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Autore: EleAB98    30/05/2022    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
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[...]
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*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo XIV – Conversazioni Scomode



Mi era sempre stato difficile capire se, nel quotidiano, fossi più propenso ad affezionarmi a un concetto, a una qualsiasi idea, a un qualsivoglia progetto, che non alla sua stessa realizzazione. Un film mentale poteva considerarsi di buona fattura se non brillante, persino esaltante. Un film mentale poteva essere comandato – e distorto – a proprio piacimento, la realtà, invece... poteva apparire catastrofica. Disarmante.
La realtà richiedeva l'assunzione di determinate responsabilità; le responsabilità, a loro volta, chiamavano a sé consapevolezza. Quella consapevolezza di sentimenti a cui non era possibile sfuggire. Sospirai piano e richiusi la porta della mia stanza d'albergo. Per quanto cercassi di negarlo, mi ero affezionato tanto a Benedetta. Alla donna misteriosa. All'idea di ricevere quelle chiamate notturne, al concetto che vi stava alla base: ovvero quello di non riuscire più a percepire quel logorante senso di solitudine, che per tanti anni scandiva le mie giornate. Ah, la donna misteriosa! Quanti miracoli aveva compiuto in così poco tempo! Quella donna aveva riacceso in me un'antica fiamma, una scintilla che credevo morta da tempo. Quella donna mi aveva strappato ai consueti pensieri malinconici che, di tanto in tanto, si prendevano la briga di venire a farmi visita. Quella donna che avevo desiderato così ardentemente, e non soltanto come compagna di una notte. Per l'ennesima volta, quel pensiero mi fece paura. Avevo provato desiderio per una donna che aveva la metà dei miei anni, e questo non mi era mai successo. Ma la cosa più sconvolgente non era certo quella. La donna misteriosa e Benedetta erano la stessa persona, e io ancora faticavo a crederlo. Percorsi il lungo corridoio che portava agli ascensori e sperai segretamente di non incontrarla. Non avrei saputo sostenere il suo sguardo; non in quel momento, almeno. Non avrei saputo cosa dirle, tantomeno come comportarmi. In poche parole, mi sarei sentito un pesce fuor d'acqua.

Feci un bel respiro. Dovevo stare calmo e non pensare troppo. D'altronde, durante la serata non avevo fatto altro. Cosa provavo per Benedetta? Credevo davvero si trattasse di una semplice amicizia? Alla luce di quanto successo, potevo ancora definirla tale? Mi passai entrambe le mani nei capelli. Dio, mi sentivo così confuso! Il caos regnava, dentro di me. Come diavolo ne sarei uscito? E, soprattutto, cos'avrei dovuto fare quando io e Benedetta ci saremmo ritrovati vicini vicini sull'aereo? Premetti il tasto 0 e l'ascensore mi guidò verso il piano terra. Per un momento, mi voltai verso lo specchio alle mie spalle. Avevo due occhiaie da far paura, e a nulla valeva l'essermi vestito come mio solito: giaccia elegante marrone scuro, pantaloni classici, cravatta nera, scarpe stringate. E sguardo da morto. Guardai l'orologio. Tra meno di venti minuti, la sala adibita alla colazione sarebbe stata chiusa, potevo soltanto sperare che Benedetta avesse già terminato di rifocillarsi. Imprecai a mezza voce. Stavo temporeggiando e non era da me. Di solito andavo sempre dritto al punto, sapevo benissimo discernere cosa mi piacesse e cosa no, mi conoscevo perfettamente. Non scappavo come un coniglio spaventato.
Benedetta, a quanto pareva, aveva minato ogni mia certezza. Sapevo soltanto che dovevo riprendere in mano la situazione e non lasciarmi coinvolgere in qualcosa che fosse più grande del sottoscritto. A pochi passi dalla sala, non potei fare a meno di notare l'accozzaglia di piante ornamentali che infestavano ogni angolo della hall, assieme a una caterva di divani e poltroncine in ecopelle che poggiavano su una pavimentazione decorata da rombi circoscritti in dei quadrati.

Tornai con lo sguardo verso la porta incriminata, anch'essa adornata da curiosi motivi geometrici, quindi feci un altro passo e la spalancai. Strabuzzai gli occhi. Di tutte le persone che potevo incontrare, guarda caso c'era proprio Megan Rossi. Quando lei alzò lo sguardo, io scostai prontamente il mio e, avviandomi verso il lato sinistro della sala, raccattai una brioche e una confezione di marmellata all'albicocca. Mi sedetti e mangiai un boccone. Non avevo intenzione di sostenere il suo sguardo, tantomeno perdermi in riflessioni ulteriori. Avevo già abbastanza problemi.
Peccato che la sfacciata di turno avesse deciso di raggiungermi seduta stante.

«T-ti... ti dispiacerebbe se mi sedessi un momento?»

Alzai lo sguardo, soffermandomi a malapena su di lei. «E per quale motivo dovresti farlo, di grazia?»

Lei sospirò, quindi prese la mia domanda retorica come un sì. «Non mi sarei mai aspettata di ritrovarti a Montreux.»

«Be', se la cosa può rallegrarti, nemmeno io», risposi, i miei occhi concentrati sulla marmellata che stavo spalmando sulla brioche.

«Congratulazioni per la vittoria», soffiò lei, in un sussurro appena udibile.

Smisi di armeggiare con il coltello e mi tuffai in quegli occhi blu. «Hai vinto anche tu, no? Dovresti goderti il momento e non pensare a niente.»

«Questo è un modo per dirmi che dovrei forse mollare la presa e fare finta di non averti visto?»

«Che cosa vuoi, Megan

«Solo parlarti.»

Scossi la testa. «Non credo ci sia bisogno di rivangare il passato. Sono passati tre anni, e sono andato avanti.»

«Ma io no. Io ho bisogno di dirti perché ho fatto quello che ho fatto.»

«Credo di aver sentito abbastanza quando hai imbastito quella sceneggiata davanti a tutti», replicai, piccato.

«Non era una sceneggiata. Ma la pura verità. Io... io mi ero innamorata di te senza neanche saperlo. Ero talmente concentrata sulla mia vendetta da non pensare ad altro. Anche perché mi ero convinta di aver chiuso con gli uomini. Invece... quella notte non è stata una bugia, Malcom. Anche se mi sono comportata da egoista, quella sera ho scoperto che ti amavo. Dio, se ti amavo! Fare l'amore con te è stata la cosa più bella che mi sia capitata negli ultimi anni. E questi tre anni senza vederti sono stati davvero un inferno. Soprattutto perché non ho avuto l'opportunità di chiarire tutto con te, né di chiederti scusa.»

Per un istante, rimasi in perfetto silenzio. Ero sbigottito. «Hai finito?»

Lei si alzò, un sorriso triste a incorniciarle il volto, un vestitino nero che pareva celare in sé tutta la mestizia scaturita da quegli occhi profondi. «Sì. Di nuovo, ti prego di scusarmi per il tutto il male che ti ho procurato. Per aver infangato, senza alcun motivo, la memoria di tuo padre. Ti auguro il meglio.» Si voltò immediatamente e, con grande rapidità, uscì dalla sala.

Mi abbandonai a un lungo sospiro. Quelle parole continuavano, mio malgrado, a rimbombare nella mia testa e non sapevo proprio come spegnerle.

Fare l'amore con te è stata la cosa più bella che mi sia capitata negli ultimi anni.

Addentai un altro pezzo di brioche. Per me non era stato forse lo stesso? La cosa che più mi sorprendeva, però, era stato l'utilizzo di quel verbo. Un verbo che, solitamente, non trovava riscontro nelle insignificanti avventure di una notte che mi ero concesso in tutti quegli anni. Eppure, lei aveva dato significato a quanto successo tra noi, per quanto il finale di quella serata fosse stato tutt'altro che roseo ed appagante. Io e lei avevamo, in qualche modo, fatto l'amore.

Mi pulii la bocca con un tovagliolo, quindi mi alzai e, spegnendo il flusso dei miei pensieri, lasciai, a passo moderato, la sala colazione. Los Angeles mi attendeva a braccia aperte.

 

*

 

Tra meno di dieci minuti, saremmo finalmente ripartiti. Dentro di me, temevo l'istante in cui Benedetta sarebbe salita sull'aereo e avrebbe presto posto accanto al sottoscritto. Era probabile che non l'avessi ancora incrociata per via del fatto che io, a differenza sua, non avevo l'abitudine di girovagare per i negozi o per le librerie con il solo scopo di ammazzare la consueta noia antecedente alla partenza. Mi era sembrato, in effetti, di averla vista girovagare tra gli scaffali del Mondadori Store situato a pochi metri dal Mc Cafè, ma non potevo esserne certo. Sfogliai con disinteresse le pagine di un piccolo libercolo inerente all'editoria. L'avevo portato con me perché, in verità, avevo pensato di regalarlo a Benedetta dopo la cerimonia di premiazione, a mo' di ringraziamento per tutto il sostegno che mi aveva riservato. In questi mesi, avevo imparato a conoscere i suoi gusti e i suoi desideri più profondi, assieme alle aspettative per il futuro. Qualche settimana prima, mi aveva confidato di voler pubblicare un romanzo e che, quando sarebbe stato pronto, mi avrebbe affidato la bozza per avere un mio feedback al riguardo. Così, avevo pensato di acquistare per lei un libercolo nel quale si svisceravano gli aspetti più misteriosi concernenti il mercato editoriale, la sua filiera e i protagonisti operanti settore. Mi soffermai su un paragrafo dal titolo: Quello che non ti aspetti: il mestiere dell'editor. Cominciai a leggiucchiarne il contenuto cercando di fingermi attento, ma fallii miseramente. Le parole di Benedetta, come quelle di Megan, non accennavano a lasciarmi in pace.

Quando girai un'altra pagina, sentii una voce inconfondibile penetrarmi nelle orecchie. «Vuoi che... vuoi che mi sieda altrove?»

Mi sforzai d'incrociare il suo sguardo e negai con il capo. «Affatto. Siedi pure.»

Con aria timida, accolse il mio permesso e si allacciò la cintura attorno alla vita. Anche lei, era vestita come al solito: camicetta bianca a mezze maniche con un motivo floreale al centro, jeans a sigaretta e sneakers con impresso lo stemma della bandiera americana.

L'aereo partì poco dopo. Dal finestrino, potevo osservare il sole fare capolino tra le soffici nuvole bianche, nonché il paesaggio sottostante – un'infinita distesa di prati e campi coltivati. Scostai lo sguardo e tornai al libro, continuando a fingere di leggerlo onde evitare una conversazione scomoda, ma, a un certo punto, Benedetta trovò il coraggio di spezzare quel silenzio assordante. «Hai forse intenzione di non parlarmi mai più?»

«Sto soltanto leggendo, non vedi?» replicai, poco convinto. Dopo qualche istante, mollai quel libro e riportai l'attenzione su di lei. Non pareva offesa, piuttosto sembrava dispiaciuta. «Ascolta io—»

«Mi dispiace tanto per ieri sera», scattò lei, arrestandomi sul nascere. «Non volevo metterti a disagio, ma pare ci sia riuscita alla perfezione. Scusami tanto se ti ho baciato. Non ho resistito all'impulso, mi sono lasciata prendere dal momento.»

Sorrisi appena. «Mi hai sorpreso, tutto qui. Ma non scusarti, ti prego.»

«Perché non dovrei?»

Perché quel bacio, be'... è stata una rivelazione. E mi è piaciuto. Mi trattenni dal dirle quelle parole, che potevano essere mal interpretate. Sì, a me quel bacio era piaciuto sul serio, quel contatto così intimo e non meno delicato mi era mancato per molto tempo e mi ero reso conto di quanto avessi bisogno di sentirmi importante, apprezzato e desiderato. Quel bacio mi aveva dato una scossa, mi aveva fatto capire quanto avessi bisogno di riaccendere me stesso. Sì, proprio così. Avevo bisogno di qualcuno, accanto a me. Per quanto avessi cercato di convincermi che non desiderassi più nessuna donna al mio fianco, in quel brevissimo e concitato attimo mi ero accorto che anch'io esistevo e che, proprio come gli altri, avevo bisogno di tornare a esprimere me stesso. Avevo bisogno di passioni forti, di tornare a esercitare a pieno diritto i miei istinti più reconditi. Non sapevo se avessi bisogno anche di qualcos'altro, sapevo solo che dovevo tornare a vivere. Ed era stata proprio Benedetta a farmelo capire. Però, al tempo stesso, non ero certo di potermi – e volermi – dare una chance con lei. «Ascolta, non sono arrabbiato con te. Semplicemente, non me l'aspettavo. Sono molto affezionato a te. Non mentivo al telefono, quando ti ho detto che sentivo un qualcosa di speciale. Però... non avevo certo previsto che la donna misteriosa fossi tu.»

«Immaginavo che per te sarebbe stata una delusione.» Benedetta abbassò il capo, ma io le afferrai con dolcezza il mento e lo sollevai per guardarla negli occhi. Tolsi immediatamente la mano e sperai comunque che non distogliesse l'attenzione da me.

«Non è così. Credimi, mi hai fatto sentire di nuovo vivo. E di questo, non potrò mai ringraziarti abbastanza. Ma non credo che il nostro rapporto possa proseguire sulla base di un'amicizia. O almeno, non da parte tua. Non penso che sia giusto. Io... io ti voglio molto bene, Benedetta. Su questo non potrei mai mentirti. Ho provato emozioni vere durante le nostre telefonate, questo non posso negarlo. Però... sono un uomo molto incasinato, tu meriti di meglio. Non saresti felice accanto a me.»

«Ma perché?! Malcom, per favore... diamoci un'opportunità, io... io posso essere tutto quello che vuoi, posso—»

«Shhh... non insistere. Non voglio farti del male. E devi essere sempre te stessa. Non devi mai cambiare per nessuno. Ricordatelo sempre. Tu sei perfetta così. E sono sicuro che questo... "sentimento" che provi nei miei riguardi sparirà presto. Ti innamorerai di un ragazzo che—»

Benedetta mi rifilò un'occhiataccia. «Perché virgoletti la parola sentimento? Io sono sicura di quello che provo. Ti ho sempre amato, perché non vuoi capirlo?»

«Benedetta, io non... io non ho mai pensato che fra noi potesse nascere qualcosa. Ti ho preso sotto la mia ala, sono stato sempre bene in tua compagnia, ma non mi è mai passato per la mente di intaccare la purezza del nostro rapporto.»

«Ah, quindi adesso si tratta di purezza?! Pensi forse che l'amore sia sporco, che non sia frutto di sentimenti sinceri?»

Scossi la testa. Ero davvero confuso, non sapevo più cosa pensare. Da una parte c'era Benedetta, che mi implorava di darle un'opportunità, di provare a stare insieme. Dall'altra, invece, c'era lo spettro di Megan Rossi, che, per quanto avessi provato a scacciare dalla mia mente, continuava a ripresentarsi al mio cospetto, al cospetto di una mentre sovraffollata dal caos. Benedetta era l'unica donna, assieme a Michelle, per cui io non avessi provato un sentimento che andasse al di là della semplice amicizia (seppur dalla seconda rifuggivo come se fosse la peste in persona). E sporcare un sentimento come quello, dopo le innumerevoli storielle, o meglio, avventure, che avevo collezionato tempo addietro, mi sembrava un peccato mortale. Benedetta, per giunta, era così pura, così dolce, genuina e... non meno determinata. Aveva tanta passione che doveva ancora mostrare al mondo, a una persona che potesse meritarlo. E di sicuro, quella persona non ero io. Non sarei stato io a tirar fuori la donna che giaceva latente dentro di lei, aspettando di essere scoperta, assaporata e adulata. Non sarei stato io a farci l'amore, a sussurrarle paroline tenere e ricche di sentimento; quelle che più di chiunque altro si meritava. Perché se era vero che anch'io avevo bisogno di tornare a vivere sul serio, lei si meritava un vero principe. Un uomo romantico e pieno di attenzioni, un uomo che la mettesse sempre al primo posto. Io ero conciato sin troppo male per poter pensare di dare anche solo una parte del tutto a una donna, il mio carattere dominante non mi permetteva di abbandonarmi a simili smancerie. Non dopo Melissa, almeno. «Io non credo che l'amore sia sporco, Benedetta. Credo soltanto di non essere la persona più adatta a te, perché tu meriti un uomo deciso a conquistarti, non un surrogato. Io non sono pronto per una storia d'amore, e non—»

«Non mi sembrava così. Durante le telefonate non eri semplicemente un uomo "che ci provava". Tu eri interessato a me.»

«Hai ragione. Io ero interessato alla donna misteriosa. E non posso che confermare tutto: sei spiritosa, intelligente, e anche molto bella. Ma cerca di capirmi... ti ho sempre vista come un'amica, e scoprire che tu fossi quella donna, che fossi tu ad avere quella bellissima voce... mi ha destabilizzato. Ho visto un altro lato di te, e non nego che la cosa mi abbia fatto pensare molto.»

«E allora lasciati andare. Provaci, almeno.» Mi prese la mano. Era così calda, a differenza della mia.

Sciolsi quel contatto con una calma impressionante. «Ho bisogno di tempo. Per capire che cosa voglio davvero.»

«Quindi c'è una speranza?»

Scostai lo sguardo. «Forse è meglio se non ci vediamo per un po'. Fuori dal lavoro, intendo.»

«Okay, ho capito. Non ti disturberò più.»

«Io non intendevo questo. Intendevo—»

«Ti prego, Malcom. Non aggiungere altro.»

Annuii, la tristezza nel cuore. Non dissi più una parola fino all'arrivo.

   
 
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