Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Soe Mame    29/06/2022    1 recensioni
C'era una volta un tritone che pensava che gli umani fossero stupidi. L'incontro con un pirata spagnolo lo convincerà di avere ragione.
[La millemilionesima rivisitazione de La Sirenetta feat. un sacco di robe pesciose e non.]
Genere: Generale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
[Avviso] In questa storia è presente un cospicuo numero di naufragi (senza vittime o danni di importanza rilevante), trattati in modo non serio. Se pensi che ciò possa darti fastidio, è meglio tu non vada oltre. Credo che ogni tanto ci sia pure qualcosa che potrebbe lontanamente essere definito humor nero, quindi desisti dalla lettura anche se pensi possa darti fastidio una cosa simile!
[Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.]



La chiglia cadde con un tonfo ovattato. Il vortice che aveva accompagnato la sua caduta si diradò. La sabbia si sollevò in una coppia di onde scure, che presto si sciolsero sul fondale. La nave si inclinò e, con un suono secco e soffocato, si adagiò contro un enorme scoglio.
Ludwig rivolse lo sguardo al suo sovrano. I suoi occhi erano ancora nascosti dal binocolo. Ludwig serrò i pugni. Romolo abbassò il binocolo.
«Lovino!»


Capitolo I
Un metro e otto al di sotto del mare ~ Attraversa l'oceano di mille fathoms


C'era una volta, tanto tempo fa, da qualche parte in Italia, il misterioso e potente Regno del Mare.
Il re Romolo era un sovrano giusto e amato. Aveva due nipoti, e non si sapeva nulla dei suoi eventuali figli, fatto che rendeva l'albero genealogico reale confuso e lacunoso. Ma a nessuno importava, perché il giovane Feliciano era gentile e amato da tutti, e nessuno mai si sarebbe sognato di opporsi al suo viso dolce e alle sue maniere premurose. Tutti gli abitanti del Regno del Mare erano certi che sarebbe stato un re popolare e illuminato.
Purtroppo, Feliciano era il secondogenito. Il primogenito, nonché erede al trono, era Lovino, il tritone più rabbioso, sboccato e sfrontato dei Sette Mari. Come se non fossero bastate la sua lingua velenosa e la sua tendenza alla minaccia, il principe Lovino aveva un passatempo curioso, dalle conseguenze talvolta ingombranti, talvolta pericolose.


«'Sta qua era enorme, Lovì! Enorme!»
Forse stavolta aveva esagerato, doveva ammetterlo.
«Ehi, non è colpa mi-» Lo sguardo di suo nonno lo bloccò. In effetti, era colpa sua - E lui ne era ben fiero! Doveva soltanto spiegarsi meglio - E farlo prima che al nonno partissero gli occhi, ché erano già in procinto di abbandonare le orbite. «Che ci posso fare se quelli sono degli imbecilli?» Alzò le spalle.
Il nonno si spalmò una mano sulla faccia, forse un tentativo di ricacciare i bulbi oculari al loro posto. Un po' gli dispiaceva vederlo così.
«Ma de tutti li passatempi che ce stanno» Il nonno sbirciò tra le dita. «popo nun te ne potevi trova' uno 'n po' meno 'nvasivo?»
Lovino mise le braccia conserte e distolse lo sguardo. Non si voltò neppure quando sentì il sospiro - basso, pesante, esasperato - del nonno.
«Manco provi a dimme che te piace canta' e li naufraggi so' 'n incidente...»
Ora doveva decisamente voltarsi. «Ma chi cazzo ci crederebbe?»
«Poi armeno fa' finta, Lovì...» Il nonno alzò gli occhi alla superficie.
Gli costava doverlo ammettere, ma una mercantile di quasi centro metri poteva rientrare nel danno consistente.
«Non pensavo venisse giù tutta intera.» buttò lì: «Pensavo si spaccasse e finisse sulla spiaggia.» La sua voce stava diventando un borbottio poco compensibile e la cosa gli dava fastidio. «Di solito succede così, con quelle grosse...»
Un altro sospiro - basso, pesante, molto esasperato. «Armeno...» Il nonno si portò le dita alla radice del naso. «Nun è morto nessuno...»
«Ovvio!» Uscì quasi come un acuto. «Li attiro vicino alla spaggia apposta, e che cazzo!» Quegli stupidi umani e la loro mania di morire se privati di aria per più di qualche minuto!
«Dovresti premiare tutta questa attenzione da parte di Lovi!» Feliciano fece capolino da dietro una colonna spessa la metà di lui. «Così dobbiamo solo spostare un grosso relitto e non abbiamo piedi umani che fluttuano in giro!»
«Nun premierò quarcuno solo perché ha fatto meno danni de quanti ne avrebbe potuti fa'.»
«Ma hai sentito Lovi, no, nonno?» Feliciano uscì da dietro il suo nascondiglio fallito. Probabilmente, secondo lui, stava origliando. «È stato un incidente!»
«Non ho detto questo.» «N'ha detto questo.»
«E poi» Gli occhi gli brillavano. «è grazie a Lovi se abbiamo aperto il Cimitero dei Relitti! È una delle nostre attrazioni più popolari!»
«Che continua a riempisse de kraken.» Il nonno si lasciò andare contro il trono. «Ma da 'n do' vengono, poi? Che ce fanno ner Mediterraneo?»
«Forse vengono apposta dalla Scandinavia per visitare il Cimitero!»
«Felì, quelli li relitti se li magnano. Devono avelli scambiati pe' 'n buffèt.»
«Beh, meglio così, no?» Lovino riprese la parola. Meglio congedarsi e lasciare il nonno con il suo zuccheroso nipotino preferito. «Dì a Ludwig di far spostare la nave e pace. Io me ne vado.»
«Fermete, tu!» La voce da Sovrano. Doveva essere arrabbiato sul serio. «Nun potemo continuà ad avecce paura che ce caschi 'na nave 'n capoccia. Quinni...» Non c'era più stanchezza sul suo volto. Era serio, come di rado si mostrava. Pessimo segno. «Ludovico.»
«Sì, Maestà?»
Lo sgradevole crostaceo crucco prese la parola. Lo preferiva quando taceva - Anzi, lo preferiva quando non c'era - Anzi, non lo preferiva e basta.
«Te ordino de fa' 'a guardia a Lovino.»
No. «Cosa?»
Ludwig rimase impassibile. Solo la faccia sbiancata di colpo e il lampo di terrore che gli aveva attraversato gli occhi lo tradirono.
«Controlla che nun faccia più danni.» ordinò re Romolo: «Impediscije de fa' schiantà artre navi.» Scosse la testa, la voce di nuovo stanca. «Nun se po' campà così, nun se po'...»
Lovino guardò il capo delle guardie. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Ludwig sarebbe diventato idrosolubile.
«Che bello!» Feliciano giunse le mani. «Vengo con voi! Così saremo io, Ludwig e il mio fratellone!»
Che era esattamente ciò che entrambi avrebbero voluto assolutamente evitare.


«Non ricordi cos'è successo al povero Giorgio?»
«Sì.»
Feliciano finse di non aver sentito - Oppure aveva sentito e voleva dirlo lo stesso. «Gli è caduta una nave nel giardino!»
«E mica ho preso la mira apposta per fargli cascare una nave nel giardino!»
«Lo so, Lovi, lo so.» Feliciano gli afferrò le mani e gliele strinse forte. Incastonò gli occhi nei suoi. «Ma tu puoi smettere. Tu sei più forte! Puoi uscire da questa dipendenza!»
«Ma che dipendenza!» Sfilò le mani dalle sue. «Ho una sfida aperta con Scilla e Cariddi, quelle stronze si sono pure alleate!»
«Lovi! Non si dicono certe parole, soprattutto se si tratta di signorine!»
«E poi che ci posso fare se gli umani sono coglioni?» Mise le braccia conserte. «Stanno a pochi metri dalla riva, sentono cantare e cambiano direzione apposta per venire a vedere. Ma si può essere più imbecilli?»
«Tu canti molto bene, Lovi!» Era una risposta logica, eppure completamente priva di senso. Feliciano poteva questo e altro.
«Con permesso, principe.»
«No, non ti è permesso.»
«Devo concordare con il principe Feliciano.» La parola del nonno era più forte della sua, quindi Ludwig poteva permettersi di ignorare i suoi ordini. La voglia di ficcargli le dita negli occhi era quasi irrefrenabile - Gli unici freni, a ben vedere, erano la presenza di Feliciano e la forza fisica di Ludwig. «Dovreste dedicarvi a passatempi meno brutali. Sono certo ce ne siano.»
«Certo che ce ne sono.» Lo guardò dall'alto in basso - Più veloce di quanto avrebbe dovuto, altrimenti ci avrebbe impiegato qualche secondo di troppo nel percorrere con lo sguardo tutta la stazza dell'ingombrante crostaceo. «Tipo molestare le meduse.»
Ludwig incassò il colpo con la sua solita compostezza.
«Ludwig non molesta le meduse, Lovi!» protestò Feliciano: «Io sono sempre con lui, e ti posso assicurare che non ha mai mancato di rispetto a nessuna medusa!» Si voltò con fare offeso, e la sua gonna di alghe si gonfiò come l'ombrello di una medusa, le pinne simili a piccoli tentacoli.
«Oh, ma ora che ci sono io» Lovino pungolò Ludwig sul pettorale dell'armatura. «di certo non oserà avvicinarsi a nessuna medusa!»
L'unico dettaglio positivo dell'essere costretti a rimanere in presenza di quel crostaceo era anche quello che tanto crucciava il suddetto crostaceo: non poter allungare le sue sordide mani sul dolce e innocente secondogenito. Consolante, perlomeno. Anche se Lovino non poteva fare a meno di chiedersi come facesse Feliciano ad essere così scemo.
«Su, ora basta.» Lo scemo, per l'appunto, si avvicinò. Prese per mano sia lui che il decapode ed esibì il suo gran sorriso da stordito, come se non fosse stato offeso fino a tre secondi prima. «Perché non andiamo dal fratellone Francis?»
Lovino roteò gli occhi. Non la proposta migliore del mondo ma, negli ultimi tempi, aveva trovato un modo per andare d'accordo con quel pennuto.
«Hai trovato qualcosa di nuovo?»
Trattenne un conato di vomito, ma non potè impedirsi di rabbrividire. Non solo Ludwig dava del tu a Feliciano, ma gli parlava pure con un tono più gentile, più accondiscendente, più- Meglio smetterla, o non sarebbe bastata tutta la forza di volontà del mondo per impedirsi di vomitare.
«Sì!» Feliciano fece dondolare le mani, ancora strette nelle loro. «Andiamo a chiedergli cosa sono queste cose!»

Gli abitanti del Regno del Mare non erano certo confinati sotto la superficie. Spesso e volentieri salivano fino a sentire l'aria sulla pelle e, sugli scogli, sulla spiaggia o sul lungomare, incontravano le creature della terra e del cielo. Cani, gatti, cavalli e uccelli, le creature del mare rivolgevano la parola a chiunque. Tranne, naturalmente, agli esseri umani.
Tra le creature incontrate dai principi vi era anche un certo gabbiano. Il suo nome era Francis e, per lungo tempo, era stato usato come sagoma per il tiro della pietra da parte del principe Lovino, che non poteva tollerare la sua assenza di pudore e di vestiario. Quando, finalmente, il gabbiano aveva imparato a presentarsi con un paio di boxer neri con la scritta "Censura", Lovino gli aveva accordato il passaggio aereo.
In tal modo, il gabbiano Francis e il giovane principe Feliciano si erano potuti incontrare. Il gabbiano, grande guardone del mondo degli umani, conosceva i loro usi ben più dei loro costumi, cosa che portava il secondogenito a chiedergli di narrargli storie e spiegargli gli utilizzi degli oggetti da lui trovati nelle navi affondate.


«Fratellone Francis! Fratellone Francis!» Feliciano si sbracciò. Francis se ne stava sdraiato su uno scoglio, in una posa che qualche umano sotto tetrodotossina avrebbe appioppato ad una sirena. Quando si sentì chiamare, alzò il braccio per fargli cenno di avvicinarsi.
Lovino non aveva idea del perché suo fratello lo chiamasse "fratellone", dato che - per fortuna! - non erano imparentati. Forse era soltanto un altro modo che aveva Feliciano per sembrare più tenero, carino e indifeso. Evitò di pensarci oltre, ché il conato era ancora in agguato.
Se non altro, la fastidiosa presenza dell'energumeno corazzato avrebbe fatto passare al pennuto qualsiasi voglia di allungare le mani - Fosse anche per fargli pat-pat sulla testa, di Francis non bisognava mai fidarsi. Mai!
«Oggi siete venuti tutti.» Lo sguardo azzurro del gabbiano passò su tutti i presenti, prima di tornare su Feliciano.
«Sì!» Niente, suo fratello sembrava proprio contento. Almeno lui. «E ho anche delle cose da farti vedere!»
«Oh!» Francis si alzò e si mise seduto sullo scoglio. «Fa' vedere.»
Feliciano mise mano al sacchetto appeso alla cintura e ne uscì con un bizzarro oggetto umano - Beh, era umano, era ovvio che fosse bizzarro. La parte inferiore era una stecca, forse un manico; la parte superiore era rotonda e, da un lato, aveva del pelo bianco, corto e fittissimo.
Francis prese l'oggetto. Lo rigirò un paio di volte, ma era ovvio conoscesse già la risposta. «Questa» annunciò, con un accenno di sorriso: «è una spazzola. Gli umani la usano per districare e allisciare i capelli.»
Lovino si passò una mano tra i suoi, di capelli. Ora che ci pensava, in superficie i capelli andavano sempre verso il basso. L'aveva notato dalle sirene, ché lui, Feliciano e il brucatore di cavoli di mare avevano i capelli corti.
Feliciano ridacchiò. Aveva una risata adorabile che avrebbe sciolto chiunque - Tranne Lovino. Lovino ci era abituato. «Dici sempre cose assurde, fratellone!» Si riprese la spazzola. «Ma io l'ho capito cos'è davvero, questa spazzola!»
«Che cos'è?» chiese Francis, paziente.

Erano molte le domande che il secondogenito rivolgeva all'esperto gabbiano. Peccato che non credesse a nessuna delle risposte.

«È un'arma!» Feliciano la impugnò e la sollevò, gli occhi che brillavano. «Vedi, qui dietro è dura.» Picchiettò la parte rotonda liscia. «Con questa, colpisci la gente, magari in testa.»
«E a cosa servirebbe l'altra parte?»
«Per cancellare le prove!» Passò un dito sul pelo ispido della spazzola. «Sono sicuro che pulisca benissimo!»
Ludwig si schiaffò una mano in faccia. Lovino si morse le labbra per non scoppiare a ridere. Francis gli fece pat-pat sulla testa - Ah! L'aveva fatto! Ludwig era ufficialmente inutile!
«Come sei acuto, Felicianò.» Accentava tutti i nomi, perché veniva da Marsiglia.
«E questo?» Feliciano estrasse un altro oggetto. Era sferico, nero e di almeno mezzo metro di diametro.
«È una palla di cannone. Gli umani se le lanciano per far affondare le navi altrui.»
Lovino sentì tre paia di occhi su di sé. Ricambiò con un'occhiataccia che valeva per tre.
«È una cosa troppo stupida.» decise Feliciano. «Guarda com'è grande e senti com'è pesante! È ovvio che gli umani la usino come fermaporta.»
«E perché mai sarebbe nera?»
«Perché è elegante.» Prese un altro oggetto. «E questo?»
«È una scarpiera. Gli umani la usano per metterci le scarpe. Le scarpe» spiegò subito: «sono oggetti che usano per coprirsi i piedi.»
«Per me è una dispensa. Ha molto più senso avere un luogo in cui mettere il cibo piuttosto che coperture per piedi. E poi, quante ne servono? È ovvio che una scarpiera vera sarebbe molto più piccola!» Un altro oggetto. «E questo cos'è?»
«È uno squalo, Felicianò.»
«Oh.» Feliciano guardò lo squalo. «Mi scusi, temo di averla rapita mentre ero sovrappensiero.»
«Che razza di modi!» Lo squalo si divincolò e si rituffò in mare, sparendo alla vista.
«Feliciano.» Lovino non poteva più trattenersi.
«Sì?» Suo fratello lo guardò con i suoi occhioni castani pieni di innocenza.
«Ma dove cazzo la metti tutta 'sta roba?»
Feliciano sbattè le palpebre. Indicò il borsellino appeso alla cintura. «Qui dentro, che domande!»
Lovino decise di tacere.
Due minuti e un trolley (Secondo Feliciano, una giostra per pesci di piccole dimensioni, o una mazza da riempire di sassi per un impatto più efficace), una patente falsa (Un biglietto per ricordarsi chi fosse un certo ricercato), un oggetto che nessuno era riuscito ad identificare (No, neanche Feliciano aveva avuto idee) e uno spazzolino (Un massaggiatore per remore) dopo, il borsellino di Feliciano fu svuotato e il suo proprietario sentì il bisogno di mettersi a discutere con Ludwig di tutte le nuove scoperte delle giornata. Disgustosi.
«Anche oggi ti sei dato da fare, Lovinò.»
Scoccò un'occhiata a Francis. Feliciano e Ludwig erano talmente persi nel loro mondo che non si sarebbero accorti neppure di Cariddi in trasferta sotto le loro pinne. Si avvicinò al pennuto e parlò a bassa voce.
«Hai trovato niente di tuo gradimento?»
«Oggi no, purtroppo.» Francis sospirò. «Ma so che non sarà mai più come il tre Aprile. Ah, il tre Aprile!» Un altro sospiro, stavolta sognante. «Quant'erano belli i marinai di quella ciurma?»
Non aveva nessuna intenzione di sentire di nuovo parlare di quei cazzo di marinai di quella cazzo di nave che aveva fatto schiantare quel cazzo di tre Aprile. L'aveva capito che erano belli, cazzo. «Io, la mia parte, l'ho fatta.» Meglio ricordarglielo. «Tu continua ad avvisarmi, quando vedi navi in arrivo.»
Francis ritornò con le zampe per terra - Si era quasi sollevato in volo. «Oui, bien sûr.» Quel pennuto era perennemente avvolto da un intenso profumo di sapone, perché veniva da Marsiglia. «È un piacere fare affari con te, Lovinò.»
Lovino afferrò lo scoglio. Scoccò un'altra occhiata ai due scimuniti e tornò a rivolgersi a Francis, a voce ancora più bassa. «A tal proposito.»
«Oui?»
«Mio nonno mi ha messo quello» Indicò Ludwig con un cenno del viso. «come guardia. Se non me lo levo dalle palle, tu non "soccorri" più nessun affascinante naufrago.»
Il gabbiano raddrizzò la schiena, le piume arruffate, l'espressione quasi offesa. Guardò Ludwig anche lui, salvo tornare subito a Lovino. «Tuo fratello ha buon gust-»
«Dillo e riapro la caccia al gabbiano.»
Francis sbuffò, gli occhi al cielo. «Sei impossibile, Lovinò.» Un'altra occhiata a Ludwig. «Sto solo apprezzando la sua corporatura.»
Non l'avrebbe morso solo perché non sapeva se gli sarebbe piaciuto. «Primo. È esagerato. Tutti quei muscoli sembrano finti e fanno impressione.» Picchiettò le dita sullo scoglio. «Secondo. Biondo-occhi-azzurri? Sul serio? Cos'è, narcisismo?»
«Mi piacciono i biondi.» Quella doveva essere una risposta sensatissima, secondo Francis.
«Terzo.» Lovino si issò appena. «Ti sto dicendo che quello là ci sta in mezzo ai coglioni e tu stai a rimirarlo?»
«Ho il potere del multitasking, mon cherì.» Per qualche motivo, le parole albioniche suonavano strane, se pronunciate da lui. «Posso ammirare qualcuno di bello e, seppur con un certo dispiacere, pensare ad un piano per tenerlo lontano.»
«E...?»
«Guardali.»
Lovino si fece violenza e tornò a guardare la coppietta disgustosa. Non aveva idea di come fossero arrivati a parlare di spaghetti allo scoglio - Feliciano era così ossessionato da quel cibo umano da volerci pure mettere gli scogli, ora? -, ma la scena era sempre la stessa: Feliciano diceva cazzate, Ludwig ascoltava, annuiva e lo ammirava con un sorriso innaturale e inquietante. Rabbrividì di nuovo.
«Il buon Ludovic è completamente andato per il tuo fratellino.»
«Già.» Lo ringhiò.
«Non si è neppure accorto che stiamo parlando da un po'.» Francis sorrise, o meglio, ghignò. «Potrebbe passargli una nave davanti e neppure se ne accorgerebbe.»
Stava iniziando a capire. «Vuoi usare Feliciano?»
«Chiedergli piccole commissioni.» disse il gabbiano: «Tu vai con loro. Quando li vedi persi nel loro mondo, ti allontani.»
«Starò con loro molto poco, allora.» Gettare il suo fratellino in pasto a quel brutto decapode per togliersi il suddetto decapode dalle palle o proteggere la virtù del suo fratellino ma rinunciare alla libertà? «Suppongo gli darai una lista di commissioni piuttosto lunga.» La prima, ovviamente. Non era così coglione da pensare che Feliciano avesse ancora una virtù in primo luogo.
«Beh,» Francis alzò le spalle. «qualsiasi commissione io dia loro, so che sarebbero in grado di decuplicare il tempo necessario alla sua realizzazione. Soltanto...» Mosse appena le grandi ali bianche. «Non posso garantirti che lo farò quando passerà una nave grossa. Non potrei attirarli in superficie, con una nave che sta arrivando in porto. Quindi, approfitta di ciò che trovi.»
Lovino annuì. Gli porse la mano e Francis la strinse.
Un pensiero gli curvò le labbra verso l'alto.
"Chissà che il nostro buon capo delle guardie non passi qualche guaio."

*



«Vi voglio narrare una storia che parla del grande oceano blu, e di una sirena bellissima avvolta in un grande mistero laggiù!»
Le voci dei marinai indaffarati si accompagnavano alle note della musica dello sciabordio dell'acqua contro il legno della nave e del sospiro del vento salmastro. Il profilo della costa era ormai ben visibile sulla linea dell'orizzonte.
«È bello sentirli così allegri!» Antonio si appoggiò al parapetto. «Anche se abbiamo di nuovo mancato le coste della Spagna, non si lasciano abbattere!»
Gilbert serrò le labbra, per impedirsi di rispondere in qualsiasi modo.

Quello del capitano Antonio Fernandez Carriedo era uno dei nomi più sussurrati con timore, in ogni angolo e in ogni bisettrice dei Sette Mari: il nome di un pirata spietato e sanguinario, al comando di una flotta che mai aveva subito sconfitta e che tante navi aveva razziato fino all'ultimo doblone, lasciando dietro di sé falò galleggianti che, in breve tempo, venivano fagocitati dalle acque del mare. La leggenda voleva che la sua giacca fosse, in origine, candida come la neve dei Pirenei, ma che si fosse presto tinta di rosso per la crudeltà del feroce capitano. Nonostante la sua empia fama, però, il capitano Antonio Fernandez Carriedo aveva un difetto: era negato in geografia.

«Se ci lasciassi la possibilità di scegliere quando attraccare» Gilbert non riuscì a tacere. «lo faremmo non appena fossimo in vista di A Coruña o Cádiz!»
«No, Gil.» Antonio alzò gli occhi al cielo terso. «È dovere del capitano capire quando è il momento di attraccare.»
«Forse un buon capitano potrebbe anche accettare suggerimenti?» Con uno sguardo di pura compassione, Gilbert osservò José e Pedro trasportare lo striscione ormai arrotolato con su scritto "SIAMO ARRIVATI IN SPAGNA" a caratteri cubitali e colori alternati. Dietro di loro, Raul e Pablo arrotolavano il lunghissimo filo di lampadine ad intermittenza, disfattosi chissà come e chissà quando.
«Non posso permettermi di contare troppo su di voi.» La voce del capitano era grave. «Come potrei, altrimenti, aiutarvi nel momento del bisogno?»
«Eh, proprio...» Inarcò un sopracciglio nel notare il filo di lampadine iniziare a lampeggiare da solo.
«Ma non temere, Gil!» Antonio si voltò a guardarlo, con un gran sorriso. «Avremo mancato la Spagna, ma stiamo arrivando ad Ancona!»
«Ancona?» Il quartiermastro indicò la costa. «Ma quella è Napoli! Anni che ci attracchi e ancora-»
«Ha preso Raul!»
«Oh, no, Raul!»
Un urlo ben poco virile coprì le restanti parole di Gilbert: il filo di lampadine si era lanciato su uno dei pirati che lo stavano maneggiando, e aveva arrotolato il collo del malcapitato nelle sue plasticose spire colorate.
«Questa nave è piena di strane creature.» osservò Antonio. Prese l'alabarda da chissà dove e si avviò, senza troppa fretta. «Tenete fermo Raul, ora taglio!»
«Capitano, ma lei è proprio sicuro di-»
«Dubiti forse della mia mira?»
Gilbert alzò lo sguardo al cielo, così come aveva fatto il capitano, ma con un sentimento molto diverso. Anche quella volta erano finiti in Italia, eh?
«Raul, sei forse morto?»
«Temo che la sua alabarda così vicina al collo l'abbia un po' spaventato, capitano.»
Il quartiermastro trattenne una risata. «Schön, dich wiederzusehen, Italien.»

Il castello del capitano Carriedo era arroccato sulla spiaggia, in sfregio a qualsiasi sicurezza o permesso di costruzione - che, naturalmente, non era mai stato rilasciato, ma nessuno aveva mai osato farlo notare. Era una fortezza bianca dotata di quattro torri incastrate alla bell'e meglio, più simile ad un mazzetto di funghi che ad un castello. Era provvisto di un'ampia gradinata che, da una delle torri, scivolava dolcemente in acqua, così da offrire un atterraggio bagnato a qualsiasi malcapitato fosse scivolato meno dolcemente sui gradini umidi. L'ammiraglia attraccò a poca distanza, e i suoi occupanti entrarono nel castello dalla porta principale - Nessuno era così idiota da usare quella scalinata, esistente solo per pura estetica.
«Bentornato, capitano!» Manon fece un grazioso inchino, gli occhi che brillavano come stelle in una notte limpida.
«Anche stavolta siete attraccati in Italia.» Gilbert era certo che nelle parole di Abel ci fosse una nota di ironia, ma Antonio non parve notarla.
«Immagino abbia fatto un viaggio molto, molto lungo.» Lucilin annuì alle sue stesse parole. Anche i suoi occhi brillavano, ed erano spalancati.
Il capitano li guardò uno per uno. Dopo qualche secondo, si rivolse al più grande. «Hanno di nuovo fumato le felci qui fuori?»
Abel alzò le spalle. «Pensano siano chissà quale droga pesante. Non ho cuore di aprire i loro occhi alla verità.» Aveva parlato con voce normale e senza neppure provare a far finta di non star parlando di loro, ma i suoi fratelli sembravano star vedendo cose troppo fantastiche per prestarvi attenzione.
«Comunque!» Manon trotterellò da Antonio e lo prese sottobraccio. «Che bello che siete tornati! Finalmente si fa qualcosa!»
«Saltano i nervi» disse Lucilin: «anche al servo, se non servi, perché qui non c'è nessuno da servir.»
La cameriera sospirò, spalmata contro il braccio del capitano. «Ah, i bei vecchi tempi di una volta! Era tutto un grande scintillar!»
«Ma quando è successa, 'sta cosa?» Gilbert si ritrovò Lucilin appolipato al braccio. Ovviamente, Antonio si prendeva la ragazza carina, a lui toccava il ragazzino. Fanculo al mondo.
«Quanti anni passati!» si lamentò Manon: «Noi ci siamo arrugginiti senza dimostrar la nostra abilità!»
Lucilin le fece eco: «Tutto il giorno a zonzo nel castello, grassi, flosci e pigri-»
«Ehi!» La cameriera gli lanciò un'occhiataccia. «Grasso e floscio ci sarai tu!»
«Guarda che qualche chilo l'hai preso pure tu, eh.»
«Cosa?»
«Ah, Antonio.» Abel interruppe l'interessantissima discussione. «Ti sono naufragate trenta navi negli ultimi sei mesi, per un danno di tanti soldi.»
Antonio sgranò gli occhi, ma il pallore improvviso rendeva il suo sguardo molto diverso da quelli di Manon e Lucilin. «Trenta...?»
«Negli ultimi sei mesi.»
«... Per un danno di tanti soldi.»
«Già.»
«Tanti soldi sono tanti.»
Abel annuì. «Lucilin e io abbiamo tenuto i conti. Sono nello studio.»
Gilbert intervenne: «Non mi sembri troppo turbato del fatto che il tuo datore di lavoro abbia perso tanti soldi.»
Il maggiordomo si portò la pipa alla bocca. «Finché mi paga lo stipendio, francamente, me ne infischio.»
Non era certo da considerare il fatto che, in caso di disastro economico, Antonio sarebbe dovuto giungere a vendere le sue proprietà, che Abel sarebbe stato ben felice di pagare a prezzo ridotto per poi rivendere a prezzo maggiorato.
«Ma» Antonio riprese la parola e il colorito: «dove? E come? Non si è salvato niente?»
«Si sono salvate le persone.» rispose Abel.
«Nient'altro?»
«Nient'altro. Quanto al dove,» Indicò la finestra con la pipa. «proprio nei dintorni della spiaggia. La maggior parte delle tue navi è naufragata vicino agli Scogli Scomodamente Stazionati. Quanto al perché,» Riportò la pipa alla bocca. «pare ci sia una sirena.»
Calò il silenzio. Gilbert si scrollò Lucilin dal braccio e incontrò lo sguardo di Antonio. Il capitano tornò a guardare il maggiordomo. «Una sirena.»
«Già.»
«Perché non ne sono stato informato prima?»
«Perché i cellulari non sono ancora stati inventati, eri troppo lontano per vedere i segnali di fumo e assumere un addestratore di piccioni solo per inviartene uno sarebbe costato.»
«Perché avreste dovuto inviarmi un addestratore di piccioni...?»
«Non badare a queste quisquilie.» Gilbert fece un passo avanti, mani sui fianchi e petto in fuori. «Qui c'è una sirena che minaccia le tue entrate economiche!»
«E il nostro lavoro...» piagnucolò Manon.
«Tutti quei tesori che avremmo potuto investire, scambiare, spendere, lucidare o sperperare...» Lucilin si asciugò gli occhi asciutti con un fazzoletto. «Ora sono tutti in fondo allo Strapiombo Subdolamente in Sagguato.»
«"Sagguato"?»
«Eh, pareva brutto che non ci fosse una S...»
«Ma dicevo!» Gilbert riportò l'attenzione su di lui. «Qui c'è una sirena in sagg- agguato. E io» Si portò un pugno al petto. «mi offro volontario per risolvere questa perniciosa situazione.»
«Perniciosa?» Manon si staccò da Antonio e giunse le mani. «Prima i piccioni, ora le pernici. Che problemi avete, voi uomini, con gli uccelli?»
«Dove le hai viste, le pernici?» Lucilin guardò fuori dalla finestra. La sorella fece altrettanto. «Non le ho viste io, le ha viste Gilletje.»
Antonio scoccò un'occhiata ad Abel. «Sicuro siano felci?»
«Se non lo sono, la flora locale è decisamente unica nel suo genere.»
«Ehi!» Gilbert battè le mani. «Qui c'è il Magnifico che starebbe parlando!»
«Ti abbiamo sentito, Gil.» Il capitano gli posò una mano sulla spalla. «E apprezzo molto che tu ti sia offerto volontario. Ma,» Gli diede una pacca. «in quanto capo, sarò io ad occuparmene.»
Il suo piano stava naufragando. «Ma no, guarda, non ti disturbare!» Sventolò una mano, teatrale. «Cosa vuoi che mi faccia una sirena? Vado, la sistemo e-»
«Ciò che stai pensando è esattamente il motivo per cui ti affogherà, o almeno, tenterà di farlo con alte probabilità di successo.» Antonio glielo disse con un sorriso serafico e tutta la calma del mondo.
Il suo piano era naufragato. «Non mi farei fregare così facilmente.» Soltanto perché si trattava di andare ad affrontare, da solo, una donna presumibilmente bellissima, presumibilmente sensualissima e presumibilmente nudissima, magari con labbra carnose e seni grossi come cocomeri, non significava sarebbe per certo caduto sua vittima!
«Ma certo, Gil. Ti siamo comunque riconoscenti per il tuo coraggio.» Per qualche motivo, più che un conforto, quella frase sembrava una presa per il culo.
Dopodiché, Antonio mise le mani ai fianchi e guardò fuori dalla finestra, forse in sovrappensiero, forse in cerca di pernici. «Gli Scogli Scomodamente Stazionati...»

*



Doveva esserci un errore.
Afferrò un mappamondo, scorse ogni centimetro della parte pitturata di celeste. Afferrò un altro mappamondo, questa volta i mari erano di un blu più intenso. Afferrò una tavola con sopra inciso il mondo conosciuto, e scorse uno ad uno tutti quei nomi che ormai conosceva a memoria. Afferrò il libro incriminato e le pagine, essendo di carta ed essendo sott'acqua, furono sul punto di spolparsi. Schiantò i mappamondi tra loro e lanciò via tavola e libro.
«Non è possibile!» Si portò le mani ai capelli. «Com'è possibile che non abbia tenuto in conto il fatto che i Sette Mari non fossero sette?»
Eppure era logico. Finalmente, aveva avuto la risposta al suo più grande interrogativo: se lui era il sovrano dei Sette Mari, su cosa acciderbolina regnava re Romolo?

I Sette Mari avevano un solo ed unico sovrano: il suo nome era Arthur, ed era conosciuto come lo Stregone del Mare. Né buono né cattivo, l'unico obiettivo di Arthur era quello di essere il padrone del mondo sommerso e, finché non ci si fosse posti sulla sua strada, egli non avrebbe recato alcun danno.
Il motivo per cui era visto con inquietudine e sospetto era puramente caratteriale.


«Alfred!» tuonò Arthur: «Alfred Due!»
«Mi chiamo Matthew...»
«Eccoci!»
«Ho appena scoperto una cosa importante, ma fastidiosa.» Lo Stregone del Mare si sedette sullo scrittoio conficcato storto nel fondale. «Cosa fareste se scopriste che la matematica non è una scienza esatta?»
Alfred si grattò una guancia. Non era un grande conoscitore della matematica, quindi non avrebbe saputo dire se fosse una scienza esatta in primo luogo.
«Esaminerei tutte le possibili eventualità.» sussurrò Alfred Due: «È più probabile sia un errore di calcolo dovuto ad una mente fallace piuttosto che la scoperta di una falla in una scienza esatta.»
«Esattamente, Alfred.»
«Sono Matthew...»
«Ho guardato e riguardato tutti i miei possedimenti.» Arthur recuperò i mappamondi e li mise sotto il naso delle due piccole murene. «Sono indubbiamente sette. Oceano Indiano, Oceano Atlantico settentrionale e meridionale, Oceano Pacifico settentrionale e meridionale, e i due Mari Glaciali.»
Alfred e Alfred Due annuirono, il primo cercò di allontanarsi la palla geografica dalla faccia.
«Ma poi è arrivato Romolo!» Arthur lanciò di nuovo i mappamondi, e i tentacoli si abbatterono a terra.
«Veramente, Romolo è qui da molto più tempo di te...»
«Taci, Alfred.»
Stavolta, nessuno disse nulla. Alfred guardò prima il fratello, poi lo Stregone, indeciso sul da farsi.
«Questo libro...» Lo recuperò con un tentacolo. «Mi ha aperto gli occhi. Mi ha fatto comprendere. Mi ha fatto capire che» Inspirò. Era un'affermazione difficile da fare, ma Alfred e Alfred Due avrebbero capito. Poteva fidarsi di loro. «ho sbagliato
Nessuno dei due bambini spalancò gli occhi o la bocca. Forse erano troppo piccoli per comprendere la gravità della situazione - Forse era meglio così: magari, da grandi, non si sarebbero mai ricordati dell'unico errore commesso dal grande e potente Stregone del Mare.
«Il mio dominio si estende sui mari moderni.» spiegò: «Re Romolo regna sui mari antichi. Mar Egeo, Mar Nero, Mar di Marmara, Mar Ionio, Mar Rosso, e il Mediterraneo orientale e occidentale.» Posò il libro a terra, senza lanciarlo. «Non so come abbia potuto ignorare un simile fatto.»
«Soprattutto perché ora siamo nel Mediterraneo.»
«Ehi, Artie!»
«Non chiamarmi Artie-»
«Ma, esattamente,» Alfred sorrise. «perché ci stai spiegando tutta questa cosa? Cioè,» Alzò le spalle. «chissene frega?»
Ancora una volta, Arthur si chiese perché si ostinasse a tenersi quelle due piccole murene. Lui le aveva raccolte dal ciglio dell'abisso nella speranza di dar loro in pasto qualche personaggio scomodo, ma loro non sembravano della stessa opinione - Anzi, si lamentavano pure se provava a sfamarli con qualche vittima ancora viva e grossa tre volte loro! Scosse la testa. Se non altro, erano dei buoni sottoposti. Doveva migliorare la loro educazione, però. Soprattutto Alfred Due, che lo convinceva poco.
«Questo altro non era che un insieme di informazioni fondamentali per capire il mio piano.»
«Hai un piano?» Alfred piegò appena la testa. «Per che cosa?»
«Quindi dovremo fare qualcosa?» pigolò Alfred Due.
«Ora ci arrivo, mie piccole anguille dentate.»
Alfred scoprì le due file di canini e le sfiorò, come ad assicurarsi che fossero ancora lì.
«Non posso dirmi re dei Sette Mari se tutti i Sette Mari non sono in mio possesso.» Portò le braccia dietro la schiena. «Ho dunque intenzione di conquistare i Sette Mari antichi.»
«Ma così non saresti il re dei Quattordici Mari?»
«Whoa, figo!» Se avesse potuto, Alfred avrebbe sprizzato lampi elettrici. Tuttavia, doveva arrendersi al fatto che le murene non fossero elettrofore. «E andrai lì con un sacco di squali e ti mangerai tutti e ti siederai su un trono fatto con le loro ossa?»
Arthur sventolò una mano, a scacciare simili parole sciocchine. «Se volessi una flotta di mercenari sanguinari, chiamerei i delfini. Comunque, no.» Riportò la mano dietro la schiena. «Non voglio spargere sangue nell'antico regno di re Romolo. Ho intenzione di conquistarlo pacificamente.»
«Quindi lo comprerai?»
«Oh, per l'amor d'Abisso, Alfred.» Scosse la testa. «Ma da dove ti vengono queste idee?»
«Ma è Matthew!»
«Nonostante le apparenze, re Romolo è molto, molto anziano.» Da quanto fosse in circolazione, nessuno lo sapeva. «Prima o poi, tirerà le cuoia.»
«Povero re Romolo...»
«Quindi» Alfred sembrava incapace di stare fermo o zitto. «gli darai una pozione che lo farà invecchiare ancora di più e lo farai diventare un mucchietto di ossa e allora potrai avere il suo trono?»
«No, sarei accusato di omicidio e regicidio e innescherei una rivolta ai miei danni.» Riportò le mani avanti, intrecciò le dita e vi posò il mento. «Più che altro, stavo pensando al suo erede.»
«Quello scemo o quello psicopatico?»
«Quello psicopatico.»
«Vuoi farlo sparire?»
«No, al contrario.» Un sorriso strano gli curvò le labbra. «Mi basterebbe avere lui per avere tutto il regno.»
Alfred e Alfred Due si scambiarono un'occhiata, per poi tornare a guardarlo.
«... Lo vuoi sposare.»
«Alfred, per favore!» Dieci tentacoli si inarcarono dal fondale, e adombrarono le due piccole murene. «Ti pare che voglia sposare uno psicolabile con la rabbia? Dei del Mare, sono un gentiluomo, io!»
Alfred e Alfred Due si scambiarono un'occhiata, più lunga della precedente.
«Quel che voglio fare» spiegò Arthur: «è entrare in legale possesso del primogenito.»
«Ooooh...» Alfred e Alfred Due, finalmente, manifestarono un'espressione di puro stupore. Poi, Alfred parlò: «E come farai?»
«Lo rapirai e chiederai come riscatto il legale possesso del regno?»
«No, Alfred.» Era proprio giornata di proposte scellerate! «Ti ho già detto che rischierei una rivolta ai miei danni.» I tentacoli tornarono a sdraiarsi nella sabbia del fondale. «Farò in modo che sia lo stesso erede a consegnarmisi. Devo solo aspettare il momento adatto.»
«Oh.» Alfred si portò una manina alla bocca. «Quello.»
«Quello.» fece eco Alfred Due. «A quello non si scappa.»
«Incredibile quanta gente stupida ci sia!»
«Sono disperati, Al, non prenderti gioco dei loro sentimenti...»
«Se davvero avessero bisogno di aiuto, basterebbe venire da me!» Alfred si gonfiò, non ottenendo assolutamente nulla. «Io sono un grande eroe!»
«Sì, Al...»
«Se vengono dal vecchio Artie vuol dire che sono proprio scemi!»
«Il vostro compito» Arthur richiamò la loro attenzione, a denti stretti. Era piuttosto certo che quei due pensassero di non essere uditi, ma le leggi della fisica erano contro di loro. «è pedinare i due eredi e aspettare il momento giusto per proporre un affare
«Yeee, che bello!» Alfred alzò le braccia. «Mi piace pedinare!»
«Perché anche il secondogenito?»
«Beh,» Lo Stregone del Mare sospirò. «metti che schiatti il primogenito, almeno ci portiamo avanti col lavoro.»
«Dai, Matt, sbrigati!» Alfred afferrò Alfred Due per un polso e lo trascinò via, lasciando dietro di sé un piccolo mulinello. Arthur intercettò il volo degli ingredienti delle pozioni con i tentacoli, e li rimise al loro posto, nelle credenze spaccate e ricoperte di... cosa diamine era quella roba, in effetti?
«Ora» Con un sospiro, recuperò teiera e tazza dal baule. «non resta che aspettare.» E quale miglior modo di aspettare se non salire in superficie e godersi una tazza di tè all'ulva lactuca? - Il metallo di quel frigorifero abbandonato e dovutamente surriscaldato dal sole era fantastico per far bollire l'acqua al punto giusto! Soltanto, sperava davvero che quel giorno il cielo non fosse appestato da dannati gabbiani.

.

Note:
* Il titolo si rifà a quello del film Il mostro della laguna nera. Tuttavia, dato che qui non c'è nessuna laguna nera, l'ho sostituita con il golfo di Napoli.
* I titoli del capitolo vengono da Fathoms Below (La canzone dei marinai in Italia), la prima canzone della Sirenetta Disney, e da The Sea of One Thousand Fathoms, The Shore Sand of Ten Thousands of Miles (Chihiro no Umi Banri no Suna), canzone composta da Uta-P e cantata dai Vocaloid Rin e Len Kagamine.
Il "metro e otto" è il corrispettivo metrico di un fathom. Ovviamente, il Regno del Mare è un po' più in profondità-
* Il riferimento ai piedi fluttuanti è dovuto al fatto che sono la prima cosa a staccarsi da un corpo rimasto troppo a lungo sott'acqua.
* La tetrodotossina è una neurotossina contenuta nei pesci palla, potenzialmente letale. Sembra che i delfini mastichino pesce palla per far rilasciare loro suddetta neurotossina, in quantità lieve, al fine di drogarsi. Sul serio. Per loro fa un effetto morfina.
* «Vi voglio narrare una storia [...]»: La canzone dei marinai, di cui sopra.
* Il quartiermastro, sulle navi pirata, era essenzialmente il secondo in comando. [0]
* «Schön, dich wiederzusehen, Italien.»: «Che bello rivederti, Italia.»
* Si sarà capito, ma lo dico lo stesso: Manon, Abel e Lucilin sono rispettivamente Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.
* «Saltano i nervi [...]»: Stia con noi, da La Bella e la Bestia.
* «Francamente, me ne infischio.» Da Via col vento.
* La differenza tra i Sette Mari antichi e i Sette Mari moderni è già spiegata nel capitolo. La nota è giusto per specificare che il "Mediterraneo occidentale" è il Mar Tirreno, mentre il "Mediterraneo orientale" è il Mar Adriatico.
* Leggenda vuole che alcuni antichi romani usassero dare i loro schiavi in pasto alle murene (PENSAVATE I LEONI E INVECE-), ma si è più propensi a credere si trattasse di una diceria. [0]
* L'ulva lactuca, aka lattuga di mare, è un'alga comune nel Mediterraneo, usata anche nella cucina napoletana.

Ciao! ☆
Luglio si avvicina, e la mia beta mi ha minacc- mi sono detta che forse è ora di pubblicare questa storia. Non per altro, ma l'ho iniziata a Gennaio 2021, sono successe cose e ci ho messo un po'. Volevo pubblicarla per il Mermay 2022, poi per l'estate, ora arriva Luglio e- *Soe, non frega a nessuno*
DICEVO. Tutto è iniziato una notte sui moli vicino a Notre- quando io e la mia beta, Tayr, abbiamo scoperto che il film Disney de La Sirenetta si suppone sia ambientato "da qualche parte in Italia". (A rivederlo, in effetti, l'estetica è piuttosto mediterranea, le sorelle di Ariel hanno nomi italiani anche in originale e il live action l'hanno girato in Sardegna...) Io, che sono una donna di cultura, ho ricordato le innumerevoli Spamano a tema sirenico e le svariate leggende sireniche del Sud Italia. Tayr è partita, io le sono andata dietro, e questo è il risultato. La storia è all'80% colpa mia, ma Tayr ha dato i ruoli principali, mi ha istigata, e ha innumerevoli colpe a sua volta. Crediti anche a lei, dunque!

Come detto, la storia è ispirata a La Sirenetta - Il film Disney, ma anche la fiaba di Andersen, più di quanto possa sembrare. Tuttavia, prende anche da svariata altra roba pesciosa: Luca, Splash - Una sirena a Manhattan, La forma dell'acqua, Il mostro della laguna nera, Tropical Rouge Pretty Cure e una spolverata de La bella e la bestia. L'ultima non è pesciosa, sono io che ci sono fissata. Come si può vedere, è tutto molto coerente.
Ma, soprattutto, questa è una mia comfort storia. Stavo diventando la Regina Mida della tristezza (Tutto ciò che toccavo diveniva triste buio vuoto e molto profondoH), quindi mi sono messa a scrivere una storia con tutto ciò che mi piace. Dunque OTP, pirati, sirene e cose che non devono necessariamente avere un senso.

A tal proposito, sarete sicuramente piagati da delle domande che vi tarlano il cervello, quindi ecco le risposte che vi daranno la pace:
- Questa storia è zeppa di anacronismi senza soluzione di continuità. Non hanno i cellulari, ma possono avere il supercomputer della NASA o il raggio distruttore della Morte Nera. Non fatevi domande, accettatelo. (Cioè, se notate qualcosa di troppo strano fatele, le domande, perché potrei essere scema! ( ;°Д°))
- Una cosa stupidissima che metto ogni tanto è che, spesso, gli "animali" sono 100% umani con dei minuscoli dettagli animaleschi, ma agli occhi di tutti risultano "animali". Dunque Francis ha solo le ali, Ludwig si limita ad indossare una corazza, e per tutti sono al 100% un gabbiano e un granchio. Sì, è stupido come sembra.
- Antonio è un disastro in geografia perché, come detto sopra, il film de La Sirenetta è ambientato "da qualche parte in Italia". Da qualche parte. Ma non si sa dove.
- Il tre Aprile non ha nessun significato. Ho letteralmente puntato il dito a caso sul calendario.
- Cosa c'entrano i Vocaloid? Potrei dire che sono un sottile riferimento al canto delle sirene, ma in verità no, è solo che mi piacciono e io non so dare i titoli ai capitoli. Comprendo perfettamente possano non piacere, soprattutto perché spesso i vocal sono molto datati e sembrano più seghe circolari che voci cantanti. La canzone di questo capitolo non rientra tra le mie preferite, ma ha un titolo bello. *Motivazioni profonde!*

Se siete arrivati fin qui, i miei complimenti, avete una grande resistenza! Come premio, vi svelo una cosa incredibile: ... La storia non l'ho ancora finita, mi manca letteralmente l'ultima scena dell'ultimo capitolo, vediamo se pubblicarla mi sprona un po'. ( ゚д゚)

In conclusione, se anche pensate che io debba andare a scavare nella sabbia in cerca di conchiglie di paguro, leggete le Mermaid!AU - Ne hanno pure pubblicate da poco, in sezione! Le Mermaid!AU sono belle.

Però spero comunque di aver tirato fuori qualcosa che possa risultare decente! (,,꒪꒫꒪,,)
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Soe Mame