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Autore: Zobeyde    12/06/2022    4 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNA SFIDA A LUNGO ATTESA – Seconda parte

 




Il velodrago si librò nel limpido cielo blu marino seguendo il corso del fiume Silbri, che attraversava longitudinalmente la valle e tagliava Arcanta in due metà: la sua destinazione era un immenso stadio dalle pareti in marmo bianco e lucente, al cui interno sarebbe entrata comodamente una piccola città.
Dall’alto, Jim vide la fiumana di gente che si accalcava vicino alle quattro entrate monumentali per poi disperdersi nei vari settori in cui erano suddivisi gli spalti, bardati con stendardi di vari colori: verde e oro per la Corte dei Sussurri, viola e bronzo per quella dei Miraggi e nero e argento per la Corte delle Lame. Non gli parve di vedere nessuno coi colori della Corte dei Sofisti, quella a cui in teoria faceva ancora capo Solomon Blake.
Jim strinse spasmodicamente le mani in grembo mentre la viverna scendeva di quota. Iniziava ad avere la nausea.
Atterrò sul retro dello stadio, in uno spiazzo erboso delimitato da una cancellata; anche da lì, il vociare eccitato della folla si faceva sentire forte e chiaro nell’aria umida della sera.
Jim saltò giù dalla carrozza con l’impressione che le sue ginocchia si fossero trasformate in gelatina. Altri tre velodraghi sonnecchiavano sul prato accanto alle loro carrozze, segno che i suoi sfidanti erano già entrati nell’arena. Il ragazzo varcò la soglia di una lunga galleria rischiarata da piccole sfere di energia fluttuanti e la seguì finché in fondo non vide brillare una luce.
D’accordo, ci siamo. Trattenne il fiato come se dovesse buttarsi in mare e si incamminò verso l’uscita...
Tutt’attorno a lui c’erano file e file di spalti dove centinaia, anzi, migliaia di facce lo fissavano, illuminate dalla luce di un sole innaturalmente alto e luminoso per essere pomeriggio inoltrato.
Frastornato, Jim si guardò attorno: poco più avanti, Siegfried, Mei Lin e Nikos si stiracchiavano e salutavano la platea. Erano decisamente popolari, a giudicare dai piccoli cori che alcune file avevano iniziato a intonare in loro onore.
Qualcuno aveva addirittura preparato degli striscioni.
All’improvviso la voce allegra di Macon Ludmoore echeggiò in ogni direzione, amplificata dalla magia:
«Benvenuti alla Centocinquantesima Disputa di Arcanta! Stasera quattro tra i migliori apprendisti della Corte delle Lame, dei Miraggi, dei Sussurri e dei Sofisti si affronteranno in uno spettacolare duello di magia!»
La folla strepitò esaltata.
Finalmente Jim capì dove fosse Macon: alla sua destra c’era una tribuna d’onore coperta da uno sfarzoso baldacchino, sotto cui erano seduti i quattro Arcistregoni di Arcanta. L’Arcistregone del Sud era l’unico in piedi, vestito di porpora e oro e con le braccia sollevate. Accanto gli sedevano Boris Volkov, che sembrava impaziente di veder scorrere un po’ di sangue, e Una Duval, tronfia come una regina nel suo abito di damasco blu. Solomon Blake, invece, aveva tutta l’aria di essere stato preso in ostaggio; stringeva la radice del naso tra indice e pollice, come per placare un’emicrania e Jim poteva sentire la sua disapprovazione scottargli la pelle anche a quella distanza.
«Andiamo adesso a presentare i nostri campioni!» continuò Macon. «Dalla Corte delle Lame, un valoroso guerriero: Siegfried Völsungar!»
Siegfried alzò il pugno con fare battagliero e dagli spalti bardati di nero e argento della sua Corte si sollevò un fiero coro di ululati.
«Dalla Corte dei Miraggi, Nicodemo Eliopoulos! Ah, spiacente mio caro, ma non farò favoritismi stavolta!»
Nikos, che per quell’occasione era stato costretto a indossare l’uniforme della propria Corte, si limitò a sbadigliare e molti scoppiarono a ridere.
«Per la Corte dei Sussurri, la nostra graziosa ma letale Shu Mei Lin!»
Nella sua divisa verde e oro, Mei Lin mandò un bacio verso il pubblico, guadagnandosi un’ovazione dalla componente maschile.
«E per finire, un atteso ritorno!» ruggì Macon. «Facciamo un applauso di incoraggiamento per Winston Cavendish, dalla Corte dei Sofisti!»
A quelle parole seguirono un paio di battimani incerti e qualche imbarazzato colpo di tosse, mentre un brusio nervoso come di api serpeggiava tra gli spettatori. Era evidente che tutti si stessero facendo la domanda che in realtà si poneva pure Jim: che diamine ci faceva lui laggiù?
Resistette all’impulso di cercare solidarietà da Solomon e tirò l’ennesimo sospiro. Pubblico difficile. Be’, ne ho avuti di peggiori.
«Ma adesso andiamo a spiegare le regole… sì, signori miei, ahimè ci sono delle regole!» Altre risate dal pubblico: Macon aveva proprio la stoffa dello showman. «Innanzitutto, è categoricamente proibito uccidere l’avversario! Seconda regola, è vietato portare con sé Famigli, manufatti magici o armi fisiche: avrete a disposizione solo le vostre mani. Infine…Be’, sembra inutile doverlo specificare, ma è sempre bene essere chiari: chi fa uso delle Arti Proibite è categoricamente escluso e sarà sottoposto al giudizio del Decanato. Insomma, potrete sbizzarrirvi a patto di non infrangere la Legge! Ora, tutti voi siete dotati di un cerchio d’oro, come questo.» Mostrò un luccicante anello di metallo e in quell’istante, Jim si rese conto di averne uno identico appeso alla cintura dell’uniforme, così come gli altri tre ragazzi. «Il vostro obiettivo sarà offrirne il maggior numero alla statua di Aradia.»
Tutti volsero lo sguardo verso la scultura in oro e marmo che giganteggiava all’estremità opposta dello stadio e che raffigurava una donna seduta in trono, con una moltitudine di api scolpite a oscurarle il volto.
«Come saprete, Aradia è considerata la madre di tutte le streghe» proseguì Macon. «E la sua benedizione ricadrà su un solo campione!»
«Perciò, dovremo sottrarci i cerchi a vicenda» disse Nikos, aggrottando la fronte. «Non potremo fare a meno di combattere.»
Mei Lin e Siegfried si scambiarono un sorriso agguerrito. Jim voleva sparire.
«Esattamente! Ma non sarà facile, perché io e i vostri maestri abbiamo aggiunto qualche piccolo imprevisto, per rendere la sfida più stimolante!» concluse Macon tutto contento. «Che vinca il migliore!»
«Ehi, Esterno» disse Siegfried, ciondolando verso Jim. «Sei ancora in tempo per ritirarti: sono sicuro che il tuo maestro non se la prenderà se torni sotto le sue sottane, considerando che sei tutto ciò che gli resta.»
Jim lo guardò storto, ma poi esaminò il suo bizzarro abbigliamento: non indossava la solita uniforme nera e argento della Corte delle Lame, ma una specie di coperta in tartan avvolta attorno alla vita, che si chiudeva a portafoglio su un lato. Le gambe invece erano nude, infilate in alti stivali bordati di pelliccia.
«A proposito di sottane» commentò, sogghignando. «Che bel completino, li fanno anche da uomo?»
«È un O’skilt, razza di idiota!» sbottò Siegfried, mentre chiazze cremisi comparivano sulle sue guance. «È la divisa tradizionale dei guerrieri della Corte delle Lame, indossarlo durante la Disputa è un grande onore!»
«Lo è anche non portare le mutande?»
«Ai vostri posti!» esclamò a un tratto Macon. «Che la Disputa abbia inizio!»
Un istante dopo, Jim sentì il suolo mancare sotto i piedi.
Si ritrovò a galleggiare in una vasta oscurità azzurra e i suoi polmoni si riempirono non più d’aria, ma di acqua gelida...
Strabuzzò gli occhi, esterrefatto e si dimenò alla disperata ricerca d’aria. Le sue braccia infransero la superficie e poi subito dopo la testa. Cercò di respirare, ma soffocò e tossì. Ci riprovò e riuscì finalmente a inghiottire una prima boccata d’aria, poi un’altra.
Da qualche parte sopra di lui il pubblico stava facendo un gran baccano, ma Jim non ascoltava, troppo impegnato a cercare di rimanere a galla e a domandarsi con rabbia che accidenti avessero in testa quei quattro per concepire un inizio gara del genere…ma per fortuna aveva la magia.
Riuscì a restare in superficie il tempo necessario per evocare un incantesimo e, poco dopo, i suoi piedi tornarono a toccare qualcosa di solido: fu sbalzato fuori dall’acqua e si trovò in equilibrio sulla sommità di un grosso pilastro di roccia. Scostò i capelli fradici dalla fronte e sollevò la testa.
Poco più in alto, Nikos e Mei Lin si stavano affrontando sospesi in volo a colpi serrati di trasformazioni e incantesimi, una più spettacolare dell’altra: a un certo punto, la ragazza evocò un gigantesco vortice d’acqua, alto quanto le mura dello stadio e lo mandò a schiantarsi contro Nikos. Un istante prima che lo inghiottisse, lui sollevò una mano e la colonna d’acqua esplose in un turbine di vapore. Successivamente, disegnò un arco con la mano e una cascata di luce infranse la nube proiettando un magnifico arcobaleno. La folla reagì con un’esplosione di applausi entusiasti e sospiri di ammirazione. Più che un vero combattimento, sembrava una scenografica presentazione delle loro capacità.
Jim decise di approfittarne per avvicinarsi il più possibile e impadronirsi dei loro cerchi d’oro: evocò una serie di colonne di pietra su varie altezze, in modo che formassero una scala e si preparò a saltare, ma qualcosa lo bloccò a mezz’aria. Siegfried.
«Dove credi di andare?» disse, camminando verso di lui a pelo d’acqua.
Agitò la mano come se stesse cacciando una mosca e Jim fu scaraventato verso il basso.
Fece un volo che gli mandò il cuore in gola e un istante dopo si ritrovò a rotolare sulla dura pavimentazione dello stadio: l’acqua era sparita.
Jim provò a muoversi, ma un dolore acuto al fianco sinistro gli tolse il respiro. Se lo tastò con prudenza ed emise un guaito: doveva essersi rotto una costola.
Siegfried atterrò di fronte a lui e tra le sue mani apparve una luminosa alabarda a doppio taglio come quella che gli aveva visto brandire quella mattina, ma fatta di pura, vibrante energia vermiglia.
Jim fissò la lama e deglutì. «Non si era detto “niente armi”?»
«“Niente armi fisiche”, non armi evocate.»
Jim si affrettò a tornare in piedi, mentre Siegfried faceva ruotare l’alabarda sopra la testa; arretrò e sollevò le mani per evocare, ma avvertì un’altra scarica di dolore infilarsi sotto al costato come un pugnale. Ancora una volta gli venne meno il respiro, ma riuscì ugualmente a scagliare un incantesimo, un attacco debole e impreciso che sollevò solo un sacco di polvere. Siegfried ne emerse indenne e divertito.
«Tutto qui?» Sorrise con ferocia. «Bene, ora è il mio turno.»
Compì uno scatto verso di lui, rapidissimo. Vibrò un fendente dall’alto, tagliando l’aria con un sibilo e Jim lo schivò con una maldestra giravolta.
«Guarda che non è una gara di ballo.»
Jim agitò le mani, pensando in fretta, ma la costola rotta gli trafiggeva il fianco a ogni movimento. Siegfried gli fu di nuovo addosso e Jim, disperato, cercò di evocare anche lui un’arma, una qualsiasi… ma tutto quello che le sue mani riuscirono a generare fu un nastro di energia azzurra. Dagli spalti sentì levarsi qualche risata.
Siegfried continuò a sferrare attacchi senza sosta, ancora e ancora, senza dargli il tempo di passare al contrattacco o di riprendere fiato. Tutto ciò che riusciva a fare era indietreggiare e cercare di proteggersi con quel ridicolo, grezzo fascio di energia.
Ogni secondo che passava, il panico gli schiacciava il petto. Solomon aveva ragione, era stato presuntuoso: non era abbastanza bravo per vincere quella sfida, non era abbastanza forte per tenere testa a Siegfried...
Dopo l’ennesimo colpo subito, era così esausto e dolorante che mise un piede in fallo e cadde all’indietro.
Rotolò sulla schiena per schivare un altro attacco, ma stavolta non fu abbastanza veloce: un lampo scarlatto disegnò uno strappo nella redingote blu e argento, seguito da un dolore così lancinante che Jim non riuscì nemmeno a gridare.
Percepì qualcosa di caldo colargli lungo la schiena, mentre si accasciava a terra sul punto di svenire e il pubblico fischiava deluso.
«Sigg!» abbaiò Nikos, dall’alto. «Hai sentito Macon: non esagerare!»
Siegfried lo ignorò, il volto deformato da un sorriso crudele. Doveva essere il berserksgangr.
«Hai finito di strisciare come un verme, Cavendish?» gli ringhiò contro, facendo roteare la lama. «Non ci credo che Blake non ti ha insegnato a fare di meglio: vuoi farmi vedere un po’ di magia seria o no?»
Jim si rannicchiò a terra, il fianco che pulsava e la schiena sanguinante e lo fissò con odio. Qualcosa di diverso dalla semplice rabbia si svegliò dentro di lui, una bramosia di violenza così intensa da spaventarlo, e la sua vista si riempì di oscurità per un lungo istante…
«No...non adesso.»
Scosse il capo con forza, prima che il Vuoto prendesse il sopravvento su di lui come era accaduto settimane fa al circo. Era quello che Volkov voleva sin dall’inizio, costringerlo a uscire allo scoperto: portarlo allo stremo fisico e mentale, finché non avesse rivelato la sua natura di Plasmavuoto davanti a tutta Arcanta…
“La magia scorre forte solo in chi è forte”, gli aveva detto una volta Blake. “Non potrai sperare di padroneggiare il tuo potere se prima non riuscirai a controllare perfettamente ogni parte di te.”
Era lui a dominare il suo potere, non il contrario. Non avrebbe ceduto alla paura, non stavolta. Così, afferrò quella cosa dentro di lui che ancora scalpitava furibonda e la spinse giù. Tornò invece a guardare Siegfried e poi l’anello d’oro che pendeva dalla sua cintura.
“La magia non potrà venirti sempre in aiuto. Cosa farai la prossima volta che ti bloccheranno le mani? E se ti trovassi di fronte un mago troppo potente?”
Siegfried si preparò ad attaccare ancora e Jim attese il momento adatto. Dopodiché, senza preavviso, si gettò contro di lui; Siegfried era indubbiamente più forte e più agguerrito, ma amava dare sfoggio della sua abilità. Mulinava l’arma di energia sopra la testa come se stesse eseguendo una vera e propria coreografia, perciò in modo fin troppo prevedibile. E poi Blake gli aveva insegnato a sfruttare la forza dell’avversario, anche se era grosso il doppio di lui.
Così, lo placcò alla vita nell’istante in cui sollevava le braccia, poi agganciò la sua caviglia con la gamba, facendogli perdere l’equilibrio. Caddero entrambi a terra aggrovigliati e la folla trattenne il fiato dalla sorpresa. Dagli spalti della Corte delle Lame, si sollevarono proteste e molti accusarono Jim di comportamento sleale. Da quale pulpito!
Quanto a Siegfried, ricambiò il favore liberandosi di lui con una ginocchiata ben assestata sul fianco ferito.
«Sei veramente patetico! Nient’altro che un selvaggio cresciuto tra...» Si bloccò e prese a tastarsi la tunica.
«Perso qualcosa?»
Jim sorrise e mostrò il suo anello d’oro, a cui adesso pendeva attaccato anche quello di Siegfried: Maurice l’aveva sempre detto che sarebbe potuto diventare un borseggiatore provetto.
«Ti schiaccerò come un insetto, fenomeno da baraccone!»
«Uh, davvero? E vieni a prendermi!»
Siegfried si avventò su di lui con tutta la sua rabbia, ma piombò di nuovo a terra come un sacco di patate, le caviglie strette e i lacci degli stivali annodati tra loro. Quando tornò a guardare in alto, Jim era già fuori dalla sua portata.
La folla rise e applaudì e Jim rivolse agli spalti un inchino. In fondo, era anche quella una forma di spettacolo, o no?
Fu allora che successe una cosa molto strana.
I contorni dell’arena, gli spalti e la folla divennero offuscati, come se li guardasse attraverso un velo di nebbia rosa. Jim sentiva la testa leggera, priva di qualsiasi ansia o paura, sostituite dalla certezza che niente di brutto gli potesse accadere. Persino il dolore delle ferite e dei lividi era passato.
La folla continuava a gridare e ad applaudire, agitando nastri colorati. Stavano gridando il suo nome, il suo vero nome. Di Jim Doherty, il più grande mago al mondo.
Frastornato, si ritrovò su un podio a stringere la mano di Macon Ludmoore che lo annunciava come vincitore della Disputa.
Era fatta, era finita. Aveva vinto allora? Ma quando era successo? Proprio non se lo ricordava…
Un istante dopo, l’arena non c’era più e Jim era nella sua stanza alla Corte dei Miraggi. Ma c’era davvero molto fumo e non era più sicuro che quello che aveva davanti agli occhi fosse reale. Provò a chiedere spiegazioni ad Alycia, che era seduta sul suo letto. Lei però gli restituì uno sguardo pigro e cominciò a sbottonarsi la camicetta...
Di nuovo, una parte di lui si sforzò di capire se quello che stava vivendo fosse reale o no, ma il resto di Jim Doherty non gli rispondeva più. Era decisamente impegnato a baciare Alycia, nuda e bellissima tra le sue braccia…
«Io conosco i tuoi desideri» sussurrò Mei Lin, emersa al suo fianco dalla nebbia. «E i tuoi desideri non sono diversi da quelli di ogni mago: potere, gloria, lussuria.»
Poi gli girò delicatamente il volto e anche lei iniziò a baciarlo, a toccarlo e Jim si perse totalmente…
Qualcosa di duro lo colpì alla testa, qualcosa di decisamente reale. Un mocassino da donna.
«Winston!» Una voce giunse dall’alto come una doccia d’acqua fredda e l’incanto si ruppe.
Era Alycia, quella vera, affacciata alla balconata di una tribuna nera decorata con soli e stelle d’oro. Assieme a lei c’erano altri giovani alchimisti con indosso austere tuniche nere e tutti la fissavano con stupore. La ragazza li ignorò e si sfilò anche l’altra scarpa, pronta a lanciarla. «Datti una mossa, vattene da lì!»
Jim piombò all’istante nell’arena, così brutalmente che ebbe le vertigini.
Dagli spalti, la folla stava facendo un gran baccano, ma presto gli fu chiaro il motivo: nello stadio era apparsa una creatura mostruosa, una specie di enorme tartaruga rossastra dalla corazza di pietra provvista di spuntoni.
«Oh, una Testuggine Incendiaria!» commentò con ammirazione Macon dal suo baldacchino. «Scommetto che è una tua idea, Una: sbaglio o sei stata tu a portare quell’esemplare dal deserto del Gobi?»
Jim sbattè le palpebre più volte, finché tutto non tornò a fuoco. Anche Siegfried e Nikos avevano l’aria scombussolata di chi è stato strappato a un sogno a occhi aperti, ma alla vista della creatura indietreggiarono con le mani sollevate.
Mei Lin era seduta sull’enorme guscio corazzato della Testuggine, che sembrava completamente ignara della sua presenza: i suoi occhi erano annebbiati, come se fosse sotto l’effetto di qualche droga. O di un incantesimo.
Ripensò alle parole di Alycia: “Mei Lin è una serpe, te l’ho detto. Riesce a rendere chiunque il suo burattino.”
La bestia aprì lentamente le fauci e in fondo alla sua gola buia si accese una scintilla rossa. Senza pensarci due volte, Jim si gettò a terra.
Un fragore coprì le urla del pubblico e una fiammata lunga almeno cinque metri lo sfiorò di pochissimo, assieme al forte calore e all’odore di capelli bruciati.
«Avanti, datevi una mossa» commentò Mei Lin, che sembrava divertirsi un mondo. «Mi servono i vostri anelli!»
La Testuggine bloccava la via d’accesso alla statua di Aradia e le sue fiammate rendevano impossibile avvicinarsi; Siegfried continuava a scagliarle addosso scariche di energia con la sua alabarda, ma la corazza era talmente resistente che il mostro non sembrava avvertire neanche il solletico.
Poi fu il turno di Nikos: evocò attorno a sé una scintillante armatura di ghiaccio e corse sul lato sinistro della creatura.
Mei Lin se ne accorse e al suo comando la Testuggine scattò con una velocità sorprendente per la sua mole; quando Nikos provò a colpirla con un incantesimo, bastò una sola zampata per mandarlo al tappeto.
Jim assistette alla scena senza sapere cosa fare, mentre Mei Lin se la rideva ancora giocherellando con il suo anello d’oro. Lui ne possedeva già due, se lo avesse preso avrebbe messo fine alla gara. Tutto quello che doveva fare era mantenerla distratta…
Un urlo lo costrinse a voltarsi: era Nikos, ancora schiacciato tra gli artigli della creatura.
«Tiratemi fuori di qui!» strepitava, dibattendosi con furia. «Cazzo, qualcuno mi aiuti!»
Né Mei Lin né Siegfried sembravano intenzionati a muovere un dito.
Scioccato, Jim interrogò gli spalti con gli occhi, ma la folla continuava ad applaudire divertita e nessuno appariva preoccupato dalla cosa. Nemmeno i maestri dalla tribuna diedero segno di voler intervenire. Possibile che facesse tutto parte dello spettacolo? Le grida di Nikos a lui sembravano maledettamente vere! Imprecò tra i denti e tornò sui suoi passi.
«Tieni duro!»
Incrociò le mani davanti a sé, unendo indici e medi e facendo toccare i pollici con i mignoli opposti. La terra battuta dell’arena fu attraversata da uno scossone e il suolo sotto la creatura si sollevò come un’onda solida. Mei Lin spiccò subito il volo, mentre la creatura si ribaltava sulla schiena. Non appena sollevò la zampa, Nikos poté strisciare fuori dalla sua portata.
Jim guardò Siegfried. «Non ha corazza sotto la pancia, colpiscila lì! Io vado a prendere Nikos.»
Dopo un attimo di esitazione, il biondo seguì il consiglio, e dalla sua alabarda partì una saetta di energia rossa contro la creatura, che ancora si agitava nel tentativo di capovolgersi.
Con tutta la velocità concessa dalle ferite, Jim raggiunse Nikos, che si trascinava a terra e non sembrava in grado di camminare. Lo aiutò a rimettersi in piedi e lo fece allontanare subito dalla Testuggine; quella ruggì di rabbia e dolore e si dissolse in un’esplosione di cenere sotto i colpi di Siegfried. Ormai fuori pericolo, Jim rallentò. «Ti sei rotto qualcosa?»
Lo lasciò andare e il ragazzo provò a muovere qualche passo da solo.
«No, non credo…grazie di essere tornato indietro. Sei stato gentile.»
Gli porse la mano e Jim gliela strinse. «Figurati. Questa gara è sempre più folle!»
«Vero» confermò Nikos con un sorriso, ma i suoi occhi violetti luccicarono in modo sinistro. «Peccato però che non sia ancora conclusa.»
La sua stretta si fece più salta, mentre altre due paia di braccia si staccavano dal suo corpo facendolo somigliare a una sorta di divinità indù. Jim trasalì dallo stupore, ma fu tutto ciò che riuscì a fare: dalla mano che stringeva la sua si irradiò uno strano formicolio che risalì fino alla spalla e da lì si propagò in ogni suo muscolo, congelandolo in pochi istanti.
«Va tutto bene, non agitarti» disse Nikos, mentre uno dei suoi arti gli sfilava con nonchalance gli anelli. «È solo un’illusione.»
Jim provò a dire qualcosa, ma le sue labbra non gli obbedivano più. Nessuna parte del corpo gli obbediva. Era completamente paralizzato.
Nikos gli fece l’occhiolino e sparì, per poi ricomparire, di nuovo solo con due braccia, accanto al traguardo. Pose fra le mani di Aradia il suo anello, quello di Jim e quello di Siegfried e la scultura si piegò in un inchino. Un boato di grida esplose dalle tribune, superando quasi la voce di Macon Ludmoore: «La Disputa si è conclusa! Nicodemo Eliopoulos porta la vittoria alla Corte dei Miraggi!»
Il giovane mago si esibì in un piccolo e composto inchino e tornò da Jim, ridotto ancora a una ridicola statua con il braccio proteso.
«Le Illusioni Totali sono la mia specialità. Alla Corte dei Miraggi c’è chi si limita ancora a ingannare la vista per fare spettacolo, io inganno tutto il corpo: se si convincono i muscoli di non potersi muovere, allora ubbidiscono senza farsi troppe domande.»
Agitò le dita e Jim sentì nuovamente il corpo pervaso da quello strano formicolio, poi una sensazione di calore che lo sciolse dall’interno. Poco alla volta, si accorse di riuscire di nuovo a muovere i muscoli della faccia.
«Shei shtato shleale!» biascicò, faticando ad articolare le parole senza sputacchiare. «Creedefo foshi in difficoltà!»
«E io che fossi un po’ più furbo» replicò Nikos, continuando a sorridere e salutare la folla. «Nessuno muore durante una Disputa. E poi, da queste parti non viene dato molto valore alla gentilezza.»
Gli porse di nuovo la mano. «Ma ti sei battuto bene, quindi mi complimento con te. Per davvero, stavolta.»
Ormai del tutto libero di muoversi, Jim continuò a fissarlo con cocciuta riluttanza, ma alla fine accettò quel segno di pace. Solomon Blake e Alycia fecero irruzione nell’arena e corsero da lui.
«Sei ferito?» esclamò immediatamente lei, esaminando il taglio dietro la sua schiena. «Devi farti vedere subito da un Guaritore, sento che hai anche una costola rotta...»
«Sì, la sento pure io» borbottò lui, che però stava guardando Solomon: «Mi dispiace per quello che ho detto prima. Mi sa che aveva ragione lei.»
Lo stregone spazzò via un pelucco invisibile dalla giacca, con fare altezzoso.
«Non amo infierire, perciò non dirò “te l’avevo detto”. Ma come hai visto hai ancora molta strada da fare. Mi auguro che la prossima volta dimostrerai più giudizio, prima di prendere una decisione avventata.»
«Però ho buttato giù Siegfried» replicò Jim, azzardando un sorrisetto. «Come mi ha insegnato lei: lo vede che qualche volta le do retta?»
A quel punto, nemmeno lui poté fare a meno di sciogliersi in un sorriso.
«Ammetto che la faccia di Boris mentre mandavi al tappeto il suo pupillo è stata impagabile. Forza ora, cerchiamo di rimetterti in sesto prima che gli venga voglia di vendicarsi.»
 
 
Le ultime luci della sera incendiavano i tetti d’oro spioventi della Corte dei Sussurri, quando Boris Volkov chiese udienza all’Arcistrega dell’Est.
La giovane allieva vestita di seta verde che lo aveva ricevuto all’ingresso lo condusse attraverso sale debolmente illuminate, dalle pareti in carta di riso; altre adepte sedevano quiete su dei tatami leggendo o sorseggiando tè, ma i loro sguardi seguirono attenti ogni suo passo. Venne lasciato in un cortile chiuso da alte mura, in cui era stato ricreato un rigoglioso giardino orientale: tra rocce, magnolie e ginepri, La Regina di Cuori, come la definivano in molti ormai ad Arcanta, stava esaminando un cespuglio di rose bianche vicino a un laghetto con alcuni pesci.
«Boris, mio caro» lo accolse posando su di lui gli occhi felini. «Ti stavo aspettando.»
L’Arcistregone del Nord le zoppicò incontro con espressione lugubre. «Sai già perché sono qui, suppongo.»
Con un gesto aggraziato, la strega recise alcune rose e cambiò loro colore, da bianche a rosso vermiglio, per poi riporle nella cesta che portava sottobraccio. «Non è difficile intuirlo, dal modo in cui si è conclusa la Disputa.»
Boris digrignò i denti. «Quel pagliaccio si è preso gioco dei nostri allievi migliori! Ha trasformato una tradizione antichissima in una farsa!»
«Li hai sentiti gli applausi» replicò Una placidamente. «Pare proprio che tutta Arcanta abbia tifato per lui: li ha letteralmente conquistati.»
«Ha solo utilizzato un paio di miserabili trucchetti!» ringhiò Boris. «Proprio come ha sempre fatto Blake!»
«È ancora piuttosto grezzo, ma si è battuto con tre dei nostri apprendisti più capaci e lo ha fatto anche discretamente. Di certo Solomon Blake non ha scelto a caso, non lo fa mai.»
«Hai fatto quello che ti ho chiesto?»
«L’ho fatto, ma non è andata come mi aspettavo.»
«Che intendi dire?»
«Mi ha respinta.» Una si volse a guardarlo, senza più alcuna traccia di ironia nello sguardo. «Ha respinto la mia incursione mentale. È stato solo un attimo, di sicuro se avessi insistito sarei riuscita a penetrare, ma l’arrivo di Macon me lo ha impedito. Il solo fatto che abbia opposto resistenza, però, la dice lunga.»
Lui corrugò la fronte. «Non era mai accaduto prima, o sbaglio?»
«Solo una volta. E sai di chi sto parlando.»
«Quindi adesso mi credi? Inizi a pensare anche tu che la storia della Profezia sia vera?»
«Potrebbe semplicemente essere ben addestrato. Dopotutto, anche Solomon è riuscito a diventare una fortezza.»
«Ma per favore! Sta chiaramente proteggendo l’arma dell’Eretica e intende sfruttarla per liberarsi del Decanato una volta per tutte! Ha atteso per più di un secolo il momento giusto per impossessarsi di Arcanta e ora gli si è finalmente presentata l’occasione!»
«Mentre tu, amico mio?» Gli occhi dorati di Una scintillarono. «Non attendi forse da diciott’anni di avere la tua vendetta?»
«E l’avrò, stanne certa! In un modo o nell’altro lo costringerò a uscire allo scoperto!»
«Che era quello che speravi di ottenere con la Disputa.»
«Siegfried avrebbe dovuto andarci più pesante!» si lamentò Boris. «Ma Macon non avrebbe permesso che il moccioso si facesse male. È sempre stato troppo indulgente con i ragazzini.»
«Ammettilo, non è stato un gran piano» ribatté Una per poi aggiungere, in tono mellifluo: «E cosa mi dici della tua graziosa protetta?»
Boris distolse lo sguardo, rivolgendolo sulle carpe koi che sguazzavano nel laghetto. «È compromessa. Blake è riuscito a portarla dalla sua parte e adesso che c’è pure di mezzo quel ragazzo…»
Una parve molto interessata alla notizia. «Un giovane amore, quindi?»
«Pensavo che negli anni fossi riuscito ad aprirle gli occhi su suo padre» disse Boris amareggiato. «Su che razza di uomo è in realtà. Belle è stata un’ingenua a fidarsi di lui…non potrei mai sopportare che anche Alycia subisca la stessa sorte. Se le succedesse qualcosa…»
«La verità è che ti sei lasciato coinvolgere troppo in questa storia» dichiarò Una. «Il rancore per quello che Blake ha fatto a Isabel ti ha ossessionato per anni. Ti ha impedito di vedere con chiarezza e ti ha fatto commettere un grosso sbaglio.»
«E cosa avrei sbagliato?»
La Regina di Cuori sorrise con dolcezza. «Hai creduto che un uomo potesse fare quello che è chiaramente un lavoro da donne.»
Tagliò di netto lo stelo di una rosa e la osservò, mentre i petali si ingiallivano ed appassiva lentamente tra le sue dita. «D’ora in avanti mi occuperò del nostro Wiston Cavendish a modo mio.»

 
  
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