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Autore: crazy640    07/09/2009    15 recensioni
Salve a tutti!Questa è la prima fan fiction che scrivo su "Queer as folk",anche se lo adoro,quindi siate clementi... Cosa succederebbe se la figlia di Justin,appena arrivata a Toronto,si scontrasse per caso in Gus? Lo charme dei Kinney colpirà di nuovo?
Genere: Romantico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Brian Kinney, Justin Taylor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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un nuovo inizio

 

 

Il furgone bianco si fermò davanti al numero 23 di Bleecher St.
Neanche una settimana prima un altro furgone si era fermato davanti alla stessa casa con la mobilia dei nuovi proprietari e,come la volta precendente i vicini,sia quelli all'interno delle loro case che quelli che stavano curando il loro giardino,si sporsero per vedere se riuscivano a rubare qualche altra informazione sui nuovi vicini:sapevano già che arrivavano da Pittsburgh,che erano una coppia sposata da più di dieci anni e che erano entrambi due professionisti affermati.
Erano riusciti a mettere insieme queste informazioni grazie ai piccoli accenni che erano riusciti a strappare ai traslocatori e dalle occhiate veloci che avevano lanciato ai mobili,chiaramente costosi e di valore:c'erano divani di pelle,mobili di chiara manifattura italiana e,qualcuno giurava di aver visto anche dei quadri di Justin Taylor,uno dei più quotati artisti della "new art" del momento.
Del resto,i nuovi vicini dovevano essere più che benestanti se potevano permettersi una casa come quella al numero 23 di Bleecher St.
Era riduttivo chiamarla casa,quella era una reggia otto camere da letto con bagno personale annesso,una piscina,il campo da tennis coperto e quello scoperto,un garage che avrebbe potuto ospitare l'intera scuderia Ferrari,un piccolo appartamento sopra di questo,che un tempo era destinato all'autista e alla sua famiglia,una cucina,due salotti e molto altro ancora.
Giravano voci che ci fosse anche un bowling con tre piste privato,ma non erano in molti a credere a quella diceria...
Tutti,quando la casa era stata messa in vendita ci avevano fatto un pensierino,viaggiando per qualche istante con la fantasia chiedendosi se avrebbero potuto permetterselo;ma bastava una telefonata all'agente immobiliare a mandare in frantumi i loro sogni.
Nello stesso istante in cui i due trasportatori,due ragazzi con maglietta nera a maniche lunghe ed un capello rosso con sopra il logo della ditta,scendevano dal furgone, un SUV blu notte imboccò la via,fermandosi a pochi metri dalla casa.
La prima a scendere fu una ragazza,di media altezza nonostante indossasse un paio di stivali da cavallerizza con almeno sei centimetri di tacco,con indosso un paio di jeans blu marine con degli strass che seguivano il contorno delle tasche,ed un maglione rosso a collo alto.
Dando le spalle ai vicini,chiuse la porta del SUV e si mosse veloce verso la casa,osservandola con un'espressione di chiara incredulità sul volto.
-OH SANTO CIELO!-esclamò incapace di staccare lo sguardo dalla casa.
Cercando di cogliere qualcosa dell'aspetto della ragazza,ma sperando di non apparire troppo invadenti Mrs.Connors e Mrs.Gable,ognuna nel proprio giardino posarono gli accessori da giardinaggio e,toltesi i guanti,fecero un passo in avanti verso il marciapiede.
In quel frangente,poterono osservarla meglio:notarono la pelle candida del suo viso,le sue labbra rosse e piene,il suo naso dritto che le dava un aria austera,ed i capelli biondi che le ricadevano sulle spalle in boccoli ordinati.
Quasi avessero aspettato quel grido per uscire dall'auto,la portiera del guidatore e quella del passeggero si aprirono,e ne scesero due uomini completamente diversi l'uomo dall'altro.
Uno era alto,muscoloso,dai corti capelli castani che gli ricadevano sugli occhi,un cappotto di lana pettinata grigia che lasciava intravedere soltanto un paio di jeans,chiaramente firmati,sopra un paio di scarpe nere lucide,anche quelle di ottima marca.
L'altro era biondo,con lunghi capelli che gli accarezzavano il collo e che sembravano leggermente spettinati,più basso di una spanna del moro,un fisico quasi efebico nonostante fosse chiaro che l'età dell'adolescenza era passata da un pezzo,una sciarpa attorno al collo ed giacca di pelle nocciola sopra un paio di jeans azzurri ed un paio di sneakers nere.
-Ti piace?-chiese avvicinandosi alla ragazza,un piccolo sorriso ironico sulle labbra.
-E me lo domandi?Questo posto è fantastico!-commentò guardando ora uno ora l'altro.
Il moro sorrise,abbassando per qualche istante la testa,facendo così ricadere alcune ciocche scure davanti agli occhi.
-Aspetta di vedere le scuderie...-le disse rialzando poi lo sguardo su di lei.
La ragazza lo guardò per qualche istante incredula prima di lanciarsi in un gridolino e di abbracciare entrambi.
I due uomini strinsero un braccio per uno attorno alla vita della ragazza,creando quell'abbraccio che avevano perfezionato con gli anni e che tutti e tre consideravano un momento privato,qualcosa che non concedevano alla curiosità degli estranei o degli amici.
-Questo è un nuovo inizio tesoro...-mormorò Justin,prima di dare un bacio fra i capelli biondi della ragazza.
I tre restarono in quell'abbraccio per qualche altro istante,finchè il biondo non rialzò lo sguardo e non si accorse del piccolo pubblico che aveva osservato la scena.
Era ora di ricordarsi delle buone maniere...
Si sciolse dall'abbraccio e,con un sorriso solare sul viso,quello per cui si era guadagnato il soprannome di "Sunshine",attraversò il piccolo tratto di strada che divideva i due lati della strada e si fermò davanti ad una casa dipinta di giallo.
Dietro di sè sentiva i passi del compagno e questo accentuò il suo sorriso:forse Brian non sarebbe stato sempre un buon vicino,ma sapeva che per lui era importante dare una buona prima impressione.
-Salve,sono Justin Taylor Kinney,il suo nuovo vicino-disse tendendo una mano alla donna dai capelli castani che era di fronte a lui.
Questa restò qualche istante a fissarlo,incredula che un'artista,una "star" come lui fosse il proprietario della casa di fronte alla sua.
-Salve,sono Elisabeth Connors-disse riscuotendosi dal incredulità e stringendo la mano che quello ancora gli tendeva.
-Lui è mio marito,Brian Kinney-disse facendo un cenno con il capo alla sua destra verso Brian.
Brian accennò uno dei suoi sorrisi maliziosi capaci di farti innamorare o di ucciderti all'istante e strinse la mano alla donna.
-Piacere di conoscerla-le disse con voce profonda.
Mrs Connors si schiarì la gola cercando di non farsi distrarre da quella voce e da quegli occhi nocciola e si ritrovò a pensare al nome appena detto dal biondo.
-Kinney?Ha qualcosa a che fare con la Kinnetik Corporation?-gli domandò incerta.
-Ne è il presidente-rispose una voce.
La ragazza si era unita a loro,fermandosi accanto a Justin e solo in quel momento Elisabeth Connors si accorse della innegabile somiglianza fra i due.
-Mrs.Connors le presento nostra figlia,Victoria-disse Justin.
-Vic per carità!Molto piacere di conoscerla-fece poi la ragazza educatamente con un piccolo cenno della testa.
-Scusi Mr Kinney?-s'intromise uno dei traslocatori.
Brian si voltò verso i due e annuì,lanciando uno sguardo veloce a Justin prima di avviarsi verso il furgone,seguito da Victoria.
Aveva fatto la sua parte,ora toccava a Justin intessere relazioni di buon vicinato...
Mrs.Connors gli presentò alcuni dei loro vicini e,nonostante la loro chiara sorpresa di trovarsi davanti una "persona famosa",nessuno fece commenti o espressioni strane quando vedevano Brian dirigere i lavori degli scaricatori.
Già un gran cambiamento rispetto a Pittsburgh...
Quando Justin finalmente riuscì a liberarsi dei loro nuovi vicini si avvicinò al furgone,già aperto e mezzo svuotato:quel secondo camion conteneva soprattutto ciò che gli serviva per il suo lavoro,più tutto ciò che era nella cucina,nel salotto e nella camera da letto di Victoria e nella loro.
Brian,senza cappotto e con le maniche della camicia rivoltate a lasciar scoperti i gomiti,uscì dalla porta e sorrise vedendolo andargli incontro.
-Ehi tesoro!Credevo ti avessero sequestrato-commentò fermandosi davanti a lui.
Justin sorrise e gli cinse le spalle con un braccio,sentendosi stringere alla vita da un braccio di Brian.
-Dovevo fare davvero un'ottima impressione per evitare che restino sconvolti quando verranno a farci visita Emmett o Debbie-gli disse senza staccare lo sguardo dal suo.
-Mh,buona idea.
Ora che ne dici di darmi una mano con questa roba?-gli disse riferendosi agli scatoloni ancora in attesa.
-Se devo proprio...-si lamentò.
Brian ghignò e lo guardò di sottocchi,come soltanto lui sembrava capace,facendogli partire dei brividi lungo la schiena.
-Posso sempre chiederlo a uno dei traslocatori,ma poi non garantisco cosa succederà...-
Il biondo sorrise e,alzandosi sulle punte,gli diede un bacio veloce sulle labbra,accarezzandogli i capelli sul retro del collo.
-Papà!Papà!-
Victoria corse scese i tre larghi scalini di finta pietra e non si fermò neanche quando li vide persi nelle loro effusioni.
Era abituata a quelle scene,non l'avevano forse accompagnata ogni giorno fin da quando era nata?
Justin si allontanò dal volto di Brian e guardò sua figlia,in attesa.
-Ho avuto un'idea fantastica...Che ne dici se io mi trasferisco nel piccolo appartamento sopra il garage?-gli chiese con un sorriso a trentadue denti.
-Dovrai passare prima sul mio cadavere-le disse con lo stesso sorriso.
La ragazza sospirò scocciata e guardò Brian in cerca di appoggio.
-Ti prego papo fallo ragionare-
Il moro alzò le spalle in un gesto quasi comico per farle capire che in quella conversazione preferiva non intromettersi,almeno se voleva continuare a vivere sereno.
Certe volte,padre e figlia erano più simili di quanto si desiderasse e prendere una posizione in quei litigi equivaleva a firmare la propria condanna a morte.
-Cosa c'è che non va nelle altre otto camere da letto?-chiese ancora Justin.
-Neanche tu riusciresti a dormire se avessi dei vicini di stanza rumorosi quanti i miei-lo beccò.
-Credo stia parlando di noi-commentò Brian facendo scivolare fra i denti il labbro inferiore,senza staccare lo sguardo da Justin.
Justin lo guardò con un espressione del tipo "non mi dire",prima di tornare a guardare Victoria e farsi scappare un sospiro frustrato.
-Ok,se è questo il problema possiamo spostarci nella camera più distante,così i vicini rumorosi non saranno più un problema-disse guardando la ragazza.
Victoria lo guardò per qualche istante incerta,prima di alzare le spalle.
-Credo mi dovrò accontentare se non posso proprio avere l'appartamento sul garage-concesse.
Justin sorrise e si avvicinò alla figlia,affondandole una mano fra i capelli e scompigliandoli.
-Ok avete finito?-s'intromise Brian ad entrambi.
I due annuirono facendo nascere un sorriso malizioso sul viso del moro.
-Bene,perchè stavamo dimenticando una cosa molto importante...-disse sibillino guardando Justin.
Questi ricambiò il suo sguardo con la fronte aggrottata cercando di capire dove volesse arrivare il marito,ma solo quando lo vide avvicinarsi e posargli una mano sul fianco destro,capì le sue intenzioni.
-Stai scherzando,vero?-gli chiese fissandolo con aria stupita.
Brian si limitò a scuotere la testa,continuando a guardarlo con quegli occhi profondi e pieni d'amore,prima di prenderlo in braccio e incamminarsi verso la porta fra le risate di Victoria.
Justin allacciò un braccio attorno alle spalle di Brian,certo che comunque l'altro non l'avrebbe mai lasciato cadere a terra.
Neanche quando si erano sposati Brian lo aveva portato in braccio oltre la porta del loft e forse,il fatto che lo stesse facendo ora,per la loro nuova casa,segnava davvero un nuovo inizio.

 

Se si escludeva il buco nero che comprendeva la notte del prom,che nonostante fossero passati anni non riusciva ancora a ricordare,della sua storia con Brian,Justin ricordava ogni istante,ogni momento,che fosse importante o meno,perchè tutto aveva contribuito a costruire la loro coppia.
Anche i tradimenti e le separazioni...
Ricordava perfettamente la sera in cui avevano deciso di non sposarsi:era arrivato così vicino a realizzare il suo sogno per poi accorgersi che questo si era trasformato in una sorta di incubo.
Il loro amore si stava davvero trasformando in una sottospecie di surrogato etero che poneva l'amore davanti a tutti,anche davanti ai propri sogni e alla propria felicità.
Se si fossero sposati allora avrebbero finito per rovinarsi la vita a vicenda finchè uno dei due non avesse ceduto,e conoscendosi sarebbe toccato a lui quel compito.
Così era partito alla conquista di New York,lasciando Brian a Pittsburgh.
Per i primi mesi si era sistemato nell'appartamento dell'amica di Daphne,usandolo anche come studio visto che non aveva abbastanza soldi per affittare uno studio apposito.
Certe volte ancora si chiedeva come Sally avesse fatto a sopportarlo:non doveva essere stato facile vivere con un pazzo che passa nottate intere a dipingere,per poi crollare morto di stanchezza alle prime luci dell'alba.
Però presto,le cose avevano iniziato a girare e i suoi quadri avevano fatto la loro comparsa nelle gallerie;inizialmente in quelle più piccole,più underground e frequentate soltanto da artistoidi e fanatici dell'arte.
Finchè un giorno,qualche mese dopo il suo arrivo a New York,Sophia Palin si era trovata a passare in una di queste gallerie ed era rimasta affascinata da un quadro di Justin,chiedendo alla curatrice della mostra come poteva contattare l'artista.
Sophia Palin possedeva una galleria d'arte nel Greenwich Village e,nonostante avesse già una certa fama nell'ambiente,non smetteva di girare per la città alla ricerca delle novità e di quello che di meglio il mondo dell'arte poteva offrire.
Dichiaratamente lesbica,sui trent'anni,aveva un viso leggermente paffuto,incorniciato da lunghi capelli castani che stringeva sempre in una crocchia per sembrare professionale,occhi neri profondi capaci di incenerire il proprio interlocutore con uno sguardo,e un naso dritto che gli conferiva un'aria severa che veniva smentita non appena si passava del tempo con lei.
-Lì fuori è una giungla,siamo tutti alla ricerca del meglio,del miglior pezzo di carne su cui affondare i denti,ma sono in pochi quelli che hanno il coraggio di ammetterlo-aveva detto la prima volta che aveva incontrato Justin.
Ed il biondo era rimasto colpito dalla sua crudezza,dal suo modo schietto,perchè in qualche modo gli aveva ricordato Brian.
Già,Brian.
Un'altra cosa che ricordava chiaramente di quei mesi a New York era il silenzio:nonostante si fossero promessi di sentirsi e di fare avanti e indietro da Pittsburgh per vedersi,le cose erano andate diversamente.
Lui doveva conservare i pochi soldi che aveva per le spese giornaliere e per comprare altre tele e colori,mentre Brian era sempre occupato con il suo lavoro.
Con il passare dei mesi,anche le telefonate che li avevano tenuti uniti fino a quel momento, diminuirono fino a cessare del tutto.
L'incontro con Sarah Palin aveva fatto sì che alcuni quadri di Justin venissero esposti nella sua galleria:iniziarono con due quadri,ma visto la velocità con cui vennero acquistati,la donna ne espose altri quattro e la volta successiva altri sei.
Quelle vendite garantirono a Justin una certa stabilità economica e gli consentirono di affittare un piccolo studio e di far un breve viaggio a Pittsburgh,per andare a trovare i vecchi amici e soprattutto per dimostrare a Brian che niente era cambiato.
In aprile,otto mesi dopo il suo arrivo a New York,il mondo dell'arte sembrava veramente curioso riguardo al nuovo "genio creativo",come lo aveva definito il "New Yorker",e lo stesso si poteva dire dei collezionisti e dei ricchi uomini d'affari.
-Ho deciso di esporre una tua personale-gli annunciò Sophia una mattina davanti ad un caffellatte,mentre erano seduti ad un tavolino dello Starbuck a Manhattan.
Justin,il cui sorso di caffè era andato di traverso,il viso rosso per la mancanza d'ossigeno,tossì a lungo finchè non gli sembrò che tutto fosse tornato normale e poi alzò lo sguardo sul volto di Sophia.
-Stai scherzando?-le aveva chiesto incredulo.
La donna aveva scosso la testa prima di riportare le labbra sul suo bicchiere.
-Sai che non scherzo mai quando si tratta di lavoro-gli aveva detto quasi rimproverandolo.
Justin si fece serio,cercando di realizzare le sue parole:una sua mostra personale.
-Non credi sia troppo presto?-le aveva chiesto timoroso.
-Stai scherzando?Hai idea di quante persone entrano nella galleria per chiedermi i tuoi quadri e se ne vanno a mani vuote perchè altri l'hanno già acquistati prima?
O quanti colleghi vorrebbero riuscire a metterti le mani addosso?-gli aveva domandato lei a sua volta.
-In effetti sono sempre stato molto richiesto!-aveva scherzato lui cercando di mascherare il nervosismo che quella notizia gli aveva provocato.
-Già certo immagino...Comunque,per tornare alla tua mostra,posso dirti con certezza che è il momento giusto.
Nessuno ha più palle di te,artisticamente parlando-aveva aggiunto subito.
Il biondo rise leggermente,abbassando lo sguardo sulle proprie mani per qualche istante.
-Quando sarebbe?-aveva chiesto senza guardarla.
-Ce la fai a fare venti quadri per giugno?-gli aveva domandato nel tono professionale che usava sempre quando parlavano d'affari.
Il biondo si era morso il labbro inferiore,restando in silenzio qualche istante:non sarebbe stato un problema portare a termine quel compito.
La cosa che più lo intristiva era che non ci fosse la sua famiglia a festeggiare con lui...Che Brian non fosse lì.
In fondo era anche merito suo se quello che aveva solo sognato stava diventando realtà.
Aveva rialzato lo sguardo ed aveva annuito.
Si era subito messo a lavoro,gettandosi anima e corpo in quel pensiero quasi avesse bisogno di dimenticare.
Nonostante la mostra fosse a giugno,Sophia si era rivolta ad un'importante agenzia pubblicitaria che desse il giusto riscontro pubblicitario all'evento.
Vennero coinvolti giornali e televisioni,ed una trupe televisiva venne nel suo studio per intervistarlo chiedendogli come si stesse preparando a quell'evento,e di dargli un' anticipazione, qualcosa che invogliasse i telespettatori a venire alla mostra.
Non aveva programmato quello che accadde in diretta,successe soltanto per la dannata curiosità dell'anchorwoman.
Forse la sua storia con Brian era finita,anche se non ne aveva la certezza assoluta,ma questo non lo aiutava certo a dimenticare,o a togliersi il corpo perfetto di Brian dalla mente,o ancora a cancellare tutto quello che c'era stato fra di loro.
Nonostante fossero passati mesi dall'ultima volta che lo avesse visto o sentito,gli bastava chiudere gli occhi per ricordare ogni particolare del suo volto e del suo corpo.
Così,quando incorreva in un momento di crisi o aveva bisogno di una pausa,prendeva il pennello o il carboncino e a fine giornata aveva un ritratto di Brian.
Erano ormai quasi una trentina,tutti impilati a terra,coperti da un telo bianco.
Il giorno dell'intervista però aveva dimenticato uno di questi ritratti sul cavalletto,e se ne era ricordato soltanto quando l'anchorwoman glielo aveva fatto notare.
-Questo è uno dei quadri che sta preparando per la mostra?-gli aveva chiesto avvicinandosi, seguita dalla telecamera,al cavalletto.
Il quadro era un semplice ritratto di Brian fatto con il carboncino,un'immagine di Brian che gli tornava alla mente sempre più spesso in quell'ultimo periodo;con i capelli di media lunghezza che gli coprivano gli occhi e rendevano impossibile capire cosa stesse pensando,il mento leggermente basso perpendicolare con il torace,la stessa camicia nera che aveva indosso l'ultima sera che avevano trascorso insieme prima della sua partenza per New York ed una sigaretta fra le dita della mano sinistra.
Il viso di Justin era diventato di tutti i colori quando si era accorto di che quadro la donna stava parlando e,incapace di rispondere,aveva fissato smarrito la telecamera,chiedendosi cosa Brian e gli altri avrebbero pensato vedendo quel quadro.
Riusciva ad immaginare senza alcuno sforzo le risate trattenute di Ted,il sorriso a trentadue denti che era nato sul volto di Debbie e quello più contenuto su quello di Micheal.
-Certamente-si era intromessa Sophia,accortasi del suo sbandamento-E' uno dei pezzi per cui credo ci saranno più offerte-
Quando si erano liberati della giornalista,Justin aveva cercato in tutti i modi di far cambiare idea a Sophia sul vendere il quadro di Brian,ma la donna si era dimostrata irremovibile:aveva promesso in diretta nazionale,non poteva certo rimangiarsi la parola!
Aprile e maggio passarono in fretta e prima che Justin se ne rendesse conto,passava i suoi giorni alla galleria per controllare che tutto fosse apposto e ogni quadro venisse sistemato nell'ordine da lui scelto.
-Questa mostra sarà un successo-gli annunciò Sophia fermandoglisi accanto mentre osservava il quadro di Brian-Preparati a diventare famoso-gli predisse mettendogli un braccio attorno alle spalle.
Justin accennò un sorriso e voltò la testa verso di lei.
-Hai fatto quello che ti ho chiesto?-le aveva domandato curioso.
La donna aveva annuito,lo sguardo ancora fisso sul quadro.
-Tutto fatto...In fondo te lo dovevo:è grazie a te se sto per diventare schifosamente ricca-
Il biondo aveva riso e le aveva dato una lieve spinta che,invece di smuoverla,l'aveva portata a ridere con lui.
Il giorno della mostra non riuscì a toccare cibo,teso a tal punto che il solo pensiero del cibo gli faceva venire la nausea.
Era stato a lungo indeciso se presentarsi con abiti formali o con quelli che indossava di solito,e alla fine aveva trovato una via di mezzo,indossando un paio di jeans sotto una camicia bianca ed una giacca blu.
Era arrivato prima che la galleria aprisse le porte al pubblico per controllare che tutto fosse esattamente come lo aveva immaginato,ma nonostante quell'accortezza era dovuto passare dal retro a causa dei fotografi presenti davanti alle porte in attesa.
A quanto pare non era stato l'unico ad aver avuto quell'idea:oltre ai camerieri che si occupavano del ricevimento,Sophia e Janet,la sua compagna,erano già dentro.
-Ma non avete una casa dove tornare?-aveva chiesto loro scherzoso.
-Credo che dovremmo aprire prima dell'orario stabilito-gli aveva detto Sophia dopo averlo salutato con un bacio.
Justin si era avvicinato a Janet per salutarla e poi si era voltato a guardare l'amica.
-E per quale motivo?-
-Hai dato un'occhiata alla gente che aspetta fuori?Neanche ai saldi di "Saks" sulla Fith c'è tanta folla!-aveva commentato.
Il ragazzo aveva sorriso e aveva scosso la testa.
-Facciamoli fremere ancora un pò...-aveva detto poi.
Quella sera il suo principale pensiero,ancor più della mostra,dei giornalisti e di come sarebbero stati accolti i suoi quadri,era rivolta agli inviti che Sophia aveva spedito per suo conto alle persone che lui considerava più importanti...Senza le quali non sarebbe stato lì in quel momento.
-Che risposta hai avuto?-le aveva infatti chiesto,cercando di apparire indifferente.
-Oh,quasi tutti hanno dato conferma della loro presenza,a parte uno-gli aveva risposto senza bisogno di altre informazioni.
Justin aveva annuito.
Non aveva bisogno di sapere chi era l'unico "disertore".
Aveva annuito in silenzio,staccandosi poi dalle due donne per dare un'ultima occhiata ai quadri;quando si era fermato di fronte a quello di Brian lo aveva fissato a lungo,quasi volesse imprimersi nella sua mente ogni contorno ed ogni sfumatura di colore,dando il suo personale addio.
-Sono pronto-aveva detto poi voltando la testa verso Sophie.
Le porte di vetro erano state aperte e,ordinatamente,la folla era entrata nella galleria:per qualche istante Justin si sentì mancare al fiato.
Forse solo al Babylon aveva visto tanta gente tutta insieme!
Su consiglio di Sophie aveva iniziato a girare per la sala,ricambiando molte strette di mani, rispondendo ad alcune domande volanti di qualche giornalista e conversando amabilmente con uomini in giacca e cravatta con moglie al seguito.
Scorse sua madre e il suo compagno non appena questi entrarono nella galleria ed era andato loro incontro sorridendo quando la madre gli aveva gettato le braccia al collo.
-Non puoi capire come sono orgogliosa di te!-gli aveva detto la madre dandogli un bacio sulla guancia destra.
Lui aveva sorriso di nuovo.
-Tutti questi complimenti e non hai ancora visto l'esposizione...-la prese bonariamente in giro, guadagnandosi un buffetto sulla guancia sinistra ed un altro bacio.
-Vieni ti faccio fare un giro della sala-si era offerto.
-Oh santa merda!-
L'esclamazione era arrivata poco distante da lui facendo voltare un gruppo poco distante alla sinistra di Justin,che si era guardato intorno all'istante:sulla porta,visibilmente commossa,Debbie si era guardata attorno per qualche altro istante prima di trovare Justin con lo sguardo e aprirgli le braccia in un gesto dei suoi.
Accanto a lei,chiaramente in imbarazzo,Carl continuava a sistemarsi la punta della cravatta perchè questa fosse in perfetto accordo con la cintura di pelle marrone.
-Allora mamma ti decidi ad entrare?-sentì Justin,riconoscendo la voce di Micheal ancora fuori dalle vetrate.
Si era scusato con la madre ed era andato verso di loro,un sorriso felice sul volto.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa,Debbie lo aveva afferrato e lo aveva stretto in un'abbraccio che aveva portato alla memoria tanti altri abbracci come quello:quante volte Debbie lo aveva consolato nei suoi momenti di confusione,di rabbia e soprattutto nei momenti di crisi con Brian...
Si era staccato leggermente da lei e le aveva sorriso.
-Sono felice che tu sia qui-le aveva detto prima di darle un bacio sulla guancia sinistra.
-Stai scherzando Raggio di Sole?Non ci saremmo persi questo momento per niente al mondo!-
Ancora una volta lui aveva sorriso e aveva annuito.
Una mano si posò sulla sua spalla sinistra e alzando lo sguardo aveva colto quello di Micheal e di Ben e Hunter.
-Allora quando hai intenzione di farci vedere il famoso quadro di Brian?-gli aveva poi chiesto l'amico spezzando l'atmosfera seria.
Tutti avevano riso e,dopo i saluti,Justin aveva fatto loro da guida personale,ripetendo lo stesso ruolo una seconda volta quando,leggermente in ritardo erano arrivati Melanie e Lindz da Toronto e Ted,Blake e Emmett da Pittsburgh.
-Tesoro è davvero incredibile quello che sei riuscito a fare stasera-gli aveva detto Melanie sinceramente ammirata mentre erano fermi accanto ad una vetrata che dava sulla strada insieme a tutti gli altri.
-Io non ho fatto niente:ho solo dipinto qualche quadro...Al resto ha pensato tutto Sophia-si era schernito sincero.
-Ah proposito di quadri:credi che potrei comprarne uno senza dover dar fondo a tutti i miei risparmi?-gli aveva chiesto Ted con il suo solito sarcasmo.
-Sei già in bolletta Ted?-gli aveva chiesto Mel guardandolo preoccupata.
-Per quanto ti dai da dare all'agenzia,dovresti dire a Brian di darti un'aumento-aveva aggiunto Debbie prima di affondare i denti in una tartina al salmone.
Quelle parole avevano fatto scendere il gelo fra il gruppo di amici e aveva portato Debbie a lanciare uno sguardo di scuse a Justin:finora avevano evitato accuratamente di fare il suo nome o anche il più piccolo accenno su di lui per evitare che la grande serata del ragazzo venisse rovinata da quell'ingombrante fantasma.
Ma Justin non aveva bisogno di sentire il suo nome per ricordarlo:era tutta la sera che guardava la porta sperando di vederlo entrare,o che lanciava sguardi veloci al display del suo cellulare per controllare che non ci fossero delle chiamate perse.
A salvarlo dagli sguardi preoccupati dei suoi amici,fortunatamente,era arrivata Sophie che si era avvicinata al gruppo a passi veloci.
-Devi venire con me-gli aveva detto in tono perentorio.
-Che succede?Problemi?-le aveva chiesto aggrottando la fronte.
Lei aveva scosso la testa,tendendo la mano e prendendo quella di lui aiutandolo poi a mettersi in piedi.
-Abbiamo venduto il quadro che abbiamo fatto vedere in quel servizio alla televisione-gli aveva detto senza lasciargli la mano.
Quella notizia,invece che rallegrarlo come era stato per le vendite precedenti,lo aveva incupito:avevano comprato il quadro di Brian.
Chissà se era stato uno dei suoi amanti da una notte ad averlo comprato...
-Oh...-si era limitato a dire.
-Vuole conoscerti-aveva detto la donna con tono fermo.
-E per quale motivo?Spera di avere uno sconto sul prezzo?-aveva scherzato,poco desideroso di gettarsi di nuovo in mezzo alla folla.
-Non fare storie e vieni con me!-gli aveva ordinato la donna.
Justin aveva sospirato e aveva annuito,ma prima di allontanarsi si era voltato verso il gruppo di amici con un pallido ricordo del suo classico sorriso e aveva guardato Ted.
-Ted,per quanto riguarda il quadro,scegli quello che preferisci ed è tuo-gli aveva detto.
Era poi tornato a voltarsi e si era incamminato dietro Sophia,stringendo nel cammino qualche altra mano e ringraziando per le congratulazioni che riceveva qua e là.
Solo quando fu ad una decina di metri di distanza si accorse di quello che doveva essere l'acquirente del quadro:era voltato di spalle,una giacca nera a delineare il profilo perfetto della sua schiena,le ciocche di capelli castani che gli accarezzavano il colletto nero della camicia perfettamente stirato.
Justin aveva rallentato il passo,chiedendosi se la sua mente stressata dal troppo lavoro non avesse iniziato a giocargli brutti scherzi,finchè Sophia non si era avvicinata all'uomo e gli aveva posato una mano sul braccio sinistro facendolo voltare.
E,per la seconda volta nella sua vita,Justin si era trovato davanti la faccia di Dio.
I suoi occhi castani si erano posati per pochi secondi su Sophia prima di saettare veloci su di lui,che era ancora a qualche metro di distanza incapace di terminare il breve tragitto e per un lungo istante si limitò a guardarlo.
Era lì.
Solo ora Justin si rendeva realmente conto di quanto gli era mancato e di quanto era stata infantile la speranza di una sua chiamata...Non sarebbe stato nel suo stile.
E questo lo era decisamente meno.
-Mr Kinney,le presento Justin Taylor-aveva detto Sophia facendo le presentazioni.
Un sorriso divertito aveva incurvato le labbra di Brian e subito dopo le sue:dopo tutto quello che era successo fra loro,c'era ancora qualcuno che credeva avessero bisogno di presentazioni?
-Ci conosciamo già Sophia-le aveva detto senza staccare lo sguardo dal volto di Brian.
-Oh...Questa sì che è una sorpresa-
I due uomini avevano continuato a fissarsi,escludendo Sophia da quel gioco di sguardi come in passato avevano lasciato fuori i loro amici e tutti gli altri amanti occasionali che avevano avuto.
-Spero non ti sia costato troppo-aveva detto Justin,mordendo la parte interna del labbro inferiore.
-Il giusto prezzo...Ma per un quadro come questo avrei anche offerto una cifra più alta-gli aveva detto parlando per la prima volta.
La sua voce fu una carezza ed insieme un brivido sulla sua pelle,facendogli ricordare quante volte gli era bastato ascoltarlo parlare per eccitarsi.
Justin accennò un sorriso e piegò leggermente la testa verso destra,prima di tornare a guardarlo.
-Il solito narcisista...-aveva commentato poi.
Brian aveva sorriso:soltanto lui poteva permettersi certi commenti senza aver paura di una morte lenta e dolorosa.
-Faccio sempre del mio meglio,tu dovresti saperlo-
-Purtroppo non potremmo farle avere il quadro fino alla fine della mostra,quindi si ricordi di lasciare il suo indirizzo;così potremmo farglielo recapitare al momento opportuno-si era intromessa Sophie,completamente immersa nel suo ruolo, che fino a quel momento aveva seguito il loro discorso guardando ora uno ora l'altro neanche fosse una partita di tennis.
-Perfetto.Anche perchè al momento sono in pieno trasloco-aveva detto Brian rivolgendosi direttamente a Justin.
Il biondo aveva corrugato la fronte,sorpreso da quella notizia:Brian aveva lasciato il loft e nessuno si era preoccupato di avvertirlo?
Che razza di amici erano se gli nascondevano una cosa del genere?
Cosa significava quel trasferimento?Che Brian forse stava andando avanti con la sua vita,lasciandolo indietro,rilegando la loro storia nel passato?
Per la prima volta da quando si erano incontrati,Brian spostò lo sguardo su Sophia concedendole uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
-Ha mai sentito parlare della Kinnetik?-aveva chiesto a Sophia.
La donna aveva scosso la testa facendo sorridere Brian.
-Me lo aspettavo...Beh presto lo farà.
La Kinnetik è l'agenzia pubblicitaria di cui sono il presidente a Pittsburgh,la migliore della città,ed ora ho deciso che è venuto il momento di tentare l'assalto alla Grande Mela-aveva spiegato alla donna.
Justin ascoltò quelle parole incredulo:Brian stava traslocando a New York?
-Cosa?-aveva chiesto incapace di trattenersi oltre.
Il moro lo aveva guardato di nuovo e,incontrando i suoi occhi,Justin aveva capito che il vero motivo che spingeva Brian a trasferirsi era lui.
Soltanto lui.
-Te l'avevo detto che prima o poi avrei conquistato il mercato newyorkese-gli aveva detto con quell'aria sbruffona di sempre.
-E' solo per questo che lo fai?-gli aveva chiesto.
Non avrebbe avuto bisogno di rassicurazioni ulteriori,sapeva che Brian lo stava facendo per lui; il motivo che lo aveva spinto a fare quella domanda era per essere sicuro che non fosse la sbruffonata del momento,qualcosa di cui poi si sarebbe pentito l'attimo dopo.
Solo allora Brian aveva fatto i pochi passi che ancora li dividevano fermandosi davanti a lui, costringendolo ad alzare leggermente la testa per incontrare i suoi occhi.
Si erano fissati per qualche secondo in silenzio,resistendo all'impulso di muovere una mano verso l'altro.
-Tu sai perchè lo faccio-gli aveva detto poi osservando gli occhi azzurri di Justin.
L'altro aveva annuito,premendo una contro l'altra le labbra per qualche secondo:c'era ancora una cosa da chiarire.
-Le cose non sono cambiate da Pittsburgh-gli aveva detto senza staccare gli occhi dai suoi.
Voleva ancora una famiglia,una marito e dei figli,e sperava con tutto sè stesso di poterli avere con Brian,ma non se questo significava porre dei limiti alla propria individualità o a quella del compagno.
Brian aveva sospirato,provocandogli una leggera pelle d'oca sulla pelle del collo,prima di alzare le spalle.
-Lo avevo immaginato...Ma credevo di averti dato la mia risposta presentandomi qui-
Justin era rimasto in silenzio e lo aveva fissato qualche istante in silenzio,incerto:tutto quello che voleva era gettargli le braccia al collo e non lasciarlo più andare via.
Ma nonostante la paura di commettere un altro errore fosse forte,non era niente confrontata a quella di vederlo andare via.
-Ok...-aveva sussurrato poi,quasi avesse paura di farsi sentire dagli altri presenti alla mostra.
Brian aveva sorriso prima di chinare il viso verso il suo e baciarlo:nello stesso istante in cui le loro labbra si erano sfiorate,il braccio destro del moro si era stretto attorno alla vita di Justin,attirandolo contro di sè,incurante come al solito della possibilità di dare spettacolo.
Il biondo aveva sorriso sulle sue labbra,alzando poi un braccio per portare la mano dietro il collo di Brian,sfiorando con i polpastrelli di capelli morbidi leggermente più lunghi di come li ricordava.
Quando si staccarono,si accorsero degli sguardi degli ospiti più vicini ed il flash di alcuni fotografi,e per un'attimo Justin si chiese cosa avrebbero scritto di quel bacio l'indomani parlando della mostra,accantonando il pensiero l'attimo dopo nell'angolo più lontano della sua mente.
Finalmente,quasi un anno dopo averlo "perso",aveva ritrovato il suo Brian.

 

Osservando i vestiti per l'indomani sistemati ordinatamente sulla scrivania poco distante dal suo letto,Vic si chiese se le sarebbe stato possibile inventarsi un mal di gola già il primo giorno di scuola.
Si guardò attorno nella sua stanza,piena di scatoloni ancora imballati,e si ritrovò a scuotere la testa:non sarebbe servito a nulla,se non a posticipare qualcosa di inevitabile.
Due colpi leggeri vennero bussati sulla sua porta e Vic,si voltò verso l'ingresso senza preoccuparsi di infilare la vestaglia di spugna poco distante dal letto,nonostante avesse indosso solo il top rosso e i boxer grigi che indossava per dormire:nè lei nè i suoi padri si sarebbero scandalizzati per quell'abbigliamento.
-Avanti-disse fissando la porta.
Suo padre apparve sulla soglia e,la mano ancora sulla maniglia,le sorrise.
-Sapevo di trovarti sveglia...Che ne dici di una tazza di tè?-le chiese.
Vic accennò un sorriso e annuì,uscendo poi dalla stanza e seguendo il padre al piano di sotto verso la cucina.
Quella casa di notte assumeva un aspetto completamente diverso:sembrava quasi uscire da un film dell'orrore!
-E' normale che sia così spoglia?-domandò al padre.
Nonostante l'uomo fosse di spalle lo sentì sorridere.
-Ancora non abbiamo finito di aprire tutti gli scatoloni,vedrai che quando avremo sistemato tutto sarà molto più accogliente-la rassicurò.
Si avviarono verso la cucina e Vic si sedette su uno degli sgabelli da bar marroni attorno all'isola cucina,il piede destro che sfiorava il parquet mentre osservava suo padre preparare le due tazze di tè.
-Abbiamo del miele?-gli chiese senza grandi speranze.
Anche se quel pomeriggio erano andati insieme al drugstore per comprare alcuni generi di prima necessità non era certa che si fosse ricordata anche di quello.
-Guarda il mobile vicino al frigo-le disse suo padre voltandosi per lanciarle un'occhiata.
Vic scese dallo sgabello e fece come lui le aveva detto,sorridendo alla vista del contenitore a forma di orsetto pieno di miele.
-Come farei senza di te?-gli domandò concedendogli un sorriso.
-Lasceresti i vestiti ovunque come tuo padre e mangeresti solo schifezze-ribattè l'uomo posando le due tazze sopra l'isola.
Vic chiuse l'anta del mobile e tornò a sedersi sullo sgabello.
-Papo dov'è?-gli chiese aprendo il barattolo del miele e iniziando a spremerne la pancia.
-Sotto la doccia,ci raggiunge quando ha finito...Basta con quel miele!-le disse Justin,girando con un cucchiaino il suo tè.
Vic sbuffò scocciata e per qualche minuto nessuno dei due parlò,impegnati com'erano a sorseggiare tè.
-Sei nervosa per domani,vero?-domandò poi il biondo con tono sicuro.
Vic annuì.
Era ovvio che lo fosse:dopo tutto quello che aveva passato al liceo di Pittsburgh come poteva sperare in qualcosa di diverso?
Justin sospirò e fece per allungare una mano verso quella della figlia per poi cambiare idea, certo che Victoria avrebbe rifiutato il contatto.
-Qui a Toronto le cose sono diverse-le disse per la millesima volta.
-Certo,qui il vostro matrimonio è legale...-commentò lei senza guardarlo.
-Non è solo questo!-s'intromise la voce di Brian facendo voltare la testa di entrambi verso l'entrata della cucina.
Con indosso un paio di pantaloni da tuta blu ed una maglietta dello stesso colore,Brian andò loro incontro a piedi scalzi.
-Che intendi?-domandò Vic fissandolo mentre le si sedeva accanto.
-Beh qui possiamo tranquillamente fare causa a tutti quelli che ti infastidiscono sicuri che la legge  ci darà ascolto-disse suo padre.
-Oppure possiamo passare direttamente alle maniere forti...Magari possiamo rigar loro la macchina-aggiunse l'altro.
-Brian!-lo rimproverò Justin.
-Cosa?Si sono fatti qualche scrupolo nel rovinarmi l'Harley?-gli domandò Brian,il cuore ancora sanguinante dalla fine ignominosa che aveva fatto una delle sue moto.
Justin aveva sospirato e lo aveva guardato per qualche istante in silenzio prima di alzare le spalle.
-Per fortuna Mel vive a pochi isolati di distanza...-commentò poi.
Brian accennò un sorriso prima di tornare a guardare Vic con espressione seria.
-Ascolta Little Sunshine non possiamo prometterti che non succederà niente di grave,perchè sarebbe impossibile...-le disse con voce seria,ma allo stesso tempo rassicurante-Ma possiamo prometterti fin da adesso che qualsiasi cosa succederà,positiva o negativa che sia,l'affronteremo insieme come abbiamo sempre fatto-
Vic fissò per qualche istante gli occhi nocciola del suo secondo padre e annuì leggermente:sapeva che i due uomini avrebbero fatto di tutto pur di evitarle un'ulteriore dolore.
-Se te lo promette un supereroe puoi crederci,tesoro-scherzò suo padre facendo sorridere sia lei che Brian.
Il moro si voltò verso Justin e lo fissò con un sorriso ironico sul volto.
-Spiegami una cosa:è per il tuo umorismo che ti ho sposato?-gli domandò poggiando entrambi i gomiti sul tavolo e sporgendosi in avanti.
Il padre storse leggermente la bocca chiusa verso destra in una posa pensierosa per poi scuotere la testa.
-No,non credo sia per questo...-rispose poi,sistemandosi nella stessa posizione di Brian.
I due uomini sorrisero e avvicinarono le teste per un bacio che perse in pochi secondi tutta l'innocenza iniziale.
Vic sospirò e,la tazza nella mano sinistra,scese dallo sgabello.
-Ho capito,me ne vado a letto.
Buona notte!-salutò entrambi prima di voltargli le spalle.
-Buona notte Little Sunshine!-la salutò Brian voltando la testa verso di lei.
-Dormi bene tesoro e mi raccomando,smettila di preoccuparti...Andrà tutto bene-le disse suo padre,scostandosi dal compagno per incrociare di nuovo lo sguardo della ragazza.
Vic annuì poco convinta prima di voltarsi di nuovo e avviarsi verso le scale.
Domani sarebbe stato il suo "grande giorno",doveva essere in forma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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