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Autore: sidphil    27/06/2022    0 recensioni
Mickey e Mandy hanno tutto quello che una persona potrebbe desiderare: tanti soldi, una bella villa, Mickey scaffali pieni di libri e una chitarra che ama alla follia, Mandy un migliore amico che le vuole bene, popolarità e orde di ragazzi ai suoi piedi. Tuttavia, entrambi portano il peso di numerosi segreti sulla loro vita e la loro famiglia. Ian, migliore amico di Mandy, è tenuto costantemente all'oscuro per essere protetto, anche se lui stesso deve convivere con amare sofferenze.
Una storia un po' diversa dal solito, dove vedremo una Mandy e un Mickey diversi ma in un certo senso sempre uguali a quelli che conosciamo e un Ian un po' perso che ha bisogno di trovare sè stesso e che ci riuscirà proprio grazie a loro, senza rendersi conto di quanto può offrire in cambio lungo la strada.
Questa storia è una TRADUZIONE, per cui ho ottenuto il permesso dall'autrice originale.
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mandy Milkovich, Mickey Milkovich
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella notte, Mickey sgattaiolò in casa ancora strafatto di erba e forse anche un po’ per essere stato con Ian. Chiuse piano la porta come d’abitudine a quell’ora della notte, poiché il più piccolo rumore poteva infastidire suo padre. Ma il suo cuore smise all’istante di battere quando trovò Terry seduto in soggiorno con altri due uomini in giacca e cravatta. Cazzo, Mickey in quel momento aveva gli occhi iniettati di sangue e puzzava come un cartello messicano probabilmente.
- Mickey? – chiese uno di loro finendo il resto del bicchiere di vino. La loro interessante conversazione si interruppe mentre Mickey si avviava verso le scale, voltandosi appena. Gli occhi di suo padre erano freddi e calcolatori e aveva arricciato le labbra, facendogli capire chiaramente di aver scelto il momento sbagliato per tornare a casa.
- Mio figlio, - rise Terry, una risata vuota, sollevando il bicchiere di vino. – deve essere stato fuori con una bella ragazza per essere tornato a casa così tardi, vero figliolo? –
Mickey non capiva quale fosse il problema per essere tornato a casa tardi tanto per cominciare. Aveva appena compiuto diciotto anni, a chi cavolo importava dov’era stato e con chi? Ma quegli uomini erano i suoi colleghi d’affari e Terry non sopportava di fare brutta impressione. Mickey, che non si vestiva da ricco, che non era educato e dalle buone maniere come un ragazzo di buona famiglia, era sempre la sua delusione più grande e questa volta non avrebbe fatto eccezione. – Non mi lasciava più – replicò casualmente provocando una risata ai due uomini, ma non a Terry. Sorrise solo per fingere che fosse tutto a posto ma era tutt’altro che felice. Era impossibile che non avesse sentito l’odore di marijuana a quella distanza, soprattutto con un naso allenato come il suo a sentire quando i suoi figli facevano qualche cazzata.
A quel punto Mickey avrebbe dovuto scappare di casa perché sapeva che cosa lo aspettava più tardi, ma continuò a camminare e si scusò per andare al piano di sopra. Una parte di lui voleva fingere che fosse tutto a posto. Riusciva a sentirli parlare dalla cima delle scale.
- Non sapevo che tuo figlio si drogasse, Terry. Succede questo quando lo mandi a scuola nel South Side in mezzo all’immondizia di Chicago – rise di gusto uno di loro, ma Mickey se ne andò prima di poter sentire le scuse inventate da suo padre. No, Terry li mandava a scuola nel South Side per tenerli lontani dal North Side, dalla sua rete di conoscenze e di affari.
 
Più tardi, quella sera Mickey era all’ultimo capitolo di un vecchio libro, uno di quelli che si trovavano solo nella libreria di un insegnante di inglese, quando la porta si aprì. Tenne lo sguardo sul libro, ripetendosi di non avere paura mentre Terry si avvicinava al letto. Mandy non era a casa quindi non doveva preoccuparsi che sentisse, sapendo di essere solo un ragazzino impaurito quando si trattava di questo.
Voleva reagire, ma Terry era molto più grande e più forte di lui e perse conoscenza prima del solito quando le mani di Terry si strinsero attorno al suo collo, togliendogli il respiro. Era troppo stanco per sopportare più di tanto.
 
 
Mandy e Ian girarono per un po’ per la libreria, visto che Ian aveva espresso un improvviso interesse ad andarci. Mandy non si interessò molto ai libri ma aveva adocchiato un barista e non sprecò altro tempo per avvicinarsi a lui. Ian era sollevato nel vedere che non sembrava importare più di tanto sapere perché lui si fosse improvvisamente interessato alla biblioteca. Gli rese più facile esplorare in tutta tranquillità.
Che tipo di libri leggeva Mickey? Ce n’erano migliaia  e non sapeva da dove iniziare. Non avrebbe saputo ricordare neanche un titolo dei libri che gli aveva visto tra le mani. L’unica cosa che sapeva era che a Mickey piaceva leggere i suoi pensieri privati e non sapeva dire se fosse una cosa positiva o no.
Magari gli piaceva leggere quel tipo di cose, storie dolorose, lotte interiori. Lo inquietava un po’ ma ognuno aveva i suoi gusti. Era ridicolo scervellarsi così tanto per Mickey, al quale probabilmente non importava nemmeno delle vacanze. Natale era alle porte e questa poteva essere la sua occasione per mostrare  Mickey che gli prestava attenzione,. Ma più pagine sfogliava, più si sentiva distante da lui. Alla fine ci rinunciò e trascinò via Mandy dal commesso per uscire. Non aveva comunque un soldo in tasca.
Le loro strade si separarono per tornare a casa. Ian sollevò il bavero del cappotto poiché il freddo diventa sempre più ostile mano a mano che si inoltravano nel mese di Dicembre. Ma poi si fermò perché dei ragazzi uscirono da un vicolo davanti a lui. Successe tutto così in fretta che la Terra sembrò essersi rigirata. Gli si mozzò il fiato e si ritrovò per terra con tre ragazzi sopra di lui che urlavano e lo prendevano a calci dappertutto. Non fece troppo male ma lo stordiva e lo soffocata e ogni volta che cercava di alzarsi veniva ributtato a terra. Udì qualche parolaccia e degli insulti omofobi ma Ian isolò il proprio cervello finché non fu tutto finito. Le gambe e le braccia sopra di lui scomparvero, le voci si affievolirono e si fecero meno rabbiose e poi i ragazzi corsero via. Riconobbe la giacca di uno di loro, era il giocatore di hockey che aveva steso a scuola qualche mese prima.
Quando si rialzò tenendosi il fianco, incrociò lo sguardo di suo fratello minore. In quel momento, Carl sembrava più grande di Ian con gli occhi in fiamme, pronto ad uccidere come un vecchio soldato tornato dalla guerra. Aveva tirato fuori il coltellino a serramanico ma ritirò la lama e aiutò Ian a rialzarsi. – Basta solo un coltellino a spaventare quegli sfigati – disse con un sorrisetto, anche se non lo trovava divertente, e lasciò la mano di Ian.
- Merda, Carl, grazie – esalò Ian cercando di dimenticare ciò che era appena successo. Esser preso a botte e farsi difendere dal fratello undicenne era imbarazzante. Carl non sembrava pensarla così perché lo abbracciò come se non vedesse Ian da anni e ad essere sinceri, per Ian sembrava davvero così. Ricambiò l’abbraccio, cercando di trattenere la rabbia per quello che era appena successo. – Dove sei stato? – mormorò tra i suoi capelli mentre si staccava.
- In giro – rispose Carl e spaventò molto Ian il fatto che un bambino potesse parlare in quel modo. Il South Side li rendeva tutti più forti, più duri di quanto avrebbero dovuto essere, ma Carl in particolar modo sembrava aver preso una brutta strada.
- Beh, magari che ne dici di farti vedere un po’ di più? Fi si preoccupa –
Carl annuì e Ian sapeva che qualsiasi cosa gli stesse succedendo negli ultimi mesi, toccava a lui decidere se parlarne o no. Sapeva cosa si provava a tenersi le cose dentro. Si diressero a casa insieme, ridendo, scherzando e spintonandosi e quando arrivarono a casa Lip si unì a loro. Ian non si era reso conto di quanto gli mancassero i suoi fratelli finché non si ritrovarono a giocare insieme ai videogiochi mentre mangiavano spaghetti sul divano fino all’ora di andare a letto. Ian ripulì il divano quando Lip e Carl salirono in camera; Fiona non doveva preoccuparsi di altro quando tornava dal lavoro. Dopo aver sistemato i piatti, si lavò il viso nel bagno  piano di sotto per essere presentabile il giorno dopo per la scuola.
Uscì a buttare la spazzatura e fuori c’era Mickey, seduto sui gradini del portico sul retro come se fosse casa sua. Non si scambiarono una parola quando Ian lo oltrepassò per buttare il sacco e poi tornò per sedersi vicino a lui. Mickey si accorse di lui nonostante il suo sguardo perso ma Ian non parlò per primo, avrebbe aspettato. Perlomeno finché non notò i segni sul collo di Mickey, lividi scuri, come le impronte di due mani.
- Mickey? – lo chiamò lentamente Ian e il moro si reclinò sui gradini e chiuse gli occhi appoggiandosi il dorso della mano sulla fronte. Sembrava così stanco che avrebbe potuto addormentarsi in quel preciso istante anche sulle assi di legno duro. Invece di fare domande sui lividi, Ian alzò lo sguardo verso il cielo nuvoloso.
- Oggi mi hanno picchiato, sai, perché sono gay – rise ironico. – È stato quel ragazzo a cui ho tirato un pugno all’inizio del semestre, quello che mi voleva fare il culo perché sono frocio, ti ricordi? Già, ha portato i suoi amichetti –
Mickey rimase in silenzio e Ian non era sicuro se stesse ascoltando o no, ma proseguì comunque; se Mickey leggeva i suoi pensieri senza permesso avrebbe fatto prima a confidarglieli di persona.
- Mio fratello più piccolo è spuntato con un coltellino e sono scappati. E poi sarei io la femminuccia perché mi piacciono i ragazzi, no? Dicevano che sono buono solo per stare piegato a novanta e non mi lasciavano rialzare -. Attese che Mickey si prendesse gioco di lui  gli dicesse che avrebbe dovuto reagire, qualsiasi cosa, ma non disse una parola. – Chissà, magari la vita sarebbe più facile se mi piacessero semplicemente le ragazze e basta –
- Fanculo – replicò burbero Mickey. – Non è colpa tua se degli stronzi non hanno niente di meglio da fare se non fare i bulletti con un ragazzo che cammina per i fatti suoi. Non importa se sei gay o etero, ricco o povero, intelligente o stupido, troveranno sempre qualcosa per cui odiarti quindi si fa prima a fare quel cazzo che si vuole e cercare semplicemente di sopravvivere –
Ian si stava praticamente sciogliendo alle sue parole, aveva già gli occhi lucidi. Cazzo, Mickey non doveva vederlo.
- Non vedo neanche il motivo per cui la gente debba sempre etichettare tutto. Sono arrapati e vogliono scopare ma nel momento in cui etichettato le loro preferenze, basate solo su cosa una persona ha in mezzo alle gambe, hanno già limitato le loro opzioni a metà della popolazione Se sei gay vuoi un uccello, no? Quindi se ti piace un ragazzo ma non ha l’uccello improvvisamente non lo vuoi più? Che stronzata –
- Se non ha l’uccello non è davvero un ragazzo, Mick – sorrise Ian.
- Non hai bisogno di un uccello per essere considerato un uomo, c’è molto di più – replicò Mickey in disaccordo. – L’unica cosa che vogliono tutti è scopare. Ecco cosa c’è di sbagliato in questo mondo, a nessuno importa davvero degli altri. Nessuno proverà qualcosa per te per ciò che hai dentro invece di ciò che hai tra le gambe –
Ian non seppe più cosa dire perché quei pensieri non l’avevano mai attraversato. Guardò Mickey ed era empire lo stesso, gli occhi chiusi e l’espressione impassibile. Era sempre Mickey, il Mickey che si allontanava da qualsiasi emozione, eppure eccolo lì, con un sermone sulle emozioni come se si fosse preparato il discorso ancora prima di arrivare lì.
- Che si fotta essere gay o essere etero. Le persone devono piacerti perché ti piacciono e basta, e che cavolo – borbottò Mickey assonnato. Ian ripensò a lungo alle sue parole.
 
 
La mattina dopo, le lezioni furono cancellate per un’imminente tempesta di neve. Il mondo lì fuori era diventato una distesa bianca congelata ma non era insolito per quel periodo dell’anno. Fiona fece capolino nella stanza per annunciare che quel giorno non c’era scuola prima di andare a lavorare. Era ancora buio fuori quindi Lip e Carl si riaddormentarono senza una parola.
- Allora – disse Fiona, la mano sulla maniglia della porta. Ian si stropicciò gli occhi e la guardò. – Chi è il ragazzo sul divano? Ha già dormito qui, vero? –
- È un amico di scuola, il fratello di Mandy – sbadigliò Ian. Fiona sembrava voler chiedere di più ma dopo aver controllato l’orologio si affrettò a uscire, dicendogli che la colazione era già pronta per qualsiasi ora si sarebbero svegliati. Ian si sentì grato e in colpa al tempo stesso, sapendo che Fiona doveva aver dormito al massimo quattro ore tra i turni di lavoro della sera prima. Doveva trovarsi un lavoro anche lui così l’avrebbe aiutata con le spese.
Ormai troppo sveglio per tornare a dormire, Ian scivolò fuori dal letto e scese al piano di sotto senza far rumore per non svegliare Mickey. Era scioccante che fosse anche solo ancora lì. Sul tavolo c’erano toast imburrati e gelatina. Il suo stomaco brontolò mentre ne prendeva uno. Prese il giornale per cercare qualche annuncio ma sarebbe stato difficile trovare qualcosa senza un diploma di scuola superiore. Non trovando nulla di promettente, lasciò perdere il giornale e fece per tornare al piano di sopra, visto che non poteva certo andare a cercare lavoro con quel tempo. Era ingiusto che Fiona fosse dovuta uscire lo stesso.
Si fermò in fondo alla scala e diede uno sguardo alla figura di Mickey addormentata sul divano. Sembrava in  coma profondo tanto che Ian si chiese se fosse ancora vivo. Non riuscì a trattenersi quando abbassò la mano, sfiorandogli la guancia. Nell’esatto momento in cui lo toccò, quella specie di scossa elettrica si propagò dalla punta delle dita al resto del corpo ma durò poco perché Mickey gli afferrò il polso in una presa così stretta che Ian temette che potesse rompergli l’osso. Aveva uno sguardo disorientato che vagava intorno alla stanza come se non sapesse dove si trovava. Ian cercò di non imprecare per il dolore quando Mickey lo lasciò.
- Scusa – trasalì Ian con una smorfia mentre Mickey si sedeva, respirando pesantemente. Si toccò istintivamente il collo, la paura visibile nei suoi occhi blu.
Ian non fece domande, per quanto doloroso. Ma decise che non gli importava se Mickey gli avrebbe fatto male e infilò la mano tra i suoi capelli scuri. Mickey si spaventò ma poi le sue palpebre calarono e inalò contro alla sua mano fino a che i suoi occhi non si chiusero completamente. Portò la mano al polso di Ian e lo massaggiò in segno di scuse, poi si spostò e si sdraiò di nuovo tra le coperte che Ian aveva sistemato per lui la sera prima.
- Non si va a scuola oggi, le strade sono troppo ghiacciate – lo avvertì Ian on il cuore che palpitava ancora per quel piccolo evento.
- Okay – rispose burbero Mickey stringendo uno dei cuscini, con l’aria ancora più esausta di prima.
- Hai fame, o qualsiasi altra cosa? –
- No – rispose in tono pesante Mickey, il petto che si alzava è si abbassava rapidamente.
- Hai bisogno di qualcosa? – ritentò Ian; non voleva lasciarlo in quello stato.
- Sì, okay – esalò Mickey. Ian si illuminò immediatamente e si spostò dall’altra parte del divano.
- D cosa hai bisogno? – chiese chinandosi su di lui.
- Resta… -. Mickey prese un respiro, lungo e profondo. – Resta solo sulla poltrona –
Ian udì la parola “Resta” e non dovette farselo ripetere due volte. Si sedette sulla poltrona, appoggiò i piedi sul tavolino e accese la TV abbassando completamente il volume. Non si mosse finché Mickey non si riaddormentò.
   
 
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