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Autore: MollyTheMole    28/06/2022    0 recensioni
Circa vent'anni prima degli eventi delle Guerre dei Cloni, la Forza ha messo un padawan Jedi e una giovane duchessa sulla stessa strada. Nel tentativo di proteggere la giovane Satine Kryze dai cacciatori di taglie e da un pericoloso usurpatore, Qui Gon Jinn ed Obi Wan Kenobi saranno costretti ad immergersi nella cultura Mando, e scopriranno che i loro popoli non sono poi così incompatibili.
In particolare, il giovanissimo aspirante Jedi dovrà fare i conti con i propri sentimenti. Che dire, inoltre, quando si troverà a fronteggiare forze che non è in grado di comprendere?
ATTENZIONE: spoiler dalla serie The Clone Wars.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Satine Kryze
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 53

Pirun redalur

 

- Mhi solus tome, mhi solus dartome, mhi me'dinui an, mhi ba’jur verde.-

Silenzio.

Gli astanti si lanciarono un’occhiata perplessa finché Satine non sbottò. 

- Oh, suvvia! Baciala!- 

La famiglia scoppiò in un gioioso applauso mentre il maggiordomo e la domestica si scambiavano tenere effusioni nei loro abiti migliori. Satine, col sorriso fino all’attaccatura delle orecchie, si sfregava le mani dopo aver celebrato un matrimonio atteso da ormai troppo tempo.

Kryze Manor era stata addobbata a festa e per l’occasione Satine aveva coinvolto anche i Jedi.

- Non vorrete mica che Maryam ed Athos svolgano da soli i preparativi per il loro matrimonio! Non esiste!-

Così, Qui Gon era stato spedito a comprare la torta in pasticceria a Qibal, ed era tornato con grande ritardo pieno zeppo di ninnoli in vetro che avrebbe voluto studiare con calma. Obi Wan, invece, era stato ingaggiato per appendere le ghirlande ed evitare che la nuova duchessa si rompesse l’osso del collo sulla scala a pioli. 

Quella fu anche la prima occasione in cui il giovane padawan e il duca Kryze ebbero modo di interagire in modo appropriato. Scambiare due chiacchiere o parlare di politica era una cosa, vivere la vita di tutti i giorni un’altra. Satine gli aveva impilato in grembo una sfilza di ghirlande che il duca aveva avuto l’arduo compito di districare con le dita tremanti e passarle ad Obi Wan.

- Sat’ika, se lo faccio io ci metterete tre giorni.-

- Ma smettila, buir, non è vero!-

Non ci misero tre giorni, in effetti, ma una giornata intera sì, e Obi Wan comprese che, più che una necessità, quello era un gesto per coinvolgere il padre nei preparativi e non farlo sentire un inabile fermo in un angolo.

Così, aveva aspettato pazientemente che il duca districasse le ghirlande e poi le aveva appese alle pareti in alto facendole volare con la Forza.

Il giardiniere aveva fatto del suo meglio ed aveva avuto un bel risultato. Maryam ed Athos si erano sposati sotto un bell’arco di foglie di vite, ormai ingiallite dall’avanzare dell’autunno, con il Suumpir Darasuum a fare da cornice e il cielo macchiato da piccole nuvole bianche.

C’erano anche Inga Bauer e Vanya, passate di lì per l’occasione con un pensiero per gli sposi. Assieme a loro c’era una piccoletta dall’aria tutta pepe che Obi Wan non conosceva, ma che aveva l’aria familiare. La Forza attorno a lei gli ricordava qualcuno, ma la rabbia che dominava l’animo della piccola gli era del tutto sconosciuta.

Deve essere il parente fastidioso che ha destabilizzato Satine su Aldeeran.

In ogni caso, non aveva fatto domande e si era ritirato presto vicino al suo maestro per sfuggire agli sguardi penetranti della ragazzina, che sembrava avercela particolarmente con lui.

Nel bel mezzo dei festeggiamenti, quando ormai tutti avevano una fetta di torta in mano e un calice di ne’tra gal nell’altro, il commlink di Satine prese a squillare con insistenza.

La ragazza osservò il numero e respinse la chiamata.

Il commlink squillò ancora.

Satine sospirò, guardò con rammarico Maryam ed Athos e prese la chiamata, sparendo dentro le mura di Kryze Manor.

Obi Wan colse lo sguardo del duca mentre seguiva la figlia fin dentro il maniero. 

Poi, inaspettatamente, l’uomo voltò la testa e posò lo sguardo su di lui mentre gli faceva cenno con la mano di avvicinarsi.

Il padawan si inginocchiò accanto alla sedia a rotelle.

- Non voglio chiederlo ad Athos. Oggi è il suo giorno. Per favore, portami da mia figlia.-

Obi Wan non se lo fece ripetere due volte. Tolse i freni della carrozzina e lo spinse oltre la porta alla ricerca di Satine.

Non ci volle molto per trovarla, anche perché stava vociando dentro al commlink con l’indignazione di chi era appena stato interrotto sul più bello.

- Ma per tutta la biancheria sudicia di Kad’Harangir, proprio domani?-

Qualcuno brontolò qualcosa in risposta.

- E come accidenti faccio, secondo voi? Ho appena sposato il mio maggiordomo e la mia domestica, che dopo tutto quello che hanno passato avrebbero anche il diritto di godersi un viaggio, cioè, un viaggetto di nozze… No, non è una questione di soldi, è una questione di guerra! Dove vuoi andare a divertirti se è tutto distrutto? Più per passare del tempo insieme che per altro… Ma insomma, volete smetterla con questa storia della taccagneria? Non è per i soldi, vi dico!-

Obi Wan potè vedere il duca alzare gli occhi al cielo.

- Questa farsa non finirà mai, ormai il pregiudizio si è radicato.- brontolò il monitor, mentre con una mano cercava il braccio del padawan per portarselo vicino.

Quando lo raggiunse, lo invitò a chinarsi su di lui come per dirgli qualcosa in confidenza.

- Che poi, mica è vero che siamo spilorci. Siamo parsimoniosi.-

Satine si accorse di loro e si voltò verso suo padre, allargando le braccia.

- Generale Kell, ripeto, comprendo i bisogni della politica, ma domani non posso, almeno dopodomani… Va bene! Va bene! E sia! Andrò domani a Nebrod. Sì, si, va bene. No, la Rishii parla sempre così, deve essere molto anziana e nuova del sistema. Chiamate il Mrlssi, lui sa tradurre ed evita che la vecchia pennuta ripeta tutto quello che dite. Credetemi, è impossibile condurre una trattativa con lei che gracchia di sottofondo… No, il Phindian ci vede benissimo, vi confonde, ma il progetto lo guarda bene, quindi mi raccomando, controllate anche le virgole. Sì, riferite che ci sarò. Grazie.-

La ragazza chiuse la chiamata e sbuffò sonoramente.

- Non che non li capisca, eh.- esordì, guardando il pavimento e manifestando chiaramente una gran voglia di pestare i piedi.- Alla fine Maryam ed Athos hanno fatto lo stesso ma, per Arasuum, tutti adesso?-

- Qualcuno si sposa?-

- A quanto pare la popolazione di Nebrod si è insediata nuovamente ed hanno eletto a furor di popolo il nuovo sindaco in virtù delle sue azioni compiute in battaglia. Il problema è che il nuovo sindaco è stufo di aspettare e lui e la fidanzata hanno deciso di sposarsi domani. Nulla di sbagliato, se non volessero coinvolgere anche me. Non ci vado nemmeno volentieri, a Nebrod, dopo l’ultima volta, e invece adesso mi tocca in nome della politica. Sono stata a Khader, che, non ci vuoi andare a Nebrod, distrutto dagli spettri?-

Suo padre la guardò con compassione.

- I primi momenti dopo l’insediamento sono i più delicati, Satine. Vedrai che gli sforzi che fai adesso saranno ampiamente ripagati in futuro.-

Le spalle della ragazza crollarono inesorabilmente verso terra.

- Uffa.-

- Lo so, ma credimi, non è un problema. Maryam ed Athos capiranno. In fondo, si tratta solo di un paio di giorni. Andata e ritorno. Andrà tutto bene, vedrai. Staremo bene.-

Satine annuì e forzò un sorriso.

L’occhio le cadde sul quadretto che aveva di fronte. Suo padre assiso sulla sua sedia a rotelle ipertecnologica ed Obi Wan alle sue spalle che lo spingeva con pazienza.

Le dita del duca stringevano ancora un angolo della sua tunica.

Il cuore della duchessa si strinse un poco, mentre li guardava uscire di nuovo in giardino a festeggiare i due sposi novelli.

Suo padre si stava legando ad Obi Wan. Satine ormai era certa che sapesse che tra loro due c’era qualcosa. Forse, mostrandogli simpatia, stava solo facendo del suo meglio per convincerlo a restare a Kryze Manor e a non ripartire per Coruscant.

Non sapeva se essere felice o mettersi a piangere.

Rimase un momento indietro a meditare sul da farsi. Quella sera avrebbe dovuto preparare nuovamente la valigia e telefonare a qualcuno nel villaggio che le offrisse un luogo dove passare la notte per tre persone: lei e i suoi due protettori. Inoltre, avrebbe dovuto prendersi un minuto per meditare. Voleva arrivare psicologicamente preparata a ciò che l’avrebbe attesa al Pozzo dei Giganti. 

Un matrimonio come un funerale poteva essere un ottimo momento per Nebrod per parlare con lei.

La Forza sola sapeva quanto ne avesse bisogno! Doveva sapere che cosa fare. L’attesa la stava consumando. Obi Wan sarebbe rimasto? Sarebbero diventati un’unica, grande famiglia? 

Non aveva mai voluto comunicare con la creatura che viveva in fondo al Pozzo dei Giganti. L’idea di farlo di nuovo la terrorizzava. Allo stesso tempo, però, l’eventualità l’intrigava, soprattutto adesso che aveva bisogno di risposte e di certezze.

Sua sorella la trovò così, che pensava seduta sul divano di casa con la testa tra le mani e le dita che massaggiavano delicatamente le tempie.

- Nemmeno per il matrimonio di Maryam ed Athos riesci a liberarti?- 

Satine sentì un moto di rabbia invaderle il petto.

E’ lei quella arrabbiata, non tu.

Anche se non vuole vederti, se ha quasi disertato la tua incoronazione, se ha bellamente glissato sul tuo ritorno a Kryze Manor, è lei quella arrabbiata, non tu.

Tu non devi comportarti male.

Provò a dare ascolto alla sua vocina interiore e guardò la sorella con fare accogliente.

- Ciao anche a te, Bo. Come va il tuo addestramento con Inga?-

La ragazzina fece spallucce.

- E’ davvero un piacere vederti. Mi sei mancata tanto.-

Allargò le braccia ed abbracciò sua sorella. Le voleva bene. Non le importava nulla di tutto il resto: Bo poteva essere arrabbiata quanto voleva, ma era sua sorella, l’avrebbe amata per sempre. Sarebbe stata la bambina dai capelli rossi che aveva protetto per tutta l’infanzia.  

Quanto le era mancato quel legame! Sentire Bo viva e vegeta, e soprattutto vicina, non le aveva mai scaldato il cuore così tanto come in quel momento.

La ragazzina sulle prime parve sorpresa, ma alla fine ricambiò l’abbraccio come erano solite fare prima della guerra ed ogni freddezza sembrò superata.

- Avrei tanto voluto salutarti prima.- le disse, nascondendole il caschetto rosso dietro le orecchie.- Ma sei sparita improvvisamente. Avrei voluto parlarti. Ti avrei presentato i due…-

Bo Katan sbuffò. 

- Io con quelli non ci parlo.- 

Satine le lanciò un’occhiata eloquente, ma preferì non fare polemica.

Non adesso che aveva appena ritrovato sua sorella.

Le fece cenno di sedersi accanto a lei sul divano e sua sorella si accomodò. 

Satine lanciò un’occhiata fuori dalla finestra e si rese conto che suo padre si era fatto piazzare da Obi Wan in una postazione strategica, dalla quale poteva vedere dentro il maniero ed osservare la conversazione tra le due figlie.

Papà ne sa sempre una più del diavolo.

- Allora, dimmi: come va il tuo addestramento con Inga?-

La bambina fece spallucce, guardandosi le scarpe.

- E’ dura. Non pensavo che fosse così tosta, addestrarsi con le Figlie dell’Aria.-

Satine le fece un sorriso compassionevole.

- Ne so qualcosa, quando sono partita per il mio anno di addestramento…-

- Non vedo come.- la interruppe sua sorella, alzando il mento in alto e guardandola con aria di sfida. - Non ti sei mai addestrata con Inga e con le altre. Eppure porti la loro armatura.- 

Satine colse l’implicazione di quell’affermazione e trattenne il fiato.

Resta calma.

- Il mio, più che un gesto bellico, è un atto politico. Lo sai. La tigre delle due sei sempre stata tu.- e le accarezzò il caschetto rosso un’altra volta.- In ogni caso, non importa. Se le cose andranno come penso che andranno, nemmeno tu dovrai mai indossare un’armatura, quindi non fa differenza.-

Bo si finse convinta ed annuì.

- Se tua sorella un giorno entrasse a far parte delle forze armate, ti offenderesti?-

- Vuoi fare il militare?-

- Offenderei l’onore del Mand’alor?-

Pronunciò quella frase con una certa inclinazione canzonatoria che non sfuggì alla duchessa. Si morse la lingua e decise di procedere come sempre: ricambiando la leggerezza.

- Non dire scemenze, sarei fierissima di te. E poi, sarò anche contraria alla guerra, ma questo non vuol dire che accetti di arrendermi. La difesa è sempre legittima, e se tu volessi difendere il tuo paese non potrei fare altro che stare dalla tua parte. Il resto si adatterà alle inclinazioni del Mand’alor!-

Aveva sperato di strapparle una di quelle risate sguaiate che solo Bo sapeva fare, ma ottenne in cambio soltanto un sorrisetto.

Dov’è che sbaglio?

Il silenzio calò tra le due.

- Quando riparti?-

- Subito dopo la cerimonia. Vado via con Inga e Vanya.-

Satine aggrottò le sopracciglia.

- Credevo che ti saresti fermata un poco qua con noi. Mi avrebbe fatto piacere passare un po’ di tempo con te. Ti ho vista giusto giusto all’incoronazione e poi sei sparita. Sono stata via un anno in una specie di lungo campeggio, nascosta nei boschi e nei deserti del sistema. Io e i Jedi abbiamo avuto un sacco di avventure, non le vuoi conoscere?-

Vide la curiosità brillare negli occhi della sorella, ma lo sguardo di Bo Katan si era indurito. Non era più la bambina vivace che Satine aveva lasciato un anno prima.

La guerra può fare questo e anche di peggio.

- Sinceramente, no. La magia non mi è mai piaciuta.-

- E le storie di cavalieri, di dame? Quelle ti piacevano. Ti piaceva sentire della tragedia di Bo Katan Vizla, eri così fiera di portare il nome della ragazza che aveva cercato di porre fine ad una guerra inutile andando contro il volere del padre.-

- E’ vero, mi piacevano. Una volta. Tanti anni fa. E poi, la tua non è una storia epica. L’hai detto tu. Eri in campeggio.-

Se solo tu sapessi che è successo, mentre ero in villeggiatura.

- Beh, diciamo che ho usato un termine un po’ riduttivo. E’ stato un campeggio in fuga dai pirati.-

- Smetti di usare queste metafore da favola, Satine. Non ho più sette anni.-

No, ne hai dodici. Non è che ci sia molta differenza.

- Allora potresti ascoltare di come ho preso Sundari.-

Bo emise uno sbuffo sarcastico, ma non commentò.

Satine provò a cambiare argomento.

- Bene, allora raccontami tu che cosa è successo qua in un anno di conflitto. Avrai sicuramente delle storie avvincenti da raccontare. Possiamo mettere a posto la tua stanza e poi stasera andiamo sul tetto a raccontarci le storie…-

- No, parto.-

La duchessa chiuse gli occhi.

Calma e gesso.

- Che ne dici se ti vengo a trovare ai Eyaytir uno dei questi giorni?-

- Quindi è vero. Te ne vai.-

Satine strabuzzò gli occhi.

- No, non vado da nessuna parte. Mi hanno costretto ad andare a Nebrod domani, ma tornerò a casa immediatamente e poi potremo passare del tempo…-

- E il viaggio di nozze di Maryam ed Athos? E papà?-

Satine scosse il capo, mesta.

- La mia famiglia vale per me più di ogni altra cosa al mondo. Ho praticamente litigato con la generale Kell, pur di non partire.-

- Eppure partirai.-

- Per non inimicarmi il nuovo sindaco di Nebrod, sì. Hod’Haran solo sa quanti nemici già abbiamo senza metterci un’altra dichiarazione di empietà.-

- E ti porterai i tuoi cani magici dietro?-

Un lampo passò negli occhi di Satine.

Nemmeno mia sorella è autorizzata a definire Obi Wan e Qui Gon in questo modo.

- Modera i termini, Bo. Mi hanno salvato la vita e meritano la nostra riconoscenza.-

La bambina arricciò il naso.

- E’ per questo che riparti stasera con Inga e Vanya? Per non parlare con loro?-

Bo schivò abilmente la domanda.

- Non che cambi granché. Tanto non ci saresti stata lo stesso.-

- Bo…-

- L’hai detto tu, che sei a Nebrod. No?-

Le spalle di Satine crollarono verso il basso. 

- Perché non vieni con noi? Andiamo, dà ai due Jedi una possibilità! Sono sicura che se tu li conoscessi, ti starebbero simpatici.-

Satine lanciò un’occhiata a suo padre fuori dalla finestra e lo vide mentre si infilava in bocca un cucchiaio di panna, direttamente dalla seconda - o forse la terza - fetta di torta di Athos.

Aveva lanciato uno sguardo dentro la stanza con i baffi di panna ed aveva incrociato gli occhi di Satine per un momento.

Non sta andando benissimo, però non è nemmeno una tragedia.

Ci riprovò.

- Il maestro, per esempio, è molto curioso, anche se sulle prime sembra un po’ freddo. Potresti raccontargli delle storie. Ti ascolterebbe volentieri. Oppure, Obi Wan ha imparato benissimo le nostre tradizioni e parla la nostra lingua. Perché non ci parli?-

In cuor suo, Satine voleva davvero che sua sorella vedesse quanto di buono c’era nei due uomini. L’avevano protetta per mesi, a rischio della loro vita. La duchessa li adorava come si adorano i familiari, dei genitori. Beh, almeno per quanto riguardava Qui Gon. 

Obi Wan era un’altra storia. 

- No, grazie. Mi è bastata la sceneggiata all’incoronazione. Dovevi davvero portarteli all’altare?-

Satine cominciò a spazientirsi, ma provò a mantenere i nervi saldi.

- Bo, fai parte della nobile casata dei Kryze. Devi imparare a fare politica. I Jedi vivono su Coruscant, dove c’è il Senato della Repubblica.- 

Un lampo di consapevolezza attraversò gli occhi tigrati della ragazzina, assieme ad un misto di colpevolezza e vergogna.

Poi, il suo sguardo si fece duro di nuovo.

- Fa lo stesso. I Jedi sono stati nostri nemici e un Mando non dimentica. Per non parlare del fatto che la Repubblica se ne è bellamente lavata le mani, di Mandalore. Non capisco proprio per quale motivo dovremmo metterci in combutta con loro.-

- Non dobbiamo metterci in combutta. Dobbiamo semplicemente avere la consapevolezza che, per quanto corrotta e confusa, la Repubblica è l’alleanza galattica più vasta, e che prima o poi dovremo averci a che fare. Meglio averla come amica che come nemica. E poi, noi abbiamo firmato un trattato con essa. Dobbiamo rispettarlo.-

- Ma loro…-

- Loro non lo hanno rispettato, è vero. Questo non significa però che possiamo arrogarci il diritto di passare dalla parte del torto.-

Fu in quel momento che Satine ebbe una pessima idea. Meglio, sarebbe stata una splendida idea se avesse conferito con chiunque altro eccetto Bo Katan, ma non sapeva più che pesci prendere, davvero. Voleva a tutti i costi che sua sorella capisse. 

Per quanto potesse dire a se stessa che il problema non era suo, voleva che Bo fosse parte della sua felicità.

Non poteva dirle che amava un Jedi, ma poteva fare in modo di farle capire che di lui, tra tutti i Jedi, si sarebbe potuta fidare ciecamente.

- Perché non parli un po’ con Obi Wan? A lui la politica non piace, proprio come a te, ed è per questo motivo che è estremamente bravo a negoziare. Quando avrà completato l’apprendistato, sono sicura che sarà uno dei migliori Jedi e dei migliori diplomatici che questa galassia abbia mai visto. Avete molte cose in comune.-

Bo Katan, questa volta, sbottò.

- Perché insisti? Ti ho già detto che io con quelli non ci voglio parlare! Non ho niente da condividere con loro!-

- Perché voglio dimostrarti che ti sbagli, Bo. Sono partita con loro perché me lo ha chiesto la mia corte, perché era tatticamente un’idea geniale, ma nemmeno io li avevo molto simpatici. Sono comunque troppo vicini alla Repubblica. Eppure ho scoperto un sacco di cose, ho imparato a rispettarli e loro hanno imparato a rispettare noi. Senza di loro sarei morta, seriamente. Obi Wan mi ha insegnato a non avere paura di me stessa, a controllare la Luce. E’ così che sono riuscita a…-

Bo Katan spalancò gli occhi, offesa.

- Tu hai raccontato ad un Jedi della Luce di Mandalore?-

Satine proprio non riusciva a capire dove fosse il problema.

- Io non gli ho raccontato proprio niente. Mi è capitato di aprirla per sbaglio contro uno spettro ed ho rischiato di fare un mezzo macello. Senza l’insegnamento del maestro e di Obi Wan, sarei morta alla PharmaMandalore. Non è esploso un serbatoio, Bo. Nulla di tutto ciò. Sono stata io a far saltare in aria la fabbrica. Era diventata una tana di spettri, e noi ci siamo caduti dentro. E poi, andiamo, Bo! Secondo te come avrei fatto a vincere a Sundari senza aprire la Luce di Mandalore? Era ovvio che prima o poi avrebbero scoperto qualcosa. C’è di buono, però, che sono due persone intelligenti e fidate e…-

- Un Jedi non è mai degno di fiducia.-

- Come fai a dirlo se non ci parli?-

- Come fai tu a dire che non ti tradiranno! Davvero, non so che cosa sia peggio, che tu abbia confidato i nostri segreti ad uno sporco mago o che tu li abbia utilizzati con l’ausilio delle tecniche dei Jedi…-

Satine non seppe mai che cosa quel giorno rivelò i suoi veri sentimenti. Tutto ciò che la giovane duchessa voleva era fornire alla sorella gli strumenti per comprendere che sì, un mondo diverso era possibile, e - se solo gliene avesse data la possibilità - dimostrarle che se c’era stato spazio per un Jedi ed una Mando innamorati, allora ci sarebbe stato spazio anche per un mondo in cui la ragazzina non avrebbe sofferto più.

In un mondo ideale, questo sarebbe stato ciò che sarebbe accaduto.

Il mondo, però, era fin troppo reale.

E siccome lo sapeva, Satine non aveva detto assolutamente nulla, né lo avrebbe mai ammesso se sua sorella non avesse intuito la verità.

Da cosa, non lo seppe mai.

- Ti prego, dimmi di no.-

- A proposito di cosa?-

- Non puoi averlo fatto davvero!-

- Bo, di che cosa stai parlando?-

- Non fare la stupida! Sai benissimo di cosa sto parlando!-

E prese fiato, come per trattenersi dall’esplodere.

- Tu… E il Jedi…-

- Siamo amici, sì. E allora?-

- Non prendermi per scema. Tu e lui- increspò il naso per il disgusto.- Siete molto peggio.-

Satine avrebbe tanto voluto risponderle. E’ una favola. Sono tutte fantasie. Chi ti ha raccontato queste idiozie?

Aprì la bocca per rispondere, ma non ne uscì niente.

Sconfitta, abbassò il capo e si guardò le scarpe.

Bo Katan, invece, esplose come una bomba.

- CHE COSA?-

- Bo, che c’è di male?- riuscì a commentare Satine, aprendo le braccia.- Non sono mai stata più felice…-

- E ME LO CHIEDI?-

La duchessa sospirò.

- Lui mi rende felice, Bo. E’ come me. Vede il mondo come lo vedo io. E’ fragile come lo sono io e allo stesso tempo è molto più forte di me. Ci completiamo a vicenda…-

- Sveglia, Satine, questo non è Starlight, è la realtà, e dopo Galidraan significa che te la spassi col nemico!-

- Sai benissimo anche tu che Galidraan è stato uno sporco trucco per ingannare i Jedi e convincerli a commettere una strage…-

- Sì, sì, tutte scuse per difendere i tuoi nuovi amici, ma la nostra gente è morta quel giorno, e tu ti porti a letto uno di quei mostri!-

Satine avvampò.

Un silenzio teso calò nella stanza, mentre Bo Katan fissava la sorella, oltraggiata. 

La osservò mentre serrava le palpebre e sibilava, minacciosa:

- Che non esca mai più una simile nefandezza dalla tua bocca, Bo Katan.-

La ragazzina percepì la minaccia e fece un passo indietro, stringendo i pugni e le labbra.

Satine era scandalizzata. Come poteva? Era la persona che la conosceva meglio di ogni altro dopo suo padre. Come poteva sua sorella accusarla di aver infranto il Resol’nare, di aver usato i voti del riddurok, di aver creato un vincolo

Oh, le sarebbe piaciuto un sacco, ma no.

No.

- Tu sai esattamente che ci sono limiti oltre i quali non mi spingerei, Bo. Non senza una valida ragione. Sai benissimo che queste cose non si fanno per politica, non da parte del nostro clan. Ed io sono fedele a Mandalore, a te e alle nostre tradizioni. E comunque - il tono della sua voce si fece affilato come la lama di un rasoio.- Quello che faccio nella mia vita privata o nel privato delle mie stanze non ti riguarda.-

Bo tacque per un secondo, prima di ribattere.

- Papà lo sa che ti fai un etyc jetti?-

Satine alzò pericolosamente un sopracciglio, ma Bo la sfidò apertamente a provare a punirla.

Inspira, espira.

- A papà Obi Wan piace.- le rispose in tutta onestà.

Satine non sapeva, all’epoca, che quella sarebbe stata una delle ultime volte in cui avrebbe visto sua sorella. Non sapeva che uno degli ultimi ricordi che avrebbe avuto di lei sarebbe stata la sua piccola schiena minuta che si stagliava contro il cielo autunnale sulla soglia di Kryze Manor, il caschetto rosso che si fondeva coi colori delle foglie e dell’erba.

Non sapeva nulla di tutto ciò, ma averlo saputo non le avrebbe comunque fatto meno male. 

- Bo, ti prego, aspetta!-

Ma la bambina non si fermò nemmeno mentre prendeva la porta.

Satine, a quel punto, esplose.

- Perché?- tuonò, un ringhio nella voce che non le apparteneva e che soltanto il comportamento insolente di Bo sapeva tirarle fuori.- Perché non puoi essere felice per me, per una volta nella tua vita?-

Le notti passate sul tetto a discutere di come sarebbe stato il mio Uomo delle Stelle, del suo aspetto, delle sue qualità.

Le notti passate a sognare insieme mondi lontani e futuri possibili.

La profezia di Nebrod, che non mente mai.

Come hai fatto a dimenticare tutto?

Questa volta, Bo Katan si fermò.

Si fermò sulla soglia, i pugni lungo i fianchi e il capo rosso che sfiorava il blu del cielo.

Voltò appena il viso, abbastanza per poter mostrare a Satine la freddezza nei suoi occhi tigrati, identici a quelli di suo padre, ma allo stesso tempo così diversi.

- E’ questo quello che vuoi, Satine?-

Satine. Non più Tilli. Soltanto Satine.

Si sentì stringere il cuore.

- Sì.-

- Sei felice con lui?-

- Sì.-

Bo voltò di nuovo il capo verso l’esterno.

- Allora auguri e figli maschi, Satine. Sono felice per te.-

E sparì oltre la porta.

Satine non si fece ingannare. Sua sorella non era davvero felice per lei. 

Non era nemmeno felice di essere sua sorella. 

Incrociò lo sguardo di suo padre, in parte furioso ed in parte avvilito, il cucchiaio sporco di panna che giaceva rassegnato sulla coperta, macchiando il tessuto. 

Avrebbe potuto continuare a dirsi che non aveva colpa, che la rabbia di Bo Katan andava curata, che lei era soltanto un capro espiatorio, ma una parte di sé sapeva che non era così.

Quella fu la prima volta in cui la giovane duchessa fu costretta ad andare a sbattere contro la dura realtà. 

Prima che i Jedi fossero dei benvenuti su Mandalore, sarebbero passati molti, molti anni.

Richiuse la porta alle spalle della sorella, prendendosi un momento per calmarsi. 

Una strana sensazione di chiusura, di un qualcosa di definitivo la pervase.

Sii felice, Satine, ma senza di me.

 

Non disse niente a nessuno. Non a suo padre, e nemmeno a Qui Gon. 

Non ad Obi Wan.

Fece finta di nulla, come solo lei aveva imparato a fare. Quel giorno uscì di nuovo in giardino col sorriso a festeggiare. Mangiò la torta e scattò le fotografie con gli sposi.

La sera andò a letto, da sola, dopo avere fatto le valigie, e il giorno dopo era già seduta sulla sua navicella pronta per andare a Nebrod quando i due Jedi la raggiunsero.

Soltanto suo padre si era accorto della delusione nei suoi occhi blu, così simili a quelli di sua madre, e se ne fece carico, come aveva sempre fatto per tutta la vita. Questa volta, però, le sue parole rassicuranti non sortirono alcun effetto.

- Bo è un mio fallimento…-

- No, papà, Bo è un fallimento collettivo. Avrei dovuto impegnarmi di più. Avremmo dovuto tutti quanti impegnarci di più. Le abbiamo dato tutto, e nonostante questo le è mancato quello che le serviva.-

- E che cosa sarebbe?-

- Non lo so. Vorrei che potesse dirmelo.-

Poi, Satine si era fatta seria ed aveva aggiunto qualcosa che aveva allarmato profondamente il duca, insinuando in lui il sospetto che il disagio di Satine fosse dettato da qualcosa di più dell’ennesimo litigio con la sorella.

- Buir, che cosa facevi quando uno dei tuoi progetti non funzionava? Voglio dire, che cosa facevi quanto era tutto assolutamente perfetto, quando tutto andava secondo i piani e poi arrivava quel piccolo dettaglio, quel qualcosa che lasciava l’amaro in bocca?-

Il duca ci aveva pensato un po’ su.

- Intendi, come la riforma della sanità?-

- Più o meno.-

- Mi prendevo un po’ di tempo per elaborare il lutto della sconfitta. Poi, ci provavo di nuovo.-

- E se quella seconda occasione non esistesse?-

- C’è sempre una seconda occasione, Sat’ika. Siamo padroni del nostro destino. Se la sorte non bussa alla porta, possiamo sempre aprirle la finestra.-

La conversazione non lo aveva illuminato, tuttavia, vedendo Satine fare buon viso a cattivo gioco, preferì non mettere il dito nella piaga e provare a risolvere la questione in un altro modo, rivolgendosi direttamente a Bo Katan.

La ragazzina, però, non era stata di grande aiuto. Aveva riposto con parole evasive sulle prime, salvo poi esprimersi con una certa ruvidezza riguardo alle, come dire? Relazioni fisiche e sentimentali che la sorella intratteneva con un certo ragazzo di sua conoscenza.

Era stato così che il buon duca era venuto a definitiva conoscenza di quanto aveva sempre sospettato fin dal primo momento in cui aveva incontrato il bel giovanotto dagli occhi di bruma. 

Non aveva mai fatto nulla di male, povero ragazzo. Si comportava da manuale. Mai un’allusione o un ammiccamento, e nessun contatto in sua presenza. Era stato come aveva fatto quel poco che aveva fatto che aveva tradito i suoi sentimenti per Satine: l’indignazione per l’avventatezza del piano di Khader, la paura di essere diventato un pericolo per lei dopo i morsi di spettro, il chiodo fisso che qualcuno potesse farle del male o che potesse fargliene lui stesso, uno sguardo di troppo diretto a lei e la fierezza negli occhi quando l’aveva vista seduta sul trono accanto a sé.

Ecco, quello sguardo - assieme al morale a terra del padawan la sera prima dell’incoronazione -  era valso per il duca più di mille parole.

Se però Kyla vedeva di buon occhio quel rapporto e - anche se non l’avrebbe mai ammesso pubblicamente - aveva cominciato a prendere in simpatia il ragazzo dall’aria scanzonata e con l’appetito di un gemas, Bo non la pensava alla stessa maniera, e dopo un alterco moderato per il temperamento della bambina, l’aveva guardata andarsene via assieme a Vanya ed Inga Bauer. 

Satine, per conto suo, non aveva avuto più voglia di parlare di Obi Wan con nessuno, ed anche in quel momento, al suo posto sulla navicella, rimase in silenzio per quasi tutto il viaggio di andata.

Solo quando furono in prossimità del lago si decise a raccontare ai Jedi tutto quello che sapeva sul villaggio di Nebrod e sulle loro usanze.

- Quello che ci troviamo ad officiare oggi è il Rito dell’Acqua, Pirun Redalur.- chiosò mentre apriva la portiera e scendeva dalla navicella.- E’ un rito propiziatorio che si celebra in occasione dei matrimoni. Dura un giorno intero. Ci si sposa al mattino presto, si salutano i parenti e si scambiano i regali, si pranza e poi a turno ci si bagna tutti nel lago mentre gli sposi tentano la sorte e si lanciano alle spalle degli oggetti. Può trattarsi di fiori o di piccoli gioielli. Chi riesce a prenderli si sposa entro l’anno, o almeno dicono che Nebrod così voglia. In ultimo, prima di cena, tutti gli invitati devono ballare nel lago, una cosa a proposito di percuotere la terra coi piedi e smuovere l’acqua per augurare buona sorte e soprattutto una prole numerosa.- commentò infine, scuotendo la mano avanti e indietro come per dire che non aveva intenzione di dilungarsi troppo sull’argomento.

Il terzetto fu purtroppo costretto a prendere atto che paesino era stato effettivamente devastato dagli spettri. Molte delle case rurali che Satine aveva visto anni prima non esistevano più e il bel borgo aveva tetti scoperchiati, porte divelte e brutte macchie sulle facciate delle case. Tuttavia, la popolazione si era data da fare, nonostante l’età avanzata. Avevano ricostruito gran parte dei tetti e, a non voler far caso ai segni della guerra, si sarebbe potuto dire che la città era piuttosto ridente, immersa nei colori dell’autunno e piena di decorazioni di fiori e foglie sulle porte, adornate a festa per il lieto evento.

- Ci ospiterà Lea.- disse Satine, mentre salivano al villaggio attraverso un viottolo acciottolato molto pittoresco che i due Jedi studiarono quasi con circospezione.- E’ un personaggio piuttosto importante qua. Di solito è lei ad officiare i riti principali, come matrimoni o funerali, ammesso che non venga richiesta la presenza del Mand’alor.-

La signora Lea, che pareva avere tutti gli anni del mondo, sembrò molto felice di rivedere Satine e fu molto cordiale anche con Obi Wan e Qui Gon. Per la prima volta, tuttavia, i due poterono percepire nella Forza un certo alone di diffidenza che li spinse a pensare che non fossero del tutto bene accetti.

Satine aveva spiegato loro che Lea era una donna molto intelligente e che aveva capito immediatamente quale fosse la loro vera natura. Nonostante questo e la certezza che non li avrebbe mai traditi, anche Satine fu costretta a mordersi la lingua nel constatare che, purtroppo, non tutti la pensavano come il clan Kryze.

Sì, Galidraan era stata effettivamente una fregatura ai danni dei Jedi in cui c’avevano rimesso tutti, maghi e Mando. 

Sì, le guerre contro i Jedi erano avvenute migliaia di anni prima e, stranamente, i Mando avevano perso. 

Forse è proprio questo a rendere la cosa ancora più inaccettabile. 

Si stava parlando di preistoria, però, paleontologia, e tutti sapevano com’erano andate davvero le cose su Galidraan.

Eppure, nonostante la sua sapienza, anche una donna colta e avanzata come Lea non riusciva a mettere da parte la diffidenza.

Satine pensò che avrebbe dovuto fare qualcosa al riguardo.

Tuttavia, non ebbero molto tempo per pensare. Lea li trascinò immediatamente sulle rive di un bel lago dalla strana forma circolare, ai piedi di un picco di roccia scura. 

Obi Wan notò la pupilla di acqua scura, la fossa verticale che i Mando chiamavano Pozzo dei Giganti, e sentì un brivido freddo scorrergli lungo la schiena.

Il matrimonio fu celebrato quasi immediatamente sulle rive al lago, in quella bella giornata di sole autunnale che tingeva tutto di arancione e di giallo, mentre l’acqua rifletteva opaca le chiome degli alberi e le nuvole bianche, e il vento si agitava quel tanto che bastava a sollevare scialli e gonne.   

I saluti furono calorosi e persino i Jedi furono presentati a qualche notabile invitato al matrimonio. La sensazione di disagio, però, non li abbandonò mai, ed ebbero la conferma dei loro sospetti quando, dopo aver stretto la mano ad un ambasciatore, poterono udire la signora bisbigliare all’orecchio del marito:

- Ma che cosa ci fanno ancora qua?-

- Si vede che la duchessa non è ancora al sicuro.-

La donna a quel punto si era guardata alle spalle ed aveva arricciato leggermente il naso alla loro vista.

Non siamo graditi.

Il banchetto fu allestito su un tavolo basso, dove i commensali mangiarono sedendo per terra su stuoie colorate. Anche in quell’occasione, i due Jedi furono trattati con circostanza. Il cameriere, addirittura, si fermò con la portata in mano chiedendo il permesso di mettere il piatto in tavola.

- Certo, figliolo. Avanti, non mordiamo mica!-

Il tentativo di sdrammatizzare di Qui Gon, però, cadde nel vuoto, e il cameriere filò via come il vento, pretendendo di avere altri commensali da servire urgentemente.

Mangiarono fino a scoppiare. Ci fu chi si addormentò al fresco sotto un albero, chi invece preferì prendere il sole. Altri si tuffarono subito in acqua per adempiere al rito. Gli sposi rimasero a chiacchierare, e Obi Wan, accanto a Satine nella sua solita posizione di guardia, potè intuire per quale motivo la loro presenza fosse ritenuta così invasiva.

- Mia cara duchessa, non sapete quanto siamo felici che voi siate qua!-

- Sono io che ringrazio voi per l’invito, e mi dispiaccio di non potermi fermare di più. Purtroppo la mia posizione in questo momento non mi permette di riposare.-

Il sindaco era un uomo che non aveva ancora raggiunto la mezza età, ma che già presentava alcuni segni tipici di chi aveva vissuto una vita intensa. Anche la sua signora - che agli occhi di Obi Wan sembrava leggermente più in là con l’età - per quanto raggiante portava i segni di una vita complessa sul volto. 

Non aveva niente contro di loro, o almeno non aveva avuto nulla a che ridire fino a quel momento, quando si trovò ad ascoltare le parole che uscirono dalla bocca dello sposo.

Si era dimenticato che, purtroppo, era un politico.

- Vedo che avete ancora i vostri protettori con voi.- disse, lanciando un’occhiata al ragazzo poco distante.- Qualcosa non va?-

Satine scosse il capo con educazione.

- Nulla di preoccupante, ma vista la situazione e quanto già accaduto, credo che sia di fondamentale importanza che le cose restino così ancora per un po’.- concluse, ammiccando nella direzione del padawan.- Voglio prima prendere tutte le misure necessarie a garantire la stabilità.-

L’uomo parve solo parzialmente soddisfatto.

- Vi dirò, duchessa, non sono offeso e non c’è nulla di personale in quello che sto per dirvi, tuttavia credevo che vi avrei incontrata da sola, o al massimo con vostro padre. Devo ammettere che la presenza dei vostri protettori mi mette in soggezione.-

Satine non mangiò la foglia.

- Non vedo perché mai, amico mio. Questi uomini mi hanno salvata da situazioni perigliose e mai, mai hanno fatto male ad alcuno. Non vedo per quale ragione dovreste sentirvi intimidito dalla loro presenza. Sono gli esseri più affidabili di questa galassia.-

Il sindaco fece un sorriso che, per una frazione di secondo, parve ad Obi Wan terribilmente finto. 

- Non ne dubito.- e il padawan ebbe la certezza che sì, ne dubitava, e anche parecchio.- Tuttavia, uno potrebbe pensare che non vi sentiate al sicuro. Qua siamo tra amici, duchessa, nessuno si sognerebbe mai di farvi del male, o sospettate dei vostri primi sostenitori, i Nuovi Mandaloriani?-

Satine trattenne un sospiro.

E ti pareva.

Adesso che sono sul trono, si ricomincia con il teatrino. 

C’è ancora chi vuole il passacarte e non il leader.

E forse in termini politici le sarebbe convenuto pretendere di esserlo. Hod’Haran solo sapeva che cosa avrebbero potuto fare i capiclan potenti se lei avesse alzato troppo la testa.

Il Resol’nare prevede la fiducia cieca nel Mand’alor, ma il potere ne richiede altrettanta, e l’economia anche. Basta avere un po’ d’intraprendenza per esercitare l’uno e l’altro, e se il Mand’alor è nel mezzo può scegliere se scansarsi volutamente un po’ più in là o se essere scansato.

Fece buon viso a cattivo gioco.

- Mio caro sindaco, non dovete assolutamente preoccuparvi. Mi fido di voi come mi fiderei della mia famiglia. Quanto fatto dai Nuovi Mandaloriani non sarà mai dimenticato. I miei protettori mi seguiranno fino a che non avremo risolto la questione dei rinnegati e dei terroristi in fuga, dopodiché se ne andranno con l’inizio delle principali riforme, che intendo avviare nei prossimi mesi. Datemi il tempo di fare questo e di concludere il tour del settore con Phindar e Concord Dawn. Non avrò più bisogno di guardie, dopo. Solo di voi!- concluse, scherzando, e il sindaco parve prenderla bene. 

Dopo quel colloquio ne seguirono altri, e la sensazione di essere osservato non abbandonò Obi Wan per tutta la durata di quel matrimonio.

Con il calar del sole vennero accese le lucerne. L’acqua di tinse del rosso delle luci. I primi invitati più alticci stavano già ballando in acqua al ritmo dei tamburi. Una donna reggeva un bouquet di fiori con un sorriso a trentadue denti, certa che Nebrod avrebbe fatto in modo di farla sposare entro l’anno, e un uomo sfoggiava un vistoso paio di gioielli nuovi sui polsini della casacca, eredità dello sposo e auspicio di buona sorte. 

La danza entrò nel vivo quando anche gli sposi si unirono agli invitati, a piedi nudi nell’acqua. Saltarono, percossero la terra con le palme dei piedi nudi e schizzarono acqua dovunque.

Satine e i due Jedi rimasero a guardare, battendo le mani al ritmo dei tamburi.

Almeno, la duchessa rimase lì fino a che la sposa, bagnata dalla testa ai piedi e con l’abito semitrasparente che si attaccava alla sua figura, non uscì dall’acqua di corsa, l’afferrò per le mani e la trascinò nel mucchio.

Satine tentò di opporre un poco di resistenza, ma fu presto vinta dall’entusiasmo della coppia. Calciò via le scarpe e si mise a ballare, saltare e cantare assieme a tutti gli altri, inzuppandosi dalla testa ai piedi.

Qui Gon dette di gomito ad Obi Wan.

- Tu non vai, ragazzo?-

Il padawan, però, non era certo che fosse una buona idea.

- E se mi accusassero di volermi appropriare di qualcosa che non è mio? Non siamo ben visti qui, maestro.-

L’uomo fu costretto a dargli ragione.

- Saggia scelta. Inoltre, è un po’ troppo, ehm, su di giri per essere appropriato per quelli come noi. Fai bene a restare qua.-

E lo era davvero, su di giri. Anche Obi Wan lo era, perso a guardare la figura bagnata di Satine che  si districava nella massa di corpi umidi e danzanti sulla riva del lago, le fiamme rosse che le illuminavano i capelli biondi e il sorriso che splendeva nel chiarore della sera d’autunno. 

Si immaginò per un momento lì a ballare con lei, in un rito dal sapore antico e da un’alta carica, ehm, emotiva, ma fu costretto a guardarsi le scarpe per concentrarsi e riconnettersi con la Forza.

Quella è un tipo di danza che vuoi ballare con lei da un po’. 

A sera inoltrata il rito finì, la pirun redalur fu finalmente conclusa e la cena servita in tavola. 

Altra musica ed altri balli seguirono quelle portate con cui i due Jedi si saziarono senza pietà, in barba a chi li stava guardando. Erano abbastanza certi che, pieni com’erano di netra’gal, nessuno avrebbe più pensato a loro e così fu. La loro presenza, un tempo oggetto di attenzione costante, finì rapidamente nel dimenticatoio. 

Ringraziarono la Forza per questo. Il pomeriggio era stato terribilmente imbarazzante e aveva lasciato loro una brutta sensazione di essere percepiti come intrusi. Non che non fossero consapevoli di che cosa pensassero i Mando di loro, tuttavia il contatto con la famiglia Kryze aveva fatto loro sperare che le cose potessero cambiare. L’impatto piuttosto brutale con il mondo interessato della politica - e soprattutto la consapevolezza che non tutto Mandalore era come Satine - li aveva impressionati non poco e aveva insinuato in loro il dubbio che la visione della giovane duchessa potesse essere in larga parte irrealizzabile.

Un angolino della coscienza di Obi Wan, che si era trovata a dubitare della sicurezza della ragazza, aveva gioito immaginandosi accanto a lei, suo protettore per sempre senza dover nemmeno rinunciare al suo addestramento da Jedi.

La consapevolezza che fosse soltanto un’illusione, però, si era sedimentata presto in lui.

Gli unici sobri - e soprattutto savi e scevri da ogni pregiudizio - erano i bambini presenti alla festa. A loro non importava un accidenti che fossero Jedi, Mando o Sith. Si fecero attorno a Qui Gon, che provò ad intrattenerli con qualche trucco di magia, non senza imbarazzo, suscitando la tenerezza di Obi Wan e Satine. I genitori dei bambini erano troppo intenti a ballare per accorgersi di loro, e alla fine anche la giovane ragazza prese il padawan per mano e lo trascinò in mezzo alla calca che adesso stava ballando un’accesissima iivin redalur.

- Vieni, Ben, andiamo!-

- Ma non conosco nemmeno tutti i passi!-

- Chi se ne importa? Nemmeno io li so tutti!-

Ebbe giusto il tempo di lanciare un’occhiata alle sue spalle al suo maestro, che batteva le mani al ritmo di musica per far ballare i bambini, e poi sparì dentro la folla danzante.

Non lo avrebbe mai confessato ad alcuno al Tempio Jedi - con l’esclusione di Bant Eerin, si intende - ma si divertì un mondo.

Qui Gon, allo stesso modo, non avrebbe mai detto a nessuno di essersi divertito a fare per un po’ da babysitter. Obi Wan era cresciuto, ormai, e il contatto con i bambini gli riportò alla mente bellissimi ricordi condivisi con il ragazzo.

Sorrise mentre batteva le mani e li guardava ballare, provando a tenere dietro al tempo, Satine più sciolta ed Obi Wan più impacciato, che provava a seguirla senza perdere il filo.

Si disse che, per quello che valeva, li avrebbe lasciati divertire ancora per un po’.

Se le cose stanno così, comincio a sospettare che non avranno più molto tempo per farlo.

 

Il buon maestro ebbe purtroppo la conferma di tutti i suoi dubbi in nottata, quando ormai la festa nuziale era conclusa e tutti dormivano saporitamente. 

Obi Wan in particolare si era addormentato come un sasso, mentre Qui Gon aveva faticato un poco a prendere sonno.

Alla fine, stufo di rigirarsi ne letto senza scopo, decise che una tazza di infuso caldo gli avrebbe fatto bene e scese in cucina alla ricerca di una teiera. 

Lì trovò la vecchia Lea seduta al tavolo del cucinotto. 

L’aveva vista andare via presto dopo cena, mentre le danze infuriavano sulla riva del lago. Qui Gon non sapeva perché, ma aveva avuto la sensazione che quella donna avesse voluto comunicare il suo disappunto con quella ritirata anzitempo, e cominciava a sospettare che lo avesse aspettato alzata, e che lo avesse fatto per un motivo ben preciso. 

Decise di assecondarla. Scostò la sedia e si sedette a tavola con lei. 

- E’ camomilla?- le chiese, ammiccando con cortesia verso la sua tazza.

La donna scosse il capo.

- E’ behot.-

Non si dilungò in ulteriori spiegazioni, così il maestro azzardò.

- Di che sa?-

- Limone.-

- Posso berne un po’ anche io?-

La donna lo fissò intensamente e Qui Gon si chiese per tutta la durata di quello sguardo se non le avesse chiesto qualcosa di sconveniente. Magari era una medicina, o chissà quale altra schifezza la signora dovesse assumere.

Poi, con sua sorpresa, la donna si alzò e gliene versò una tazza da una teiera riposta su una piastra ad induzione.  

- E’ buono.- le disse dopo qualche sorso, e la vecchia dondolò il capo, senza parlare.

Tra loro calò il silenzio. Qui Gon, troppo paziente ed educato per venire subito al dunque, e Lea, che aveva visto abbastanza vita da immaginare un po’ di cose che non sentiva di dover rendere pubbliche. 

Quando la signora parlò, colse Qui Gon talmente di sorpresa da farlo quasi balzare sulla sedia. 

- Il ragazzo.- mormorò a quel punto, senza alzare gli occhi dalla tazza. - Il ragazzo ha ballato la Pirun Redalur?-

Qui Gon rimase colpito da quell’affermazione.

- Dipende.- 

La vecchia gli lanciò un altro sguardo penetrante con le iridi opache dal tempo.

Il maestro sentì qualcosa dentro di lui farsi piccolo piccolo.

- No, non ha ballato il rito dell’acqua. Ha ballato dopo, quando ballavano tutti, anche i bambini. Avrebbe dovuto?-

Lea sembrò soppesare le parole.

- Dipende.-

Il maestro ebbe la sensazione che quella conversazione fosse molto importante, ma non osò proferire parola. L’anziana signora voleva arrivare da qualche parte e lasciò che fosse lei a condurre la conversazione.

- Quando ripartirete?-

- Per il momento non lo sappiamo. Il nostro scopo è garantire la sicurezza della duchessa, e fino a che non sapremo dove siano finiti i cacciatori di taglie e i rinnegati di Vizla temo che Satine Kryze non possa dirsi del tutto al sicuro. Non appena Inga Bauer e la generale Kell avranno svolto le loro indagini ed avranno catturato i terroristi, allora potremo dichiarare la nostra missione conclusa.-  

Lea mugugnò, facendo girare il liquido scuro del decotto nella tazza. 

Ancora una volta Qui Gon attese che parlasse.

- Se la duchessa ha violato il Resol’nare sono problemi.-

- Che cosa intendete?-

- Noi abbiamo delle regole. Il Resol’nare, il Riddurok. Se queste regole vengono violate, si fa presto a perdere la stima dei propri sostenitori.-

- Temete che Satine abbia violato le regole? Con tutto il rispetto, signora, ma la duchessa è l’epitome del vostro Resol… Scusate, non sono bravo con il Mando’a.-

- Resol’nare. Sì, lo sospetto, e se un ragazzo l’ha indotta a farlo, uno straniero e per di più un mago, allora sono problemi grossi.-

Qui Gon posò la tazza, piccato.

- La condotta del mio padawan è stata irreprensibile.-

- Lo spero bene. Satine Kryze è la nostra unica speranza.-

- Obi Wan sa perfettamente che ci sono limiti che non può superare. Prima ancora che essere dettati dalla vostra legge, sono dettati dal nostro Codice, e lui ha giurato fedeltà ad esso. Lui e Satine hanno semplicemente fatto amicizia…-

- E vi pare poco?-

Il maestro sospirò, consapevole che quella notte non avrebbe dormito, behot o no. 

- Lea, vi risulta così impossibile concepire l’idea che le nostre genti possano essere amiche, dopo tanto tempo?-

- Su Galidraan non vi siete posti lo stesso problema.-

- Su Galidraan le nostre fonti ci avevano raccontato altro.-

Ma lo scetticismo negli occhi della donna era evidente, e Qui Gon comprese presto di dover giocare un’altra carta.

- Dooku, il maestro che causò la strage di Galidraan, è stato il mio maestro. Mi abbandonò per il lato oscuro, una scelta che io non potrò mai perdonare. Divenne un Sith, un mostro. Un darjetii.- 

Questa volta parve catturare l’attenzione di Lea.

- Come quelli con cui faceva affari Gozo?-

Qui Gon non aveva idea di chi fosse Gozo, ma annuì comunque.

- Se ciò che voi intendete per Jedi è il Conte Dooku, temo che abbiate un’idea sbagliata di quello che siamo. Io non sono il mio maestro e non lo sarò mai. Per il resto, alcune circostanze sono talmente lontane nel tempo che non conosciamo nemmeno la verità storica. I massimi custodi della vostra cultura sono i Kryze, o almeno così mi pare di aver capito. Se lei si fida di noi, perché non potete farlo anche voi?-

La donna poggiò la tazza e lo fissò intensamente ancora una volta.

Se non lo facesse perché è estremamente intelligente sarebbe inquietante. 

Poi, fece schioccare le labbra.

- Voi sapete manipolare la mente. Volete indurmi a pensare quello che pensate voi.-

- Non lo farei mai.-

- Davvero?-

- Non ne ho il motivo. Non siete una minaccia. Se mi volete, rimango, se non mi volete me ne vado. Non ho motivo di confondervi, né di usare la Forza su di voi.-

- E il ragazzo? Ha usato la magia sulla duchessa?-

Sì, e l’ha fatto per guarire la sua mente ferita, e senza di lui non ce l’avreste nemmeno, la duchessa.

- No, non l’ha fatto, ed anche se fosse, temo che non ci sia riuscito. La testa della nostra Satine è troppo dura da penetrare.- e abbozzò un sorriso.

La signora sembrò distendersi un poco, un velo di sollievo sul suo viso. Gli ingranaggi della sua mente tuttavia continuavano a girare e Qui Gon poteva percepire il suo cervello lavorare.

- Li ho guardati danzare.- disse, persa in un ricordo lontano che l’aveva vista protagonista di una simile scena.- La loro intesa è forte.-

Il maestro non commentò.

- La loro amicizia potrebbe non essere soltanto tale.-

Ancora silenzio.

- Io potrei capire, maestro. Potrei, davvero. In parte lo vorrei anche, ma gli altri… Non posso garantire sugli altri.-

- In ogni caso Obi Wan non costringerebbe mai Satine ad infrangere le vostre leggi. Piuttosto lo farebbe lui. I Jedi non sono carcerieri. Se vuole rinunciare al Codice, può farlo. Potrebbe vivere secondo le leggi di Mandalore, se decidesse di restare.-

La donna sorrise di un bel sorriso. Qui Gon pensò che dovesse essere stata bella, da giovane, della bellezza dell’intelligenza.

- Sì, potrebbe, anche se non so se sarebbe meglio così.-

- Che intendete dire?-

- Che non ci sono solo le storie, maestro. Non c’è solo la mitologia. C’è il potere. Quello fa gola a molti, e penso che ve ne siate fatto un’idea dopo la stucchevole sceneggiata del sindaco questa sera.-

Qui Gon dovette ammettere che sì, si erano resi conto che adesso sarebbe cominciata la vera lotta politica, una battaglia senza esclusione di colpi, non meno di una guerra.

- E ditemi, maestro, che pensereste voi se un jeti, rinnegato forse, ma pur sempre un jeti, stringesse un riddurok con la duchessa di Mandalore?-

- Che ha preso il posto di qualcuno più meritevole.-

Lea posò la tazza col decotto sul tavolo e si appoggiò allo schienale della sedia, fissando Qui Gon con occhi intelligenti.

- Vedete che capite?-

 

***

 

LA NOBILE CASATA DEI KRYZE

 

Gozo “Il Filibustiere” Kryze 

Farabutto e malfattore, fu inviso a tutta la sua nobile casata. Di molti Mand’alore sono state tramandate le gesta, di tutti è stato scritto qualcosa. Di lui fu scritto - ed è l’unico nella storia del sistema a potersene vantare - che, per via di tutti i disastri che combinò, fortunatamente non divenne mai Mand’alor. Soggetto dalla dubbia moralità e dalla personalità mutevole e camaleontica, operò sotto la leadership dei Vizla, ed intrattenne con essi e con altri clan rivali diversi interessi economici di dubbia liceità. Sicuramente è noto un traffico di spezie piuttosto consistente con un trafficante di Corellia. Su altre sue gesta spopolano leggende. Si può dire che con certezza che siano state attribuite a lui più malefatte di quante ne abbia effettivamente compiute, e questo è indice della sua fama. Piuttosto certa è la cessione di una villa su Concordia, di proprietà del clan Vizla, barattata per la conclusione di un matrimonio combinato tra la figlia Lynar Kryze e il figlio del Mand’alor, Vyron Vizla. La tenuta è stata poi venduta da Gozo ad uno straniero, che si è rivelato essere un darjetii. Grazie alla sua operazione di compravendita, molti minatori sono morti e molti villaggi sono stati svuotati a causa della furia del Sith, che perì, infine, sotto i colpi di un’orda di Mando imbufaliti. Per questo motivo e per i dolori arrecati alla povera figlia Lynar, i sacerdoti di Mandalore lo definirono empio, e con lui tutto il clan dei Kryze, salvo revocare la dichiarazione di empietà per consentire a sua figlia di acquisire lo status di Giusta tra le Genti.

 

***

 

VOCABOLARIO MANDO’A

 

Pirun Redalur: lett. danza, rito dell’acqua.

Mhi solus tome, mhi solus dartome, mhi me'dinui an, mhi ba’jur verde: formula rituale del ridduurok, lett. Siamo una cosa sola quando siamo assieme, siamo una cosa sola quando siamo separati, condivideremo tutto, cresceremo dei guerrieri. 

Etyc jetti: lett. sporco, lurido Jedi. 

Behot: erba utilizzata nei decotti e nelle tisane, antisettica e rinvigorente. In questa sede, liberamente interpretata come una tisana al limone.  

 

NOTE DELL’AUTORE: Non ricordo chi abbia detto questa frase - forse l’attrice che la interpreta, ma non voglio mettere in bocca alle persone parole che non hanno mai detto, quindi se qualcuno di voi lo scopre me lo faccia sapere, please - ma penso che racchiuda tutto il senso del personaggio di Bo Katan Kryze: “deve ancora capire chi lei sia davvero”. 

Ecco perché il suo personaggio è così. Confesso di non averla mai capita del tutto, nonostante io sia una fan sfegatata di Clone Wars. Ho deciso, dunque, di trasferire nel suo personaggio tutte le contraddizioni che ho percepito in lei e ne ho fatto la sua caratteristica. Bo Katan vuole qualcosa, ma non sa che cosa sia, e cerca di ottenerlo con qualunque mezzo, che puntualmente si rivela, se non ingiusto, inappropriato allo scopo. La mia Bo Katan è caos misto a rabbia ed apparentemente è impossibile spiegare perché sia così.

La danza dell’acqua, come migliaia di altre cose in questo racconto, è di mia invenzione ed è ispirata alle danze africane. 

Il prossimo è un capitolo tosto, in cui verranno anticipate molte cose di ciò che accadrà in futuro. 

Del resto, Nebrod non ha ancora parlato, e di sicuro non voglio farmi sfuggire l’occasione di rendere il tutto ancora più drammatico. 

Stay tuned!

 

Molly. 

 
  
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