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Autore: GReina    19/06/2022    1 recensioni
"Perfetta" è l'unico modo che Atsumu ha per definire la casa che lui e Kiyoomi hanno appena acquistato. Stanno giusto finendo il trasloco quando...
[dal testo]:
Le sbarre si chiusero davanti agli occhi di Atsumu. Pali massicci di freddo acciaio; solidi per tenere la feccia lontana dalla brava gente. L’alzatore sospirò, poi si voltò verso l’angusta cella.
«Sei felice adesso?» chiese alla ragione per la quale erano lì. Kiyoomi non rispose. Gli agenti di polizia gli avevano permesso di tenere la mascherina, me era stato privato di tutto il resto. [...]
Visto il mutismo del suo ragazzo ad Atsumu non rimase altro da fare che sospirare ancora. Chiuse gli occhi, si premette due dita sul setto nasale e tentò di calmarsi.
«Hey!» urlò poi a chiunque potesse sentirlo al di là delle sbarre. «Ho diritto a una telefonata, giusto?»
Genere: Commedia, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Motoya Komori, Osamu Miya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aspettative da ridimensionare

Dunque, la situazione era questa: avevano venduto entrambi i loro precedenti appartamenti ed usato tutto il ricavato per comprare quello dal quale erano appena stati cacciati. Quando il loro agente immobiliare aveva risposto alla chiamata di Atsumu l’aveva fatto con tono preoccupato. Avevano firmato i documenti solo tre giorni prima, d’altronde, quindi l’uomo era stato certo che i due pallavolisti avessero trovato qualcosa che non andasse. L’alzatore poté sentire lo sforzo dell’altro per trattenere un sospiro sin dall’altro capo del telefono quando gli spiegò la vera ragione della sua chiamata.
La casa – la loro meravigliosa casa con annessa palestra e ben tre bagni – venne rimessa sul mercato, ma loro ci avevano messo ben cinque mesi per trovarla… senza più i loro vecchi appartamenti né la possibilità di dormire in quello nuovo, dove sarebbero andati?
Atsumu stava sudando freddo mentre Kiyoomi guidava verso Hyogo. Con tutti i soldi che avevano speso non potevano permettersi di stare in hotel chissà per quante settimane, così Sakusa l’aveva convinto a provare ad andare alla porta di Osamu. Il fatto era che il biondo non aveva bisogno di farsi due ore di macchina per conoscere la risposta di suo fratello. Dopo lo sfratto lui e Kiyoomi avevano dovuto dare un indirizzo ai traslocatori per liberare l’appartamento in vendita e dopo aver fatto una breve lista delle loro conoscenze erano entrambi arrivati alla conclusione che casa di Osamu fosse l’unica indicata. Suo fratello – appena rientrato lui stesso da Osaka dopo averli fatti uscire su cauzione – si era quindi ritrovato a doversi caricare di tutti i loro scatoloni e non solo. Atsumu sapeva quale sarebbe stata la sua reazione se solo avessero provato a chiedergli un letto a tempo indeterminato, e infatti una volta giunti a destinazione al Miya di Hyogo bastò un secondo per squadrare bene entrambi i mendicanti e decidere di sbattergli la porta in faccia con poco garbo e senza degnarli di una parola. Atsumu sospirò.
«Ci sono sempre i tuoi genitori.» disse a quel punto Sakusa. Il biondo lo guardò come se fosse stralunato.
«Sei impazzito?? Non ci torno a casa dei miei. Andiamo dai tuoi, piuttosto.»
«Impazzito ci sei tu!»
«I tuoi fratelli?» ritentò il biondo.
«Con tutti i loro figli urlanti? Non se ne parla.»
«Allora tuo cugino.»
«Neanche morto!!»
Atsumu non si era ancora giocato quella carta, ma visto l'atteggiamento di Kiyoomi non ebbe altra scelta, quindi iniziò: «Se siamo in questa situazione è solo per—»
«OKAY!» non lo lasciò finire il corvino. «Ho capito. Andiamo da Motoya.» accettò con stizza mentre faceva dietrofront allontanandosi dalla porta di Osamu.
Il fatto che mancassero due settimane all’inizio della stagione fu un bene. Nagano era distante non meno di sei ore da Osaka e certo con la sede degli MSBY Black Jackals in quella città non avrebbero potuto fare avanti e indietro. I voli low-cost avrebbero potuto essere un’opzione, ma con l’avversione di Kiyoomi per i mezzi pubblici e la quantità smisurata di biglietti che avrebbero dovuto comprare tanto valeva pagare una camera d’hotel.
Quello dei soldi era un problema che si sarebbero dovuti porre tra due settimane, comunque. Alla data attuale gli serviva un posto dove stare, dunque si rimisero in macchina ed intrapresero il viaggio della speranza pregando che Komori avrebbe reagito in maniera diversa da quella di Osamu.
Reagì in maniera diversa eccome.
Innanzitutto rise, e lo fece di gusto. Atsumu aveva perso la casa dei suoi sogni e, per quanto ogni luogo per lui potesse andare bene se condiviso con Kiyoomi, la ferita era ancora troppo fresca perché il biondo non iniziasse a rinfacciarlo all’altro ogni volta che poteva, dunque raccontò al libero di Nagano ogni dettaglio della loro sventura ed in cambio questi si disse felicissimo di accoglierli in casa.
Sistemarono i pochi averi che si erano portati dietro nella camera degli ospiti, poi Kiyoomi iniziò a guardarsi intorno con una smorfia in viso. Atsumu gli diede una gomitata non pendendosi minimamente di averci messo più forza del necessario.
«Vedi di non farci cacciare anche da qui.» Sakusa eliminò subito il broncio.
Cenarono tutti e tre insieme, lasciando che Motoya ridesse di loro e lottando per non rispondere a tono. Sarebbero state due settimane d’inferno e lo sapevano entrambi.
Finita la cena tornarono in camera propria e lì Kiyoomi si rimboccò le maniche per iniziare a pulire. Sin dal loro primo incontro, avvenuto ormai più di dieci anni prima, il biondo si era detto e dimostrato comprensivo e disponibile per quella sua mania. Non aveva mai invaso lo spazio personale di Sakusa senza il suo permesso né toccato nulla che appartenesse a lui se prima non si era sanificato le mani. Ancor prima che si mettessero insieme aveva iniziato ad aiutarlo a pulire tutto ciò che Kiyoomi si sentiva di dover pulire per stare bene, come la camera d’hotel offerta loro per la trasferta (nonostante fosse da cinque stelle e smagliante) o come lo spogliatoio della palestra dei Jackals. A seguito della giornata appena trascorsa, tuttavia, il biondo dovette chiudere gli occhi, sospirare a fondo un paio di volte e ripetersi come un mantra che amava Kiyoomi, lo rispettava e per questo doveva rispettare anche la sua malattia, affinché rimanesse calmo e lo aiutasse a sanificare le lenzuola fresche di bucato e a spazzare via polvere inesistente dal pavimento o dalle superfici dei mobili.
Solo all’una di notte Sakusa riuscì a dirsi soddisfatto, si lavarono, spensero la luce e crollarono entrambi sul letto. Atsumu aveva appena chiuso gli occhi quando il capo di Kiyoomi premette contro il lato del suo collo. L’alzatore non era uno stupido. Sapeva di non essere riuscito a nascondere completamente il proprio disappunto, e d’altra parte non era stupido nemmeno Kiyoomi che dunque sapeva perfettamente quando il biondo fosse stato comprensivo verso tutti i problemi che aveva causato. Lo schiacciatore non c’era abituato. Di solito era Miya che combinava disastri, senza contare che quando succedeva Kiyoomi era assai meno comprensivo di quanto Atsumu non lo fosse stato (e per cose molto meno gravi!). Atsumu era una persona meravigliosa che si meritava una casa meravigliosa ed un fidanzato meraviglioso. Al momento – pensò lo schiacciatore – non aveva nessuno dei due. Così non gli rimase che una cosa da fare: il ruffiano. Abbracciò il suo torace e strusciò il proprio viso sul collo dell’altro, quasi fosse un gatto pronto a fare le fusa.
Non funzionò.
«Non provarci.» disse il biondo senza nemmeno degnarsi di aprire gli occhi. «Fila a dormire.» ordinò, e chi era Kiyoomi per disobbedire proprio in quel momento?
 
Il risveglio fu traumatico per Sakusa, ma ripensando alle parole che Atsumu gli aveva rivolto solo il giorno prima cercò di contenersi.
“Vedi di non farci cacciare anche da qui.”
Non sarebbe stato difficile. Kiyoomi aveva come la sensazione che Motoya avrebbe potuto sopportare di tutto pur di continuare ad averlo a portata di mano per torturarlo, ma il corvino non se la sentì di rischiare.
Quindi finse di gradire la sveglia di suo cugino, che aveva messo la musica a palla proprio con lo scopo di svegliarlo. Lasciò Atsumu con la testa seppellita tra i cuscini in cerca di un po’ di silenzio, andò a lavarsi i denti e poi raggiunse Komori in cucina con un sorriso forzato.
«Abbasseresti il volume, caro cugino? Il mio uomo sta cercando di dormire.» il corvino vide l’altro rabbrividire. Fece come gli aveva chiesto, poi sussurrò:
«Stai bene, Kiyo? Cos’è quell’espressione?» lo schiacciatore ebbe un tic all’occhio.
«Un sorriso, caro cugino.» la musica ad alto volume venne sostituita dalla risata a crepapelle di Motoya.
«È così bello avervi qui!!»
 
Atsumu spuntò in salotto solo a mezzogiorno. Kiyoomi non sapeva se perché stanco o se perché deciso ad evitare lui e suo cugino il più a lungo possibile. Lo schiacciatore non si sentì di biasimarlo in ogni caso e non appena lo vide lo accolse con un sorriso sincero.
«Buongiorno.» gli disse infondendo quanto più affetto possibile nel proprio tono. Atsumu ebbe appena il tempo di abbozzare l’ombra di un sorriso quando Motoya intervenne:
«Ecco il bello addormentato! Si batte la fiacca, eh??» le labbra di Miya si strinsero, la sua mascella si contrasse, ma volendo anche lui evitare di essere messo alla porta fece buon viso a cattivo gioco. Il sorriso che dedicò a Komori fu talmente falso da fare paura, ma al libero non sembrò importare, piuttosto diede l’impressione di apprezzarlo più che mai.
«Di nuovo grazie per l’ospitalità, Komori.» disse Atsumu a denti stretti. Il castano ampliò il proprio sorriso.
«Restate tutto il tempo che volete. Vi adoro, ragazzi.» Miya si chiuse in bagno e lui e Motoya non lo rividero per un’altra mezz’ora. Di nuovo, Kiyoomi era certo fosse per evitare di stare con loro.
 
Incredibilmente sopravvissero sei interi giorni. Komori aveva preso l’abitudine di svegliarli entrambi alle cinque del mattino molto fantasiosamente cambiando metodo ogni giorno, ma il loro orologio biologico aveva imparato a prevederlo e verso quell’ora i cuscini di entrambi finivano in qualche modo premuti contro le loro orecchie. Questo non gli impediva di svegliarsi, ma almeno non lo facevano di soprassalto.
La settimana appena trascorsa era stata terribile, Motoya sembrava vivere solo per perseguitare Kiyoomi, tanto che questi dubitava che le cose potessero peggiorare. Doveva solo resistere un’altra settimana, eppure quel pensiero non lo aiutava a calmarsi. Al termine di quella settimana dove sarebbero andati?
Non aveva importanza. Ovunque sarebbe stato meglio che lì! Suo cugino se ne inventava una al giorno, ma con la sua ultima trovata si era superato.
«C’è qualcosa che non va.» Kiyoomi e Atsumu erano appena rientrati dal supermercato e al primo era occorso semplicemente fare un passo all’interno di casa di Komori per affermare che c’era qualcosa di strano.
«Hai pulito stamattina, Omi. Sta’ tranquillo.» il tono di Miya non era stato esasperato né noncurante e Sakusa lo amava per questo, ma il punto restava.
«Non è quello.» spiegò togliendosi le scarpe per indossare le pantofole da casa. «C’è un odore strano. Non mi piace.» dovettero raggiungere il salotto per capirne il motivo.
«Cos’è quella cosa!?» il tono con cui Kiyoomi aveva posto quella domanda a Motoya fu tutt’altro che virile e non ci voleva un genio per capire che suo cugino l’avrebbe usato a vita contro di lui, ma al momento quello era l’ultimo dei suoi pensieri.
«Ti piace?» gli chiese il castano invece di rispondergli. «Ho sempre voluto un cincillà! Dicono tutti che siano degli stronzi, però sono così carini! Non trovi?» sporse il roditore verso di lui e a Sakusa non rimase altro da fare che urlare, lasciar cadere i sacchetti della spesa e nascondersi dietro il corpo di Atsumu (non – ovviamente – che con i suoi quasi due metri di altezza potesse riuscirci davvero). Komori rise.
«Sei un bastardo.» mormorò il cugino più alto mentre il padrone di casa rideva trascinando l’alzatore con sé.
«Vi odio tutti e due!» andò a chiudersi in camera e lì rimase per tutto il resto della giornata. Quando Miya lo raggiunse, verso ora di cena, rimase fermo sulla soglia della stanza. Si fissarono, l’uno dal letto l’altro dalla porta, poi Atsumu sorrise.
«Posso raggiungerti?» e Kiyoomi voleva urlargli di no con tutto il proprio essere!! L’odore di cincillà che aveva addosso lo sentiva da metri di distanza. Poteva persino vedere tutti i peli del roditore intrappolati sui suoi vestiti! Ma come poteva? Atsumu aveva fatto così tanto, ed era stato così comprensivo… l’aveva preso in giro più di una volta per la situazione in cui si trovavano ma non l’aveva mai fatto con rabbia o cattiveria. Si era addossato tutti i suoi problemi e visto lo stato di stress a cui Motoya sottoponeva lui ogni giorno si era anche offerto di seguire in prima persona la vendita della loro casa per entrambi. In cambio di tutto quello Sakusa gli stava offrendo ben più smancerie di quanto non fosse normale (almeno per lui), ma sentiva che non era abbastanza.
Lo guardò, quindi. Immaginandolo con Motoya fino a poco prima a giocare con il cincillà; immaginando il roditore zampettare sui propri escrementi prima e sui vestiti di Atsumu poi, e immaginando quegli stessi vestiti toccare le lenzuola nelle quali avrebbero dormito. Si sentì male, ma annuì.
Atsumu spalancò gli occhi.
«Scherzi?» Kiyoomi lottò ancora, poi con voce ferma e un sorriso pallido disse:
«Certo che no. Vieni pure.» gli scostò le coperte affinché potesse raggiungerlo sul letto, ma Miya si limitò solo a sospirare. Si osservarono per alcuni secondi ancora, poi il biondo si chiuse la porta alle spalle, si tolse i vestiti e solo allora – toccando le coperte il meno possibile – si decise ad avvicinarsi abbastanza per lasciare un bacio in fronte a Sakusa.
«Scusa per averti messo alla prova. Non devi sforzarti così per rendermi felice. Io lo sono solo se stai bene.» il corvino gemette chiudendo gli occhi.
«Cazzo…» mormorò. «Io non ti merito.» la risata sincera di Atsumu riecheggiò per tutta la stanza e fu il suono più meraviglioso del mondo.
«Non è vero, ma ricordati questi giorni quando sarò io a fare una cazzata.» gli diede un secondo bacio, poi si chiuse in bagno ed iniziò a farsi una doccia.
 
Il giorno prima che la stagione pallavolistica ricominciasse, Sakusa e Miya fecero i bagagli e lasciarono per sempre Nagano. A Kiyoomi non sembrava vero; era sopravvissuto a suo cugino, ma le loro avventure erano tutt’altro che finite.
«Wan-san ha accettato di ospitarci per qualche giorno,» lo informò Atsumu mentre guidava verso Osaka, «ma non possiamo continuare a scroccare un tetto ai nostri amici in eterno.» Sakusa era d’accordo, ma il problema era che anche volendo non avrebbero potuto comprare o affittare nulla senza i soldi derivanti dalla vendita della casa perfetta da cui erano stati banditi.
Arrivarono a destinazione sette estenuanti ore dopo. Avevano fatto a turni per la guida ma la loro stanchezza si accumulava a quella data da due settimane passate con Komori. Il libero di Osaka si presentò come padrone di casa ben meglio di quello di Nagano, ma occorsero solo dieci ore agli altri due per ricredersi.
«Perché il nostro nome di coppia è in tendenza su Twitter?» si chiese ad alta voce Atsumu mentre facevano entrambi colazione per la prima volta in casa Inunaki. Sakusa vide questi ghignare con la coda dell’occhio, ma dandoci poco peso si avvicinò invece al proprio compagno per osservare insieme a lui lo schermo del cellulare.
L’hashtag #sakuatsu era in effetti al primo posto tra le tendenze di Twitter Giappone. Atsumu vi cliccò sopra e da lì – facendo in modo che i post gli fossero mostrati dai più recenti in poi – prese a scorrere verso il basso passando tra messaggi brevi ed incisivi e altri chilometrici. Tutti – in sostanza – affermavano quanto fossero carini anche senza provarci, che al posto loro chiunque sarebbe venuto male e di quanto fosse illegale abbracciarsi in quel modo da addormentati. I giocatori si guardarono confusi, ma la loro ignoranza non permase a lungo. Atsumu fece scorrere il dito di nuovo sullo schermo e finalmente arrivò alla fonte del problema.
@inunaki.shion-official
#SakuAtsu #TwoSleepingBeauties #MiyaAtsumuSnore #IWillGoDownWithThisShip #InunakiShionManOfTheYear #InunakiShionForTheCharity
Due adorabili ed innamorati sciacalli hanno bussato alla mia porta in cerca di casa. Ho fatto bene ad accoglierli?
Seguiva una loro foto. Stavano entrambi dormendo, Sakusa era abbracciato ad Atsumu, la testa sul suo braccio ed il fiato a scaldargli il collo.
«Io non russo!!» urlò il biondo al loro libero. Shion rise mentre Kiyoomi esclamava verso il proprio ragazzo:
«Sarebbe questa la tua unica lamentela!?»
Dopo quello scoprirono non potere più stare tranquilli con Inunaki nei paraggi. Raggiunsero insieme a lui la palestra dei Jackals con facilità, mentre rincasare fu più complicato.
«Cerca di resistere, amore.» cercò di fargli forza Atsumu. «È solo per qualche giorno.» per quanto fosse scettico riguardo alla cosa Kiyoomi non se la sentì di dare anche quel pensiero a Miya, quindi si fece forza e si costrinse a tornare nella tana del lupo, ma quella fu l’ultima volta.
«No. Assolutamente no! Non se ne parla proprio!! Noi ce ne andiamo!» era stato Atsumu a dare di matto, alla fine. Tutto perché Shion aveva fotografato e reso pubbliche le gambe di Kiyoomi appena uscito dalla doccia. La loro popolarità crebbe ancora, ma per una volta l’alzatore non ne fu contento. Le cosce di Sakusa – specie se bagnate – erano uno spettacolo raro e bellissimo di cui nessuno ad eccezione sua avrebbe dovuto godere.
 
Il secondo in lista fu Barnes. Con lui durarono due giorni, poi fu sua moglie a buttarli fuori. Sakusa aveva insultato troppe volte lei e suo marito per la scarsa (a suo dire) pulizia di casa loro perché Atsumu ne fosse veramente sorpreso.
Poi ci fu Tomas la cui casa da scapolo, tuttavia, poté offrire ai due senzatetto solo un futon scomodo nel piccolo salotto-cucina. Kiyoomi durò settantadue ore.
Toccò a Bokuto. Il loro eccentrico coetaneo viveva ormai da anni con il suo compagno di vita Akaashi, probabilmente unico motivo per il quale la casa era ben ordinata e pulita, ma fu Atsumu – dopo appena quattro giorni – a decidere di sloggiare.
«Ho capito, Bokkun.» disse con un sorriso tirato ma ormai al limite della sopportazione. «Le alzate di Akaashi-san erano perfette al liceo. Ho afferrato.» usarono la scusa di non voler disturbare oltre per scappare via da quella casa, ma la verità era che il biondo non ne poteva più di sentire consigli non richiesti per rendere più efficaci le sue già più che perfette alzate da livello olimpionico.
Il capitano Meian fu la loro ultima speranza, glielo chiesero con le mani congiunte e la risposta fu: «No.» i due lo guardarono disperati, ma l’uomo non poté fare altro che limitarsi a guardarli dispiaciuto.
«Mi rincresce, ragazzi, ma mia moglie ha seguito la vostra storia da Twitter e mi ha fatto giurare di non averne niente a che fare.» gli hashtag si erano sprecati. Quello dedicato alle cosce di Kiyoomi era rimasto in tendenza per molto, eppure i più recenti avevano affossato tutto il resto:
#OspiteMaiContento #CasaMiaPuzzaDiDisinfettante #MrCleanNonRendeGiustizia #MiyaAtsumuContinuaARussare #RimangonoComunqueTroppoAdorabili #QualcunoLiAdotti.
Fu coach Foster ad essere la loro salvezza.
«Grazie, grazie, grazie!!» si prodigò mille volte Atsumu non appena l’uomo propose di ospitarli.
«In cambio datemi una bella stagione, intesi?» entrambi continuarono ad inchinarsi mentre confermavano che l’avrebbero fatto, dopodiché raccolsero le proprie cose e seguirono Foster fino alla sua villetta.
«Ecco qui.» disse dopo essere entrato in casa e averli guidati fino a una porta di legno. «È dove starete.» spiegò meglio mentre la apriva rivelando una scala angusta in legno grezzo e dall’aria precaria che scendeva a picco verso uno scantinato buio. Atsumu deglutì.
«Tutto bene, Omi?» si voltò verso il proprio compagno ed il suo colorito lo fece preoccupare. Quando il corvino si voltò verso di lui, però, stava sorridendo.
«È perfetto.» tentò di dire fingendo leggerezza ma senza imbrogliare nessuno.
«Mi dispiace, non ho dove altro mettervi.» tentò di giustificarsi l’uomo di casa, ma di nuovo Sakusa intervenne:
«Va benissimo così, davvero.» poi trovò l’interruttore, aspettò appena un attimo che la luce al neon smettesse di lampeggiare per fissarsi come si deve (sebbene accecante e rumorosa) ed iniziò a fare strada verso la loro nuova stanza.
Il locale era umido, sudicio e pieno di spifferi. Non c’era modo che Kiyoomi potesse resistere! Il biondo si aspettava di vederlo cedere da un momento all’altro; non faceva altro che osservarlo in attesa dello scoppio, ma questo non venne.
Con il permesso di Samson, la prima notte la passarono entrambi incastrati sul divano. Fortunatamente il giorno dopo sarebbe stato privo di allenamenti, dunque Atsumu e Sakusa si adoperarono per fare il miracolo.
Non si fermarono un attimo. Se la signora Foster non fosse scesa con due panini probabilmente non si sarebbero neanche accorti dell’orario saltando la cena come avevano fatto con il pranzo. Sembrava strano persino a lui che ci aveva lavorato ininterrottamente, eppure a giornata conclusa la cantina brillava a tal punto da potervici mangiare per terra.
Passarono due giorni, poi cinque. Kiyoomi ed Atsumu non avrebbero potuto occupare per sempre casa del loro coach, ma erano fiduciosi: casa loro aveva ricevuto due offerte mentre in cambio dell’ospitalità Sakusa faceva le pulizie e Miya preparava la cena. Sembrava quasi che avessero trovato la soluzione a tutti i loro problemi quando una notte l’alzatore prima e tutto il resto della casa poi venne svegliato dall’urlo assordante di Sakusa. Il biondo si affrettò ad accendere la luce, ma anche con quella ci mise un po’ a capire il problema: un ragno. Col corpo minuscolo e le otto zampe lunghe e sottili faceva in effetti abbastanza senso. Kiyoomi non era aracnofobico, ma come faceva a stare tranquillo se un insetto probabilmente proveniente da terra e polvere si depositava tra le sue coperte? Non ci fu verso di convincerlo a tornare nello scantinato quando – a una più attenta indagine – scoprirono il buco dal quale il ragno era saltato fuori.
«Credo proprio che dovremmo chiamare i disinfestatori, cara.» mormorò il coach a sua moglie mentre Atsumu accarezzava la schiena di Kiyoomi nel tentativo di farlo calmare.
Il giorno dopo l’alzatore chiamò il loro agente immobiliare informandolo che avrebbero accettato qualsiasi offerta avessero già fatto. Poco importava se ci avrebbero perso, non potevano continuare ad andare di casa in casa fino a che l’uno o l’altro trovava qualcosa che lo faceva scappare urlando. Non avevano così tanti amici e certo non si potevano permettere di inimicarsi i pochi che riuscivano a sopportarli.
Trovare un appartamento adatto a loro fu più semplice che venderlo. In quelle settimane avevano tenuto d’occhio tutti i locali in vendita o in affitto di Osaka, così bastò poco per versare la caparra e varcare il nuovo uscio del loro nido spoglio.
Era più piccolo di quanto non avrebbero voluto. Non aveva una palestra né nessun bagno connesso alla camera da letto. Però i bagni erano comunque due, la cucina era separata dal salotto, c’era una camera degli ospiti, l’ingresso era grande e possedeva un ampio camerino che potesse contenere tutti gli attrezzi di Sakusa. Forse non era la casa che si erano immaginati, ma avrebbero imparato ad amarla e forse presto si sarebbero dimenticati di quella che avevano dovuto lasciare.
Ci misero solo un giorno a sistemare i mobili e a disfare gli scatoloni, anche perché Osamu aveva minacciato di buttare tutti i loro averi per strada se non se li fossero ripresi immediatamente.
Erano le tre di notte quando l’ultimo granello di polvere portato dal trasloco venne gettato via. Atsumu era distrutto e si addormentò praticamente subito, ma il continuo fruscio di coperte al suo fianco lo ridestò dopo appena un paio d’ore.
«Omi…» mormorò senza aprire gli occhi. «C’è qualcosa che non va?» gli chiese preoccupato, per quanto stanco. Sapeva quanto per lui potesse essere difficile adattarsi a quel nuovo posto. Nell’ultimo mese la loro vita era stata un movimento continuo mentre per Sakusa era sempre stato importante avere una routine precisa. Non poter controllare la situazione era stato sfiancante persino per Atsumu. Kiyoomi basava sul controllo la maggior parte della propria pace mentale, quindi quando il corvino non rispose subito l’alzatore non poté fare a meno di preoccuparsi.
Aprì gli occhi e si mise seduto, poi accese la lampada del suo comodino regolando l’intensità della luce in modo che non desse fastidio a nessuno dei due.
«Omi…» ripeté una seconda volta. Sapeva che non stava dormendo, ma dovette comunque scuoterlo prima che questi si decidesse a dare segno di averlo sentito. Si rigirò un’ennesima volta nel letto, stavolta per guardare verso di lui.
«Mi dispiace così tanto, Tsumu. Tutto questo è colpa mia. Non volevo che andasse a finire in questo modo.» i suoi occhi erano lattiginosi, il labbro sporgente ed il mento accartocciato. Atsumu avrebbe sorriso per la tenerezza che gli fece provare se non fosse stato così preoccupato per lui.
Si sporse in avanti, gli accarezzò una guancia e tentò di eliminargli il broncio con un bacio.
«Smettila, non è colpa tua.»
«Sappiamo entrambi che è così! Se solo non avessi—» Atsumu lo interruppe:
«Sei malato, Omi!» non usava mai quella parola perché gli faceva un brutto effetto. Era cruda e brutale, ma anche vera. Poi continuò: «Lo so che non entri in casa delle sconosciute per gioco, cosa credi?» gli disse. «Lo so che se non inizi a pulire quando senti di doverlo fare inizia a bruciarti tutto il corpo. È una cosa irrazionale ma anche che non puoi controllare, lo capisco! Non è colpa tua quello che è successo, hai capito?»
«Ma hai dovuto passare così tanto a causa di questo! Quella casa ti piaceva tantissimo. Se tu stessi con qualcun altro potresti abitare lì. Potresti viverci con qualcuno di migliore.» Kiyoomi non gli era mai apparso tanto insicuro né aveva mai fatto la vittima, quindi il biondo seppe che lo pensava davvero.
«Omi…» disse flebile e spaventato. «Non c’è nessuno di migliore con cui potrei stare, mi hai sentito? Sei l’amore della mia vita. Chiunque altro sarebbe solo un ripiego!» Sakusa chiuse gli occhi e tentò di voltare il capo. Non gli aveva creduto, ma Atsumu non avrebbe permesso che la conversazione si chiudesse lì.
«Renderemo questa casa perfetta.» gli disse più forte. «All’angolo della strada c’è un negozio di sport, l’hai visto? La nostra palestra è raggiungibile a piedi e proprio qui di fronte c’è un minimarket aperto ventiquattro ore su ventiquattro. Non dovremmo mai più preoccuparci di chiedere del sale ai vicini.» rise e così fece Kiyoomi. Il sorriso di Atsumu si allargò a quella vista.
«Ti amo, Omi. Ti amo da impazzire. In questo mese abbiamo provato così tanti letti e case… e ognuno di loro è stato perfetto, perché eravamo insieme.» aveva tenuto una mano sulla sua guancia per tutto il tempo ma dopo quelle parole la face raggiungere anche dall’altra per prendergli il viso a coppa e costringerlo a guardarlo.
«Non sei d’accordo?» Sakusa lo guardò per qualche secondo prima di annuire. Atsumu lo baciò di nuovo sulle labbra.
«Voglio guarire, Tsumu…» mormorò il corvino labbra su labbra. «Non voglio farti passare cose del genere mai più.»
«Sarò accanto a te ad ogni passo qualsiasi cosa deciderai di fare, amore.» Kiyoomi mormorò rasserenato e si premette di più contro il corpo di Atsumu nascondendo il volto nell’incavo del suo collo.
«Promettimi solo che non proveremo ad essere cordiali con i nuovi vicini.» gli chiese con voce attutita. Atsumu rise di gusto.
«Non voglio conoscere nemmeno i loro nomi.» gli disse più sincero che mai. «Questa casa è perfetta così com’è.»
   
 
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