimana che Siri non è tornata a dormire in camera proprio tutte le sere. – a queste parole dell’amica, il sorso che stava bevendo andò di traverso al capitano, che tossì con forza.
- Abbassa la voce… idiota… – si lanciò un’occhiata intorno, ma a nessuno era parso interessare minimamente quello di cui stavano parlando.
- Non ho detto nulla a nessuno, dicevo solo che è interessante osservare il tuo comportamento in questa situazione. – si aggiusto gli occhiali spessi sul naso ridacchiando, guadagnandosi così un’altra occhiataccia – Un interessante risvolto degli eventi, insomma, a te non è mai piaciuto nulla d’impegnativo, poi non è che fosse la prima persona a farti il filo…
Lui scosse la testa, quindi questa volta fu ad Hange che andò di traverso la bevanda: - Non ci credo!
- Nemmeno io.
- Questo l’avevo inteso anche io. – Levi guardò in un’altra direzione seccato, lei si schiarì la voce, della birra ancora le occludeva le vie respiratorie – Dai, ti prego, adesso voglio sapere perché proprio lei, c’erano tante persone… Petra, ad esempio… – la caposquadra si bloccò all’istante e immerse il muso nel boccale, buttando giù parecchi sorsi, desiderando di potersi rimangiare quello che aveva appena detto.
L’altro abbassò lo sguardo sul contenuto del suo picchiere, osservando i cerchi concentrici all’interno: - È un ottimo esempio in realtà. Petra per quattro anni ha cercato di avvicinarsi a me, mi è stata vicina, ha fatto letteralmente di tutto. Eppure non ho mai provato nulla, in tutti quegli anni. – strofinò con le dita il manico in ferro – Siri è piaciuta dopo solo appena qualche settimana. Credo che sia la dimostrazione che non importa quanto tempo passi con una persona.
Hange era rimasta a sentirlo imbambolata, poi sorrise bonaria e guardò davanti a sé: - Una questione di chimica, credo di capire.
- Non è solo questo. – Levi ripensò alle prime volte in cui avevano parlato e si rese conto di una cosa importante che spiegava “l’insolita attrazione” – È stata la prima persona dopo anni che mi ha trattato come se non fossi il soldato più forte dell’umanità, come se non fossi… un’arma. Mi sono sentito normale.
Effettivamente, ci fece caso in quel momento, lei l’aveva fatto sentire vulnerabile, dal primo momento non si era lasciata intimorire dalla sua forza e con la sua faccia tosta, oltre che con una buona dose di cinismo, gli aveva rimarcato la sua umanità. Lanciò un’occhiata alla spia che con un boccale in una mano e la spalla di Moblit nell’altra parlava ad alta voce e rideva a crepapelle col resto dei soldati: un pensiero lo attraversò, troppo doloroso su cui concentrarsi proprio in quel momento. Quella vulnerabilità, che era lo stesso motivo per il quale non si scambiavano effusioni anche solo sommesse in pubblico, era convinto avrebbe sfavorito entrambi per quanto li facesse, allo stesso tempo, sentire più vivi.
Ma non ci avrebbe pensato in quel momento. Voleva, per ora, crogiolarsi in quel presente, ma presto quelle paure sarebbero diventate troppo assillanti da ignorare. Quell’idillio era già compromesso da un oscuro presagio.
L’amica accanto a lui alzò guardo il soffitto pensierosa: - Mmh… Credo di aver capito. È molto bello. – poi si abbassò sul bancone in modo tale che incrociasse il suo sguardo a forza – Ti ha fatto diventare anche più loquace.
Levi sbuffò, le prese la testa e gliela abbassò di quei pochi centimetri che le mancavano dal bancone, facendogliela sbattere con un colpetto. Hange si rimise dritta con uno slancio tastandosi il lato della testa: - Argh... io un giorno diventerò il tuo superiore.
Dopo poco, nel fracasso generale, non si accorsero che Siri li aveva raggiunti alle spalle e sobbalzarono quando prese entrambi per le spalle: - Ah, non ditelo agli altri ma siete i miei caposquadra preferiti, Lauda potrebbe offendersi. – li abbracciò avvicinandoseli a sé.
- Ne parli come se li conoscessi da sempre. – disse Levi accigliandosi.
- Neanche voi in realtà, però… – Siri li lasciò andare e rimase in piedi tra i due alle loro spalle – Ah a proposito, boss, ho lasciato che i mocciosi ordinassero un boccale ciascuno.
Hange la guardò e pronunciò un: - Siri… – sconsolata, mentre Levi si girò a guardare torvo prima lei e poi i suoi sottoposti che al tavolo si portavano i bicchieri alla bocca guardandosi attorno colpevoli.
- Tch. – il capitano si voltò di nuovo verso il bancone – Avresti dovuto chiedere.
- Ma è solo birra! Hange, ti sfido a fare a gara a chi beve di più e rimane più sobrio.
Levi poggiò il gomito sul bancone e disse piatto: - Non è una buona…
- Ci sto. – disse rispose l’altra chiamando eccitata il locandiere.
Sarebbe stata una lunga serata, pensò sconsolato il terzo.
 
- In te, Sigrid, vedo il male che c’è nel bene e con Levi non riesco che a vedere il bene che c’è nel male. Forse collaborando potrete trovare la vostra pace.

Nota a fine capitolo (più una riflessione): Volevo fare qualche precisazione su questo capitolo e aprire una piccola parentesi che riguarda due principali punti che ho affrontato in questo aggiornamento, ma partiamo con ordine dal primo che mi preme maggiormente perché si parla di PTSD e disturbo ossessivo compulsivo. Con la lettera di Diya ho cercato di renderlo più o meno esplicito (non sono mai sicura, scrivendo, che alcuni miei messaggi e “hint” vengano effettivamente recepiti e ho sempre paura che alcune cose possano essere fraintese), ma il “tema” principale, o meglio l’obiettivo, di questo capitolo è stato proprio portare alla luce i disturbi mentali di cui inevitabilmente ho pensato i personaggi dovessero soffrire. Per come la penso, non esiste né in cielo né in terra che personaggi con traumi come quelli di Siri, Levi, Bernard, ecc, non subiscano delle conseguenze più o meno gravi a livello di psiche. Isayama con Levi credo sia stato abbastanza bravo a dare un’idea del disturbo ossessivo compulsivo e mi è sembrato in un certo senso doveroso, oltre che realistico, fargli provare determinate cose nel momento in cui ha provato a controllare un aspetto imprevedibile della sua vita. Ossia che le persone a cui tiene lo lascino solo, morendo. Della serie:“sei il più forte dell’umanità, ma su questo non puoi farci proprio niente”, può comunque trattarsi di una mia personalissima visione delle cose. Su Siri non mi spreco molto perché, essendo una mia creazione, sento il dovere di approfondirla molto mentre scrivo e spero di aver spiegato già abbastanza il suo PTSD in precedenza; mentre con Levi a volte non sento sempre la necessità di farlo, e quindi specificarlo sempre, essendo “un prodotto già confezionato”, anche se comunque uno degli obiettivi della mia storia è donare anche a lui un’evoluzione. La sua crescita è in corso, spero di averlo fatto notare più esplicitamente in questo capitolo. In genere, comunque, ogni capitolo ha una sorta di “filo rosso” per così dire.

Il secondo punto, meno importante rispetto al primo, è quello che mi ha lasciata più indecisa di tutti mentre pianificavo i capitoli: all’inizio non sapevo se lasciare la relazione tra Siri e Levi platonica oppure no, ma alla fine ho deciso di lasciare che la loro storia si sviluppasse anche sul piano fisico. Ma all’inizio, ripeto, non era affatto così. Per caso una sera, mentre pensavo alla storia, mi è venuta in mente la scena della pioggia e non me la sono sentita di lasciare il loro rapporto platonico: in origine i due avrebbero dovuto scambiarsi il loro primo bacio soltanto durante questo capitolo, quindi avere un vero e proprio rapporto mooolto più tardi. La ragione era molto semplice: Levi. Isayama non ha dato un’idea ben chiara della sua vita sentimentale, per cui mi sembrava più coerente un amore platonico.
Quindi come sono arrivata alla decisione di scartare la mia prima stesura? Per due motivi, principalmente: Siri e Levi sono due persone adulte, a differenza, per esempio, di Eren e Mikasa in cui posso comprendere uno sviluppo del genere, quindi più lento; e poi per prendermi qualche “libertà da autrice” per rendere la storia più… mia. Scegliere di seguire questo percorso della narrazione mi ha, credo, anche invogliata di più a scrivere.
Ho cercato di lasciare il personaggio di Levi più canon possibile, ma è inevitabile che la mia personale visione delle cose abbia “intaccato” il suo personaggio, mi dispiace se non sono stata al 100% fedele all’opera originale ma spero che abbiate apprezzato lo stesso il tentativo.

Perdonate lo sproloquio ma sentivo la necessità di specificare queste cose, credo ci saranno altri tre capitoli (o quattro, non ho ancora deciso) e poi terminerà la seconda parte.

P.S.: il dialogo a fine capitolo è ciò che Erwin dice a Siri prima che lei se ne vada dai suoi alloggi (il continuo di quando ho interrotto il dialogo).

  
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