Il furgone bianco si
fermò davanti al numero 23 di Bleecher St.
Neanche una settimana prima un
altro furgone si era fermato davanti alla stessa casa con la mobilia dei nuovi
proprietari e,come la volta precendente i vicini,sia quelli all'interno delle
loro case che quelli che stavano curando il loro giardino,si sporsero per vedere
se riuscivano a rubare qualche altra informazione sui nuovi vicini:sapevano già
che arrivavano da Pittsburgh,che erano una coppia sposata da più di dieci anni e
che erano entrambi due professionisti affermati.
Erano riusciti a mettere
insieme queste informazioni grazie ai piccoli accenni che erano riusciti a
strappare ai traslocatori e dalle occhiate veloci che avevano lanciato ai
mobili,chiaramente costosi e di valore:c'erano divani di pelle,mobili di chiara
manifattura italiana e,qualcuno giurava di aver visto anche dei quadri di Justin
Taylor,uno dei più quotati artisti della "new art" del momento.
Del resto,i
nuovi vicini dovevano essere più che benestanti se potevano permettersi una casa
come quella al numero 23 di Bleecher St.
Era riduttivo chiamarla casa,quella
era una reggia otto camere da letto con bagno personale annesso,una piscina,il
campo da tennis coperto e quello scoperto,un garage che avrebbe potuto ospitare
l'intera scuderia Ferrari,un piccolo appartamento sopra di questo,che un tempo
era destinato all'autista e alla sua famiglia,una cucina,due salotti e molto
altro ancora.
Giravano voci che ci fosse anche un bowling con tre piste
privato,ma non erano in molti a credere a quella diceria...
Tutti,quando la
casa era stata messa in vendita ci avevano fatto un pensierino,viaggiando per
qualche istante con la fantasia chiedendosi se avrebbero potuto permetterselo;ma
bastava una telefonata all'agente immobiliare a mandare in frantumi i loro
sogni.
Nello stesso istante in cui i due trasportatori,due ragazzi con
maglietta nera a maniche lunghe ed un capello rosso con sopra il logo della
ditta,scendevano dal furgone, un SUV blu notte imboccò la via,fermandosi a pochi
metri dalla casa.
La prima a scendere fu una ragazza,di media altezza
nonostante indossasse un paio di stivali da cavallerizza con almeno sei
centimetri di tacco,con indosso un paio di jeans blu marine con degli strass che
seguivano il contorno delle tasche,ed un maglione rosso a collo alto.
Dando
le spalle ai vicini,chiuse la porta del SUV e si mosse veloce verso la
casa,osservandola con un'espressione di chiara incredulità sul volto.
-OH
SANTO CIELO!-esclamò incapace di staccare lo sguardo dalla casa.
Cercando di
cogliere qualcosa dell'aspetto della ragazza,ma sperando di non apparire troppo
invadenti Mrs.Connors e Mrs.Gable,ognuna nel proprio giardino posarono gli
accessori da giardinaggio e,toltesi i guanti,fecero un passo in avanti verso il
marciapiede.
In quel frangente,poterono osservarla meglio:notarono la pelle
candida del suo viso,le sue labbra rosse e piene,il suo naso dritto che le dava
un aria austera,ed i capelli biondi che le ricadevano sulle spalle in boccoli
ordinati.
Quasi avessero aspettato quel grido per uscire dall'auto,la
portiera del guidatore e quella del passeggero si aprirono,e ne scesero due
uomini completamente diversi l'uomo dall'altro.
Uno era alto,muscoloso,dai
corti capelli castani che gli ricadevano sugli occhi,un cappotto di lana
pettinata grigia che lasciava intravedere soltanto un paio di jeans,chiaramente
firmati,sopra un paio di scarpe nere lucide,anche quelle di ottima
marca.
L'altro era biondo,con lunghi capelli che gli accarezzavano il collo e
che sembravano leggermente spettinati,più basso di una spanna del moro,un fisico
quasi efebico nonostante fosse chiaro che l'età dell'adolescenza era passata da
un pezzo,una sciarpa attorno al collo ed giacca di pelle nocciola sopra un paio
di jeans azzurri ed un paio di sneakers nere.
-Ti piace?-chiese avvicinandosi
alla ragazza,un piccolo sorriso ironico sulle labbra.
-E me lo domandi?Questo
posto è fantastico!-commentò guardando ora uno ora l'altro.
Il moro
sorrise,abbassando per qualche istante la testa,facendo così ricadere alcune
ciocche scure davanti agli occhi.
-Aspetta di vedere le scuderie...-le disse
rialzando poi lo sguardo su di lei.
La ragazza lo guardò per qualche istante
incredula prima di lanciarsi in un gridolino e di abbracciare entrambi.
I due
uomini strinsero un braccio per uno attorno alla vita della ragazza,creando
quell'abbraccio che avevano perfezionato con gli anni e che tutti e tre
consideravano un momento privato,qualcosa che non concedevano alla curiosità
degli estranei o degli amici.
-Questo è un nuovo inizio tesoro...-mormorò
Justin,prima di dare un bacio fra i capelli biondi della ragazza.
I tre
restarono in quell'abbraccio per qualche altro istante,finchè il biondo non
rialzò lo sguardo e non si accorse del piccolo pubblico che aveva osservato la
scena.
Era ora di ricordarsi delle buone maniere...
Si sciolse
dall'abbraccio e,con un sorriso solare sul viso,quello per cui si era guadagnato
il soprannome di "Sunshine",attraversò il piccolo tratto di strada che divideva
i due lati della strada e si fermò davanti ad una casa dipinta di
giallo.
Dietro di sè sentiva i passi del compagno e questo accentuò il suo
sorriso:forse Brian non sarebbe stato sempre un buon vicino,ma sapeva che per
lui era importante dare una buona prima impressione.
-Salve,sono Justin
Taylor Kinney,il suo nuovo vicino-disse tendendo una mano alla donna dai capelli
castani che era di fronte a lui.
Questa restò qualche istante a
fissarlo,incredula che un'artista,una "star" come lui fosse il proprietario
della casa di fronte alla sua.
-Salve,sono Elisabeth Connors-disse
riscuotendosi dal incredulità e stringendo la mano che quello ancora gli
tendeva.
-Lui è mio marito,Brian Kinney-disse facendo un cenno con il capo
alla sua destra verso Brian.
Brian accennò uno dei suoi sorrisi maliziosi
capaci di farti innamorare o di ucciderti all'istante e strinse la mano alla
donna.
-Piacere di conoscerla-le disse con voce profonda.
Mrs Connors si
schiarì la gola cercando di non farsi distrarre da quella voce e da quegli occhi
nocciola e si ritrovò a pensare al nome appena detto dal biondo.
-Kinney?Ha
qualcosa a che fare con la Kinnetik Corporation?-gli domandò incerta.
-Ne è
il presidente-rispose una voce.
La ragazza si era unita a loro,fermandosi
accanto a Justin e solo in quel momento Elisabeth Connors si accorse della
innegabile somiglianza fra i due.
-Mrs.Connors le presento nostra
figlia,Victoria-disse Justin.
-Vic per carità!Molto piacere di
conoscerla-fece poi la ragazza educatamente con un piccolo cenno della
testa.
-Scusi Mr Kinney?-s'intromise uno dei traslocatori.
Brian si voltò
verso i due e annuì,lanciando uno sguardo veloce a Justin prima di avviarsi
verso il furgone,seguito da Victoria.
Aveva fatto la sua parte,ora toccava a
Justin intessere relazioni di buon vicinato...
Mrs.Connors gli presentò
alcuni dei loro vicini e,nonostante la loro chiara sorpresa di trovarsi davanti
una "persona famosa",nessuno fece commenti o espressioni strane quando vedevano
Brian dirigere i lavori degli scaricatori.
Già un gran cambiamento rispetto a
Pittsburgh...
Quando Justin finalmente riuscì a liberarsi dei loro nuovi
vicini si avvicinò al furgone,già aperto e mezzo svuotato:quel secondo camion
conteneva soprattutto ciò che gli serviva per il suo lavoro,più tutto ciò che
era nella cucina,nel salotto e nella camera da letto di Victoria e nella
loro.
Brian,senza cappotto e con le maniche della camicia rivoltate a lasciar
scoperti i gomiti,uscì dalla porta e sorrise vedendolo andargli
incontro.
-Ehi tesoro!Credevo ti avessero sequestrato-commentò fermandosi
davanti a lui.
Justin sorrise e gli cinse le spalle con un braccio,sentendosi
stringere alla vita da un braccio di Brian.
-Dovevo fare davvero un'ottima
impressione per evitare che restino sconvolti quando verranno a farci visita
Emmett o Debbie-gli disse senza staccare lo sguardo dal suo.
-Mh,buona
idea.
Ora che ne dici di darmi una mano con questa roba?-gli disse
riferendosi agli scatoloni ancora in attesa.
-Se devo proprio...-si
lamentò.
Brian ghignò e lo guardò di sottocchi,come soltanto lui sembrava
capace,facendogli partire dei brividi lungo la schiena.
-Posso sempre
chiederlo a uno dei traslocatori,ma poi non garantisco cosa succederà...-
Il
biondo sorrise e,alzandosi sulle punte,gli diede un bacio veloce sulle
labbra,accarezzandogli i capelli sul retro del
collo.
-Papà!Papà!-
Victoria corse scese i tre larghi scalini di finta
pietra e non si fermò neanche quando li vide persi nelle loro effusioni.
Era
abituata a quelle scene,non l'avevano forse accompagnata ogni giorno fin da
quando era nata?
Justin si allontanò dal volto di Brian e guardò sua
figlia,in attesa.
-Ho avuto un'idea fantastica...Che ne dici se io mi
trasferisco nel piccolo appartamento sopra il garage?-gli chiese con un sorriso
a trentadue denti.
-Dovrai passare prima sul mio cadavere-le disse con lo
stesso sorriso.
La ragazza sospirò scocciata e guardò Brian in cerca di
appoggio.
-Ti prego papo fallo ragionare-
Il moro alzò le spalle in un
gesto quasi comico per farle capire che in quella conversazione preferiva non
intromettersi,almeno se voleva continuare a vivere sereno.
Certe volte,padre
e figlia erano più simili di quanto si desiderasse e prendere una posizione in
quei litigi equivaleva a firmare la propria condanna a morte.
-Cosa c'è che
non va nelle altre otto camere da letto?-chiese ancora Justin.
-Neanche tu
riusciresti a dormire se avessi dei vicini di stanza rumorosi quanti i miei-lo
beccò.
-Credo stia parlando di noi-commentò Brian facendo scivolare fra i
denti il labbro inferiore,senza staccare lo sguardo da Justin.
Justin lo
guardò con un espressione del tipo "non mi dire",prima di tornare a guardare
Victoria e farsi scappare un sospiro frustrato.
-Ok,se è questo il problema
possiamo spostarci nella camera più distante,così i vicini rumorosi non saranno
più un problema-disse guardando la ragazza.
Victoria lo guardò per qualche
istante incerta,prima di alzare le spalle.
-Credo mi dovrò accontentare se
non posso proprio avere l'appartamento sul garage-concesse.
Justin sorrise e
si avvicinò alla figlia,affondandole una mano fra i capelli e
scompigliandoli.
-Ok avete finito?-s'intromise Brian ad entrambi.
I due
annuirono facendo nascere un sorriso malizioso sul viso del
moro.
-Bene,perchè stavamo dimenticando una cosa molto importante...-disse
sibillino guardando Justin.
Questi ricambiò il suo sguardo con la fronte
aggrottata cercando di capire dove volesse arrivare il marito,ma solo quando lo
vide avvicinarsi e posargli una mano sul fianco destro,capì le sue
intenzioni.
-Stai scherzando,vero?-gli chiese fissandolo con aria
stupita.
Brian si limitò a scuotere la testa,continuando a guardarlo con
quegli occhi profondi e pieni d'amore,prima di prenderlo in braccio e
incamminarsi verso la porta fra le risate di Victoria.
Justin allacciò un
braccio attorno alle spalle di Brian,certo che comunque l'altro non l'avrebbe
mai lasciato cadere a terra.
Neanche quando si erano sposati Brian lo aveva
portato in braccio oltre la porta del loft e forse,il fatto che lo stesse
facendo ora,per la loro nuova casa,segnava davvero un nuovo
inizio.
Se si escludeva il buco nero
che comprendeva la notte del prom,che nonostante fossero passati anni non
riusciva ancora a ricordare,della sua storia con Brian,Justin ricordava ogni
istante,ogni momento,che fosse importante o meno,perchè tutto aveva contribuito
a costruire la loro coppia.
Anche i tradimenti e le
separazioni...
Ricordava perfettamente la sera in cui avevano deciso di non
sposarsi:era arrivato così vicino a realizzare il suo sogno per poi accorgersi
che questo si era trasformato in una sorta di incubo.
Il loro amore si stava
davvero trasformando in una sottospecie di surrogato etero che poneva l'amore
davanti a tutti,anche davanti ai propri sogni e alla propria felicità.
Se si
fossero sposati allora avrebbero finito per rovinarsi la vita a vicenda finchè
uno dei due non avesse ceduto,e conoscendosi sarebbe toccato a lui quel
compito.
Così era partito alla conquista di New York,lasciando Brian a
Pittsburgh.
Per i primi mesi si era sistemato nell'appartamento dell'amica di
Daphne,usandolo anche come studio visto che non aveva abbastanza soldi per
affittare uno studio apposito.
Certe volte ancora si chiedeva come Sally
avesse fatto a sopportarlo:non doveva essere stato facile vivere con un pazzo
che passa nottate intere a dipingere,per poi crollare morto di stanchezza alle
prime luci dell'alba.
Però presto,le cose avevano iniziato a girare e i suoi
quadri avevano fatto la loro comparsa nelle gallerie;inizialmente in quelle più
piccole,più underground e frequentate soltanto da artistoidi e fanatici
dell'arte.
Finchè un giorno,qualche mese dopo il suo arrivo a New York,Sophia
Palin si era trovata a passare in una di queste gallerie ed era rimasta
affascinata da un quadro di Justin,chiedendo alla curatrice della mostra come
poteva contattare l'artista.
Sophia Palin possedeva una galleria d'arte nel
Greenwich Village e,nonostante avesse già una certa fama nell'ambiente,non
smetteva di girare per la città alla ricerca delle novità e di quello che di
meglio il mondo dell'arte poteva offrire.
Dichiaratamente lesbica,sui
trent'anni,aveva un viso leggermente paffuto,incorniciato da lunghi capelli
castani che stringeva sempre in una crocchia per sembrare professionale,occhi
neri profondi capaci di incenerire il proprio interlocutore con uno sguardo,e un
naso dritto che gli conferiva un'aria severa che veniva smentita non appena si
passava del tempo con lei.
-Lì fuori è una giungla,siamo tutti alla ricerca
del meglio,del miglior pezzo di carne su cui affondare i denti,ma sono in pochi
quelli che hanno il coraggio di ammetterlo-aveva detto la prima volta che aveva
incontrato Justin.
Ed il biondo era rimasto colpito dalla sua crudezza,dal
suo modo schietto,perchè in qualche modo gli aveva ricordato
Brian.
Già,Brian.
Un'altra cosa che ricordava chiaramente di quei mesi a
New York era il silenzio:nonostante si fossero promessi di sentirsi e di fare
avanti e indietro da Pittsburgh per vedersi,le cose erano andate
diversamente.
Lui doveva conservare i pochi soldi che aveva per le spese
giornaliere e per comprare altre tele e colori,mentre Brian era sempre occupato
con il suo lavoro.
Con il passare dei mesi,anche le telefonate che li avevano
tenuti uniti fino a quel momento, diminuirono fino a cessare del
tutto.
L'incontro con Sarah Palin aveva fatto sì che alcuni quadri di Justin
venissero esposti nella sua galleria:iniziarono con due quadri,ma visto la
velocità con cui vennero acquistati,la donna ne espose altri quattro e la volta
successiva altri sei.
Quelle vendite garantirono a Justin una certa stabilità
economica e gli consentirono di affittare un piccolo studio e di far un breve
viaggio a Pittsburgh,per andare a trovare i vecchi amici e soprattutto per
dimostrare a Brian che niente era cambiato.
In aprile,otto mesi dopo il suo
arrivo a New York,il mondo dell'arte sembrava veramente curioso riguardo al
nuovo "genio creativo",come lo aveva definito il "New Yorker",e lo stesso si
poteva dire dei collezionisti e dei ricchi uomini d'affari.
-Ho deciso di
esporre una tua personale-gli annunciò Sophia una mattina davanti ad un
caffellatte,mentre erano seduti ad un tavolino dello Starbuck a
Manhattan.
Justin,il cui sorso di caffè era andato di traverso,il viso rosso
per la mancanza d'ossigeno,tossì a lungo finchè non gli sembrò che tutto fosse
tornato normale e poi alzò lo sguardo sul volto di Sophia.
-Stai
scherzando?-le aveva chiesto incredulo.
La donna aveva scosso la testa prima
di riportare le labbra sul suo bicchiere.
-Sai che non scherzo mai quando si
tratta di lavoro-gli aveva detto quasi rimproverandolo.
Justin si fece
serio,cercando di realizzare le sue parole:una sua mostra personale.
-Non
credi sia troppo presto?-le aveva chiesto timoroso.
-Stai scherzando?Hai idea
di quante persone entrano nella galleria per chiedermi i tuoi quadri e se ne
vanno a mani vuote perchè altri l'hanno già acquistati prima?
O quanti
colleghi vorrebbero riuscire a metterti le mani addosso?-gli aveva domandato lei
a sua volta.
-In effetti sono sempre stato molto richiesto!-aveva scherzato
lui cercando di mascherare il nervosismo che quella notizia gli aveva
provocato.
-Già certo immagino...Comunque,per tornare alla tua mostra,posso
dirti con certezza che è il momento giusto.
Nessuno ha più palle di
te,artisticamente parlando-aveva aggiunto subito.
Il biondo rise
leggermente,abbassando lo sguardo sulle proprie mani per qualche
istante.
-Quando sarebbe?-aveva chiesto senza guardarla.
-Ce la fai a fare
venti quadri per giugno?-gli aveva domandato nel tono professionale che usava
sempre quando parlavano d'affari.
Il biondo si era morso il labbro
inferiore,restando in silenzio qualche istante:non sarebbe stato un problema
portare a termine quel compito.
La cosa che più lo intristiva era che non ci
fosse la sua famiglia a festeggiare con lui...Che Brian non fosse lì.
In
fondo era anche merito suo se quello che aveva solo sognato stava diventando
realtà.
Aveva rialzato lo sguardo ed aveva annuito.
Si era subito messo a
lavoro,gettandosi anima e corpo in quel pensiero quasi avesse bisogno di
dimenticare.
Nonostante la mostra fosse a giugno,Sophia si era rivolta ad
un'importante agenzia pubblicitaria che desse il giusto riscontro pubblicitario
all'evento.
Vennero coinvolti giornali e televisioni,ed una trupe televisiva
venne nel suo studio per intervistarlo chiedendogli come si stesse preparando a
quell'evento,e di dargli un' anticipazione, qualcosa che invogliasse i
telespettatori a venire alla mostra.
Non aveva programmato quello che accadde
in diretta,successe soltanto per la dannata curiosità dell'anchorwoman.
Forse
la sua storia con Brian era finita,anche se non ne aveva la certezza assoluta,ma
questo non lo aiutava certo a dimenticare,o a togliersi il corpo perfetto di
Brian dalla mente,o ancora a cancellare tutto quello che c'era stato fra di
loro.
Nonostante fossero passati mesi dall'ultima volta che lo avesse visto o
sentito,gli bastava chiudere gli occhi per ricordare ogni particolare del suo
volto e del suo corpo.
Così,quando incorreva in un momento di crisi o aveva
bisogno di una pausa,prendeva il pennello o il carboncino e a fine giornata
aveva un ritratto di Brian.
Erano ormai quasi una trentina,tutti impilati a
terra,coperti da un telo bianco.
Il giorno dell'intervista però aveva
dimenticato uno di questi ritratti sul cavalletto,e se ne era ricordato soltanto
quando l'anchorwoman glielo aveva fatto notare.
-Questo è uno dei quadri che
sta preparando per la mostra?-gli aveva chiesto avvicinandosi, seguita dalla
telecamera,al cavalletto.
Il quadro era un semplice ritratto di Brian fatto
con il carboncino,un'immagine di Brian che gli tornava alla mente sempre più
spesso in quell'ultimo periodo;con i capelli di media lunghezza che gli
coprivano gli occhi e rendevano impossibile capire cosa stesse pensando,il mento
leggermente basso perpendicolare con il torace,la stessa camicia nera che aveva
indosso l'ultima sera che avevano trascorso insieme prima della sua partenza per
New York ed una sigaretta fra le dita della mano sinistra.
Il viso di Justin
era diventato di tutti i colori quando si era accorto di che quadro la donna
stava parlando e,incapace di rispondere,aveva fissato smarrito la
telecamera,chiedendosi cosa Brian e gli altri avrebbero pensato vedendo quel
quadro.
Riusciva ad immaginare senza alcuno sforzo le risate trattenute di
Ted,il sorriso a trentadue denti che era nato sul volto di Debbie e quello più
contenuto su quello di Micheal.
-Certamente-si era intromessa
Sophia,accortasi del suo sbandamento-E' uno dei pezzi per cui credo ci saranno
più offerte-
Quando si erano liberati della giornalista,Justin aveva cercato
in tutti i modi di far cambiare idea a Sophia sul vendere il quadro di Brian,ma
la donna si era dimostrata irremovibile:aveva promesso in diretta nazionale,non
poteva certo rimangiarsi la parola!
Aprile e maggio passarono in fretta e
prima che Justin se ne rendesse conto,passava i suoi giorni alla galleria per
controllare che tutto fosse apposto e ogni quadro venisse sistemato nell'ordine
da lui scelto.
-Questa mostra sarà un successo-gli annunciò Sophia
fermandoglisi accanto mentre osservava il quadro di Brian-Preparati a diventare
famoso-gli predisse mettendogli un braccio attorno alle spalle.
Justin
accennò un sorriso e voltò la testa verso di lei.
-Hai fatto quello che ti ho
chiesto?-le aveva domandato curioso.
La donna aveva annuito,lo sguardo ancora
fisso sul quadro.
-Tutto fatto...In fondo te lo dovevo:è grazie a te se sto
per diventare schifosamente ricca-
Il biondo aveva riso e le aveva dato una
lieve spinta che,invece di smuoverla,l'aveva portata a ridere con lui.
Il
giorno della mostra non riuscì a toccare cibo,teso a tal punto che il solo
pensiero del cibo gli faceva venire la nausea.
Era stato a lungo indeciso se
presentarsi con abiti formali o con quelli che indossava di solito,e alla fine
aveva trovato una via di mezzo,indossando un paio di jeans sotto una camicia
bianca ed una giacca blu.
Era arrivato prima che la galleria aprisse le porte
al pubblico per controllare che tutto fosse esattamente come lo aveva
immaginato,ma nonostante quell'accortezza era dovuto passare dal retro a causa
dei fotografi presenti davanti alle porte in attesa.
A quanto pare non era
stato l'unico ad aver avuto quell'idea:oltre ai camerieri che si occupavano del
ricevimento,Sophia e Janet,la sua compagna,erano già dentro.
-Ma non avete
una casa dove tornare?-aveva chiesto loro scherzoso.
-Credo che dovremmo
aprire prima dell'orario stabilito-gli aveva detto Sophia dopo averlo salutato
con un bacio.
Justin si era avvicinato a Janet per salutarla e poi si era
voltato a guardare l'amica.
-E per quale motivo?-
-Hai dato un'occhiata
alla gente che aspetta fuori?Neanche ai saldi di "Saks" sulla Fith c'è tanta
folla!-aveva commentato.
Il ragazzo aveva sorriso e aveva scosso la
testa.
-Facciamoli fremere ancora un pò...-aveva detto poi.
Quella sera il
suo principale pensiero,ancor più della mostra,dei giornalisti e di come
sarebbero stati accolti i suoi quadri,era rivolta agli inviti che Sophia aveva
spedito per suo conto alle persone che lui considerava più importanti...Senza le
quali non sarebbe stato lì in quel momento.
-Che risposta hai avuto?-le aveva
infatti chiesto,cercando di apparire indifferente.
-Oh,quasi tutti hanno dato
conferma della loro presenza,a parte uno-gli aveva risposto senza bisogno di
altre informazioni.
Justin aveva annuito.
Non aveva bisogno di sapere chi
era l'unico "disertore".
Aveva annuito in silenzio,staccandosi poi dalle due
donne per dare un'ultima occhiata ai quadri;quando si era fermato di fronte a
quello di Brian lo aveva fissato a lungo,quasi volesse imprimersi nella sua
mente ogni contorno ed ogni sfumatura di colore,dando il suo personale
addio.
-Sono pronto-aveva detto poi voltando la testa verso Sophie.
Le
porte di vetro erano state aperte e,ordinatamente,la folla era entrata nella
galleria:per qualche istante Justin si sentì mancare al fiato.
Forse solo al
Babylon aveva visto tanta gente tutta insieme!
Su consiglio di Sophie aveva
iniziato a girare per la sala,ricambiando molte strette di mani, rispondendo ad
alcune domande volanti di qualche giornalista e conversando amabilmente con
uomini in giacca e cravatta con moglie al seguito.
Scorse sua madre e il suo
compagno non appena questi entrarono nella galleria ed era andato loro incontro
sorridendo quando la madre gli aveva gettato le braccia al collo.
-Non puoi
capire come sono orgogliosa di te!-gli aveva detto la madre dandogli un bacio
sulla guancia destra.
Lui aveva sorriso di nuovo.
-Tutti questi
complimenti e non hai ancora visto l'esposizione...-la prese bonariamente in
giro, guadagnandosi un buffetto sulla guancia sinistra ed un altro
bacio.
-Vieni ti faccio fare un giro della sala-si era offerto.
-Oh santa
merda!-
L'esclamazione era arrivata poco distante da lui facendo voltare un
gruppo poco distante alla sinistra di Justin,che si era guardato intorno
all'istante:sulla porta,visibilmente commossa,Debbie si era guardata attorno per
qualche altro istante prima di trovare Justin con lo sguardo e aprirgli le
braccia in un gesto dei suoi.
Accanto a lei,chiaramente in imbarazzo,Carl
continuava a sistemarsi la punta della cravatta perchè questa fosse in perfetto
accordo con la cintura di pelle marrone.
-Allora mamma ti decidi ad
entrare?-sentì Justin,riconoscendo la voce di Micheal ancora fuori dalle
vetrate.
Si era scusato con la madre ed era andato verso di loro,un sorriso
felice sul volto.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa,Debbie lo aveva
afferrato e lo aveva stretto in un'abbraccio che aveva portato alla memoria
tanti altri abbracci come quello:quante volte Debbie lo aveva consolato nei suoi
momenti di confusione,di rabbia e soprattutto nei momenti di crisi con
Brian...
Si era staccato leggermente da lei e le aveva sorriso.
-Sono
felice che tu sia qui-le aveva detto prima di darle un bacio sulla guancia
sinistra.
-Stai scherzando Raggio di Sole?Non ci saremmo persi questo momento
per niente al mondo!-
Ancora una volta lui aveva sorriso e aveva
annuito.
Una mano si posò sulla sua spalla sinistra e alzando lo sguardo
aveva colto quello di Micheal e di Ben e Hunter.
-Allora quando hai
intenzione di farci vedere il famoso quadro di Brian?-gli aveva poi chiesto
l'amico spezzando l'atmosfera seria.
Tutti avevano riso e,dopo i
saluti,Justin aveva fatto loro da guida personale,ripetendo lo stesso ruolo una
seconda volta quando,leggermente in ritardo erano arrivati Melanie e Lindz da
Toronto e Ted,Blake e Emmett da Pittsburgh.
-Tesoro è davvero incredibile
quello che sei riuscito a fare stasera-gli aveva detto Melanie sinceramente
ammirata mentre erano fermi accanto ad una vetrata che dava sulla strada insieme
a tutti gli altri.
-Io non ho fatto niente:ho solo dipinto qualche
quadro...Al resto ha pensato tutto Sophia-si era schernito sincero.
-Ah
proposito di quadri:credi che potrei comprarne uno senza dover dar fondo a tutti
i miei risparmi?-gli aveva chiesto Ted con il suo solito sarcasmo.
-Sei già
in bolletta Ted?-gli aveva chiesto Mel guardandolo preoccupata.
-Per quanto
ti dai da dare all'agenzia,dovresti dire a Brian di darti un'aumento-aveva
aggiunto Debbie prima di affondare i denti in una tartina al salmone.
Quelle
parole avevano fatto scendere il gelo fra il gruppo di amici e aveva portato
Debbie a lanciare uno sguardo di scuse a Justin:finora avevano evitato
accuratamente di fare il suo nome o anche il più piccolo accenno su di lui per
evitare che la grande serata del ragazzo venisse rovinata da quell'ingombrante
fantasma.
Ma Justin non aveva bisogno di sentire il suo nome per
ricordarlo:era tutta la sera che guardava la porta sperando di vederlo entrare,o
che lanciava sguardi veloci al display del suo cellulare per controllare che non
ci fossero delle chiamate perse.
A salvarlo dagli sguardi preoccupati dei
suoi amici,fortunatamente,era arrivata Sophie che si era avvicinata al gruppo a
passi veloci.
-Devi venire con me-gli aveva detto in tono perentorio.
-Che
succede?Problemi?-le aveva chiesto aggrottando la fronte.
Lei aveva scosso la
testa,tendendo la mano e prendendo quella di lui aiutandolo poi a mettersi in
piedi.
-Abbiamo venduto il quadro che abbiamo fatto vedere in quel servizio
alla televisione-gli aveva detto senza lasciargli la mano.
Quella
notizia,invece che rallegrarlo come era stato per le vendite precedenti,lo aveva
incupito:avevano comprato il quadro di Brian.
Chissà se era stato uno dei
suoi amanti da una notte ad averlo comprato...
-Oh...-si era limitato a
dire.
-Vuole conoscerti-aveva detto la donna con tono fermo.
-E per quale
motivo?Spera di avere uno sconto sul prezzo?-aveva scherzato,poco desideroso di
gettarsi di nuovo in mezzo alla folla.
-Non fare storie e vieni con me!-gli
aveva ordinato la donna.
Justin aveva sospirato e aveva annuito,ma prima di
allontanarsi si era voltato verso il gruppo di amici con un pallido ricordo del
suo classico sorriso e aveva guardato Ted.
-Ted,per quanto riguarda il
quadro,scegli quello che preferisci ed è tuo-gli aveva detto.
Era poi tornato
a voltarsi e si era incamminato dietro Sophia,stringendo nel cammino qualche
altra mano e ringraziando per le congratulazioni che riceveva qua e là.
Solo
quando fu ad una decina di metri di distanza si accorse di quello che doveva
essere l'acquirente del quadro:era voltato di spalle,una giacca nera a delineare
il profilo perfetto della sua schiena,le ciocche di capelli castani che gli
accarezzavano il colletto nero della camicia perfettamente stirato.
Justin
aveva rallentato il passo,chiedendosi se la sua mente stressata dal troppo
lavoro non avesse iniziato a giocargli brutti scherzi,finchè Sophia non si era
avvicinata all'uomo e gli aveva posato una mano sul braccio sinistro facendolo
voltare.
E,per la seconda volta nella sua vita,Justin si era trovato davanti
la faccia di Dio.
I suoi occhi castani si erano posati per pochi secondi su
Sophia prima di saettare veloci su di lui,che era ancora a qualche metro di
distanza incapace di terminare il breve tragitto e per un lungo istante si
limitò a guardarlo.
Era lì.
Solo ora Justin si rendeva realmente conto di
quanto gli era mancato e di quanto era stata infantile la speranza di una sua
chiamata...Non sarebbe stato nel suo stile.
E questo lo era decisamente
meno.
-Mr Kinney,le presento Justin Taylor-aveva detto Sophia facendo le
presentazioni.
Un sorriso divertito aveva incurvato le labbra di Brian e
subito dopo le sue:dopo tutto quello che era successo fra loro,c'era ancora
qualcuno che credeva avessero bisogno di presentazioni?
-Ci conosciamo già
Sophia-le aveva detto senza staccare lo sguardo dal volto di
Brian.
-Oh...Questa sì che è una sorpresa-
I due uomini avevano continuato
a fissarsi,escludendo Sophia da quel gioco di sguardi come in passato avevano
lasciato fuori i loro amici e tutti gli altri amanti occasionali che avevano
avuto.
-Spero non ti sia costato troppo-aveva detto Justin,mordendo la parte
interna del labbro inferiore.
-Il giusto prezzo...Ma per un quadro come
questo avrei anche offerto una cifra più alta-gli aveva detto parlando per la
prima volta.
La sua voce fu una carezza ed insieme un brivido sulla sua
pelle,facendogli ricordare quante volte gli era bastato ascoltarlo parlare per
eccitarsi.
Justin accennò un sorriso e piegò leggermente la testa verso
destra,prima di tornare a guardarlo.
-Il solito narcisista...-aveva
commentato poi.
Brian aveva sorriso:soltanto lui poteva permettersi certi
commenti senza aver paura di una morte lenta e dolorosa.
-Faccio sempre del
mio meglio,tu dovresti saperlo-
-Purtroppo non potremmo farle avere il quadro
fino alla fine della mostra,quindi si ricordi di lasciare il suo indirizzo;così
potremmo farglielo recapitare al momento opportuno-si era intromessa
Sophie,completamente immersa nel suo ruolo, che fino a quel momento aveva
seguito il loro discorso guardando ora uno ora l'altro neanche fosse una partita
di tennis.
-Perfetto.Anche perchè al momento sono in pieno trasloco-aveva
detto Brian rivolgendosi direttamente a Justin.
Il biondo aveva corrugato la
fronte,sorpreso da quella notizia:Brian aveva lasciato il loft e nessuno si era
preoccupato di avvertirlo?
Che razza di amici erano se gli nascondevano una
cosa del genere?
Cosa significava quel trasferimento?Che Brian forse stava
andando avanti con la sua vita,lasciandolo indietro,rilegando la loro storia nel
passato?
Per la prima volta da quando si erano incontrati,Brian spostò lo
sguardo su Sophia concedendole uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
-Ha mai
sentito parlare della Kinnetik?-aveva chiesto a Sophia.
La donna aveva scosso
la testa facendo sorridere Brian.
-Me lo aspettavo...Beh presto lo
farà.
La Kinnetik è l'agenzia pubblicitaria di cui sono il presidente a
Pittsburgh,la migliore della città,ed ora ho deciso che è venuto il momento di
tentare l'assalto alla Grande Mela-aveva spiegato alla donna.
Justin ascoltò
quelle parole incredulo:Brian stava traslocando a New York?
-Cosa?-aveva
chiesto incapace di trattenersi oltre.
Il moro lo aveva guardato di nuovo
e,incontrando i suoi occhi,Justin aveva capito che il vero motivo che spingeva
Brian a trasferirsi era lui.
Soltanto lui.
-Te l'avevo detto che prima o
poi avrei conquistato il mercato newyorkese-gli aveva detto con quell'aria
sbruffona di sempre.
-E' solo per questo che lo fai?-gli aveva
chiesto.
Non avrebbe avuto bisogno di rassicurazioni ulteriori,sapeva che
Brian lo stava facendo per lui; il motivo che lo aveva spinto a fare quella
domanda era per essere sicuro che non fosse la sbruffonata del momento,qualcosa
di cui poi si sarebbe pentito l'attimo dopo.
Solo allora Brian aveva fatto i
pochi passi che ancora li dividevano fermandosi davanti a lui, costringendolo ad
alzare leggermente la testa per incontrare i suoi occhi.
Si erano fissati per
qualche secondo in silenzio,resistendo all'impulso di muovere una mano verso
l'altro.
-Tu sai perchè lo faccio-gli aveva detto poi osservando gli occhi
azzurri di Justin.
L'altro aveva annuito,premendo una contro l'altra le
labbra per qualche secondo:c'era ancora una cosa da chiarire.
-Le cose non
sono cambiate da Pittsburgh-gli aveva detto senza staccare gli occhi dai
suoi.
Voleva ancora una famiglia,una marito e dei figli,e sperava con tutto
sè stesso di poterli avere con Brian,ma non se questo significava porre dei
limiti alla propria individualità o a quella del compagno.
Brian aveva
sospirato,provocandogli una leggera pelle d'oca sulla pelle del collo,prima di
alzare le spalle.
-Lo avevo immaginato...Ma credevo di averti dato la mia
risposta presentandomi qui-
Justin era rimasto in silenzio e lo aveva fissato
qualche istante in silenzio,incerto:tutto quello che voleva era gettargli le
braccia al collo e non lasciarlo più andare via.
Ma nonostante la paura di
commettere un altro errore fosse forte,non era niente confrontata a quella di
vederlo andare via.
-Ok...-aveva sussurrato poi,quasi avesse paura di farsi
sentire dagli altri presenti alla mostra.
Brian aveva sorriso prima di
chinare il viso verso il suo e baciarlo:nello stesso istante in cui le loro
labbra si erano sfiorate,il braccio destro del moro si era stretto attorno alla
vita di Justin,attirandolo contro di sè,incurante come al solito della
possibilità di dare spettacolo.
Il biondo aveva sorriso sulle sue
labbra,alzando poi un braccio per portare la mano dietro il collo di
Brian,sfiorando con i polpastrelli di capelli morbidi leggermente più lunghi di
come li ricordava.
Quando si staccarono,si accorsero degli sguardi degli
ospiti più vicini ed il flash di alcuni fotografi,e per un'attimo Justin si
chiese cosa avrebbero scritto di quel bacio l'indomani parlando della
mostra,accantonando il pensiero l'attimo dopo nell'angolo più lontano della sua
mente.
Finalmente,quasi un anno dopo averlo "perso",aveva ritrovato il suo
Brian.
Osservando i vestiti
per l'indomani sistemati ordinatamente sulla scrivania poco distante dal suo
letto,Vic si chiese se le sarebbe stato possibile inventarsi un mal di gola già
il primo giorno di scuola.
Si guardò attorno nella sua stanza,piena di
scatoloni ancora imballati,e si ritrovò a scuotere la testa:non sarebbe servito
a nulla,se non a posticipare qualcosa di inevitabile.
Due colpi leggeri
vennero bussati sulla sua porta e Vic,si voltò verso l'ingresso senza
preoccuparsi di infilare la vestaglia di spugna poco distante dal
letto,nonostante avesse indosso solo il top rosso e i boxer grigi che indossava
per dormire:nè lei nè i suoi padri si sarebbero scandalizzati per
quell'abbigliamento.
-Avanti-disse fissando la porta.
Suo padre apparve
sulla soglia e,la mano ancora sulla maniglia,le sorrise.
-Sapevo di trovarti
sveglia...Che ne dici di una tazza di tè?-le chiese.
Vic accennò un sorriso e
annuì,uscendo poi dalla stanza e seguendo il padre al piano di sotto verso la
cucina.
Quella casa di notte assumeva un aspetto completamente
diverso:sembrava quasi uscire da un film dell'orrore!
-E' normale che sia
così spoglia?-domandò al padre.
Nonostante l'uomo fosse di spalle lo sentì
sorridere.
-Ancora non abbiamo finito di aprire tutti gli scatoloni,vedrai
che quando avremo sistemato tutto sarà molto più accogliente-la rassicurò.
Si
avviarono verso la cucina e Vic si sedette su uno degli sgabelli da bar marroni
attorno all'isola cucina,il piede destro che sfiorava il parquet mentre
osservava suo padre preparare le due tazze di tè.
-Abbiamo del miele?-gli
chiese senza grandi speranze.
Anche se quel pomeriggio erano andati insieme
al drugstore per comprare alcuni generi di prima necessità non era certa che si
fosse ricordata anche di quello.
-Guarda il mobile vicino al frigo-le disse
suo padre voltandosi per lanciarle un'occhiata.
Vic scese dallo sgabello e
fece come lui le aveva detto,sorridendo alla vista del contenitore a forma di
orsetto pieno di miele.
-Come farei senza di te?-gli domandò concedendogli un
sorriso.
-Lasceresti i vestiti ovunque come tuo padre e mangeresti solo
schifezze-ribattè l'uomo posando le due tazze sopra l'isola.
Vic chiuse
l'anta del mobile e tornò a sedersi sullo sgabello.
-Papo dov'è?-gli chiese
aprendo il barattolo del miele e iniziando a spremerne la pancia.
-Sotto la
doccia,ci raggiunge quando ha finito...Basta con quel miele!-le disse
Justin,girando con un cucchiaino il suo tè.
Vic sbuffò scocciata e per
qualche minuto nessuno dei due parlò,impegnati com'erano a sorseggiare
tè.
-Sei nervosa per domani,vero?-domandò poi il biondo con tono
sicuro.
Vic annuì.
Era ovvio che lo fosse:dopo tutto quello che aveva
passato al liceo di Pittsburgh come poteva sperare in qualcosa di
diverso?
Justin sospirò e fece per allungare una mano verso quella della
figlia per poi cambiare idea, certo che Victoria avrebbe rifiutato il
contatto.
-Qui a Toronto le cose sono diverse-le disse per la millesima
volta.
-Certo,qui il vostro matrimonio è legale...-commentò lei senza
guardarlo.
-Non è solo questo!-s'intromise la voce di Brian facendo voltare
la testa di entrambi verso l'entrata della cucina.
Con indosso un paio di
pantaloni da tuta blu ed una maglietta dello stesso colore,Brian andò loro
incontro a piedi scalzi.
-Che intendi?-domandò Vic fissandolo mentre le si
sedeva accanto.
-Beh qui possiamo tranquillamente fare causa a tutti quelli
che ti infastidiscono sicuri che la legge ci darà ascolto-disse suo
padre.
-Oppure possiamo passare direttamente alle maniere forti...Magari
possiamo rigar loro la macchina-aggiunse l'altro.
-Brian!-lo rimproverò
Justin.
-Cosa?Si sono fatti qualche scrupolo nel rovinarmi l'Harley?-gli
domandò Brian,il cuore ancora sanguinante dalla fine ignominosa che aveva fatto
una delle sue moto.
Justin aveva sospirato e lo aveva guardato per qualche
istante in silenzio prima di alzare le spalle.
-Per fortuna Mel vive a pochi
isolati di distanza...-commentò poi.
Brian accennò un sorriso prima di
tornare a guardare Vic con espressione seria.
-Ascolta Little Sunshine non
possiamo prometterti che non succederà niente di grave,perchè sarebbe
impossibile...-le disse con voce seria,ma allo stesso tempo rassicurante-Ma
possiamo prometterti fin da adesso che qualsiasi cosa succederà,positiva o
negativa che sia,l'affronteremo insieme come abbiamo sempre fatto-
Vic fissò
per qualche istante gli occhi nocciola del suo secondo padre e annuì
leggermente:sapeva che i due uomini avrebbero fatto di tutto pur di evitarle
un'ulteriore dolore.
-Se te lo promette un supereroe puoi
crederci,tesoro-scherzò suo padre facendo sorridere sia lei che Brian.
Il
moro si voltò verso Justin e lo fissò con un sorriso ironico sul
volto.
-Spiegami una cosa:è per il tuo umorismo che ti ho sposato?-gli
domandò poggiando entrambi i gomiti sul tavolo e sporgendosi in avanti.
Il
padre storse leggermente la bocca chiusa verso destra in una posa pensierosa per
poi scuotere la testa.
-No,non credo sia per questo...-rispose
poi,sistemandosi nella stessa posizione di Brian.
I due uomini sorrisero e
avvicinarono le teste per un bacio che perse in pochi secondi tutta l'innocenza
iniziale.
Vic sospirò e,la tazza nella mano sinistra,scese dallo
sgabello.
-Ho capito,me ne vado a letto.
Buona notte!-salutò entrambi
prima di voltargli le spalle.
-Buona notte Little Sunshine!-la salutò Brian
voltando la testa verso di lei.
-Dormi bene tesoro e mi raccomando,smettila
di preoccuparti...Andrà tutto bene-le disse suo padre,scostandosi dal compagno
per incrociare di nuovo lo sguardo della ragazza.
Vic annuì poco convinta
prima di voltarsi di nuovo e avviarsi verso le scale.
Domani sarebbe stato il
suo "grande giorno",doveva essere in forma.
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