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Autore: Autumn Wind    28/06/2022    1 recensioni
Raccolta di missing moments della long Wish you were here.
La vita di Hermione e Severus alla fine della battaglia al Ministero, tra i rispettivi lavori, un matrimonio ed una figlia fin troppo simile a loro, è stata relativamente tranquilla … relativamente, perché quando due dei più potenti maghi della storia incrociano il loro cammino, tra pozioni ed incantesimi, qualcosa di magico, in fondo, deve pur succedere …
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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6.
Wingardium Leviosa

[Incantesimo di levitazione, fa levitare oggetti, persone e cose.]
Severus Piton detestava tutti i giorni senza alcuna distinzione, ma il giovedì aveva indubbiamente un posto speciale nella lista dei più odiati assieme al Natale ed al suo compleanno. Non avrebbe saputo dirne la ragione, ad essere sincero: forse il motivo erano le lezioni che si protraevano sino al tardo pomeriggio senza interruzioni, o forse che aveva le classi più fastidiose che mettevano a dura prova i suoi nervi o addirittura Minerva, che aveva scelto proprio quel giorno per le riunioni settimanali dei docenti. Fatto stava che, ogni giovedì, si svegliava di pessimo umore e, con ampie falcate, attraversava i corridoi terrorizzando ogni studente che incontrava sul suo cammino prima di sbraitare in classe per le successive ore.
Anche quel giovedì, chiuso nella scura e maleodorante aula di Pozioni nei suoi amati e freddi sotterranei, Severus stava fissando con sdegno il quarto anno di Grifondoro e Serpeverde lavorare alle loro pozioni curative distillate a partire da rami e radici di betulla ed abete senza neanche osare sollevare il capo mentre terminava la lista degli ingredienti che mancavano dalle scorte scolastiche da sottoporre all’approvazione di Minerva. Stranamente, nonostante si fosse svegliato di pessimo umore con Eileen che piangeva disperata e Grattastinchi che gli leccava una guancia, non era stato particolarmente scocciato dai suoi studenti quel mattino … certo, una Corvonero si era beccata compiti extra per un mese per la sua saccenza ed un Grifondoro aveva fatto esplodere un calderone, ma nessuno era stato portato in infermeria, nessuno aveva osato contraddirlo e, soprattutto, nessun collega si era avventurato sino ai sotterranei per distrarlo dal suo lavoro con scuse ridicole quali lezioni interdisciplinari, caffè e partite a gobbiglie. Scuse peraltro ridicole, a suo modesto parere …
Sembrava un giovedì tutto sommato tranquillo … troppo tranquillo. Se c’era una cosa che anni ed anni come spia per Silente gli avevano insegnato era che bisognava diffidare delle apparenze, in particolare di quelle calme. La quiete maggiore racchiudeva i pericoli più mortali, solitamente. Ed Hogwarts, in quanto a pericoli, non faceva certamente eccezione …
“Professore!” chiamò un Grifondoro, alzando la mano. Severus gli rivolse un’occhiata di fuoco: possibile che non riuscissero neanche a preparare un saggio senza dar inutilmente aria alla bocca?
“Che c’è, McFahrrad?” sibilò. “Ehm, è per il saggio che ci ha assegnato per domani.”
“Non vedo come potrei aiutarti …” sibilò. “Versi forse in condizioni di indigenza tali da non poterti più permettere piume per completarlo, forse?”
“No, no … è che non ricordo gli usi della pietra di luna e … beh, va bene lo stesso se non li scrivo tutti?”
Un gelido silenzio cadde sulla stanza. “Verrete valutati in base alle vostre conoscenze, da me come da qualunque altro docente, McFahrrad e, qualora ti fosse sfuggito, ‘non ricordare’, per me, equivale a non aver studiato.” illustrò con voce fredda ed annoiata il professore. “Ma …” azzardò il giovane. “Nessun ‘ma’: non è il mio saggio, McFahrrad, non sono io a doverti illustrare gli usi della pietra di luna. Se non li conosci pur avendoli già affrontati da programma di studio, evidentemente la tua testa di legno è ancor più vuota di quanto pensassi. Congratulazioni. Ed ora …” sogghignò, facendo sparire il calderone fumante del giovane con un gesto. “Rifallo. Daccapo. E per domani voglio un approfondimento di sei facciate sugli usi della pietra di luna senza l’ausilio del testo: vediamo se le tue meningi, spremendosi, riusciranno a recuperare qualcosa di utile.”  
I Grifondoro tacquero, spaventati e McFahrrad, rosso come un pomodoro, si limitò a chinare il capo mentre i Serpeverde sghignazzavano, divertiti. “E finitela, voialtri!” sbottò Piton, zittendoli con una sola occhiataccia prima di tornare alla sua lista con un sonoro sbuffo.
La gelida calma rimpiombata nei sotterranei venne interrotta da un lieve bussare alla porta. “Avanti!” bofonchiò il professore senza neanche guardare. Gazza entrò cautamente, accompagnato dalla sua inseparabile gatta spelacchiata. “Che c’è, Gazza?” bofonchiò Severus, scocciato: il giovedì si stava facendo sentire, a quanto pareva. “C’è sua moglie in atrio, professore: dice che è urgente.”
Il Serpeverde, intento a scrivere, raggelò completamente. Gli studenti attorno a lui si scambiarono occhiate divertite e sorrisetti sornioni: la voce che Piton fosse tra i pochi insegnanti ad essere sposato ed avere figli era diventata la prima fonte di pettegolezzi e sghignazzi degli studenti negli ultimi anni. “Ma è vecchio per avere figli!” aveva azzardato qualcuno. “Più che altro, l’hai vista sua moglie? Uno schianto, con quello lì … mah!” esclamavano altri. “Chissà se la figlia ha il suo naso!” osavano i più temerari.
Naturalmente nessuno aveva mai osato chiederglielo di persona e Severus ci teneva a tenere ben distinta la vita privata dal suo ruolo di irreprensibile e bastardo docente di pozioni di Hogwarts, tenendo come unica traccia della sua famiglia ad Hogwarts una fotografia magica che aveva fatto incorniciare a sistemare nel suo ufficio, nascosta sulla sua scrivania dietro a barattoli ed ampolle varie. Raffigurava lui ed Hermione che teneva in braccio Eileen il giorno del battesimo: tutti e tre sorridevano nei loro abiti eleganti e la Grifondoro agitava la manina della bambina in segno di saluto prima che Severus le baciasse la testa. Ad eccezione di quel dettaglio, era sempre riuscito, nell’anno e mezzo di vita di Eileen, a tenere i suoi affari lontani da Hogwarts … tranne quando le sue classi gli avevano fatto dei regali per la nascita della bambina, regali che aveva liquidato con un mugugno al fine di dissuaderli dal rifarlo.
“E lo è davvero?” domandò, pertanto, mantenendosi gelido pur conoscendo perfettamente la risposta. “Temo di sì.” sogghignò Gazza. “Entusiasmante.” sibilò, alzandosi con uno scatto felini. “Resti Lei con questi inetti … e se solo scopro che qualcuno ha copiato o ha anche solo alzato gli occhi dal foglio, pulirà calderoni per i restanti mesi di scuola: sono stato chiaro?” sbottò Piton, irritato. Lasciò l’aula sbattendo la porta e facendo svolazzare drammaticamente il mantello nero alle sue spalle senza attendere risposta. I corridoi dei sotterranei vennero attraversati con tanta furia da far traballare le lanterne sino a quando il buio iniziò a diradarsi, lasciato il posto alla splendente luce di marzo che entrava dalle altre vetrate dell’atrio centrale, mostrando il cielo turchese e brillante, gli alberi verdeggianti scossi da un vento leggero e fresco. In quella visione, due figure erano ferme al portone ed intente a guardarsi intorno: Hermione, nel cappotto viola sotto cui s’intravvedeva l’elegante completo melanzana che le lasciava scoperte le lunghe gambe, osservava con gli occhi nocciola carichi di nostalgia ogni pietra del castello, mentre, nel passeggino, un paio di iridi color pece ammirava estasiato quel luogo nuovo. Emergendo dal buio dei sotterranei alla luce dell’atrio, Severus sentì la familiare stretta di inadeguatezza attanagliargli le viscere: quella scena era la perfetta rappresentazione di quello che tutti dicevano. Hermione era una splendida creatura di luce, bellissima ed inarrivabile, mentre lui un’ombra scura emersa dal buio e dalla terra per rapirla, come Ade con Persefone. La differenza rispetto a quello che tutti pensavano era che lui si era fatto ben più di uno scrupolo prima di portarla con sé e che lei l’aveva seguito con convinzione e senza protestare.
A Severus venne quasi da sorridere al vedere le sue bellissime donne prima di ricordarsi del motivo per cui era lì e di quanto ci avrebbero riso sopra gli studenti nelle prossime settimane.
“Che diamine è successo? Ti ho spiegato centinaia di volte che non voglio che la mia vita privata si mescoli a quella lavorativa, Hermione!” sbottò, raggiungendola in poche, silenziose, falcate. La strega lo fissò con sguardo di sfida, incrociando le braccia. “E credi che non lo sappia, che non mi costi venire fin qui sapendo quanto tieni alla tua riservatezza? Credevo di aver chiesto a Gazza di dirti specificamente che si tratta di un’emergenza!”
“E quale sarebbe questa grande emergenza che ti ha portata sino in Scozia da Cokeworth quando a quest’ora tu dovresti già essere a Londra all’appuntamento con l’editore ed Eileen dai nonni?” incalzò lui, sbuffando, prima di sfiorare leggermente le guance della bambina, che sorrise, entusiasta, afferrandogli le dita tra le manine paffute. “Stavo per andarci, infatti: l’editore mi aspetta alle dieci e trenta per discutere del nuovo romanzo … e poi devo passare al San Mugo a trovare Luna: sono nati i gemelli.” spiegò Hermione. “Mamma e papà, sono ad un convegno dell'ultimo minuto a Berlino, sicché avevo chiesto a Ginny se poteva badare alla bambina per qualche ora ed aveva accettato, ma stamattina mi ha scritto.”
“Che ha, qualche svolazzo in giro nei campi da Quidditch all’ultimo minuto?”
“No, è malata.”
“Ma sicuro, c’era da aspettarselo: sarà di nuovo incinta, presumo.” sbottò Severus: la Weasley pareva aver preso l’abilità di famiglia di restare incinta anche se guardata più a lungo del necessario. “Non me l’ha detto ed in ogni caso non mi pare il caso di disturbarla con Eileen, ne ha già abbastanza con James ed Albus, senza contare che se avesse un virus potrebbe ammalarsi anche lei. E, prima che tu me lo chieda, ho già valutato ogni altra opzione possibile: Mina è via con le due Andromeda, Molly ha già sette nipoti a casa sua e di certo non disturberò Narcissa ora che Astoria è appena uscita dall’ospedale dopo l’ennesimo malore …” ribatté. “Ed allora tanto vale portare una bambina in uno dei luoghi con più pericoli al mondo dove nessuno può badare a lei, sicuro!” sbraitò il professore prima di scuotere il capo. “Hermione, è giovedì, ho lezione tutto il giorno e c’è anche uno stupido consiglio di classe indetto da Minerva alle tre …”
“Ma sarò già di ritorno per quell’ora!” sbuffò Hermione. “Basta che tu la tenga per qualche ora, Severus, non ti chiedo nient’altro!”
“Devo lavorare, Hermione: ti è chiaro questo concetto?”
“Per quanto pericoloso, questo posto è pieno di persone che considero amiche o comunque fidate: affiderei loro la mia stessa vita, vuoi farmi credere di non poter chiedere a qualcuno di loro di controllare una bambina per qualche ora?” esclamò lei, alzando la voce ed attirando l’attenzione di quadri e fantasmi. “Ti ho mai portato Eileen al Ghirigoro mentre dovevi lavorare? No e sai perché? Perché non è il posto adatto ad una bambina!” ribatté Severus, assottigliando le palpebre. “Ma anche se fosse, non ci sarebbe stato alcun problema, avrei saputo gestirla! Si tratta di un …”
“Caso urgente, sì, sì, lo stai dicendo da quando sei arrivata!”
“Davvero? Beh, dovrò ripeterlo ancora, a quanto pare, perché tu sembri non capire!”
“Ti aspetti che faccia da babysitter mentre spiego la bevanda della pace? O magari mentre preparo qualche pozione velenosa, non so … così può correre il rischio di ingerirla meglio!” sogghignò. “Devo ricordarti che è anche tua figlia?”
“Bado a lei ogni volta che tu hai qualche impegno, lo sai, non abbiamo mai chiesto niente a nessuno, ma oggi proprio non mi è possibile, Hermione!”
La Grifondoro sospirò, portandosi una mano al viso. “Ti dà fastidio dover badare a lei o che io lavori?”
“Cosa? Non dire sciocchezze!”
“Mi hai detto tu che non serve che lavori, che c’è la rendita del Ministero!”
Io ho detto che con la rendita che abbiamo potresti anche permetterti di non fare altro che scrivere se lo volessi, non ho detto cosa devi o non devi fare, quella è una tua decisione!”
“Sì, certo, come ora è una mia decisione lasciarti Eileen, giusto?”
“Sei saccente, irritante, insopportabile ed arrogante!”
“E tu sei davvero un …”
Il vagito di Eileen li zittì contemporaneamente. “Senti, non importa: chiederò a mio padre se può tenerla in studio! Forse ha un lavoro con più libertà …” sottolineò Hermione, acida, preparandosi a girare sui tacchi. Gli enormi occhi spalancati con meraviglia sul mondo della sua adorata bambina, capaci di farlo capitolare con un semplice sguardo, si puntarono sul padre, delusi e Severus, come sempre quando c’erano di mezzo sua moglie e sua figlia, non seppe resistere. “Aspetta, Hermione!” esclamò, raggiungendola in pochi passi. La strega si volse, ancora stizzita, mentre Severus le strappava letteralmente di mano il passeggino. “Bado io a lei: va’ a Londra.” sentenziò senza guardarla. La Grifondoro incrociò le braccia al petto. “Resisterai o dovrò smaterializzarmi per tornare immediatamente perché sarai impazzito?”
Il Serpeverde sogghignò, avvicinandosi sino a ritrovarsi alla distanza di un respiro dalla moglie. “Resisterò e ti dirò di più: alla fine di questa giornata, sarò sempre e comunque molto più calmo di te.” sibilò, fissandola nelle iridi nocciola con sfida. Hermione sostenne lo sguardo, facendo allargare il suo ghigno al notare che le guance le si imporporavano ed il respiro si affannava allo stargli così vicino. Ancora, dopo anni …
“Bene. In tal caso, io vado.” sentenziò la giovane, sorpassandolo per salutare Eileen stringendole le manine e tempestandole il visino di baci. “La mamma torna presto: comportati bene con il papà, d’accordo?” sorrise prima di rivolgere un’occhiata strana a Severus e scomparire oltre il portone della scuola.
Non appena fu uscita, il professore sospirò, rassegnato, voltandosi a guardare il passeggino blu a pois bianchi che avevano comprato assieme a Chelsea ed Eileen che lo fissava con aria divertita nella sua tutina indaco e nei capelli neri e lisci che le coprivano il volto pallido dai morbidi lineamenti. “Riusciremo mai ad arrivare alla fine di questa giornata, eh?” sospirò Severus, spingendola nei sotterranei. Il vagito divertito di Eileen, nonostante la frustrazione, gli diede un po’ di conforto.
֍֎֍
Severus Piton raramente ritornava sui propri passi o ammetteva i suoi errori: le volte che aveva chiesto scusa si contavano sulle dita di una mano e raramente erano servite. Per questo neanche quel pomeriggio, tra sé e sé, riusciva ad ammettere di aver considerevolmente sottovalutato la pazienza di Hermione. Nei primi dieci mesi di vita della bambina, infatti, si era districata tra Eileen ed i suoi romanzi con fin troppa abilità, mentre lui, che vi aveva badato solo per qualche ora e senza avere quasi nient’altro da fare, solo ora capiva il perché quella neonata, sebbene tranquilla, la sfinisse tanto da lasciarle profonde occhiaie sul viso ogni sera.
Eileen Jean Piton era sì estremamente tranquilla, ma anche terribilmente delicata: andava cambiata regolarmente, bisognava darle da mangiare e da bere, spalmarle la crema magica se la si portava fuori o la si esponeva al vento perché aveva la pelle delicata e controllare che le sue magie non causassero danni irreversibili. In poche parole, un’impresa più impossibile che altro, considerato che, contemporaneamente, doveva anche badare a classi di inette teste di legno in piena crisi adolescenziale.
Approfittando del cambio d’ora, appena Hermione gli aveva lasciato la bambina, l’aveva portata nelle sue stanze, oramai adibite esclusivamente a studio ed ufficio, aveva acceso il caminetto ed infagottato Eileen affinché non prendesse freddo prima di darle il biberon. Silente, dalla sua cornice, aveva osservato la scena, divertito. “Che c’è tanto da ridere?” aveva bofonchiato il Serpeverde con la figlia tra le braccia che ciucciava soddisfatta. “Non avrei mai pensato di vivere abbastanza per vedere una scena simile, ragazzo mio …”
“Ed infatti sei morto, Albus. Anzi, fammi un favore, dato che hai un’eternità di nullafacenza dinanzi a te: controllala mentre sono di là a fare lezione.”
“Anche se dovesse succedere qualcosa, non saprei come avvisarti … dimentichi che sono solo un quadro ...”
“Oh, lo sai, eccome se lo sai, non fingerti un innocuo agnellino, sappiamo entrambi che non lo sei!”
Aveva, così, lasciato Eileen addormentata sotto lo sguardo commosso del vecchio preside per dedicarsi al quinto anno di Grifondoro e Tassorosso, una lezione quantomeno sfiancante. Per tutto il tempo, mentre ripassavano il distillato della morte vivente, annotandone i passaggi alla lavagna, correggendo errori e denigrando pozioni dall’aspetto malaticcio come al suo solito, aveva guardato l’orologio con apprensione. In un paio di occasioni era persino stato sul punto di allontanarsi con una scusa per controllare Eileen, ma il suo solido autocontrollo, fortunatamente, glielo aveva impedito. Non appena era scattata la campanella, aveva liquidato malamente gli studenti e si era precipitato nelle sue stanze, credendo, ingenuamente, a ben pensarci, di trovare tutto com’era. Per questo, in quel momento, era immobile sulla soglia, le dita ancorate allo stipite e l’espressione totalmente impassibile per lo sdegno.
La stanza era stata ribaltata da cima a fondo: divano e sedie erano capovolti, i libri vorticavano in giro per la stanza o giacevano per terra ed i soprammobili erano ovunque tranne che al loro posto. In tutto questo, immobile sul tappeto della stanza, Eileen batteva le manine al quadro di Silente. “Nonno Albus!” esclamava, felice. “Albus!” tuonò Piton, avanzando ad ampie falcate sino al camino, sentendo l’ira formicolargli sino alle gambe. “Oh, eccoti, Severus! Tua figlia ha una straordinaria capacità magica per la sua età, sai?” sorrise, bonario, Silente. “Lo so ed il tuo compito era di arginarla! Stava dormendo, possibile che in un’ora sia riuscita a combinare questo disastro?” sbottò Piton, furente, facendo ritornare tutto al proprio posto con un rapido gesto prima di prendere Eileen e rimetterla nel passeggino, lasciandola alquanto contrariata. “Si stava divertendo!”
“Poteva farsi male, santo cielo, ha poco più di un anno! Avrei dovuto saperlo, comunque, l’errore è mio: cos’altro ci si può aspettare da uno che in vita mandava ragazzini di quindici anni a morire come bestie da macello?”
“Suvvia, Severus, non rivangare nei vecchi errori del …”
“Rivango quanto mi pare e piace, Albus, perché posso anche prendere atto dei tuoi assurdi metodi educativi da hippy drogato, ma non posso accettare che li si usi su mia figlia! Che va anche cambiata, come se non bastasse!” sbottò, sollevando Eileen prima di sistemarla sul tavolo ed iniziare l’oramai familiare operazione che svolgeva meccanicamente come la preparazione di un elisir. “Dovrò trovare un’altra soluzione … accidenti a quel …” bofonchiò. “E che altra soluzione, Severus? La bambina con me si stava divertendo …” protestò Albus. “Non ribattere, non sei nella posizione di obiettare, non stavolta! Ci sarà qualche fantasma disposto a farmi da babysitter in tutta Hogwarts …”
“I fantasmi non posso afferrare niente!”
“Allora qualche elfo.”
“Un elfo? Fanno più danni che altro con le loro piccole magie, Severus!”
“Hagrid.”
“Hagrid? La porterà in mezzo a creature pericolose! Chiedi a Minerva o a Lupin!”
“Così saprebbero che non riesco a badare a mia figlia e per questo l’ho portata qui, contravvenendo ad ogni regola di professionalità? Mai! E, comunque, anche i vermicoli di Hagrid sarebbero più affidabili di te!” sbuffò Severus, sollevando la bambina nuovamente pulita e profumata e sospirando mentre gli sorrideva, agitando le manine verso di lui. La strinse a sé, inspirando il suo profumo di borotalco e shampoo alla violetta e le accarezzò le manine paffute prima di portarla sul divano e frugare nel passeggino. “Ma dove diavolo l’ha messo?” borbottò prima di estrarre, trionfante, un cavallino a dondolo rimpicciolito dalla tasca esterna. Al vederlo, Eileen prese a battere le mani. “Ino, ino!” strillò. “Il mio cavallino!”
“Ma certo che è lui!” sorrise Severus, facendolo tornare alle dimensioni abituali prima di sistemarvi sopra la figlia e reggerla per le spalle mentre, divertita, cavalcava il giocattolo finemente intarsiato ed elegante, entusiasta. “Proprio un bel giocattolo!” commentò Silente. “Gliel’ho comprato io, per forza è bello! Almeno è un gioco serio, invece di tutte quelle melensaggini rosa di cui la riempie sua nonna …” sbottò Severus, guardandolo con astio prima di tornare a concentrarsi sulla bambina, nuovamente sorridente: la amava in modo tanto smisurato da fargli spavento, a volte. Da quando l’aveva stretta tra le braccia ed Eileen gli aveva sorriso, era rimasto stregato da sua figlia, tanto da mal sopportare persino che qualcuno la toccasse e da sentirsi morire ogni volta che prendeva freddo o aveva mal di pancia. La sola idea che potesse soffrire, peggio ancora se a causa sua, lo faceva sentire come trafitto da mille spilli di ghiaccio. Avrebbe voluto solo che stesse sempre con lui ed Hermione, al sicuro, felice e coccolata, ma sapeva che non era possibile e già gli veniva il magone al solo pensiero …
Quasi gli venne da sogghignare al ricordo del Severus di qualche anno prima, seduto alla scrivania con del whisky in mano e lo sguardo nel vuoto, desideroso solo di morire e di smettere di soffrire per amori non corrisposti, scelte sbagliate ed anni di spionaggio, di macchinazioni e di errori. Allora, vedeva tutto nero e se qualcuno gli avesse detto che l’avrebbe superata e sarebbe rinato, gli avrebbe riso in faccia. Eppure, Albus aveva insistito col dirglielo tutti i giorni, fino allo sfinimento, tanto da obbligarlo ad uscire da lì per non doverlo sentire … ed aveva ragione. Piton non avrebbe mai creduto di riuscire ad essere felice ed in pace, ma Hermione ed Eileen, che aveva ora con sé, seppur dopo altro dolore e sofferenza, erano esattamente questo: la sua pace.
“Severus, è tardi, la classe sta arrivando!” esclamò Silente, destandolo dalle proprie elucubrazioni. “Cosa? Dannazione!” sbottò, schizzando in piedi. Eileen rise e lo indicò. “Papà è arrabbiato!” balbettò con la sua parlata incerta di bambina straordinariamente precoce. “Adesso come diavolo faccio?” sbraitò. In quel momento, sentì la porta dei sotterranei spalancarsi. “Professore?” chiamò una voce, seguita da altri. “Merlino … Albus, la lascio a te: se solo succede qualcosa a lei o alla stanza, ti brucio nel camino, chiaro?” concluse, secco, incantando il cavallino affinché Eileen fosse ancorata ad esso e schizzando in aula.
Con sua estrema sorpresa, trovò il terzo anno di Corvonero e Tassorosso già pronto per la lezione, con tutti gli studenti seduti e le piume sulle pergamene. “Buongiorno.” sibilò Piton, sentendosi osservato e cercando di riprendere il contegno che, evidentemente, aveva perso. Con passi lenti e misurati e le dita congiunte, si diresse alla cattedra. “Oggi tratteremo le proprietà dei fiori nella pozionistica.” annunciò con il solito tono seccato, accomodandosi. Nel farlo, non poté evitare di lanciare un’occhiata alla porta chiusa che dava nelle sue stanze. Non notando niente, iniziò a spiegare mollemente. Gli studenti prendevano appunti, silenziosi e timorosi come sempre. Solo dopo parecchio, una piuma scivolò da un banco, facendo calare un silenzio di tomba. “Mi scusi, è colpa mia …” mormorò una Corvonero dagli occhiali tondi, alzandosi. “Non c’è bisogno di muoversi dal proprio posto, Winters o dobbiamo forse dubitare che tu sia una strega?” considerò Piton, alzando un sopracciglio. La ragazza annuì, estraendo la bacchetta. “Wingardium leviosa.” recitò mentre la piuma levitava sino al suo banco, posandovisi. “Bene, ha passato la prima lezione di Incantesimi del primo anno con successo, Winters. Ed ora, torniamo alle dalie, a meno che non vogliamo ripassare anche noi cose del primo anno …” sbottò, riaprendo il libro. Aveva appena iniziato a dettare le proprietà dei gigli, notando, con sollievo e sorpresa, che oramai non gli faceva più alcun effetto nominarli o vederli, quando la porta che dava sulle sue stanze si spalancò di scatto. Prima che chiunque potesse reagire, Eileen volò nell’aula a cavalcioni del suo cavallino a dondolo, ridendo come una pazza e strillando: “Wingardium leviosa, wingardium leviosa!” mentre solcava il soffitto. Subito, tra gli studenti, lo stupore lasciò spazio alle risate incontrollate, tanto che alcuni addirittura finirono a rotolarsi a terra dal troppo ridere. Piton, stringendo le labbra sottili, chiuse le dita in un pugno e si alzò. “Finite Incantem!” recitò mollemente, accompagnando poi dolcemente a terra il cavallino e la bambina. “Si può sapere che diamine avete da ridere tutti quanti? Volete avere tutte T alle prossime verifiche dell’anno, forse? Se non tornare immediatamente ai vostri posti giuro che vi faccio sparire quella bocca così propensa ad aprirsi per sparare scemenze per sempre!” sbraitò poi, sbattendo una mano sul tavolo e fissando con gli occhi colmi d’ira gli studenti, che tornarono subito seri e composti. “Papà …” mormorò Eileen, agitando le manine in direzione dell’uomo con aria triste. Piton sospirò, portandosi la mano tremante alla base del naso per calmarsi. “Non è successo niente, Eileen, niente … solo, non farlo mai più!” sussurrò, prendendola delicatamente in braccio e stringendola a sé con sollievo. Si era quasi dimenticato di dove fosse, quando una voce familiare lo ridestò bruscamente. “Ma … è sua figlia, professore?”
Severus sollevò la testa di scatto, fissando la Winters che li guardava con aria sorpresa. “E di chi, sennò? Di Lupin? Non ha certo la pelliccia …” sibilò. Alcuni studenti, incredibilmente, osarono abbozzare dei sorrisi, cosa mai accaduta in quell’aula in più di vent’anni. “Possiamo vederla?” domandò una Tassorosso in prima fila, sognante. “Quando avrai figli tuoi, Byron, potrai guardarli quanto ti pare!” bofonchiò Piton. “E, comunque, la cosa non si ripeterà, è stata un’imperdonabile mancanza che …”
Eileen, agitandosi tra le sue braccia, lo interruppe, muovendosi freneticamente come per volersi mostrare agli studenti che, al vederla, si lanciarono in espressioni ed esclamazioni sognanti. “È bellissima!” considerò la Byron. “Vero, non Le assomiglia per niente, professore!” rise un Tassorosso. “Vonnegut, cinquanta punti in meno a Tassorosso e pulirai i calderoni per un mese!” sbraitò Piton, cullando la bambina. “Ed ora terminate la lettura della pagina mentre risolvo la … questione.” sentenziò, voltandosi per tornare nel suo ufficio, seguito dal cavallino.
Tra gli studenti non volò una mosca e, al rientro di Piton, tutti finsero di non aver sentito il grido: “Albus!” che aveva lanciato quando era uscito dalla stanza.
֍֎֍
La pozione per il mal di testa non aveva più alcun effetto su Severus, da quanta ne aveva ingerita. Aveva passato la giornata facendo su e giù dall’aula al suo ufficio, dove Eileen aveva mangiato, dormito e giocato tranquilla, sorvegliata da un Albus che era stato strigliato ben oltre il dovuto e quasi gettato tra le fiamme. Gli studenti avevano ottenuto voti bassi, compiti extra e punizioni come se piovesse e nessuno aveva osato fiatare, considerato l’umore davvero pessimo di Piton quel giovedì.
Del resto, era stanco e non aveva neanche pranzato, occupato com’era a dar da mangiare alla bambina ed a farla addormentare. Dopo altre ore di lezione, aveva approfittato dell’ora di pausa prima della riunione con gli altri insegnanti per pulire e sistemare le sue stanze e l’ufficio, ridotti ad un disastro insopportabile per un maniaco dell’ordine come lui ed ora sedeva in silenzio, fissando Eileen dormire accanto a lui nel passeggino e massaggiandosi le tempie tese. Era stanco, tremendamente stanco, arrabbiato ed indignato ed Hermione, come se non bastasse, gli aveva scritto che non sarebbe riuscita a ripassare e che, dunque, avrebbe dovuto portare a casa lui Eileen appena avesse finito a scuola. Ovviamente, era tutto per fargliela pagare … era una Serpeverde mancata, altro che testurbante Corvonero!
Riprese a massaggiarsi le tempie quando qualcuno bussò all’uscio aperto dell’aula di Pozioni. “Severus, la riunione è già iniziata e …” considerò Lupin, sulla soglia nel maglione marrone. “Zitto! Lupin, ti prego, non dire un’altra parola!” sibilò il pozionista, guardando accigliato sua figlia dormire prima di alzarsi e raggiungere Remus sulla soglia. “Che …” considerò dubbioso il mannaro, subito frenato da un gesto stizzito del Serpeverde. “Ho già parlato con Minerva, sono dispensato dal collegio docenti per il mio mal di testa …”
“Un mal di testa di nome Eileen?” rise Lupin. “No, un mal di testa di nome Hermione.” sbuffò Piton. “Me l’ha mollata per andare a Londra a trovare quella squinternata della Lovegood ed ad un appuntamento di lavoro!”
“Beh, è giusto che i padri facciano la loro parte, no?”
“Non di giovedì e non rischiando di compromettere la propria credibilità: ha combinato l’ardemonio, mentre ero a fare lezione!”
“Niente di irrecuperabile …”
“Ma neanche di piacevole.”
“Capisco. Ad ogni modo, ci servivi proprio tu: è per una pozione del programma del sesto anno …”
“Puoi riferire a Minerva che, se ha bisogno di me, sa perfettamente dove trovarmi, sempre e comunque e non si è mai fatta problemi a fare uso di quest’informazione.” sibilò, contrariato. “Capisco, certo, ma …”
“Niente ‘ma’: ho da fare, sono stato dispensato ed ora vorrei tornare a casa non appena sbrigate alcune scartoffie, perciò, Lupin, buona serata!” sbottò, chiudendolo letteralmente fuori dall’aula con un tonfo prima di lasciarsi nuovamente cadere sulla scrivania, tentando, inutilmente di concentrarsi sull’inventario degli ingredienti della dispensa scolastica mentre Eileen russava, tranquilla e profondamente addormentata. Ogni tanto, Severus la guardava, stupendosi nello scoprire ogni volta un dettaglio che la rendeva sempre più simile sia a lui che ad Hermione: era un perfetto concentrato di entrambi, il loro piccolo miracolo. Anche se il russare non l’aveva certo preso da lui, così come il vizio di scalciare nel sonno. Ogni domenica mattina si ritrovava a dormire in un angolino perché il resto del letto era occupato da due streghe alquanto agitate nel sonno … non che gli dispiacesse, ma ogni tanto la sua schiena ne risentiva.
Era quasi riuscito a concentrarsi sulla lista ancora incompleta quando la porta dell’aula si socchiuse appena, scricchiolando. “Lupin, ti ho già detto che non parteciperò a nessuna riunione, sono impegnato …” bofonchiò. “Neanche se fosse la riunione a venire da te?” domandò una voce familiare, facendolo sobbalzare ed alzare gli occhi. Dinanzi a lui c’erano Minerva, Lupin, la Cooman, Vitious, Hagrid, la Sinistra e persino quel ridicolo Eton, di Trasfigurazione. Tutti erano concentrati sulla culla accanto alla sua scrivania, naturalmente. “Oh, per Cassandra, è stupenda! E farà grandi cose, lo sento, è scritto nel suo destino …” mormorò Sibilla, facendo tintinnare gli anelli ed i bracciali nello sfiorarle la fronte. “Inizia con il tenere le tue grandi mani lontano dal suo futuro, Sibilla!” soffiò Severus, alzandosi in piedi di scatto. “Chi vi ha detto di venire qui? Lupin?”
“Lo sapevano già.” confermò il mannaro. “Per Merlino, se non posso partecipare, significa che …”
“Sapevano tutti che c’era la bambina a scuola!” sorrise Hagrid, prendendola in braccio. Eileen, riconoscendolo, si sveglio e sorrise, entusiasta, agitando le manine verso il mezzogigante. “Harid!” mormorò, storpiandone il nome. “Come lo sapevate?” sussurrò Severus, sbiancando, se possibile, pur mantenendosi algido come al solito. “Ad Hogwarts si sa sempre tutto di tutti.” annuì Minerva, rivolgendogli un’occhiata divertita e soddisfatta. “Anche se non me lo sarei mai aspettata da te, Severus … portare la figlia a scuola?”
“Ed infatti è stato un episodio disdicevole che non si ripeterà più e capirei se volessi decurtarmi dallo stipendio …”
“Ma decurtarti cosa? L’unica cosa che vorrei fare è prenderti a schiaffi, Severus!” intimò la McGranitt, scuotendo il capo. “Pensi sempre di poter fare tutto da solo, ma non lo sei da anni: questa è anche casa tua. Un inconveniente può capitare a chiunque. Ma noi avremmo potuto aiutarti, sai? C’erano ore buche ed a nessuno sarebbe dispiaciuto passare del tempo con questa meraviglia che, credimi, è così buona che stento a credere abbia il tuo DNA.”
Detto ciò, sorrise, compiaciuta, all’espressione mortificata del collega e prese posto, appellando una sedia. “Ed ora, iniziamo questa riunione: possiamo tenere la bambina in braccio a turno. E vediamo di fare presto, per l’amor del cielo: ho un treno da prendere per andare a Londra stasera e Severus ha decisamente bisogno di dormire.”
֍֎֍
Quando Severus rientrò a casa con Eileen profondamente addormentata nel passeggino, era tardi ed Hermione li stava aspettando sul divano, infagottata nella camicia da notte e nella vestaglia viola. “Eccovi, finalmente!” esclamò, schizzando in piedi. “Ma dov’eravate finiti?”
“T’interessa, allora!” commentò, acido, Severus, sistemando il passeggino prima di lasciarsi cadere in poltrona e massaggiarsi le tempie. “Come può non interessarmi?”
“Non mi è parso che tu ti sia fatta problemi a lasciarmela per tutto il giorno!”
“L’editore era in ritardo. E, comunque, pubblicherà il prossimo romanzo ad agosto!”
“Ma che piacevole notizia …”
“Non sei divertente.”
“Non volevo esserlo. La pazza?”
“I gemelli di Luna sono bellissimi e non è pazza!”
“Pensatela come volete.”
“E … Eileen? Ti ha … dato problemi? Si è comportata male?”
Severus osservò gli occhi colmi di apprensione di Hermione e sogghignò appena. “Non più del previsto.” rispose, enigmatico. “Ma cosa … oh, cielo!” sbuffò la Grifondoro, alzandosi e raggiungendo la culla. “Ci ho messo ore per farla addormentare, ti prego, non svegliarla!” la frenò Piton, stizzito. “Volevo solo vedere se sta bene!”
“Non l’ho mangiata!”
“Non lo faresti mai, lo so perfettamente. E sei … sei riuscito a gestire tutto da solo?” riprese Hermione distrattamente. “Ho avuto degli ottimi ausili.” rispose lui dopo un po’, levandosi mantello e casacca ed iniziando a sbottonare la camicia ed ad arrotolarne le maniche. Si levò l’ascot, consapevole della cicatrice che gli squarciava la gola e che tutti non potevano fare a meno di fissare: era sempre lì, come monito del suo passato, ma anche, in un certo senso, come simbolo della sua rinascita. Non gli dispiaceva averla, tutto sommato.
“Bene. Sono contenta.” annuì Hermione. “Anch’io. Molto. Almeno ora non mi rinfaccerai di non essere contento del tuo lavoro …”
“E tu che non so stare senza Eileen per più di due ore.”
“Certo, ma mi aspetto comunque delle scuse.” borbottò Severus, tornando a sedersi, chiudendo gli occhi. Li riaprì solo quando sentì il familiare profumo di Hermione e lei gli si sedette sulle ginocchia, circondandogli il collo con le braccia. “Mi sdebiterò, promesso!” gli sorrise, baciandogli la punta del naso, radiosa e bellissima come sempre. Severus non riuscì a trattenere un sorriso (una cosa che ancora non si capacitava di non riuscire a fare) e la strinse a sé. “Potresti fare tante cose … ad esempio evitare di essere troppo avventata o testarda o informarmi prima dei tuoi piani …”
“Un po’ difficile!”
“Giusto, giusto … allora, potresti diventare un bel koala!”
“Un koala? Hai bevuto troppo, Severus?” rise Hermione. “Nient’affatto: è che i koala tendono ad essere appiccicosi, come te. Avete molto in comune, ma loro non parlano così tanto …”
“Non portano neanche la vestaglia se è per questo …”
“Veramente.” sogghignò il Serpeverde al suo orecchio, passandole le lunghe dita sulle morbide gambe nude. “I koala non portano nulla.”

Angolo Autrice:
Un capitolo un po' più scherzoso, stavolta: avevo bisogno di scrivere qualcosa di leggero, è un periodo davvero pesante, fin troppo. Ringrazio davvero di cuore la bravissima e gentilissima _Morgan per lo splendido disegno che ha creato apposta per il capitolo e vi consiglio le sue bellissime storie: come promesso, il cavallino a dondolo è tornato e l'ha fatta da padrone. Grazie!
Spero vi sia piaciuta e ringrazio chiunque passi di qui!
A presto!
E.

 
  
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