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Autore: Dian87    11/06/2022    0 recensioni
Franziskyra, un membro dei Dragersønnene, viene inviata ad Haleflamme per aiutare nelle ricerche di un principe disperso. Quel che troverà, però, sarà più di quanto chiunque nel Þrándheimr possa immaginare…
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Immagine di copertina di Bumper
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Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Gea'
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Il tuono esplose in tutta la sua forza.

«Vai al pozzo e segui chiunque tu trovi.» ordinò Trude, aprendo la porta di casa con forza.

I lineamenti della madre erano contratti dall'odio più puro e Hlara strinse a sé la bambola che in quegli anni aveva perso l'altro braccio per via del fratello Arfast.

«Ma…» mormorò la bambina, con le lacrime agli occhi, mentre un fulmine cadeva su un albero lontano davanti allo scuro rettangolo della porta.

«Niente "mamma" né "madre".» uno schiocco risuonò quando la mano della donna colpì la guancia della bambina. «Ora esci da questa casa.»

Gunhild si avvicinò alla sorella e le mise un vecchio mantello rattoppato sulle spalle. Si chinò lievemente su di lei con i capelli sciolti che le cadevano in avanti, appena più scuri di quelli della bambina.

«Vai, ingrata.» le sibilò in un lieve movimento di labbra. «È già tanto che i nostri genitori ti abbiano concesso di vivere tanto a sotto questo tetto.»

Trude mostrò un sorriso soddisfatto e Hlara lanciò un'occhiata al padre. L'uomo era mollemente seduto presso il focolare con i due fratelli maggiori che ascoltavano una delle sue storie e le ignoravano completamente. Locis era al suo telaio e filava con movimenti precisi e veloci una lunga tela candida, assorta nel proprio mondo. I capelli di questa sorella erano raccolti in due trecce e racchiusi in delle sfere metalliche che riflettevano i raggi del fuoco e gli occhi grigi guardavano con delicatezza il lavoro dinnanzi a sé.

Hlara strinse a sé la bambola ed il mantello e sentì un tuono scuotere l'intera casa.

Si voltò verso la porta e avanzò di qualche passo. Si voltò un'ultima volta verso la casa calda, per quanto non sicura in tutto quel tempo, e si calò il cappuccio sulla testa.

La pioggia la sferzava e penetrava attraverso tutti i buchi di quel mantello. Il vento cercava di strapparglielo ogni pochi passi.

Un altro tuono.

Si voltò, stringendo con ancora più forza il mantello, ma non era stato un tuono: era la porta che si era chiusa alle sue spalle.

Con la sinistra tenne la bambola ed il mantello, mentre la mano destra teneva il cappuccio sulla testa. Prese il sentiero davanti a sé e lo seguì con le labbra strette in una fessura. I fulmini cadevano sempre più vicini e i tuoni l'assordavano, le lacrime erano confuse tra le gocce di pioggia e trascinate via dal vento.

Vide un fulmine dirigersi verso la macchia di cespugli dove aveva passato tanti anni a pulire i vestiti e udì come un piccolo scoppio.

Cominciò a correre, ignorando il terreno fangoso e vide la sagoma rettangolare del pozzo. Forse, chiunque fosse stato lì, l'avrebbe potuta portare in un posto asciutto, in un posto dove, quanto meno, le percosse non sarebbero state all'ordine del giorno e non sarebbe stato necessario sognare la morte di tutti gli appartenenti di quella casa.

«C'è nessuno?» gridò la bambina, guardandosi attorno. «Sono qui!»

Strinse più forte la bambola, ma il pianoro era pieno soltanto del fragore del temporale. L'acqua era gelida e la ragazzina si rannicchiò alla base del pozzo. Cosa poteva fare? Aveva soltanto sei anni e sapeva già che sarebbe morta senza un riparo in asox…

Si guardò attorno. A parte i fulmini nulla illuminava i dintorni.

Il tremore continuava a scuotere il suo corpo, senza un riparo sarebbe morta e senza la sua famiglia che l'aveva in ogni caso nutrita fino ad allora non avrebbe avuto alcuna speranza. Era condannata…

Si alzò.

"Non mi vogliono? E allora io andrò a trovarmi una nuova casa." pensò, testarda. "Sì, ce la posso fare… so lavorare tanto, in qualche modo ce la farò… come nelle fiabe…"

Strinse meglio la bambola e si avviò.

Non seppe mai per quanto tempo camminò, ma si ritrovò alla base di una cengia di pietra. Lo spazio era a malapena sufficiente per riuscire a stare accucciate in un punto dove la ghiaia drenava un po' d'acqua. Si accucciò, prendendosi le ginocchia con le braccia, e cominciò a tremare.

Non c'era nessuna persona ad aspettarla, non c'era sicuramente mai stata ed era stata solo una maniera per farla sparire in pieno asox. Strinse le labbra, cercando di trattenere un singhiozzo. Non gliel'aveva sempre detto la mamma che soltanto i deboli piangevano? Che una donna era la colonna portante della casa e che tutti dipendevano da lei? E che chi piangeva non era nemmeno degno di sopravvivere?

Si passò un braccio sporco di terra sul viso. Il graffio della terra le bruciò la pelle e passò le mani sul viso nella speranza di pulirsi un po'. Dove avrebbe potuto trovare un rifugio in quel tempo?

«C'è spazio per entrambi?»

La voce la trasse dai suoi pensieri e Hlara sollevò lo sguardo verso l'individuo. I fulmini illuminavano brevemente il suo viso nascosto dal cappuccio di lana pesante, materiale di cui era fatto tutto il mantello che aveva indosso. Sembrava decisamente caldo e asciutto lì sotto. Il viso sembrava essere gentile, con i capelli mori bagnati e attaccati al volto ed il pizzetto che grondava acqua.

Hlara annuì lentamente e si fece più piccola, spostandosi lateralmente e raggiungendo il bordo dove qualche goccia le arrivava addosso.

«Grazie.» rispose l’uomo, appoggiandosi alla parete e tirando indietro la testa. «Sapresti dirmi in che direzione si trova la casa di Sigbrand Singasvensson?»

La bambina strinse le labbra, ma alzò semplicemente un braccio per indicare la direzione da cui era venuta.

«E quanto tempo ci vorrà?» l’uomo si avvolse meglio nel mantello, lasciando però un angolino aperto.

Scosse la testa, stringendo forte le gambe con le braccia.

«Capisco, i troll ti hanno mangiato la lingua.» un lieve tono di derisione si sentiva nella sua voce.

«Non è vero…» mugugnò lei, quasi nascosta da un tuono.

I capelli erano completamente fradici ed erano completamente attaccati alla testa e al collo. Un tremito scosse interamente la bambina, ma nessun lamento uscì dalla sua voce.

«Oh, allora parli…» sorrise lui. «non è un po’ freddo per una bambina?»

«Non sono una bambina.» ribatté lei, sollevando la testa e puntando il piccolo naso verso di lui.

«E chi sei?»

«E tu?» lo sguardo di lei si posò con stizza su quello di lui.

«Evreirth… spero che non ci voglia molto ad arrivare a quella casa.» sospirò. «Odio viaggiare con la pioggia.»

La bambina fece un mezzo sorriso.

«Dimmi, bambina, conosci una certa Hlara Sigbranddottir?»

Gli occhi della bambina si allargarono di sorpresa e la bocca si socchiuse mentre la bambina non sapeva come rispondere. Forse era vero, ci sarebbe stato davvero qualcuno ma il temporale l'aveva fatto ritardare.

«Cosa vuoi da lei?» chiese la bambina, sospettosa, tirandosi via il mantello e lasciandolo cadere accanto a sé.

L'uomo la osservò con attenzione. Notò la bambola malconcia stretta tra le mani e gli abiti rattoppati che le cadevano troppo grandi sulle spalle, per quanto fossero intrisi d'acqua. Il lieve sorriso sparì dal suo volto.

«È stata notata dai Dragensønnene e sono venuto a prenderla.»

 «I Drag…» le parole le morirono in bocca. «sono io, Trude mi ha mandato al pozzo.»

***

Salì gli ultimi gradini della torre, silenziosa. Soltanto il ticchettio dei tacchi degli stivali morbidi le stava facendo compagnia e sollevò lo sguardo verso la porta di legno dinnanzi a lei.

La porta cigolò appena quando la spostò e si infilò all'interno. La luce di Taas, pallida, era molto debole e quella dorata di Ähdö quasi la nascondeva del tutto. La maggior parte degli scuri era accostata, ma da uno solo, rivolto a sud, la luce delle lune entrava dorata. Una figura era appoggiata sulla parete, sul montante sinistro, e sembrava essere assorto nei suoi pensieri.

Franziskyra sorrise e chiuse la porta alle sue spalle. Appoggiò per bene le punte dei piedi, facendo attenzione a non battere i talloni, mentre si dirigeva verso l'uomo. Allungò le mani per portarle al viso di lui.

L'uomo si voltò velocemente. L'avvolse tra le braccia e le baciò la fronte, sollevandola leggermente.

«Sei il solito, Evreirth.» ridacchiò, appoggiandosi a lui e circondandolo a sua volta con le braccia.

Evreirth appoggiò il mento sulla testa di lei, con un lieve sorriso in volto. «Come ogni volta in cui tenti di eguagliare Draumr.» ridacchiò, dandole un bacio sui capelli. «Come guerriera brava… ma non sei affatto un'infiltrata.»

Franziskyra appoggiò l'orecchio sul suo petto, sentendo il lieve e lento battito del cuore dell'individuo accanto a lui, e chiuse gli occhi.

«Alla fine è arrivato il tuo messo?» chiese, in un lieve sussurro.

«Si sarà perso nel nido.» sbuffò, sollevandola come una bambina e portandola sul ripiano dov'era seduto, sistemandola sulle proprie gambe. «I cuccioli sanno dimenticarsi le cose in pochi istanti. Cosa ti hanno detto?»

La ragazza si accoccolò per meglio sulle gambe dell'uomo, sistemando con un gesto la treccia biondo cenere sulla spalla destra. Sollevò lo sguardo su di lui, osservando il familiare volto umano dai lunghi capelli neri ed il pizzetto ben curato, il volto che lui sceglieva ormai da quasi un secolo di conoscenza.

«Il principe duerg di Riippuva si è perso nella missione per provare il suo valore.» riassunse in poche parole. «Dobbiamo trovarlo e, se necessario, salvarlo.»

«Comodo…» sbuffò, portando lo sguardo sulla piccola falce di Taas e su Ähdö quasi piena. «sarà un piacere arrancare nelle sale dei duerg…»

Franziskyra ridacchiò, osservando la reazione di Evreirth. «Vorrà dire che ti lascerò a Reykjarholl e dovrò fare da sola…» disse, con un tono tra il pensieroso e l'ironico. «forse è per questo che non ti hanno mandato ad avvisare…»

Evreirth abbassò lo sguardo su lei. «Pensi che ti lascerò sola in quella terra di tappi?» chiese, lievemente risentito. «Non ti libererai di me tanto facilmente, cucciola, poi chi ti verrà a salvare?»

«Come mai potrei fare senza il mio drago in spendente armatura?» rise Franziskyra, una risata cristallina e divertita.

Evreirth la fulminò con lo sguardo, ma poi si concesse un lieve sorriso mentre la giovane appoggiava la testa sulla sua spalla.

 «Cosa sarei stata senza di te?» chiese, con un lieve sorriso in volto.

  
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